Dal testo di Francesco Zanotto
“Lo accompagnarono essi fino alla Scuola Grande di San Marco, luogo destinato per compiere gli ultimi onori funebri. – Quindi il dì’ appresso, 25 maggio, posto il corpo dell’illustre sopra un palco con istrato di nero velluto, e coperta la bara con aureo manto, sottoposta all’ ombrello d’oro a sei mazze, che serviva a’ funerali dei dogi, dopo la messa, dalli canonici della Marciana fu recitato il notturno dei morti; indi levato il feretro, si avviò la processione lungo le Fondamenta Nuove, in capo alle quali erasi costrutto un ponte sopra barche di tavole, che giungeva, per la Sacca della Misericordia, fino alla Scuola grande … ”
ANNO 1792
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Dopo le armi il Senato veneziano preferisce trattare con i signori africani che appoggiavano la pirateria. Angelo Emo, al quale viene tolto il comando della flotta, muore solo a Malta, ma i suoi funerali a Venezia si dimostreranno tra i più splenditi mai celebrati.
LA SCHEDA STORICA – 141
Angelo Emo era riuscito a chiudere un accordo con il bey di Tunisi, ma sapeva benissimo che il problema restava sostanzialmente irrisolto. Si dovevano distruggere le basi dei pirati lungo la costa se si voleva veramente dare una qualche credibilità a tutti quei trattati.
A questo scopo l’Emo chiese al suo governo altri uomini e altre navi, ma questa volta le sue richieste non ebbero seguito. La repubblica non aveva più denaro sufficiente per questo tipo di imprese tanto più che in Oriente si stava prospettando un nuovo scontro fra la Russia e i turchi. Le energie disponibili dovevano essere assolutamente centellinate.
E così il comandante Emo, dopo aver svernato a Corfù, si vide costretto a limitare i suoi movimenti ad azioni di pattugliamento nell’Adriatico e nelle acque dell’Egeo – dove era possibile, naturalmente -. Tuttavia i problemi con il bey di Tunisi non sembravano davvero finiti.
Il signore tunisino infatti, contravvenendo ai patti stipulati con i veneziani, si rifiutò di assolvere al pagamento annuale del pattuito provocando l’immediata reazione della Repubblica ‘ed in particolare di Angelo Emo. Questi si portò infatti prontamente nelle acque tunisine bloccando la baia di Tunisi con i suoi vascelli e resistendo al bombardamento messo in atto dai difensori della baia.
Con la distruzione poi e la cattura di alcune navi barbaresche, l’operazione del comandante nel Mediterraneo meridionale si poteva considerare conclusa.
Infatti le nuove trattative di pace con il bey di Tunisi, vennero affidate dal governo veneziano al comandante Condulmero, decisione che mortificò non poco Angelo Emo che riparò sconsolato ed umiliato nell’isola di Malta. Quella sarebbe stata anche la sua ultima meta.
Una volta sbarcatovi, infatti, le condizioni di salute del comandante Emo già profondamente provato nel fisico, peggiorarono ulteriormente. Alloggiato presso la casa del console veneziano di Malta, il comandante moriva il primo marzo del 1792.
Il suo corpo venne imbalsamato ricevendo gli onori dei Cavalieri di Malta in una solenne cerimonia dopo la quale il feretro venne portato a Venezia.
In città tutto era già stato preparato per le pubbliche e solenni esequie del valoroso comandante con la costruzione nella Chiesa di S. Marco di una sorta di catafalco illuminato da 248 torce.
Il 19 maggio finalmente giungeva in laguna il mesto carico che venne dapprima portato alla Scuola Grande di S. Marco, luogo deputato per le prime onoranze funebri. Da lì, qualche giorno dopo, la bara venne portata attraverso le Fondamenta Nuove fino alla Scuola Grande della Misericordia dove la salma di Angelo Emo trovò finalmente il giusto riposo nella chiesa dei Servi.
Quelli dell’ultimo grande comandante veneziano non furono dei funerali comuni. Per rendergli omaggio infatti le Confraternite non badarono certo a spese.
Dodici soldati della milizia urbana accompagnavano la bara affiancati dai bombardieri.
Altre due Scuole erano presenti con dodici aste d’argento, niente rispetto alle 200 della Scuola Grande di S. Marco.
Erano presenti ancora, quaranta sacerdoti per ogni congregazione, in tutto nove e i membri del Capitolo di Castello.
Ancora, centosessanta artiglieri, tre ufficiali di grado superiore che portavano su di un cuscino di velluto nero le insegne del defunto – stola d’oro, spada e bastone -. A questi si aggiungevano 80 ufficiali e 200 cappelletti.
Il feretro invece era portato da marinai vestiti di nero affiancati da altri ufficiali.
Chiudevano il corteo funebre un’altra compagnia di 80 soldati e il resto della milizia urbana.
Al passaggio del corteo tutte le galee ancorate nel Canale di S. Marco e gli altri bastimenti sparavano incessantemente dei colpi di cannone a salve.
La salma riposta quel giorno nella Chiesa dei Servi dopo la demolizione di questo edificio venne trasferita definitivamente nel 1818 nella chiesa di S. Biagio.
Una manifestazione di cordoglio ma anche di orgoglio politico …
L’ultimo, grande eroe della marina veneziana venne così onorato dalla sua città che, fedele alle sue migliori tradizioni, riuscì a sfoggiare anche in quell’occasione il massimo del suo splendore e della sua magnificenza.
Ad assistere al funerale del comandante Emo poteva sembrare che attorno alla città lagunare il tempo in qualche modo si fosse veramente fermato, ma non era affatto così naturalmente e la fine del secolo, anzi, registrava avvenimenti tali da sconvolgere profondamente e radicalmente il volto dell’Europa intera e questa volta anche quello della Serenissima Repubblica.
L’anno stesso in cui moriva Angelo Emo, il 1792, il popolo francese infatti invadeva le Tuileries a Parigi costringendo alla fuga la famiglia reale. Le frange più estreme del movimento rivoluzionario francese, quelle giacobine, stavano avendo il sopravvento sugli elementi più moderati e ben presto la Francia avrebbe portato il suo re sulla ghigliottina.
L’Europa era ancora una volta in fermento, ma questa volta non si trattava di eserciti, non almeno da subito, ma di idee, idee di uguaglianza, fraternità e di libertà che dalla Francia si stavano rapidamente diffondendo incendiando gli animi di molti popoli e scuotendo alle radici le vecchie monarchie. Era un fenomeno completamente nuovo quello che stava investendo il Vecchio Continente, rispetto al quale niente sarebbe più stato come era prima.
In particolare proprio nel clima caotico e tragico della rivoluzione, sarebbe uscito l’artefice di questa nuova Europa che difficilmente avrebbe potuto ignorare anche la stessa repubblica di Venezia. Il suo nome era quello di Napoleone Bonaparte.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 5, SCRIPTA EDIZIONI
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