Per la miseria! Ma che ci fa quella donna in culottes sul balcone? Stende i panni? Ma dove? qui?… proprio qui in Corso Sant’Anastasia?
Mi guardo attorno alla ricerca se qualcun altro osservi ciò che sto vedendo. La via purtroppo è deserta: scorgo una vecchietta assorta in preghiera davanti alla Madonnina che c’è sull’angolo di Palazzo Maffei e un crocchio di chiacchieroni all’altezza di Via delle Fogge. Eppure son desto e non soffro di allucinazioni. Lei è lì al balcone che con flemma gioiosa stende la sua biancheria. Bionda, sui vent’anni, tedesca forse. Una bambola bianca come il latte, dalle curve armoniose e dai seni turgidi. Che sia un nuovo modo d’interpretare Shakespeare? Ma quanto sono sciocco: è primavera!
Oggi è stata la prima giornata bella d’una primavera incerta e, sebbene siano le diciannove e trenta e siano scese le prime ombre, c’è ancora nell’aria un piacevole tepore. Ma porca vacca! Che fa? Rientra?… E adesso cosa faccio? Finisco di chiudere il negozio o…Beh! Capiti pure quel che vuole, io da qui non mi muovo. Aspetterò ancora un po’: tanto ne ho sprecato di tempo.
Riflettiamo un attimo con calma: mi sono chinato per depositare a terra le guide su cui scorrono i cancelli di chiusura del negozio e, quando mi sono girato… ma il balcone non cade nel raggio d’azione del mio campo visivo. È troppo in alto e discosto perché il movimento di qualcuno che ci sta sopra possa richiamarne l’attenzione. Non saprei spiegare come mai mi sia voltato, se sia stato per puro caso o per istinto. Forse a causa di quel sesto senso che ci avverte d’un pericolo? Che ci fa sentire addosso uno sguardo? Che ci guida verso i fatti singolari che si verificano accanto a noi?
Il balcone in questione si trova sopra al negozio con la scritta Tortellini. Sopra questa bottega, che produce e vende pasta fresca in centro qui a Verona, si ergono tre finestre, e quella di mezzo ha questo aggetto con ringhiera di ferro. Appartengono all’albergo Rosa il cui ingresso è sito in Vicolo Raggiri: un nome che di per sé è tutto un programma e che onora, in ogni caso, lo spirito dei nostri padri. Quelli sì che ci sapevano fare!
Una donna al balcone è uno degli emblemi della nostra città, ma questa è in mutande, potrebbe andar bene per uno posto di villeggiatura. In una via centrale è una esibizione oppure una provocazione. Per cortesia, non mi si venga a dire ora che l’atteggiamento è da disinibita. Oh! Se ci fosse qui il mio Toni, lui la giudicherebbe una bella sbadatona (1); poi comincerebbe a dire: – Anche a me una volta…
Eccola di nuovo! Eh… no no! Non è distratta. Lei lo sa d’essere in mutande e sa pure d’essere bella. Ma guarda con che cura stende le camicette! Se ne potrebbe fare uno spot televisivo. Sarebbe di certo migliore di quello vecchio di Corrado o di quell’altro che ti vuole offrire i due fustini. Ha più senso usare il corpo femminile in questi casi piuttosto che sfruttarlo per vendere automobili o abbonamenti telefonici. Fresca, ben tornita, bianca e rossa come una mela nostrana sarebbe l’interprete ideale per raffigurare una massaia. Rientra.
Non s’è accorta della mia presenza. Un vero peccato! Se i nostri occhi si fossero incrociati, sarebbe arrossita,forse. E se m’avesse sorriso?
È meglio non mettersi certi grilli in testa. Se penso poi che questo spettacolo si svolge sopra il capo di Guerrino, il proprietario del negozio che sta sotto, proprio a lui doveva capitare, a lui che diventa matto quando vede una donna. Glielo dovrò raccontare e, per farlo soffrir di più, spesso glielo rammenterò.
Sfreccia un ragazzo in bicicletta, pigia sui pedali e tiene il capo chino sul manubrio, dopo un attimo sparisce. Bresciani, l’orafo, svuota le vetrine. La commessa di Casabella, il negozio di casalinghi, chiude i cancelli e felice se ne va. I miei sguardi vanno dal balcone alla via, dalla via al balcone. Soffro per l’attesa. Sarebbe stato meglio che lei m’avesse notato, saprei affrontare a testa alta la sua nuova uscita e potrei sostenere con fierezza un suo sguardo. Mi sento a disagio: non so dire se soffro dei timori del guardone o dei rimorsi della persona onesta.
Sul mio marciapiede sta arrivando un uomo, deve avere suppergiù la mia età e la sua aria non mi sembra nuova. Da tutto l’insieme deve essere pure simpatico; lo inviterò a guardare il balcone. Ma se quella bellezza poi non esce? Eh!… Deve uscire: altrimenti che senso avrebbe il detto” Non c’è due senza tre”. Non so bene se ho bisogno d’un complice o d’un aiuto. Mah!
Come m’arriva vicino lo fermo. È un rosso: un patatone dalle guance di carne fresca.
“Ma sì!- mi dico- fa lo stesso”.
E gentilmente:- Mi perdoni, può fermarsi un attimo ad ammirare quel balcone?
– Quale?
– Quello lì.
– E perché mai?… Non ci trovo nulla di particolare.
– Per il momento, ma aspetti un po’ e si godrà uno spettacolo indimenticabile …Mi creda.
L’uomo, dopo un sorriso compiacente, si morsica un labbro e mi fissa intensamente negli occhi, getta poi uno sguardo al balcone; ritorna a fissarmi e a guardare il balcone, sorpreso e incuriosito al tempo stesso.
Non è passato un minuto che sul balcone appare un bel pezzo d’uomo con in mano una camicia gocciolante. Altro che distratto: è come l’ha fatto la sua mamma.
Il mio vicino fa un balzo all’indietro, abbandona l’aria perplessa e mi squadra come se volesse accopparmi. Atteggiando poi il viso al disgusto e al disprezzo, con voce aspra e forte:
– Ma non si vergogna?
(1) Molto sbadata.
Fonte: srs di Enzo Monti del 8 dicembre 2018-04-07
Link: http://enzo-monti.blogspot.it/2013/12/il-balcone.html