Dic 31 2016

LE DONNE CURIALI: LE PROSTITUTE DELLO STATO PONTIFICIO

Category: Società e politica,Storia e dintornigiorgio @ 13:52

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Nello Stato pontificio, quando il Papa era anche il Re, le prostitute c’erano eccome, venivano chiamate “donne curiali” perchè dipendevano da una licenza rilasciata dalla Curia romana o dal tribunale del Cardinale Vicario.

 

Nel 1500 si calcola fossero circa 13.000 con un’eccezionale concentrazione nella stessa Roma vaticana, e visto che la Roma di all’ora aveva 100.000 abitanti esse erano una buona percentuale.

 

Comunque non si dica mai che in Italia la prostituzione è vietata a causa della Chiesa, perchè la morale cattolica sulla prostituzione è sempre stata molto elastica e realistica.

 

Sottrai le prostitute al genere umano e ogni cosa sara’ sconvolta dalle passioni della lussuria” scriveva sant’ Agostino.

 

E ancora: “Esse hanno una vita del tutto impura, tuttavia le leggi dell’ ordine assegnano loro un posto, sia pure il piu’ vile“.

 

Un manuale medievale per confessori recita: “La Chiesa permette l’ esistenza delle prostitute e dei loro clienti affinche’ non si diffonda una passione sempre piu’ grande“.

 

E il domenicano Tolomeo da Lucca: “La donna pubblica e’ nella societa’ cio’ che la cloaca e’ nel palazzo: togli la cloaca e l’ intero palazzo ne sara’ infettato“.

 

Lo stato pontificio investiva i soldi ottenuti con le tasse sulle prostitute in opere pubbliche, moltissimi monumenti e chiese sono stati finanziati con i soldi della prostituzione, che alla fine quindi qualcosa di buono ha prodotto.

 

Pio IV costruì Borgo Pio con i soldi delle “curiali”. Viene spiegato con tutta chiarezza in una bolla dello stesso Papa.

Il Ponte di Santa Maria, l’odierno Ponte Rotto (come racconta Costantino Maes nel suo “Curiosità Romane”, Grotta del Libro editore) fu restaurato «similmente, merce’ questa sozza, ma pur legittima imposta».

Nell’archivio della Reverendissima Camera Apostolica si conserva il volume che spiega quanti soldi di tasse furono prelevati alle prostitute per quei lavori.

 

Altri libri raccontano che la strada presso il Tevere, prossima alla Porta del Popolo, era il principale ingresso alla città fino al XIV secolo. Scorreva in mezzo ai campi, maltenuta e piena di buche. Eppure, presso il Porto di Ripetta c’era un gran traffico di commerci e una strada acconcia sarebbe stata ben vista e utile.

Provvide Leone X: raddrizzò l’attuale via di Ripetta, tagliandola in mezzo ai terreni circostanti e asfaltando tutto. La strada prese il nome del Papa, ma poi tornò a chiamarsi di Ripetta. Dove furono presi i soldi per i lavori? Dalla tassa sopra ai lupanari. Lo racconta l’amministratore signor Corvisieri nelle sue “Posterule Tiberine”.

Il veneziano Domenichi, nel suo “Facetie, motti e burle”( Venetia 1588) spiega da dove erano venuti i soldi per la strada asfaltata e narra di una lite tra due donne.

Una era “Giulia la ferrarese”, molto nota nella zona e benvoluta da tutti. L’altra era, invece, una nobildonna di una famiglia conosciuta.

La Giulia aveva urtato la nobildonna che aveva reagito con una serie di insulti che tutti avevano sentito. Allora la “ferrarese”, senza scomporsi, aveva aggiunto con tutta naturalezza: «Madonna perdonatemi, ch’io so bene che voi avete più diritto di me su questa via che non ho io». Insomma, l’aveva insultata ricordando con che soldi era stata lastricata la strada. E se lo aveva detto lei che era del “mestiere”, non rimaneva che farsi grandi risate. Così avevano fatto quelli che avevano assistito allo scambio di battute.

Aggiungo anche che nei vecchi libri sulle tasse alle prostitute, si davano anche indicazioni precise su dove certe ragazze “esercitavano”.

Ecco uno degli indirizzi: “La signora Margaritta fiorentina, rossa, a fronte S. Rocco sopra l’arco…”.

 

Fonte: liberamente tratto da srs di Wladimiro Settimelli, l’Unita’ del 27 luglio 2004

 

p.s

 

Per finire, nel Cinquecento, non dobbiamo dimenticare che   dopo il selciato di Piazza del Popolo, anche la Basilica di San Pietro fu finanziata da una imposta sulla prostituzione che fruttò una somma quattro volte superiore a quella ricavata dalla vendita di indulgenze.

 

 

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