Tribunale di Cremona
Per cortesia: qualcuno dei miei lettori sa dirmi qualche informazione sul gioco chiamato Mago Sabino e Rucheton?
Mi sto rivolgendo ai Cremonesi della mia età su un gioco erotico che si svolgeva sugli spiaggioni (1) del Po verso la metà degli anni Cinquanta. Se non trovassi notizie adeguate dovrò ricercare negli annali dei processi di quel periodo per il fatto che l’episodio, a cui mi riferisco, finì in tribunale. Ma veniamo al dunque.
A Cremona, se si esclude una famosa fornaia che, parlando del figlio, lo elogiasse raccontando ch’era un noto pederasta al posto di podista, gli omosessuali venivano chiamati culattoni. Di sicuro un nome spregiativo se non addirittura offensivo, e non solo al giorno d’oggi. Qualcuno non me ne voglia se ho riesumato un termine odioso, ma la storia è quella che è stata, e non la si può cambiare perché è scomoda.
A quei tempi, i pochi omosessuali che si manifestavano per tali venivano indicati a dito, derisi, se non addirittura picchiati. Il più noto di tutti e che ostentava apertamente la sua omosessualità era un bell’uomo, e che chiameremo mister A.
Avevo come amico uno spilungone che, quando lo vedeva passare per strada, non era contento se non l’istigava: lo richiamava con un fischio e poi gli gridava dietro: – Culaton! -(2)
Subito dopo, voltava la faccia dall’altra parte facendo finta di niente; mentre l’altro, con moine tutte femminili, da lontano lo riprendeva gridando che era un maleducato e un villanzone. Parole a vuoto; considerando che le offese si ripetevano ogni volta che s’incrociavano.
Un bel giorno, avvenne che in una pasticceria di Corso Garibaldi, questo Mister A fosse seduto a un tavolo con un altro omosessuale, forse un amante oppure un concorrente. Ora però, non saprei dirvi se fosse una questione di gelosia o di soldi, sta di fatto che vennero alle mani. Bicchieri e tazzine volarono per il locale. I due a terra che si menavano quando uno prese l’altro per i capelli e lo morsicò. Il nostro mister A ebbe la meglio: con un morso staccò un lobo dell’orecchio all’avversario e lo sputò.
Non esistevano allora i pronto soccorso funzionanti come al giorno d’oggi, né chirurghi plastici che avrebbero potuto attaccarglielo anche qualche ora dopo. Di conseguenza, visto che la pasticceria non possedeva un gatto, il corpo del reato finì nella spazzatura.
Più informato di me, era mio fratello che purtroppo non c’è più. Ricordo che ogni tanto si commentava quell’episodio e si rideva a non finire.
Al fattaccio diede ampio risalto il giornale locale con diverse pubblicazioni. Le chiacchiere e la fantasia popolare fecero poi il resto. Una morbosa curiosità s’impadronì della città e del circondario su un gioco praticato dai due protagonisti della zuffa. Dicevano che si svolgeva sulle rive del Po e che veniva chiamato Mago Sabino e Rucheton(3). Chi lo raccontava in un modo, chi lo raccontava in un altro; in ogni caso, si era escluso che il gioco fosse quello assai noto del “Trenino” oppure del “Bigin t’inculi”.(4)
Due erano le correnti di pensiero. Ciascuno difendeva con pesanti considerazioni e con rozze volgarità le proprie idee. Se ne discuteva nelle osterie, nei bar, in ufficio, nei negozi, perfino in casa, senza però che nessuno mettesse la mano sul fuoco su ciò che giurava.
Commenti e pettegolezzi ripresero all’avvicinarsi delle prime udienze con la virulenza d’una malattia endemica. La notorietà dell’imputato, ma più di tutto l’argomento e le battute piccanti e spiritose che potevano saltar fuori richiamarono un pubblico numerosissimo. E l’ultimo giorno destinato alle arringhe non era da perdersi. L’aula del tribunale era talmente gremita che la maggior parte delle gente s’era assiepata nei corridoi, accontentandosi di seguire il dibattito attraverso i microfoni. Ci vollero parecchi carabinieri per tener a freno un pubblico maschile ridanciano, variopinto, d’ogni ceto, arrivato anzi tempo.
In quella vicenda, venne a galla che un gruppetto di questi omosessuali era solito fare certi giochi erotici e licenziosi sugli spiaggioni del Po. Forse un nesso o un qualche legame ci doveva pur essere tra questo gioco e la lite, per il semplice fatto che l’avvocato difensore della parte lesa, ad alta voce, con estrema chiarezza e insistenza chiese al nostro mister A:
– Imputato, vuole per cortesia spiegare alla Corte cosa intende per giocare sugli spiaggioni del Po a Mago Sabino e a Rucheton?
– Avucat! El la sa anca lu cosa vol dir giogar a Mago Sabino e a Rucheton.(5)
– Posso anche saperlo, ma vorrei che lei spiegasse alla Corte in cosa consiste il gioco.
– Avucat! El fasa mia tant el furbo!(6)
– Senta! Se lei allude a qualcos’altro può darsi che abbia ragione; lei però deve spiegare alla Corte in cosa consiste questo gioco.- e dopo un attimo di sospensione, fattosi paonazzo – E tenga presente che io, del mio culo, posso farne anche un garage.
E l’aula, per ordine del giudice, fu sgombrata.
(1) Spiaggioni sono lunghe spiagge di sabbia
(2) Culattone.
(3) Rucheton, per quel che ne so, non ha un significato o una provenienza sicura. Probabilmente si riferisce al rocchetto dove si avvolge il filo.
(4) Luigi, te lo metto in culo.
(5) Avvocato! Lei sa cosa vuol dire giocare a…
(6) Avvocato! Non faccia tanto il furbo!
Fonte srs di Enzo Monti del 3 ottobre 2013
Link: http://enzo-monti.blogspot.it/2013/10/mago-sabino-e-rucheton.html