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Se domandate ad un “esperto” quale sia stato il primo “essere vivente” ad aver “dipinto” un ghiacciaio, avete ottime possibilità di sentirvi ripetere il nome dello svizzero Caspar Wolf, nato nel 1735 nel canton Argovia e morto nel 1783 ad Heidelberg, in Germania.
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Se domandate quale sia stato il primo ghiacciaio “dipinto” della storia, cominciano maggiori problemi.
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Se domandate quale sia la primissima occasione della storia nella quale sia stata nominata la “parola ghiacciaio“, torniamo in campo “un pò più sicuro”: il 1783.
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Caspar Wolf 1774
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Link:https://en.wikipedia.org/wiki/Caspar_Wolf
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Se domandate ad un “esperto” quale sia stata la prima mappa a “riportare nero su bianco un ghiacciaio”, i francesi vi risponderanno “quella del Sanson” di metà ‘600, gli austriaci quella del Tirolo realizzata da W. Ygls del 1604
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Se volete “scartavetrare” qualcuno, la risposta potrebbe essere “San Francesco di Sales“, che nel 1606 cambiò il nome “Monte Maledetto” in “Monte Bianco“
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La fase climatica fredda e nevosa che si instaura negli ultimi decenni del XVI secolo viene chiamata dagli studiosi “Piccola era glaciale” proprio perché a questo periodo risale l’origine della glaciazione attuate.
Essa è ben documentata per i ghiacciai del Monte Bianco. La citata relazione dell’Arnold è una indubbia importante testimonianza.
Ma documenti ancora più espliciti si trovano negli archivi di Chamonix ove l’improvvisa grande crescita, dei ghiacciai fu causa di gravissimi disastri proprio sul fondovalle dell’Arve. Questo venne raggiunto dalle fronti glaciali per la prima volta nel primo decennio del 1600 con la distruzione di villaggi, come quello di Boneville che sorgeva presso il corso dell’Arveyron. .
Di questi grandi disastri naturali abbiamo testimonianza nell’epistolario di San Francesco di Sales, vescovo del Faucigny. Egli compì, nel 1606 e negli anni successivi, visite pastorali a Chamonix; nelle lettere redatte durante tali visite, descrive lo stato di, protrazione della popolazione tanto duramente colpita e anche il paesaggio della Valle: “I monti sono pieni di ghiaccio e la Valle piena di case!”.
La situazione era così grave che nel 1610 la Camera dei Conti di Savoia promosse un’inchiesta ufficiale tenente ad accertare – dice il documento dell’ epoca – “les pertes et ruynes avenues en ladicte paroisse tant occasion des cheutes des glaciers que ravages et debordement de la riviere d’Arve”.
Una seconda espansione glaciale, nella valle di Chamonix ancora più marcata della, prima, culminò nel 1643. La fronte della Mer de Glace si spinse allora nel fondovalle tanto vicino al corso dell’ Arve da far temere – dicono i documenti – che ne sbarrasse il corso “et par ce moyen inondat par forme de lac le dessus”; cioè trasformasse l’alta valle in un grande Iago.
Oggi sul luogo raggiunto dalla fronte glaciale nel 1643 restano le grandi morene ammantate dal fitto bosco comunale di Les Tines.
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Per farla breve, si può “andare indietro (con un minimo di certezze)” fino al 1596, quando intorno al Rutor e all’Aletsch “si spesero denari” per tentare di bloccare/deviare i due nascenti ghiacciai, “più indietro non si può”.
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La “carta del Tirolo di Lazius“, quella che mostra boschi fino alla cresta nel versante nord della Val Senales, ossia….
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Domanda: .“ma con questa rappresentazione geografica ÖTZI, COME SI È CONSERVATO?”
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