Federico II riceve gli ambasciatori. Affresco nella torre abaziale dell’antico monastero di S. Zeno a Verona
VOLUME II – EPOCA III – CAPO XIV
SOMMARIO. – Serie di vescovi data dallo Stato personale – Manfredo Della Scala – Guido Della Scala – Proibizione del papa Alessandro IV ai canonici di Verona – Gerardo Cossadoca nominato vescovo dal Papa – Manfredo Roberti nominato vescovo dal Papa – Verona colpita dalle censure – Aleardo a Capite Pontis, e Guido Della Scala – Temidio francescano – Uccisione di Mastino – Nuove censure contro i veronesi devoti a Corradino – Assoluzione
La serie dei nostri vescovi nella seconda metà del secolo XIII presenta varie incertezze causate dalla prevalenza delle varie fazioni politiche. I vescovi successi a Jacopo di Breganze, secondo l’ordine dello Stato personale e la numerazione nostra, sarebbero:
-84 Gerardo Cossadoca (1255-1259);
– 85 Manfredo Roberti (1260-1268) –
– 86 Aleardino di Capo di Ponte (1268-1274)
– 87 Guido Della Scala (1274-1275)
– 88 Temidio (1275-1278)
– 89 Bartolomeo Scaligero (1278-1290)
-90 Pietro Scaligero (1290-1295).
Senonché alcuni scrittori di cose nostre pongono successore di Jacopo di Breganze un vescovo Manfredo figlio di Jacopo Della Scala.(1) Fu egli legittimo? Secondo alcuni egli fu intruso per opera di Ezelino, che avrebbe tentato di sostituirlo a Jacopo di Breganze vivente in esiglio a Mantova od a Brescia. Secondo altri, egli era avversato da Ezelino, che già temeva la nascente potenza dei Della Scala. Del resto, non è impossibile che Ezelino avendo favorito Manfredo da principio, in seguito lo abbia temuto ed odiato: primo indizio dell’avversione di Ezelino contro i Della Scala fu la barbara uccisione di Federico e di Bonifacio Scaligeri nel 1257. Dato che dopo la morte di Jacopo Manfredo sia stato eletto canonicamente, egli avrebbe tenuto l’episcopato per circa tre anni, essendo morto verso l’anno 1255. Degli atti di lui nulla sappiamo.
Alla morte di Manfredo, i canonici, come opinano Dionisi, Verci ed altri, avrebbero eletto un altro Della Scala, cioé Guido figlio naturale di Mastino ed ancora giovanissimo.(a) Questa elezione fu certo illegittima e nulla; poiché il pontefice Alessandro IV fece ai canonici di Verona severissima proibizione « ne ad electionem futuri Episcopi procederent ».(2)
Non sappiamo se questa proibizione fu data subito dopo la morte di Jacopo di Breganze, od alla morte del supposto Manfredo. Certo prima del giorno 4 agosto del 1255 il Papa avea già nominato vescovo di Verona Gerardo Cossadoca, al quale parevano propensi i conti di S. Bonifacio guelfi.
Nel giorno accennato Alessandro spediva a Gerardo la bolla seguente:
« G. electo Veronensi … Bonae memoriae episcopo veronensi viam universae carnis ingresso nos ad personam tuam conversis mentis nostrae oculis… electionibus, si quas post inhibitionem dilectis filiis Capitulo Veronensi factam ne ad electionem futuri episcopi procederent, irritis penitus nunciatis … te de ipsorum fratrum consilio et apostolicae plenitudine potestatis Ecclesiae Veronensi praefecimus in episcopum et pastorem, spe nobis proposita … Datum Anagniae II nonas augusti P. N. anno primo ».(3) Nello stesso giorno scrisse ai canonici: « Monemus et hortamur … ut sibi (Gerardo) tamquam patri et pastori animarum vestrarum debitam obedientiam et reverentiam impendatis »: altra lettera scrisse al clero ed al popolo della città e della diocesi. Nella lettera ai fedeli raccomandò loro, che quando sarà arrivato a Verona il nuovo Vescovo, « ipsi tamquam patri et pastori animarum vestrarum … exhibeatis honorificentiam debitam et devotam, ejus salubria monita et mandata suscipiendo devote et inviolabiliter servando ».
Dalla bolla a Gerardo, e più ancora da due lettere a lui dirette nel giorno precedente,(4) si comprende che la nomina di Gerardo a Vescovo di Verona fu fatta qualche tempo prima, forse poco dopo la morte di Jacopo. In esse il Papa deplora che « propter malitiam ternporis » Gerardo non potesse dimorare a Verona, e gli dà facoltà di conoscere e definire le cause dei suoi sudditi in Verona, di nominare e di deporre i chierici, « Capitulo minime exquisito »(5), gli concede di far valere i suoi diritti sui beni della chiesa veronese.
