Scritta barbarica relativa alla morte del vescovo di Verona Norandino; Duomo di Verona
VOLUME II – EPOCA III – CAPO VIII
SOMMARIO. – Scosso il principio di autorità: conseguenze – La chiesa veronese e l’imperatore – Il vescovo Norandino – Alberto – Jacopo di Breganze – L’urna del vescovo S. Teodoro – Federico II a Verona – Dieta di Verona.
Fiaccata nell’Italia superiore la prepotenza degli imperatori mercé la battaglia di Legnano e la pace di Costanza, ne restò pure indebolita la loro autorità entro i limiti legittimi; anzi fu scosso tremendamente nella mente degli italiani lo stesso principio di autorità.
Limitandoci a dire di cose nostre, è bensì vero che Verona era si eretta in comune ed avea i suoi podestà, i suoi consoli, i suoi rettori: ma la loro autorità era tutta umana, basata sulla prepotenza di qualche famiglia, o tutt’al più sulla concessione dei cittadini. L’autorità degli imperatori per contrario avea del divino; gli imperatori venivano coronati o consacrati dai Papi, e la loro autorità, quasi fulcro materiale dell’autorità spirituale, si estendeva quanto quella dei Papi.
Scosso questo principio di autorità, (1) era aperta la via a discordie cittadine, a lotte interne, a partiti; i quali vessarono anche la nostra Verona dalla fine del secolo XII fin verso la metà del secolo XIII. Questo tratto è quello, che viene antonomasticamente chiamato l’epoca delle fazioni è l’epoca di transizione dal comune alla signoria. Appunto, quando pare a assicurata la libertà del comune di Verona e la esenzione dalla prepotenza imperiale, sorsero a dilaniare la città queste fazioni interne, ben più fatali della prepotenza straniera. Già fin dall’anno 1193 il pontefice Celestino III mandò nell’ Italia Superiore il card. Fidenzio con la missione di pacificare gli animi: nella festa dell’ Assunzione egli tenne un sermone a questo scopo nella nostra cattedrale alla presenza del card. Adelardo, dell’arcivescovo di Ravenna, di molti vescovi, consoli e capi delle famiglie principali; ma ciò nonostante le discordie durarono per altro mezzo secolo.
Cosa difficile, e non richiesta dall’indole del nostro studio, è denominare queste fazioni, massime per le loro frequenti evoluzioni, sia in loro stesse, sia in rapporto all’ingerenza degli imperatori.(2) Ad ogni modo, tenendoci alla scissura più importante, questa divideva i cittadini in due partiti: uno dei quali, il guelfo o popolare, era capitanato dalle famiglie D’Este e Sambonifacio: l’altro, il ghibellino, detto anche dei Monticoli e forse anche dei Quattroventi, antipopolare, era capitanato da principotti, massime un po’ più tardi dai Da Romano: l’uno e l’altro speravano e temevano dagli imperatori Enrico VI e Ottone IV, ma più ancora da Federico II coronato nel 1220.
Queste scissure naturalmente dovettero nuocere anche alla causa della religione, mettendo in discordia i fedeli tra di loro, e così pure anche il clero, e talvolta perfino le monache stesse in un medesimo monastero.(3) Tuttavia queste lotte non aveano alcun carattere religioso: né nella prima metà del secolo XII troviamo esservisi mai ingeriti i nostri vescovi. Né diremo esser ingerenza religiosa il tentativo fatto a Verona da Sant’Antonio nel 1228 di ridurre a miti consigli Ezelino Da Romano(4); né diremo esser ingerenza religiosa quella di fra Giovanni Schio da Vicenza, il quale, venuto a Verona, compose l’effimero accordo di Paquara (28 agosto 1233), e poi ebbe per qualche mese poteri civili in Verona.
