Mi segnala l’amico e storico Massimo Tomasutti, che in una lettera al Gazzettino, la dirigente della Cgil scuola del Veneto, si lamenta del fatto che Zaia voglia far insegnare la storia veneta nelle scuole (orrore!) mentre dovremmo far studiare l’influsso della civiltà italiana nella formazione della civiltà veneta. (A noi veneti che sappiamo la storia parrebbe dover esser il contrario. Studiare l’influenza della civiltà veneta in Italia). Risponde Tomasutti in maniera mirabile, tanto che è riuscito a commuovermi e a riempirmi di orgoglio. Ecco la sua lettera al giornale:
Gentile Direttore Papetti,
La lamentela espressa su queste pagine dal Segretario Regionale Flc Cgil Marta Viotto secondo cui nelle dichiarazioni pubbliche rese dal Governatore Luca Zaia – conseguenti alla firma dell’intesa tra Ministero dell’Istruzione e Regione Veneto per l’individuazione di percorsi didattici per sviluppare lo studio e la conoscenza della cultura e della storia veneta -, fossero assenti i ‘necessari’ riferimenti ai legami storici e culturali del Veneto con l’Italia non può lasciare indifferente chi, come lo scrivente, allo studio e all’insegnamento (molto precario e talvolta gratuito) della storia veneta ha dedicato tanto tempo, fatica e moltissima passione.
Contrariamente a quanto pensa la gentile dott.ssa Viotto non si dà, infatti, né storicamente né antropologicamente alcuna pacifica “evidenza” circa una cultura e storia veneta come risultante eterogenea di influssi culturali e storici “altri” e particolarmente italiani.
Anzi, lasciando sullo sfondo la pur corretta opinione di Indro Montanelli secondo il quale la Repubblica Serenissima, che ovviamente non esaurisce la storia veneta ma che ne è parte preponderante, non fu “una civiltà italiana ma europea e cristiana”, molti storici e sociologici sono concordi nel ritenere quella veneta una cultura e storia “particolare” e con un’identità molto forte.
Una cultura che per lunghi secoli fu addirittura fondamentale per il continente europeo poiché il Serenissimo Veneto Dominio era un territorio in cui si moltiplicavano le scoperte, le attività tecniche e quelle industriali. Da tutta Europa affluivano a Padova scienziati, studiosi e studenti. Professori di medicina e insigni giuristi che si laurearono a Padova andavano con successo in tutto il continente. Il primo orto botanico pubblico e universitario del mondo fu quello patavino, come il primo teatro anatomico, e la prima legge al mondo per la tutela delle invenzioni e delle opere dell’ingegno fu partorita dal Senato Veneto addirittura nel 1474!
Tutto ciò, e moltissimo altro, è purtroppo andato culturalmente perduto fino ad oggi e non solo per i guasti prodotti dalla scomparsa della Serenissima. Quando i Savoia vinsero, imposero il loro modello di organizzazione statale: centralizzata, burocratica, rigida attraverso l’opera dei prefetti e, conseguentemente, doveva obbligatoriamente essere insegnata solo “una” storia nazionale con buona pace delle altre.
La stessa storia che oggi cerca artatamente di raccontare – per rimanere in tema -, dell’emigrazione veneta come di un esodo biblico dovuto alla miseria e alla povertà in cui al tempo versavano le ‘terre di Marco’ ma che non dice che a causare quell’esodo biblico furono – in grandissima parte – le misure fiscali ed amministrative imposte dal nuovo Stato italiano (1866) alle genti venete (coscrizione obbligatoria per sei anni e “tassa sul macinato” del 1869).
E’, quindi, ingiusto dire che tutto ciò è poca cosa rispetto alla storia e gli influssi esercitati sul Veneto dalla cultura italiana, perché questa è storia di una Regione e di un’identità che fu internazionale e con una lingua franca parlata in tutto il Mediterraneo. Allora ha fatto benissimo Zaia a ribadire di voler salvare proprio “questa” cultura ed identità con il massimo rispetto, ovviamente, per quella italiana.
Dott. Massimo Tomasutti
Caro Massimo, ti me ga anca commosso.. dovaria esser el contrario: ne le scole italiane i dovaria studiar l’influsso de la civiltà veneta in tuta Europa e nel stival. Si gerimo, fin a l’ultimo giorno, malgrado i aciachi de la classe nobiliare veneziana (ghe no ga avuo el modo e el tempo de alargar la gestion del stato nostro a le classi dirigenti dea teraferma come auspicava Maffei e altri) gerimo dizevo, a l’avanguardia in ogni campo e penso ad esempio a Alvisopoli, nata ne l’Ottocento, sorta par l’inteligenza e la volontà de on nobile venezian. Go tra le man on libro de Paolo Gaspari “Terra Patrizia” in l’autore evidenzia come el patriziato fondendose co i nobili e i proprietari dea teraferma ga continuà a influire in maniera grande in Friuli e in Veneto, fin a perpetuare ai nostri giorni, la nostra civiltà particolare e unica in Italia e nel mondo.
Millo
Fonte: dal Veneto al modo del 20 ottobre 2018-10-17