Francesco II di Borbone
Il pomeriggio del 27 dicembre 1894 moriva ad Arco, una ridente cittadina poco distante dal lago di Garda in provincia di Trento, Francesco II di Barbone. Concludeva, così, la sua vita terrena, lontano dalla sua terra e dai suoi affetti, in triste solitudine, l’ultimo Re di una dinastia che aveva regnato per 126 anni sul trono delle Due Sicilie. La sorte gli aveva riservato compiti indubbiamente più grandi di lui che egli tuttavia nei momenti decisivi aveva affrontati e sofferti con eroico coraggio e regale dignità. Nei lunghi anni d’esilio aveva costantemente seguito le vicende della sua patria e mai aveva deposto la speranza di ritornare tra quei fedeli compagni d’arme il cui ricordo egli portava nel cuore dall’ultimo mesto saluto sugli spalti della Fortezza di Gaeta.
Al momento del trapasso, avvenuto dopo breve malattia, gli erano accanto la moglie Maria Sofia di Wittelsbach che lo aveva raggiunto nell’imminenza del Natale, il fratello Alfonso, Conte di Caserta, l’Arciduchessa Maria e gli Arciduchi Alberto e Ranieri.
“Da Gaeta ad Arco” di Aniello Gentile
BREVE STORIA DELL’ESILIO DI FRANCESCO GIUSEPPE II DI BORBONE
(Liberamente tratto da srs di Antonio Pagano)
Francesco II, rimasto a Roma fino al 1870, si spostò tra Parigi e Vienna, stabilendosi, quindi, con Maria Sofia a Possenhofen in Germania, sul lago di Starnberg.
Il Re, ammalatosi di diabete, aveva cominciato a frequentare sin dal 1876 Arco, stazione termale nei pressi di Trento, allora felicemente parte dell’Impero austriaco, sotto il nome di Duca di Castro o “sig. Fabiani”, era ospitato nella villa dell’Arciduca Alberto d’Austria.
Nell’autunno del 1894, Francesco II e Maria Sofia si recarono per le consuete cure ad Arco. Approssimandosi le festività natalizie le condizioni di salute del Re si aggravarono improvvisamente. Nonostante le premurose cure mediche, il giorno 27 dicembre 1894 Francesco II morì a soli 58 anni d’età.
I funerali si svolsero il 5 gennaio 1895 alla presenza dei principi reali e di quasi tutti i rappresentanti dell’aristocrazia internazionale, dall’Arcivescovo di Trento.
La salma fu seppellita nel Duomo di Arco. Le resero gli onori due battaglioni di Cacciatori austriaci, mentre dal Monte Brione spararono i cannoni di una batteria. Nello stesso giorno, anche a Napoli fu celebrata una solenne funzione religiosa alla presenza di tutti i nobili duosiciliani, dei Cavalieri dell’Ordine di San Gennaro e dell’Ordine di Malta.
L’arciprete Chini, testimone del tempo, così lo descrisse:
«dal contegno tanto riservato, che in Arco non si faceva neppure rimarcare, tranne che la sua frequenza e divozione alla Chiesa: quasi suo unico compagno era l’Arciduca Alberto, e qualche volta suo cognato l’Arciduca Carlo Salvatore». Le sue ultime giornate le aveva trascorse compiendo qualche passeggiata nei dintorni della cittadina, scambiando qualche battuta con la gente del luogo, che ricordava la sua svelta camminatura lungo il viale delle Magnolie, per giungere puntuale alle sacre funzioni mescolandosi ai semplici contadini.
FU FRANCESCO II DI BORBONE IL VERO “RE GALANTUOMO”, PAROLA DI MATILDE SERAO
Francesco II di Borbone e la Principessa di Baviera Maria Sofia Wittelsbach nel 1865
Il passo che segue, relativo al trapasso di S.M. Francesco II, è stato tratto dall’opera: “Per la traslazione in Santa Chiara di Napoli dei resti mortali degli ultimi Sovrani delle Due Sicilie” – Napoli 1984 – di Padre Gaudenzio dell’Aja, francescano.
“Nella seconda decade di dicembre, la Regina si recò ad Arco per trascorrervi i giorni di Natale e di Capodanno insieme col Consorte, ma la vigilia di Natale le condizioni di salute di Francesco di Borbone si aggravarono. Il 26 dicembre, dopo la celebrazione della Messa, furono amministrati al Sovrano il Viatico e l’Estrema Unzione.
