Nicolas Poussin: Distruzione del tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. per opera delle truppe del comandante romano Tito (dipinto nel 1637)
Gli abitanti di Damasco furono i primi a trucidare i Giudei della loro città (più di diecimila o forse diciottomila persone disarmate). Ma le rappresaglie più eclatanti furono a opera dei Romani.
Il primo scontro avvenne ad Ascalona, città che i Giudei cercarono invano di espugnare ai Romani.
Vespasiano intanto scese con le sue truppe da Antiochia verso la Galilea: gli abitanti di Sepphoris gli dichiararono fedeltà cosicché i Romani poterono dedicarsi al saccheggio della zona, uccidendo tutti gli uomini validi alle armi e trascinando in schiavitù i più deboli.
Fu poi la volta della città di Gabara (o Gadara o Gabora) in cui furono trucidati tutti i giovani, appiccato il fuoco alla città, ai villaggi e alle borgate vicini.
A Iata Traiano, allora genero di Vespasiano e non ancora imperatore, uccise 15 mila cittadini, senza distinzione tra giovani e vecchi, mentre i bambini furono ridotti in schiavitù assieme alle loro madri in numero di 2’130. Eravamo nel luglio dell’anno 67 d.C.
Dei Samaritani che non morirono per fame e sete i Romani ne trucidarono 11’600.
Iotapata, la città su cui comandava Giuseppe Flavio, fu distrutta e incendiata e vide la morte di 40 mila persone.
In Ioppe perirono altri 4’200 Giudei.
Altra disfatta giudea si ebbe a Tarichee. A quelli che non ammazzò subito, Vespasiano, tese un tranello rinchiudendoli in uno stadio a Tiberiade:
poi i vecchi e gli inabili, in numero di mille e duecento, li fece uccidere; dei giovani scelse i più robusti, in numero di seimila e li mandò a Nerone per i lavori sull’istmo; tutti gli altri, in numero di trentamila e quattrocento, li vendette schiavi, tranne quelli che mandò in dono ad Agrippa […].
Gamala resistette per tredici mesi prima di cadere: i Romani uccisero quattromila persone, senza risparmiare neppure i bambini, che prendevano e scagliavano giù dalla rocca, mentre altre cinquemila si suicidarono gettandosi dalla stessa.
Altri quindicimila perirono in scontri presso il Giordano, mentre un numero incalcolabile si suicidò gettandosi nel fiume e 2.200 vennero fatti prigionieri.
A Betabris e Cafartoba Vespasiano uccise più di 10 mila uomini e fece più di mille prigionieri.
A Gerasa un ufficiale romano uccise un migliaio di giovani […], fece prigionieri le donne e i bambini e diede il permesso ai soldati di saccheggiare ogni cosa; poi, appiccato il fuoco alle case, si gettò sulle borgate vicine. Chi ne aveva la forza riusciva a fuggire, mentre i più deboli venivano uccisi, e tutto ciò che essi abbandonavano era dato alle fiamme.
Nell’assedio di Gerusalemme Giuseppe fornisce la cifra di 600 mila cadaveri giudei e, alla fine dell’assedio, afferma che Nella città non si trovava un posto libero, ma c’erano morti dappertutto, vittime di fame o dei ribelli.
Mentre i soldati Romani escludendo soltanto i cittadini, essi vendettero schiavi tutti quanti gli altri assieme alle mogli e ai figli, ma a un prezzo bassissimo per l’abbondanza della merce e la penuria dei compratori.
Quando Gerusalemme venne definitivamente presa
Cesare ordinò di sopprimere soltanto chi aveva armi e opponeva resistenza, e il resto di farli prigionieri. Ma i soldati, oltre alle persone specificate nell’ordine ricevuto, uccisero anche i vecchi e i deboli, mentre i giovani e i validi li ammassarono nel tempio rinchiudendoli nel recinto delle donne. […] Frontone mise a morte tutti i ribelli e i guerriglieri che s’incolpavano vicendevolmente, e tra i giovani scelse i più alti e di bell’aspetto mettendoli da parte per il trionfo. Tutti gli altri, di età superiore ai diciassette anni, li mandò in catene a lavorare in Egitto, ma moltissimi Tito ne inviò in dono nelle varie province a dar spettacolo nei teatri morendo di spada o dilaniati dalle belve feroci; chi non aveva ancora diciassette anni fu venduto in schiavitù. Nei giorni che Frontone impiegò per decidere, morirono di fame undicimila prigionieri, alcuni perché non ebbero da mangiare per la spietatezza delle guardie, altri perché, pur avendolo avuto, non lo toccarono.
Le cifre che Giuseppe fornisce alla fine della guerra sono le seguenti:
Il numero complessivo dei prigionieri catturati nel corso dell’intera guerra fu di novantasettemila, quello dei morti dal principio alla fine dell’assedio fu di un milione e centomila.
Giuseppe racconta anche che, mentre festeggiava il compleanno di suo fratello a Cesarea, Vespasiano diede spettacoli in cui venivano impiegati i prigionieri giudei: furono più di duemila e cinquecento quelli che caddero nel combattimento contro le fiere o duellando gli uni contro gli altri o perirono tra le fiamme.
Fonte: Giuseppe Flavio/Guerre giudaiche