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Fu certamente anche grazie all’OFFICIO delle BIAVE, una Magistratura veneta, che nel XVI secolo, come misura per prevenire carestie dovute a cattivi raccolti, incoraggiò la coltivazione del granturco, in alternativa al grano, abbinandolo anche al riso. Il granturco, introdotto nel 1550, forniva un raccolto più abbondante di quello che era stato possibile ottenere prima e si diffuse in tutto il Veneto nel giro di tre generazioni per diventare infine il prodotto principale.
Anche il riso fu introdotto nel XVI secolo e contribuì in maniera significativa ad aumentare le scorte alimentari. Secondo Pierre Chaunu, il riso fornisce 7,35 milioni di calorie per ettaro, contro 1,51 milioni di calorie del grano. Queste cifre, anche se approssimative, rendono l’idea dell’importanza del riso nell’incremento delle scorte di cibo.
Le calorie fornite dal granturco sono intermedie ma in pratica, determinano la vera differenza la caduta delle piogge locali, e la qualità del suolo. Il riso richiedeva l’inondazione e ciò limitava la sua diffusione a terre piane ed irrigue. Il granturco necessitava di più precipitazioni atmosferiche del grano, ma questi due raccolti erano reciprocamente sostituibili ovunque nel Veneto.
I Magistrati ammassavano delle scorte di grano, granturco e riso, in appositi edifici, per poi introdurre a prezzi calmierati, o, nei periodi di crisi profonda, addirittura distribuire gratuitamente per le classi povere, le scorte accumulate. Traccia di queste provvidenziali usanze le troviamo ancora nella toponomastica di qualche città veneta, anche se con la creazione dello stato unitario italiano, il Grande Fratello di orwelliana memoria, ha fatto scomparire nomi che invece erano carichi di significati. A Padova, tanto per fare un esempio, l’attuale Piazza Garibaldi, era detta fino a metà ‘800, Piazza delle Biave.
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Fonte: SRS DI MILLO BOZZOLAN · PUBBLICATO 19 SETTEMBRE 2022 · AGGIORNATO 13 SETTEMBRE 2022