Chiesa di San Fermo, residenza dei frati minori ai quali nel medioevo fu affidato il tribunale dell’inquisizione a Verona.
VOLUME II – EPOCA III – CAPO XII
SOMMARIO. – Prima eresia in Verona – Indole del Patarenismo – Primi indizi dell’eresia nel secolo XII – L’eresia in Verona nei primordi del secolo XIII – Il placito di Cerea – Gli eretici di Bagnolo – Gli Albanesi – Gli eretici a Sermione – La repressione legale ecclesiastica dell’eresia – La repressione civile.
Due volte la chiesa veronese s’era trovata implicata in fazioni scismatiche: nel tempo della lite dei Tre Capitoli, ed in quello della lotta circa le investiture: mai però in essa si parlò di eresia, non potendosi aver in conto alcuno l’errore dei pochi antropomorfiti, forse vicentini, anziché veronesi, contro i qual scrisse Raterio.
Di eresie non si parla nella nostra chiesa, se non nella fine del secolo XII e per tutto il secolo XIII; durante il quale periodo si trovano eretici, sia nel distretto di Verona, sia nella città.(1)
L’eresia del Patarenismo veronese in sostanza è quella degli Albigesi, o Nuovi Manichei, della Francia meridionale passata in Italia con nomi varii ed oscuri: si dicono Catari, Passaggini, Gioseffini, Umiliati, Poveri di Lione, Bulgari, ecc. ecc.
Nell’Alta Italia, e così anche sul territorio veronese, prevale l’appellativo Patareni, del quale è cosa ardua determinare l’origine. Alcuni lo derivano dall’antica Pataria dell’Alta Italia, altri da una città della Dalmazia, altri da un paese del milanese, altri dalla voce pataria, che nel dialetto milanese significava ciarpame, cencio, secondo la quale origine i Patareni si dicevano anche cenciosi, cenciajuoli. Questa derivazione sembra storicamente la più verosimile.(2)
La moltiplicità di appellativi comprova esser molto difficile determinare l’indole propria di queste eresie, e quindi anche dei nostri Patareni. Secondo un autore recente, gli eretici detti Bagnolesi, da Bagnole terra della Provenza, erano piuttosto gnostici; mentre gli altri in generale, e tra questi quelli detti Albanesi e presso di noi « De Senzano », professavano un dualismo spiccato, e perciò erano Manichei.(3)
Certo base comune di queste eresie era più o meno la teoria dei due principii: di qui le conseguenze pratiche, la negazione della libertà umana e della moralità delle azioni umane, la liceità delle azioni più vergognose, la ribellione ad ogni autorità ecclesiastica e civile: a questi errori varie sette aggiunsero la facoltà ai laici di predicare e di amministrare i sacramenti, l’odio contro i sacerdoti: associando così agli errori degli albigesi alcune innovazioni portate dai Valdesi.(4)
I primi indizi di queste eresie presso di noi appariscono sulla fine del secolo XII.
Se non una prova, certo una grande probabilità ce la dà il concilio tenuto in Verona da Lucio III l’anno 1184 e la condanna in esso pronunziata « contra Catharos et Patarinos et eos qui se Humiliatos vel Pauperes de Lugduno mentiuntur, Passaginos, Josefinos, Arnaldistas ».(5)
Si aggiunga un fatto narrato da Cesario di Heisterbach, scrittore quasi coevo, morto in età molto avanzata l’anno 1248. Questi nel suo Liber miraculorum pubblicato di recente ha un capitolo inscritto « De haereticis Veronensibus»: in esso racconta come precisamente verso l’epoca del concilio di Verona un monaco Godescalco scoprì in Verona una casa, nella quale si univano di notte gli eretici, e, spenti i lumi, vi commettevano i delitti più abominevoli: cominciò a frequentare quella casa anche Everardo fratello di Godescalco e canonico della chiesa di S. Gereone; della qual cosa rimproverato da Godescalco, credette giustificarsi col dire che vi andava, « non propter haereses, sed propter puellas ».(6) Dicono gli eruditi che il libro di Cesario ridonda di fandonie: speriamo che Una di queste sia l’episodio di Everardo.