Generalmente la chiesa veronese, come tale fu estranea ai partiti; e le lotte politiche non impedirono che in Verona si stabilissero i nuovi ordini religiosi, che in seguito avrebbero cooperato alla pacificazione degli animi. (a)
Ché anzi per quanto spetta agli atti autentici della chiesa veronese, questi all’infuori ed al disopra delle autorità cittadine mostrano di riconoscere l’autorità degli imperatori. Così i canonici negli anni 1209 e 1210 domandarono ad Ottone IV la conferma dei loro privilegi. Nello stesso anno 1210 Turrisendo,(5) abbate di S. Zeno per aver l’investitura di alcuni beni un tempo appartenenti al suo monastero si recò a Milano, si presentò con grande apparato all’imperatore Ottone IV; « posuit dexteram in manibus dicti domini imperatoris Ottonis et osculatus fuit eum nomine fidelitatis et juravit ei contra omnes homines sive personas, salvo jure monasterii, si quod facere debet, fidelitatem ».(6) Più tardi, siccome molte possessioni dello stesso monastero « malefactorum iniquitate » andarono perdute, l’abbate Riprando ricorse, interponendo anche la mediazione del papa Onorio III, all’imperatore Federico II; ed ottenne quanto domandava, con diploma dato da Napoli il giorno 2 gennaio del 1221.(7)
A Federico II ricorsero anche le monache di S. Michele in Campanea, perché fosse loro assicurato il teloneo in occasione di una fiera che si teneva in città in marzo ed in novembre nella località detta Campo Marzo; e lo ebbero con diploma del 17 marzo 1220.(8) Nello stesso anno per aver la conferma di alcune possessioni ricorse a Federico II l’abbate di S. Maria in Organo; e le ottenne con diploma 17 settembre.(9)
Finalmente da Federico II ebbe confermati i suoi privilegi il monastero di S. Giorgio in Braida: il diploma fu dato « in castris in brixiana ante Manerviam » nel luglio dell’anno 1238(10).
Si aggiunga che tre anni dopo la pace di Costanza, il nostro vescovo Riprando si recò a Milano, ed ivi il giorno 24 gennaio 1186 giurò fedeltà a Federico Barbarossa ed al figlio Enrico VI. Dei due vescovi Adelardo e Norandino non abbiamo alcun atto che direttamente od indirettamente accenni a relazioni con gli imperatori: ma del vescovo Iacopo di Breganze qualche scrittore accenna che fosse molto e forse troppo deferente verso Federico II.
Dalle fatte osservazioni è chiaro che in quest’epoca dovette esser molto inceppata l’operosità dei nostri vescovi. Noi ne daremo i nomi, indicando i pochi atti, di cui ci sia rimasta qualche memoria.(11)
Dopo ché il card. Adelardo si ritirò nel monastero di S. Zeno, a vescovo di Verona fu eletto Norandino della nobile famiglia dei Sordi(12): nella serie dei vescovi di Verona egli è l’ottantesimo primo; e resse la nostra chiesa dall’anno 1214 (in un documento del 13 ottobre è detto Episcopus electus), e non sappiamo se fino all’anno 1224, oppure 1225.
Con atto del 1 settembre 1215 confermò al monastero dei santi Vito e Pietro di Calavena l’investitura di alcuni beni fatta dal vescovo Riprando; anzi altri poi ne aggiunse con altro atto del 4 aprile 1223 (13). Con atto del 4 febbraio 1220 concesse alla chiesa delle monache Benedettine di S. Michele il fonte battesimale.
Dopo lunghe liti per i diritti del vescovo su Porto Legnago acconsentì ad un accordo del comune di Verona, che li pregiudicava non poco.(14) Se è autentico un documento riferito dal Biancolini, Norandino avrebbe nominato un priore della chiesa di S. Martino di Avesa il giorno 21 marzo dell’ anno 1225(15): ma altrove proviamo che è un documento assai dubbio.
Abbiamo quattro lettere dirette a Norandino dal pontefice Onorio III. Nella prima del 28 novembre 1216 gli scrive come un sacerdote veronese temeva di non poter esercitare il ministero sacerdotale senza la licenza della Sede Apostolica per aver ricevuto due volte l’ordine del suddiaconato: il Papa autorizzava il vescovo ad abilitare quel sacerdote « injuncta ei poenitentia competenti » (16). Nella seconda, a dir il vero poco onorifica per il nostro clero, data il 6 febbraio 1224 dava al vescovo la facoltà di assolvere alcuni chierici della città e della diocesi scomunicati come concubinarii dal card. vescovo di Ostia legato della Santa Sede.(17) Nella terza del 26 giugno dello stesso anno lo delegava a costringere i padovani a revocare alcuni decreti contrari alla libertà della chiesa.(18)
Da una lettera scritta da Onorio al clero della città e diocesi di Verona apprendiamo come Norandino avea con fatiche e con danaro sopperito a gravi bisogni del monastero di S. Zeno: il Papa raccomanda specialmente ai prelati ed ai chierici di sovvenire il vescovo per le spese da esso incontrate. La lettera è del 9 febbraio 1224(19).
