di GILBERTO ONETO
Lo striscione della fotografia è comparso tempo fa allo stadio di Roma e sembra sia riferito a un allenatore che proviene dalla Repubblica Ceka. Niente di male. Ma si provi a immaginare se ci fosse stato scritto roba come “Via il ghaniano”, e che magari lo stadio fosse stato – un posto non scelto a caso – quello di Busto Arsizio. Sarebbe successo il finimondo su giornali e televisioni, si sarebbero mobilitate frotte di antirazzisti e progressisti a stigmatizzare l’odioso episodio di xenofobia.
Ed è anche andata bene che ormai solo i più anziani ricordano il testo di una vecchia canzone di Dalida “Zingaro chi sei? Sei figlio di Boemia”, altrimenti anche in questo specifico caso si sarebbe scatenata la solita cagnara in difesa degli strolighi. Invece chiedere di cacciare via un boemo è del tutto legittimo. Fosse stato un bergamasco o un cuneese sarebbe stato anche meglio e sicuramente più “politicamente corretto”.
È un piccolo segno, apparentemente marginale, che però da esattamente il polso di una situazione ormai malata e degenerata, di un razzismo esercitato con sistematicità contro la nostra gente dietro l’ipocrita paravento di accuse di veterorazzismo biologico che ci sono solo nella testa del peggior becerume progressista, pieno di complessi di colpa per le sue reali e pericolose pulsioni antisemite.
Non è solo materia da psicanalisti, è anche l’espressione di un preciso disegno politico di annientamento della coscienza comunitaria delle popolazioni dell’Occidente europeo e più in particolare dei padani. All’interno di un più vasto progetto di demolizione della società occidentale e dei suoi valori (buoni o cattivi che siano, ma “suoi”) si sviluppa infatti il coerente e freddo disegno di distruzione del senso di appartenenza delle comunità padane e delle loro residue capacità di reazione.
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