Dopo le raccomandazioni del Papa si sperava che i canonici, il clero ed il popolo accettassero volentieri il loro vescovo: ma a Verona tutto poteva Ezelino, e perciò poco vi poté risiedere Gerardo, che forse non vi venne mai: anche la sua consacrazione fu differita di molto; tanto che in una lettera del 25 febbraio 1255 Alessandro IV lo dice ancora « electum Veronensem ».(6) Per questa opposizione di Ezelino Gerardo si portò a Roma e vi stette qualche anno.
Da Roma seguì la crociata che il Papa aveva spedito contro Ezelino sotto la direzione di Filippo arcivescovo di Ravenna suo legato: ma nella battaglia combattuta sotto Brescia il 30 agosto 1258 i crociati furono sconfitti, Gerardo fu preso insieme col legato, tradotto a Verona e chiuso in alcuni sotterranei della casa di Zerli in Corte alta(7). Alcuni scrittori nostri dicono che egli poté uscir di prigione dopo la morte di Ezelino (1 ottobre 1259): ma il Chronicon Placentinum riferisce che egli mori in prigione (8).
Durante l’episcopato di Gerardo i frati Minori furono messi in possesso del monastero di S. Fermo per opera del vescovo di Treviso, al quale, essendo Gerardo in prigione, commise questo negozio Alessandro IV con breve del 9 luglio 1259(9).
Finché visse Ezelino, i Benedettini rifiutarono di ubbidire al Papa: nel 1261 dovettero piegarsi, e si ritirarono presso la chiesetta di S. Fermo minore, detta più tardi del Crocifisso, ora demolita.(b)
Né meno fortunoso fu l’espiscopato di Manfredo Roberti di Reggio-Lepido, canonico di Padova, creato vescovo di Verona da Alessandro IV con bolla del 15 gennaio 1260. Era morto bensì Ezelino (1 ottobre 1259); ma la morte di lui, mentre segnò gli inizii della potenza degli Scaligeri, giovò pure alle pretese di Manfredi, figlio spurio di Federico II, al quale propendevano i ghibellini veronesi e lo stesso Mastino Della Scala. Perciò Manfredo dovette quasi sempre tenersi lontano da Verona: nel 2 giugno 1262 trovavasi a Viterbo, e si diceva ancora « Episcopus electus »,(10) in una lettera diretta « dilecto sibi magistro de la Corra Vicario suo »; nella quale gli raccomandava di provvedere un conveniente monastero agli Agostiniani di Sant’Eufemia.
Le turbolenze politiche avevano pure turbate le cose ecclesiastiche: tantoché parecchie chiese erano prive di sacerdoti e di chierici. Perciò i veronesi ricorsero al pontefice Alessandro IV, e questi raccomandò a Manfredo di provvedere alle chiese vacanti: ma il vescovo Manfredo poco o nulla poté fare, appunto perché assente. Di qui nuove istanze dei veronesi ad Urbano IV successore di Alessandro; e questi con breve del 30 maggio 1262 commise la cosa al Ministro provinciale dei Minori della Marca Trevigiana, al priore dei Domenicani ed a Jacopo canonico della cattedrale di Verona: (11) indi nominò Manfredo rettore della Marca Anconitana.
In tale ufficio Manfredo difese energicamente i diritti della Chiesa contro le armi di Manfredi, riuscì a tenerle lontane da Macerata; ma poco dopo fu vinto e chiuso in prigione, dove stette fino alla morte di Manfredi (26 febbraio 1266).
Affine di rendergli meno dura la prigione, il Papa con breve dell’8 settembre 1264 gli assegnò rendite di alcune terre su quello di Carpi: per ottenerne la liberazione scrisse a Manfredi stesso; ma non ne ebbe che belle parole. Al medesimo scopo Clemente IV scrisse a Giacomo re d’Aragona il 24 febbraio 1266: nella lettera encomiava il vescovo Manfredo Roberti « virum generosum, industrium, strenuum et fidelem; cujus in defensione Ecclesiae inconcussam constatiam et stabilem firmitatem experta in adversis fidelitas … comprobavit ».(12) Anche questo tentativo riuscì inutile.
