La ex chiesa di S. Sebastiano, la maggiore chiesa di Verona fra quelle scomparse, il cui edificio fino al 1945 dava un’impronta suntuosa e caratteristica ad una delle principali vie del centro. Un oratorio dedicato a S. Sebastiano, con annesso un ospedale per il ricovero di sacerdoti, di poveri e di pellegrini, sarebbe stato eretto nell’anno 932 per lascito del diacono Dagiberto. Fu poi chiesa parrocchiale. Con decreto dell’8 febbraio 1578, il vescovo Agostino Valerio concesse la chiesa, coi tutti i suoi beni, ai Padri Gesuiti.
VOLUME II – EPOCA IV – CAPO XII
SOMMARIO. Gesuiti – Francescani Riformati – Carmelitani Riformati – Carmelitane Riformate – Agostiniane di S. Maria di Reggio-Canonichesse – Regolari Agostiniane – Terziarie Agostiniane – Minori del Terz’ordine di S. Francesco – Eremiti Camaldolesi – Eremitaggi.
È certamente una gloria per la chiesa veronese l’aver avuto un buon numero di istituzioni religiose, sia di quelle monastiche ordinate generalmente alla contemplazione sia anche di quelle coeve o posteriori al Concilio Tridentino ordinate generalmente alla vita attiva, alla santificazione dei suoi membri ed alla conversione degli infedeli od eretici od alla santificazione dei fedeli. Basta vedere quanti monasteri erano annessi alle nostre chiese, pur troppo, ora adibiti ad offici pubblici, a scuole, a caserme militari, o prigioni. Noi qui accenniamo brevemente alle istituzioni religiose fondate e ripristinate nella chiesa veronese nella seconda metà del secolo XVII. (a)
Ci si presenta anzitutto la Compagnia di Gesù. Quando Paolo V sottopose all’interdetto il Dominio Veneto, dovettero allontanarsi anche da Verona i Gesuiti, colpiti dalla Serenissima con bando perpetuo. Dopo cinquant’anni il pontefice Alessandro VII ottenne che quel bando fosse tolto; e vi riuscì, forse perché la Repubblica Veneta conoscea quanto le potesse giovare anche finanziariamente la riconciliazione con la Santa Sede di fronte alle minacce dei Turchi.
Così nel 1656 tornarono i Gesuiti nelle terre della Repubblica, ed anche in Verona (1). Il vescovo Sebastiano Pisani restituì loro la chiesa di S. Sebastiano, trasferendo a S. Luca i Confratelli dell’Adorazione del SS. Sacramento, che durante l’assenza dei Gesuiti aveano ufficiato in quella di S. Sebastiano. La concessione da parte della Repubblica comprendeva anche la restituzione dei beni posseduti dai Gesuiti prima dell’interdetto.
Non ci fermeremo a dire del bene operato dai Gesuiti nella loro chiesa: la condussero a compimento, vi posero altari magnifici per arte e per materia, tra i quali era grandioso l’altar maggiore: funzioni, predicazione, frequenza dei sacramenti: quindi si può arguire quanto fosse frequente il concorso dei fedeli a quella chiesa. In pari tempo si adoperavano molto per la istruzione ed educazione religiosa e morale della gioventù. Così si cattivarono ben presto la stima generale dei cittadini e la piena fiducia del Magnifico Consiglio, che nel 1672 affidò loro le scuole della città. I Gesuiti ressero le scuole con l’identica legge e col medesimo fine delle altre scuole, che aveano nelle loro mani: il loro programma, come dice lo storiografo del nostro Liceo Maffei, fu quello segnato alla Compagnia nella Ratio studiorum; cioè « disciplinas ita proximis tradere, ut inde ad Conditoris et Redemptoris nostri cognitionem atque amorem excitentur »(2). Le loro scuole furono frequentatissime; ad esse concorrevano, non solo i veronesi, ma anche alunni da Mantova, da Castiglione, da Trento, da Bolzano ed anche dalla Baviera. Stettero a S. Sebastiano sino alla soppressione della Compagnia avvenuta l’anno 1773.