Testimonianza ben più grave abbiamo in una lettera del papa Innocenzo III, scritta al card. Adelardo nostro vescovo il 6 dicembre l’anno 1199. Da essa apparisce che il Papa già antecedentemente avea scritto altra lettera all’arciprete ed ai canonici « contra Cazaros, Arnaldistas, Pauperes de Lugduno ed Humiliatos ». In base a questa lettera l’arciprete ed altri sacerdoti aveano trattato da eretici e tenuti come scomunicati tutti coloro, che venivano dal volgo chiamati con l’uno o l’altro di questi appellativi. Pare se ne siano risentiti specialmente gli Umiliati; i quali attendevano alle opera di penitenza, all’orazione ed al lavoro, ma in pari tempo professavano di aderire a tutte le dottrine cattoliche. Fu per questo motivo che Innocenzo III prescrisse al card. Adelardo che distinguesse bene gli eretici dai non eretici, ed anche tra gli eretici ricevesse nel seno della chiesa coloro, che abjurando l’eresia prestassero ubbidienza e soggezione alla Sede Apostolica.(7) Scopo di queste due lettere di Innocenzo III dovette essere la difesa degli Umiliati, che non sappiamo se per fas o per nefas venivano spesso connumerati agli eretici: ciò non ostante li troviamo ancora nominati come eretici in un placito tenuto a Cerea l’anno 1203, ma non più in seguito. Nei documenti posteriori gli eretici veronesi son chiamati Manichei, Catari (puri), o Patareni. (b)
In Verona troviamo eretici e precisamente Manichei verso l’anno 1212.
Il domenicano fra Tomaso da Lentino nella vita di S. Pietro Martire dice che egli era nato da genitori Manichei: che Pietrino andava a scuola da un maestro cattolico, e che un giorno lo zio paterno, eretico fervente, gli chiese che cosa avesse imparato, ed il giovanetto che avea allor sette anni rispose: Credo in Deum Patrem omnipotentem factorem caeli et terrae.(8)
In città gli eretici avevano il loro vescovo. Verso la metà del secolo XIII era vescovo un certo Galesinanza o Bellasinanza, del quale non sappiamo se sia diverso quel Bellasinenza o Bellesinagra o Bellamano, che apparisce vescovo degli eretici verso l’anno 1288.
Nella seconda metà troviamo pure altri due vescovi dei Patareni in Verona: Bartolomeo Mitifogo e Bonaventura Della Torre. Il ritrovo principale dovea essere la casa dei Zerla, che era certo non lungi dalla chiesa di S. Nicolò, ed in alcuni documenti si dice situata presso Sant’Andrea, in altri presso l’ospitale di S. Cosma. Ivi spesso convenivano il vescovo Bonaventura, Enrico di Valgatara, Martino Darinda, Giovanni da Minerbe: ivi celebravano i loro riti, tra i quali il più importante era il « consolamentum »; per esso i « credentes » venivano sublimati alla dignità di « perfecti ». Se ivi si desse pure ampio sfogo alle turpitudini, non lo sappiamo. Si parla pure di eretici nella contrada dell’Isolo inferiore, ed in quella di S. Maria Antica « ad binam aurificum », ed in qualche dintorno della città. Ma tutto lascia tra vedere che gli eretici in Verona non erano molti: nel secolo seguente non se ne trova orma alcuna dopo il primo decennio.
Nel distretto veronese troviamo per la prima volta gli eretici a Cerea l’anno 1203. Guido arciprete della cattedrale convocò tutti gli abitanti di Cerea ad un palcito nei giorni 1-4 del febbraio. Nell’adunanza del giorno 3 intimò il bando contro la casa « humiliatorum et cazarorum seu patarum aut pauperum lionum », ed impose loro che prima dell’ora di terza del giorno seguente dovessero esser tutti fuori di Cerea. A questa imposizione tutti i presenti acclamarono « fiat, fiat »: ma nell’adunanza del giorno 4, siccome egli a tutti gli abitanti volea proibire che dessero aiuto alcuno o consiglio o luogo a focolare « dictis ereticis seu umiliatis vel cataris », i convenuti negarono all’arciprete qualunque competenza su questo punto: « haec banna non est de vestra jurisdictione neque ad vos pertinent ».(9) Del resto non negarono l’esistenza di eretici nel loro paese.
A quanto opina il Verci, la « Ecclesia Bajolensis de Bagnolo », una delle sei diocesi d’Italia, dovea esser nel paese di Bagnolo-Nogarole(10); secondo altri, dovea esser nel paese di Bagnolo sul Mantovano;(11) nel 1273 ne era vescovo Alberto.
Avvertiamo però che l’appellativo di Bagnolesi dato a molti eretici nell’Italia superiore deve la sua origine a Bagnole paese della Provenza; e non vorremmo che questo nome ripetuto più volte nel distretto di Verona ed in quelli di Brescia, di Mantova e di Vicenza avesse la sua origine dagli eretici Bagnolesi stabilitisi in quelle località.