Confortato dalla benedizione del Sommo Pontefice, Francesco II si spense in Arco il 27 dicembre 1894, alle ore 14,34.
Erano presenti al transito la Regina Maria Sofia, il Conte di Caserta e gli Arciduchi di Austria, Alberto, Ranieri ed Ernesto.
Napoli apprese la notizia della morte di Francesco II di Borbone dalle colonne de Il Mattino. Matilde Serao scrisse in prima pagina un articolo dal titolo « Il Re di Napoli », in cui fra l’altro diceva:
«Don Francesco di Borbone è morto, cristianamente, in un piccolo paese alpino, rendendo a Dio l’anima tribolata ma serena. Giammai principe sopportò le avversità della fortuna con la fermezza silenziosa e la dignità di Francesco secondo. Colui che era stato o era parso debole sul trono, travolto dal destino, dalla ineluttabile fatalità, colui che era stato schernito come un incosciente, mentre egli subiva una catastrofe creata da mille cause incoscienti, questo povero re, questo povero giovane che non era stato felice un anno, ha lasciato che tutti i dolori umani penetrassero in lui, senza respingerli, senza lamentarsi; ed ha preso la via dell’esilio e vi è restato trentaquattro anni, senza che mai nulla si potesse dire contro di lui. Detronizzato, impoverito, restato senza patria, egli ha piegato la sua testa sotto la bufera e la sua rassegnazione ha assunto un carattere di muto eroismo… Galantuomo come uomo e gentiluomo come principe, ecco il ritratto di Don Francesco di Borbone».
La salma di Francesco II, vestita con abiti civili su cui spiccavano le decorazioni e fra queste la medaglia al valore militare per la difesa di Gaeta, restò esposta nella camera ardente fino alla sera del 29 dicembre”.
ARCO, 3 GENNAIO 1903: CRONACA DELLA SEPOLTURA DEL RE
Maria Sofia (seconda da destra) è con le figlie di Ferdinando II; La fotografia (di Bernoud) è evidentemente stata scattata poco dopo la morte del Re.
Verso le 3 pomeridiane la salma reale fu deposta nella Cripta in quei giorni sollecitamente preparata alla presenza di molti Signori e Principi del Regno delle Due Sicilie. In quell’occasione laggiù intorno alla tomba il signor Principe Pignatelli D’Angio disse alcune poche ma solenni parole per rilevare, che tutto non era finito, ma se chiudevasi un’ era di gloria un’altra pure di gloria doveva incominciare, terminando: è morto il Re, viva il Rè! A cui facevano plauso gli astanti profondamente commossi.
TESTAMENTO DI FRANCESCO II DI BORBONE
Francesco II
«Mio carissimo fratello Alfonso
Re in diritto tu sei dal momento della mia morte: ma non ne ài l’esercizio. Tuo debito è di comunicare la mia morte e l’essermi tu successo. La tua situazione à precedenti per regolare le tue lettere ai Sovrani tutti, quelli cioè del Conte di Chambers e del Duca di Cumberland. Non seguire lo esempio del Conte di Parigi, che comunicò con telegrammi. Tu sei giudice del come farle: ma a mio avviso, non farei, che annunziare semplicemente il mio decesso, e che mi succedi, riserbando nelle mani di Dio lo esercizio dei tuoi doveri, che sono congiunti ai tuoi diritti.
Se tu crederai ritenere pel momento il tuo presente titolo, fa che il tuo primogenito prendesse subito quello, che gli appartiene di Duca di Calabria, e quando questi avrà un figlio quello di Duca di Noto dal nascere. Ricordati che quello di Duca di Castro è nostro familiare di primogenito in primogenito. Una proposta ad un tempo sembrami necessaria. Sullo spoglio della nostra fortuna privata, e come la nostra famiglia e la sola al bando del dritto pubblico e privato in Europa. Non credo punto necessario di doverti raccomandare la Regina mia amatissima Moglie e compagna di sventure, perché, tu solo superstite di noi tre fratelli di Gaeta, ti ricorderai quanto a lei dobbiamo per aver essa illustrato quella nostra epoca. Tu sai come ti ò amato in vita, puoi quindi credere quali voti fò al Signore per la felicità tua e dei figli tuoi. Che Iddio vi benedica tutti. Ricevi un ultimo abbraccio, dal tuo affezionatissimo fratello, Francesco».