È un po’ controversa la data della morte di Norandino. Dal documento sopra citato come incerto, egli era ancor vivo il 21 marzo del 1225. Ma lo stesso Biancolini dà come certa un’iscrizione scolpita in caratteri barbari sulla parete interiore della cattedrale tra la porta del campanile e la cappella del SS. Sacramento; essa dice esser morto Norandino il giorno 21 settembre dell’anno 1224(20).
DIE DOMINICO VIIII EXEUNTE
SEPTEMBRI DOMINUS
NORANDINUS EPISCOPUS
OBIIT MCCXXIIII
Ora è più facile ammettere un errore dell’anno nel documento precedente, che tenere spuria quest’iscrizione; molto più che essa è connessa con altra che daremo sotto.
A Norandino alcuni storici fanno succedere un Adelardo III, evidentemente confuso col card. Adelardo II: altri un Wilfredo o Goffredo: ma senza alcun documento. Per contrario non pare potersi escludere un vescovo Alberto, arciprete dei canonici, che sarebbe stato eletto nell’ottobre del 1224, e sarebbe il vescovo ottantesimo secondo.(21)Di lui non troviamo ricordato alcun fatto: soltanto un’iscrizione posta a lato della precedente ci dice che esso era « magister », e che dalla sede episcopale di Verona lo depose il papa Onorio III:
DEPOSICIO MAGISTRI ALBERTI EPISCOPI VERONENSIS
FACTA A DNO ONORIO PP.
DIE PRIMO INTRANTE MARCIO MCCXXV
EODEM DIE ELECTUS FUIT MAGISTER JACOPO
DE BRA GANCIO ITEM A DNO P.
Dunque Alberto sarebbe stato deposto da Onorio III il 1 marzo 1225, forse perché troppo devoto alla causa dell’imperatore Federico II
.
Nello stesso giorno 1 marzo 1225, secondo l’iscrizione, fu eletto dal papa, o; meglio, fu dato vescovo alla chiesa veronese Iacopo di Breganze(22); che è il vescovo ottantesimo terzo, e resse la nostra chiesa per circa 27 anni (1225-1252).
Dal Panvinio è celebrato « vir innocentia et erga christianam rempublicam studio praeclarus »(23). Ma il suo episcopato cadde in tempi troppo burrascosi a motivo delle lotte politiche.
Dapprincipio parvero prevalere i Guelfi, massime dopo la restaurazione della Lega Lombarda a S. Zeno in Mozzo (6 marzo 1226): ma presto presero il sopravvento i Ghibellini con Ezelino da Romano: si aggiunga che troppo spesso risiedeva a Verona Federico II scomunicato da Gregorio, e la città stessa fu più volte soggetta all’interdetto: né mancano scrittori nostri, che accusino il vescovo Iacopo come troppo indulgente verso l’imperatore. (b)
Benché l’episcopato di Iacopo sia stato abbastanza lungo, poche memorie abbiamo dei suoi atti d’indole ecclesiastica: certo l’opera del vescovo in quei tempi dovea esser molto inceppata.
Sappiamo che Iacopo favorì in massima le nuove istituzioni religiose. Coadiuvò lo stabilimento delle suore minorite di S. Chiara presso la chiesa di S. Maria delle Vergini in Campo Marzo (1234)(24): approvò la regola introdotta presso i canonici di S. Leonardo (1230): alle monache di S. Domenico all’Aqua traversa, fuori della porta attuale di S. Giorgio, concesse privilegi (1245), confermati poi dal patriarca di Aquileja(25). S’adoperò pure perché venisse eretta la chiesa ad onore di S. Lucia nel borgo Ognissanti: il decreto relativo dato a Mantova il 19 gennaio del 1252 fa sospettare che egli siasi riparato a Mantova per sfuggire le ire di Ezelino. Si dice che sia morto a Brescia nello stesso anno 1252, relegatovi da Ezelino.(26)
L’episcopato di Iacopo fu inaugurato da una scoperta preziosa.