Un recente scrittore di toponomastica veronese non sa dare la provenienza di questo nome, che sul veronese si trova presso Buttapietra, Nogarole, Oppeano e Pastrengo.(12)
Nel distretto veronese troviamo pure la « Ecclesia Albanensis »; la cui sede pare dovesse essere « Albanum » o « Mons Albanus »: era essa pure una delle sei diocesi maniche e esistenti in Italia. Questa « Ecclesia », secondo che riferisce Raynerius Sacconi, si chiamava anche « de Senzano, eo quod erant in pluribus, quam ceteri Manichei: isti morantur Veronae et in aliis civitatibus Lombardiae ».(13) Questo tratto nell’ edizione fatta da Martene, in luogo di « Senzano » ha « Donnezacho »; in luogo di « eo quod » ha, e giustamente, « isti ».(14) In autori recenti in luogo di « Senzano » troviamo « Desenzano ».(15)
Certo la plaga della diocesi nostra aderente alle diocesi di Mantova e di Brescia era la più infetta della nuova eresia. In questa plaga troviamo il nucleo più forte e numeroso di eretici a Sermione, dove facilmente potevano occultarsi e forse anche resistere con le armi a chi cercasse di snidarli: qui vi era loro vescovo Lorenzo. Di questi eretici di Sermione tratteremo nel capo seguente.
Ora ci resta a dire della repressione dell’ eresia in Verona. Non entreremo nel campo della polemica allo scopo di giustificare le misure coercitive usate dalla chiesa nel Medio Evo: ciò spetta agli apologisti.(16) Noi storicamente esporremo quanto si fece in Verona e suo distretto contro l’eresia, sia nel campo legale, sia in quello che diremo estralegale, e del quale tratteremo nel capo seguente.
In conformità alle costituzioni emanate da Lucio III, Innocenzo III, Innocenzo IV, ed alle prescrizioni date dall’imperatore Federico, fu costituito anche a Verona un tribunale dell’Inquisizione verso la metà del secolo XIII, e fu affidato ai Frati Minori.
I primi inquisitori furono fra Temidio, che fu poi vescovo di Verona, e fra Filippo, che fu poi vescovo di Trento: a questi successero fra Bonaventura, fra Francesco da Trissino, fra Antonio, fra Petricino, tutti Frati Minori di S. Fermo.
Questi eseguivano il loro ufficio, ed abbiamo memoria di processi e di sentenze: non abbiamo memoria di alcuna sentenza capitale: la punizione degli eretici convinti consisteva ordinariamente nella confisca dei loro beni, che in buona parte venivano devoluti al comune: se la sentenza veniva proferita contro un defunto, essa comunemente imponeva pure come pena l’esumazione e talvolta la cremazione del cadavere.
Rimase celebre nella storia del Patarenismo in Verona il processo contro Armanno Pongiluppo ferrarese, eretico bagnolese: godeva molta stima presso il popolo, che riconosceva da lui grazie e miracoli, e lo venerava come santo e dopo morte gli prestava un vero culto religioso, massime in Ferrara.
Era un eretico occulto: in Verona avea avuto l’imposizione delle mani nella casa dei Catari tenuta da Bergonzio, il « consolamentum » da Alberto vescovo bagnolese: questi e molti altri particolari vennero fuori nel processo; il quale, cominciato l’anno 1270, durò sino all’anno 1288; benché Pongilupo fosse già morto in Ferrara l’anno 1269. La sentenza definitiva fu promulgata solo l’anno 1301; essa ordinava la distruzione dell’altare votivo eretto a Ferrara ad onore di lui e la dispersione delle sue ceneri (17): la curia di Ferrara, sempre favorevole a Pongilupo, fu poco soddisfatta di questa sentenza.
Alle prescrizioni ecclesiastiche contro gli eretici corrispondevano pure le leggi civili; molto più che gli eretici del secolo XIII minacciavano la tranquillità dell’ordine sociale.
Le prime leggi contro gli eretici in Verona le abbiamo negli Statuti compilati verso l’anno 1270, e precisamente in due articoli.(18)
Nell’articolo CCLVII de hereticis expellendis, il « Rector » obbliga se stesso: « Hereticos et patarenos expellam de civitate et ejus districtu (nisi iverint) ad voluntatem dni episcopi vel eius vicarii, nec permittam morari. Hec omnia ad precepta dni episcopi et eius vicarii et domum sive domus in qua vel in quibus morabuntur destruam vel destrui faciam, » etc.
Nell’articolo CCLVIII de eodem la città impone: « Et potestas hereticos capere teneatur in civitate et districtu, et si examinati ab ipso episcopo et a potestate Verone … si heretici fuerint et infra XV dies non respuerint ab heretica pravitate et ad fidem sanctam et catholicam redire contempserint per potestatem legitime puniantur ».
La pena di morte non è indicata: essa era intimata nelle costituzioni di Federico II, e opina Cipolla, essa sarebbe sottintesa negli Statuti di Verona.
