– Sei di Cremona vero? Anche se non ti ho mai vista prima, dimmi che sei di Cremona!
Queste erano state le parole di mio fratello nella lontana primavera del Sessantasette.
Percorrendo Corso Garibaldi e diretto in centro, aveva incrociato una gran bella ragazza di colore, di quel bel colore vellutato e abbronzato che hanno le ragazze dell’America Latina.
In Cremona, che a quel tempo contava meno di sessantamila abitanti, s’era visto fino allora un solo moretto che correva per le vie. Era un boxer che s’allenava in una palestra cittadina avendo scelto come maestro un vecchio e glorioso atleta cremonese ch’era stato campione italiano in quello sport.
Se fosse stata una delle nostre ragazze, come pretesto per attaccar bottone (1), poteva domandare il nome d’una via, dove si trovava una certa chiesa, addirittura la strada più breve per arrivare al museo e, visto che non gli mancava la fantasia, perfino la ricetta d’un dolce, pur di farla sorridere. Ma a quella bella moretta che altro poteva chiedere?
Sorridendo, la ragazza rispose che era di Panama, che studiava a Bologna e che si trovava a Cremona ospite d’una amica.