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Far degenerare una patologia, ancorché presente un predisposizione genetica magari, è molto più facile in questo momento storico proprio a causa della pandemia sociale.
Sempre più persone arrivano alla mia attenzione sempre con problematiche autoimmuni, gastrointestinali, psico-nutrizionali e mi trovo a dover fronteggiare vere e proprie situazioni di “panico da cibo”.
E’ una epidemia che non si vede, di cui nessuno parla, che nessuno vuole “comunicare” ma che è più pericolosa e dannosa di quanto possiamo immaginare.
Tutto parte (quasi) sempre dalle porcherie che mangiamo.
In un contesto socio-sanitario in cui dilaga l’infiammazione (soprattutto da cibo) una giusta strategia alimentare potrebbe essere benefica per molte persone ed alleggerire il carico economico del singolo e dello stato.
Non parliamo di una “dieta” ma di un “approccio” che possiamo definire Protocollo Auto-Immune (AIP) in grado – con tutte le accortezze del caso – di ridurre l’infiammazione, i dolori e altri sintomi (spesso) aspecifici, che si presentano in chi è affetto, ad esempio, da una malattia autoimmune.
Tante persone che seguono un protocollo AIP segnalano miglioramenti fisici e mentali, nonché la riduzione dei sintomi tipici della malattia autoimmune come affaticamento e stanchezza perenne, dolori intestinali o articolari, difficoltà di dimagrimento, ecc.
È importante però capire che un protocollo AIP non è una cura e potrebbe non essere sufficiente per mandare in remissione completa una malattia, soprattutto se la malattia “convive” con “l’ospite” da molti anni.
Possono essere necessari farmaci (che valuterà sempre e soltanto un medico) o integratori (che dovrebbero essere consigliati sempre e soltanto da un medico o da un biologo nutrizionista/dietista) necessari a mantenere il corretto funzionamento della macchina “corpo umano”.
Lo schema alimentare deve essere il più semplice possibile per non innescare infiammazioni a livello intestinale o squilibri psico-emotivi e peggiorare ulteriormente la eventuale permeabilità intestinale favorendo, oltretutto, riacutizzazioni della malattia autoimmune.
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L’AIP SI CONCENTRA SU:
Salute intestinale: l’infiammazione locale, la disbiosi e una barriera intestinale che “gocciola” (Leaky Gut Syndrome) contribuiscono allo scarso assorbimento dei nutrienti e all’infiammazione sistemica che alimenta la abnorme risposta del sistema immunitario peggiorando la patologia autoimmune. Nella dieta vengono evitati cibi che irritano la parete intestinale, mentre sono presenti alimenti che sostengono l’integrità della barriera epiteliale.
Densità dei nutrienti: ogni organismo necessita di un’ampia gamma di nutrienti per funzionare al meglio e il sistema immunitario non è escluso. Devono essere privilegiati alimenti ricchi di nutrienti (soprattutto MICRONUTRIENTI come minerali e vitamine) poiché sono fondamentali per il funzionamento ottimale della macchina biochimica, fornendo al corpo gli strumenti di cui ha bisogno per colmare le carenze e supportare la funzione del sistema immunitario.
Equilibrio glicemico: una importante fluttuazione della glicemia può portare ad infiammazione locale (intestino, cervello, fegato, ecc.) e sistemica (sistema immunitario, ecc.), depressione immunitaria, squilibri ormonali e compromissione della funzione cerebrale, nonché invecchiamento precoce (fenomeno conosciuto con il nome di AGING). Arrivare ad una “calma glicemica” è fondamentale per il recupero da qualsiasi condizione infiammatoria.
Regolazione del sistema immunitario: infiammazione, permeabilità intestinale, squilibri ormonali, alterazione del metabolismo degli zuccheri e carenze di micronutrienti contribuiscono alla disregolazione del sistema immunitario. Riducendo la proliferazione della flora batterica patogena e l’infiammazione nell’intestino, rimuovendo i trigger immunitari di origine alimentare, garantendo una nutrizione mirata e supportando l’equilibrio glicemico, la dieta autoimmune contribuisce al mantenimento di una corretta funzionalità immunitaria.
La dieta AIP si compone di due fasi principali: la fase di ELIMINAZIONE in cui si eliminano gli alimenti che sono responsabili dell’infiammazione e, successivamente, si reintroducono gli alimenti metodicamente per escludere fenomeni di reattività garantendo una adeguata tolleranza intestinale ed immunologica.
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LA FASE DI ELIMINAZIONE
La fase di eliminazione comporta la rimozione di cibi che si ritiene causino infiammazione intestinale e che possano influenzare (negativamente) il sistema immunitario.
La durata della fase di eliminazione è variabile e in genere viene mantenuta fino a quando non si avvertono miglioramenti considerevoli. Generalmente potrebbe essere funzionale mantenere la fase di eliminazione per 30-90 giorni, ma i benefici potrebbe comparire anche nell’arco delle prime settimane.
In quel caso, non bisogna farsi trarre in inganno ed è fondamentale proseguire senza commettere ERRORI.
IN LINEA GENERALE GLI ALIMENTI DA EVITARE:
Cereali contenenti glutine e legumi
Frutta a guscio
Semi
Spezie a base di semi
Latte e derivati
Uova
Mais
Solanacee
Spezie a base di solanacee
Oli raffinati e lavorati e oli vegetali
Zuccheri e dolcificanti, compresi quelli naturali
Dolcificanti artificiali
Emulsionanti, addensanti e altri additivi alimentari
Alcol.
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ALIMENTI DA PREFERIRE
La maggior parte delle verdure biologiche
Carni di qualità
Carni e frattaglie di organi
Alimenti ricchi di glicina
Brodo di ossa
Pesce e crostacei
Grassi di qualità
Frutta biologica a basso indice glicemico
Alimenti probiotici e fermentati
Cocco
Erbe
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Molte persone si lamentano perché mangiano poco (o pensano di mangiare poco??) perché sono drogate e schiave, nonché succubi del cibo spazzatura di cui si nutrono ogni santo giorno e che crea dipendenza.
Bisogna sganciarsi da vecchi e logori luoghi comuni come “latte e biscotti a colazione” oppure “pasta al sugo a pranzo” se si vuole stare meglio.
Sii il cambiamento di te stesso e della tua salute.
Dal nutrizionista di paese è tutto e i Tacchini Ignoranti MUTI.
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