Chiuderemo con un ordinamento contro gli eretici dato dal podestà di Verona Andrea Zeno l’anno 1295. Ha qualche importanza anche perché annota i nomi delle varie sette, che esso ci dà come esistenti a Verona sulla fine del secolo XIII: « Diffidamus et banimus perpetuo omnes et singulos catharos patharenos speronistas leonistas arnaldistas circumcisos passaginos iosepinos catharenses albanenses franciscos bagnarolos corayoscos gualdenses roncarolos comunellos guarinos et ortolenos cum illis de aqua nigra et omnes hereticos utriusque sexus quocumque nomine censeantur tamquam malefactores ».(19) Le sette erano molte: ma gli eretici doveano esser ben pochi.
NOTE
1 – CIPOLLA, Il Patarenismo a Verona, estratto da Arch. Ven. XXV; e Nuove notizie sugli eretici Veronesi (Roma 1896).
2 – Tocco, L’eresia nel medio evo, pag. 214, seg. (Firenze 1890).
3 – VACANDARD, L’inquisition, pag. 81 (Paris 1908).
4 – HERGENROTHER, Storia univ. della Chiesa IV Lib. II. P. II. Capo XII. (Firenze 1905); GUIRAUDOU La morale des Albigeois et le consolamentum, ou initiation cathare, (Paris 1906).
5 – MANSI, Collectio Concil XX; col. 476.
6 – CAESARIUS, Heisterb. Liber miraculorum I , 307, 308 (Coloniae 1851); CIPOLLA, Statuti rurali Veronesi, App. pag. 18.
7 – Presso MIGNE, Patrol. lat. CCXIV, 788.
8 – Acta Sanctorum Bolland. April. III, col. 688.
9 – Atto intiero presso CIPOLLA, Statuti rurali Veronesi, pag. 143-147 (Venezia 1980).
10 – VERCI, Storia della Marca Trevigiana e Veronese VII, pag. 16.
11 – Così la Civiltà catt. 1911 I , pag. 436.
12 – AVOGARO, Appunti di toponomastica veronese, pag. 58.
13 – RAYNERUS, Contra Waldenses Cap. V, nella Bibliotheca PP. Lugdun. XXV, 269.
14 – Presso MARTENE, Novus thesaurus aned. V, 1768.
15 – Zanoni, Gli Umiliati nei loro rapporti coll’eresia, pag. 36 (Milano 1911); Civ. Catt. 1. c.
16 – Del potere coercitivo della Chiesa, massime in relazione alle eresie dei secoli XII e XII hanno trattato recentemente: VACANDARD, Etudes de critique … , pag. 219-243 (Paris 1910); GUIRAUD, La repression de l’héresie au moien àge, (Paris 1906); DEVIVIER, Corso d’apologetica. P. II. Capo IV; pag. 557 segg. (Venezia 1906).
17 – Il processo fu pubblicato da MURATORI, Antiqu. Ital V; col. 117, segg. – Vedi il sommario presso Tocco, Op. cit., pag. 123-125.
18 – Si trovano intieri presso CIPOLLA, Il Patarenismo a Verona, pag. 8, Note.
19 – Presso CIPOLLA, Il Patarenismo a Verona, pag. 41 seg.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XII (a cura di Angelo Orlandi)
a) Mons. Pighi usa il nome di Patareni per indicare globalmente i vari gruppi di eretici e nel corso della trattazione ne dà la ragione; se non altro vi era anche l’esempio del Cipolla, che aveva catalogato tra i Patareni molti eretici veronesi. In realtà le differenze tra i vari gruppi non erano trascurabili, come dimostrano vari studi sull’argomento. Chi vuol approfondire la materia può rivolgersi ai vari articoli attinenti in Enciclopedia Cattolica, in Dictionnaire de Théologie Catholique e in Catholicisme. Per ulteriori approfondimenti si vedano ILARINO da Milano, Le eresie medioevali, in Grande Antologia Filosofica, vol. IV, Milano, 1966, pp. 1599-1689; Chr. THOUZELUER, Hérésie et hérétiques. Vaudois, Cathares, Patarins, Albigeois, Roma, 1969; Livre des deu principes (éd. par Christine Thouzellier), Parigi, 1973 (Sources Chretiennes N. 198); Rituel Cathare (éd. par Christine Thouzellier), Parigi, 1977 (Sources Chretiennes N. 236); R. MANSELU, L’eresia del male, Napoli, 1980.
b) Per i rapporti tra Innocenzo III e Verona si puo vedere D. SA VOIA, Verona e Innocenzo III. Nuovi documenti sulle chiese veronesi, in Studi Storici Luigi Simeoni, A. 35 (1985), pp. 81-140.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II