Non sappiamo se dopo la morte di Manfredi il nostro vescovo sia tornato a Verona; se egli venne, vi stette ben poco, e forse anche rinunziò al vescovado di Verona: una lettera di Clemente IV del 10 giugno 1268 è diretta a Manfredo « Ducatus Spoletani et Marchiae Anconitanae Rectori »: dei giorni 5 agosto e 18 settembre dello stesso anno si hanno altre due lettere dirette al vescovo « electo Veronensi », che potrebbe essere Manfredo. Questi morì il 10 dicembre dello stesso anno a Reggio sua patria: forse non fu mai consacrato vescovo, né mai dimorò in Verona. Per alcuni anni ne tenne il vicariato Matteo vescovo di Cluzi; dal quale nel 1264 fu consacrato l’altare di S. Teodoro nella cattedrale.
Da alcuni codici della Capitolare parrebbe che verso quest’epoca sia stata introdotta nella nostra cattedrale la festa del Corpus Domini. (13)
Intanto una nuova sventura aveva colpito la chiesa veronese.
Dopo la morte di Manfredi venne a turbare la pace in Italia Corradino, ultimo rampollo degli Hohenstaufen; e purtroppo la sua venuta fu salutata con entusiasmo dai veronesi. Per questo motivo Verona fu colpita da censure ecclesiastiche dal pontefice Clemente IV con bolla del 18 novembre 1267(14). Corradino dimorò in Verona dal 21 ottobre 1267 al 7 gennaio dell’anno seguente.
Nella serie dei nostri Vescovi abbiamo nuove incertezze dopo la morte di Manfredo Roberti. Già Urbano IV, con decreto dato da Orvieto il giorno 8 settembre 1264 e pubblicato per mezzo del vescovo di Padova, avea riservato alla Sede Apostolica l’elezione del vescovo di Verona nel caso che Manfredo morisse in prigione, o rinunziasse alla sua sede(15): forse il capitolo si piegava troppo facilmente alle pretese dei ghibellini. Non sappiamo se Urbano od il suo successore Clemente IV abbia revocato quella riserva: ad ogni modo, dopo Manfredo dai nostri monumenti compariscono due vescovi contemporanei, dei quali difficile cosa è definire quale fosse legittimo.
Aleardo od Aleardino « a Capite Pontis » probabilmente era guelfo; e fu eletto per il favore dei guelfi irritati per il ghibellinismo di Mastino Della Scala: Guido Della Scala, rettore della chiesa di S. Tomio ed arciprete della Congregazione del clero intrinseco, fu eletto per volontà di Mastino, di cui dicono fosse figlio naturale, e dei canonici.(c)
Aleardo dovette ben presto rifugiarsi nel suo castello « in Modio … poi a Mantova, d’onde il dì 29 gennaio 1270 diede un rescritto a favore degli Agostiniani di Sant’Eufemia, segnandosi « Episcopus electus ».(16)
Guido dimorò a Verona; e probabilmente a lui sono dirette le due lettere di Clemente IV accennate di sopra: di questi due vescovi, o pseudo-vescovi, null’altro sappiamo. Solo sappiamo che il capitolo fu condannato a pagare una somma di danaro ad Aleardino, e sotto questa condizione ottenne l’assoluzione delle censure del Legato Pontificio.
Con Aleardo e Guido cessa lo stadio di incertezze; essendo certa la legittimità del vescovo Temidio francescano e dei suoi successori. Aggiungeremo alcune notizie sulle vicende religioso-politiche, le quali agitavano Verona nei primordi dell’ epoca scaligera.
Nel giorno 26 ottobre 1277 fu ucciso a tradimento Mastino della Scala nel luogo detto più tardi Volto Barbaro(17). Tosto fu eletto Capitano del popolo il suo fratello Alberto, che si può dire il primo Scaligero signore di Verona.
Egli si prese premura di conciliarsi gli animi del popolo, generalmente guelfo, e rimettere Verona in pace con la Santa Sede. Il pontefice Nicolò III con bolla 14 aprile 1278 « in coena Domini» rinnovò le censure contro i pavesi ed i veronesi, che, non ostante le intimazioni di Innocenzo V e Giovanni XXI, si erano uniti alla lega delle città ghibelline in favore di Corradino, nipote di Federico II; ed intimò loro che dovessero mandare legati a Roma per la debita soddisfazione per la domenica antecedente alla festa dell’Ascensione.(18) I veronesi vi mandavano Paolo da Reggio; ma il Papa non lo poté ricevere. Tuttavia non era lontana la pace: già il Papa era ben disposto verso gli Scaligeri, forse anche, come dice Cipolla, in seguito alla condanna dei Patareni.