L’urna dell’altare del vescovo S. Teodoro, che si trovava entro la nuova cattedrale, portava incisa un’iscrizione romana, che accennava trovarsi ivi sepolto il corpo di un gentile, anziché d’un vescovo santo. Perciò col consenso di Iacopo nel 5 maggio del 1225 fu aperta quella sepoltura, e con alcune ossa si trovò anche l’iscrizione: « Hoc est corpus sancti Teodori Episcopi ».(27)
Il Maffei accenna ad una solenne funzione religiosa celebrata in questa occasione, e riporta il frammento superstite dell’ epigrafe ivi scritta a perenne memoria, che qui diamo sciogliendo le abbreviazioni(28).
DIE V INTRANTE MADIO
APERTA FUIT ARA SANCTI
DEODORI EPISCOPI…
Si dice che l’altare di S. Teodoro sia stato consacrato nell’anno 1252 da Matteo vescovo di Cluzi: forse era fuggito o relegato il vescovo Iacopo(29).
Chiuderemo con un fatto assai importante avvenuto in Verona verso la fine dell’ episcopato di Iacopo, cioé con la dieta imperiale ivi tenuta l’anno 1245.
Già abbiamo veduto come Federico II si studiasse di tenersi devota Verona: vi veniva spesso; ivi risiedeva per qualche mese; che anzi per questo motivo, essendo talvolta scomunicato Federico dal Papa, Verona dovette soggiacere all’interdetto(30).
Mentre il pontefice Innocenzo IV avea indetto un concilio generale da tenersi a Lione, anche per accordarsi coi vescovi sulle misure energiche da adottarsi contro Federico, questi tentò opporre a quel concilio una dieta di principi e vescovi da tenersi in Verona.
Egli venne a Verona il giorno 2 giugno col suo segretario Pier delle Vigne; bene presto vi convennero il suo figlio Corrado re di Gerusalemme, Baldovino imperatore di Costantinopoli, parecchi principi della Germania, l’arcivescovo di Strasburgo, i vescovi di Frisingen, di Passau, di Bamberga, di Brixen ed altri, Ezzelino da Romano ed altri principi di parte imperiale. Che cosa siasi deciso in quella Dieta, i veronesi non lo seppero mai: si hanno due atti con molte sottoscrizioni, ma sono assai oscuri ed incerti.(31) Del vescovo Iacopo sappiamo che alloggiò nel suo palazzo l’imperatore di Gerusalemme; mentre Federico II stette nel monastero di S. Giorgio, o, secondo una cronachetta capitolare, in quello di S. Zeno.
Questa venuta di Federico II in Verona lasciò tanta impressione nei veronesi, che ne fu incisa la memoria in una lapide sulla facciata della chiesa di S. Stefano.(32) Essa ci ricorda pure come l’imperatore in questa occasione « duxit secum elefantem »: ed una cronachetta trovata dal can. Vignola nella biblioteca Capitolare aggiunge: « duxit secum unum elipantem XXII camelos quinque leopardos ».(33)
Federico partì da Verona il 10 luglio dello stesso anno 1245.
NOTE
1 – Un’iscrizione del 1220 presso la chiesa della Trinità diceva « regnante Dno nostro Iesu Christo » presso CIPOLLA, Appunti di Scip. Maffei sulle Epigrafi Veronesi (Verona 1910). Eppure fin dall’ anno 1212 nella dieta di Magonza era stato eletto imperatore Federico II.
2 – Sotto il primo aspetto ne tratta diffusamente e competentemente CIPOLLA, Compendio della storia politica di Verona, Capo XIII.
3 – FINETTI, L’antico monastero delle Benedettine di S. Michele, pag. 20.
4 – Però senza frutto. ROLANDINUS Patav., Chronicon Lib. III. ap. v., presso MURATORI, Rerum ital. Script. VII, col. 202.
5 – CIPOLLA, Compendio della storia politica di Verona, pag. 138.
6 – BIANCOLINI, Chiese di Verona V. P. I, pag. 108; CAVATTONI, Memorie … di S. Zeno, pag. 80 e Docum. Num. 117.
7 – BIANCOLINI, Chiese V. P. I, pag. 110 – 116.
8 – FINETTI, L’antico monastero delle Benedettine a S. Michele, pag. 19.
9 – CIPOLLA, Le popolazioni dei XII Comuni, pag. 26.
10 – CIPOLLA, Un diploma edito di Federico I ed uno inedito di Federico II (Venezia 1879).
11 – Sui particolari di un terremoto che colpì Verona nella festa del S. Natale del 1222 (o 1223), vedi CIPOLLA, Antiche Cronache Veronesi I, pag. 57 Nota, 533 seg.