Con lettera del 18 agosto del medesimo anno il Papa delegò l’abate di Sant’Andrea di Mantova, il custode dei Minori di Verona e fra Filippo inquisitore ad assolvere i veronesi della città e del distretto: impose per altro al podestà, al capitano, ai consiglieri ed al comune che con giuramento si obbligassero a non aderire ad alcun imperatore e re o principe o ad altra persona, che impugnassero i diritti della chiesa; anzi dovessero rompere qualunque alleanza con alcuna delle persone indicate. Insieme impose alla città che dovesse depositare « quatuor millia librarum veronensium … in constructione loci ad opus Fratrum Minorum in Sermiono veronensis diocesis convertendas ».(19) – Così « Nicolò III ribenedì il veronese ».(20).
NOTE
1 -BlANCOLINI, Dissertazione sui Vescovi, pag. 47, e Serie cronologica dei Vescovi, pag. 10.
2 – Presso BIANCOLINI, Serie … Docum. XVIII, pag. 94, segno
3 – BlANCOLINI, Serie Docum. cit.; BOUREL, Les Registres de Alexander IV, pag. 201, segg. (Paris 1895).
4 – BlANCOLINI, Serie Docum. XIX, XX; BOUREL Op. e 1. cit ..
5 – BOUREL, Op. cit., pag. 211.
6 – BlANCOLINI, Chiese di Verona 1., pag. 334, V. P. II, pag. 6.
7 – ZAGATA, Cronaca (da Paride di Cerea), Vol. I., pag. 47
8 – MURATORI, Rerum ital. script. XVI, 469; VERCI, Storia della Marca Trev. e Veron. Tom. VII pag. 15.
9 – BIANCOLINI, Chiese I, pag. 335, seg.
10 – BIANCOLINI, Chiese II, 505. seg.
11 – Presso BIANCOLINI, Chiese di Verona IV, pag. 708.
12 – Presso MARTENE, Thesaurus nov. anedoct. II col. 98 – 100; POTTHAST, Regesta RR. PP; Num. 18749, 18966, 19013, 19014, 19036.
13 – SPAGNOLO, La Festa del «Corpus Domini» in Verona.
14 – BlANCOLINI, Serie cronol., pag. 26; CIPOLLA, Compendio della storia di Verona, pag. 179.
15 – Presso GUIRAUD, Op. cit., pag. 447.
16 – BIANCOLINI, Chiese di Verona IV, pag. 579.
17 – Quel vicoletto ebbe questo appellativo dal capitano Zaccaria Barbaro, che vi fece eseguire alcuni ornati nel 1476. Perciò nessuna relazione esso ha con l’assassinio di Mastino.
18 – Presso GAY, Les Registres de Nicolaus III pag. 33 (Paris 1900).
19 – BlANCOLINI, Serie cronologica … Docum … XXIV, POTTHAST, Num. 21395,
pag. 99, seg.
.
20 – CARLI, Storia di Verona Epoca X. Tomo VI, pag. 72; RAYNALDUS, Annales eccl. anno 1278 Num. 78.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XIV (a cura di Angelo Orlandi)
a) Circa la posizione di Guido nella genealogia scaligera va corretto l’autore sulla base di documenti evincenti, come si vede più sotto alla nota (c).
b) Circa l’insediamento dei Francescani a S. Fermo Maggiore ha chiarito molti aspetti lo studio di G. M. VARANINI, Per la storia dei Minori a Verona, in Civis. Studi e testi, A. VII (1983), pp. 92-112.
c) Circa Aleardo o Aleardino di Capo di Ponte nulla al momento si può aggiungere; mentre invece su Guido della Scala hanno recato luce le ricerche di Wolfgang Hagemann su documenti dell’Archivio Capitolare. Guido della Scala risulta figlio di Jacobino della Scala e quindi fratello di Mastino I, Alberto e Bocca, come del resto si ha dagli Annales dei De Romano, e non figlio di Mastino. Questo Guido fu chierico della chiesa di S. Tornio dal 1248 al 1265; nel 1262 è arciprete della Congregazione del Clero intrinseco; nel 1265 compare come canonico del capitolo e nel 1269 è detto vescovo eletto (secondo gli Annales De Romano fu eletto nel 1268). Compare nei documenti per l’ultima volta, ancora come vescovo eletto, il 3 novembre 1273; l’Hagemann lo ritiene morto dopo quella data entro la fine del 1273, senza essere stato consacrato vescovo. W. HAGEMANN, Documenti sconosciuti dell’Archivio Capitolare di Verona per la storia degli Scaligeri (1259-1304), in Scritti in onore di mons. Giuseppe Turrini, Verona, 1973, pp. 319-397; cf. anche G. SANCASSANI, Notizie genealogiche degli Scaligeri di Verona: le origini (1147-1277), in Verona e il suo territorio, val. III, t. I, Verona, 1975, pp. 331-332.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II