12 – Questa famiglia nel secolo precedente avea dato vescovo a Vicenza quel B. Giovanni Sordi, che nel 1183 avea deciso a favore dei canonici una lite contro i cavalieri di S. Vitale.
13 – CIPOLLA, Le popolazioni dei XIII Comuni, pag. 16,25.
14 – Sac. TRECCA, Legnago, pag. 31 segg.
15 – BIANCOLINI, Chiese II, pag. 610.
16 – BIANCOLINI, Serie Cronol. dei Vescovi Docum. VIII, pag. 84; POTTHAST, Regesta RR. PP. Num. 5382
17 – BIANCOLINI, Serie dei Vescovi Docum. XI, pag. 86; POTTHAST, Num. 7160.
18 – BIANCOLINI. Serie dei Vescovi. Docum. XII, pag. 86; POTTHAST, Num. 7286.
19 – BIANCOLINI, Serie dei Vescovi Docum. X pag. 85; POTTHAST. Num. 7161.
20 – BIANCLINI. Serie dei Vescovi di Verona pag. 133; ove si ha il fac-simile di questa, della seguente ed anche delle iscrizioni dei Vescovi Ognibene e Riprando.
21 – Lo Stato personale lo omette.
22 – Tre anni prima BIANCO LINI, Dissert. sui Vescovi pag. 46 avea scritto che Iacopo fu eletto « spalleggiato dai Conti di S. Bonifacio in competenza di Stefano Arciprete della Cattedrale sostenuto dalla fazione contraria dei Monticoii »: allora non conosceva l’iscrizione.
23 – PANVINIUS. Antiquitates veronenses Libr. VII, pag. 192. C.
24 – ARRIGHI, Cenno storico intorno al monastero di S. Maria delle Vergini. Docum. II.
25 – BIANCOLINI, Chiese VII, pag. 192 – 195.
26 – BIANCO LINI. Chiese. VII. pag. 80; PERINI. Istoria delle monache di S. Silvestro, pag. 14.
27 -BAGATA. SS. Episcoporum Veron. antiqua monum., pag. II r. 12.
28 – MAFFEI, Verona illustrata, pag. 344 (Ed. Verona 1732); CIPOLLA, Appunti di Scipione Maffei, pag. 14 (Verona 1910).
29 – DIONISI, Apologetiche riflessioni, pag. 59.
30 – La sua prima venuta nel giorno 24 agosto 1212 è ricordata in una delle iscrizioni sulla facciata della chiesa di S. Stefano, presso BIANCOLINI Chiese di Verona I pag. 20.
31 – Presso Monumenta Boica XXVIII. P. II. pag. 354. seg.
32 – Trovasi inesatta presso BIANCOLINI, Chiese I, pag. 17; esatta presso CIPOLLA, Nota di Storia Veronese v., pag. 62 (Venezia 1893).
33 – Presso CIPOLLA, Op. cit; pag. 63. Ivi trovansi altri particolari, a dir vero, un po’ curiosi di quest’ultima venuta di Federico II a Verona.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. VIII (a cura di Angelo Orlandi)
a) Per le vicende di Verona in questo periodo delle fazioni e nel successivo di Ezzelino da Romano si possono indicare vari studi del Simeoni e di Gino Sandri. L. SIMEONI, Il Comune, in Verona e il suo territorio v. II, Verona, 1964, p .. 243-347. Si segnalano specialmente il cap. II e il cap. III da pp. 257 a 316.; G. SANDRI, Paquara e Vigomondore (Nota agli« Annales Veronenses » di Paride da Cerea), in Atti e Memorie dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona,, S. V, vol. XII (1933-34), Verona, 1935. pp. 101-115. (Lo studio è riportato anche in Scritti di Gino Sandri raccolti da Giulio Sancassani, Verona, 1969, pp. 55-71).
b) Si veda qualche ulteriore notizia su Jacopo di Breanze in G. SANDRI, Il vescovo Jacopo di Breganze e la prima sistemazione dell’ Ordine dei Minori in Verona, in Scritti di Gino Sandri raccolti da Giulio Sancassani, Verona, 1969, pp. 95-107; ed anche dello stesso autore e nella stessa raccolta: Nuovi documenti sull’ultima residenza di Ezzelino in Verona, in Scritti di Gino Sandri … cit. pp. 73-94.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II