Verso la metà di questo secolo fondarono una loro residenza in Verona i Francescani Riformati; quella famiglia dell’ordine di S. Francesco, che fu ridotta a vita più austera per opera di S. Pietro di Alacantara. Nel 1647 alcuni di questi frati che per il loro ministero doveano spesso passare per Verona, ottenuta la necessaria licenza del doge e dei rettori di Verona, con pienissima soddisfazione del vescovo Marco Giustiniani, fabbricarono un convento sulla via che da S. Luca conduce a Porta Nuova: indi eressero pure una chiesa un po’ ristretta, la quale dedicarono a Sant’Antonio di Padova; la prima pietra nel giorno 7 novembre 1652, essendo vacante la sede vescovile, fu benedetta da mons. Cozza dei Cozzi arciprete della cattedrale e vicario capitolare. La chiesa fu poi consacrata dal vescovo Sebastiano Pisani nella domenica seconda di settembre dell’anno 1657(3). I Riformati stettero in quel convento sino l’anno 1810, epoca della soppressione napoleonica.
Dopo che l’ordine dei Carmelitani nella Spagna fu riformato verso gli anni 1560-1580 per opera di S. Teresa e di S. Giovanni della Croce(4), i superiori dell’ ordine si opposero ad una diffusione di esso fuori della Spagna, per timore che la diffusione portasse pericoli per la riforma. Non ostante questa opposizione, il pontefice Clemente VIII volle costituire una congregazione di Carmelitani riformati anche in Italia.
Così verso la metà del secolo XVII i Carmelitani Riformati, detti anche Scalzi, fondarono alcune case nel Dominio Veneto, e nel 1663 vennero a Verona. Qui dimorarono per qualche tempo presso i Domenicani a Sant’ Anastasia, finché dalla Magnifica Città ottennero un tratto di terreno nella parrocchia di S. Silvestro. Oltre il consenso del vescovo, dovettero chiedere ed ottennero il consenso degli altri ordini esistenti in Verona, i Francescani, i Domenicani, i Serviti, i Gesuiti e particolarmente quello dei Carmelitani Conventuali di S. Tommaso. Allora adattarono a forma di convento alcune case esistenti nel tratto ad essi ceduto: indi continuarono la fabbrica della chiesa, che già ivi era cominciata ad onore di Maria SS. Annunziata; anzi la ampliarono secondo il disegno di un loro confraello P. Pozzi, e la dedicarono ad onore di S. Teresa; però la chiesa non fu terminata se non verso l’anno 1705(5). È la chiesa detta attualmente S. Teresa degli Scalzi.
Prima ancora che i Carmelitani Riformati, si stabilirono a Verona le suore Carmelitane Riformate, sotto la protezione di Maria SS. del Carmelo e di S. Teresa. Nell’anno 1654 dieci suore del convento di Venezia vennero a Verona, e col permesso del doge, del vescovo di Verona e dei rettori della città presero alloggio in alcune case della Cittadella.
Nel giorno 14 luglio dello stesso anno il vescovo Sebastiano Pisani benedì un piccolo oratorio che dovea servire ad uso delle Suore precariamente: indi benedì e collocò a posto la prima pietra della chiesa, che dovea erigersi, e poi fu eretta ad onore di S. Teresa. Dopo dieci anni nel giorno 9 ottobre 1666, lo stesso vescovo, visitato il convento, vi pose con solennità straordinaria la clausura; indi ricevette la professione delle suore, particolarmente di quelle entrate dopo il 1654 e le affidò alla direzione dei frati Carmelitani di S. Tommaso(6).
Verso la fine del secolo XVI alcune buone donzelle si adunarono « sensim sine sensu » in alcune case adiacenti all’antica chiesa di S. Faustino sulla sinistra dell’Adige. Quelle buone donne con vestito uniforme, assai modesto, pare si dicessero Dimesse, e forse son quelle che la Informazione del 1600 chiamava Orsoline converse: però non erano vere monache.
Ma nell’anno 1652, sotto il regime della suora agostiniana Maura Albuozzi mantovana adottarono l’abito e la regola delle monache agostiniane, e si separarono dal mondo con perpetua clausura. Indi, acquistate altre case limitrofe, ampliarono il convento, ed ampliarono pure una chiesetta detta S. Maria di Reggio, situata un po’ più in alto di quella di S. Faustino: indi furono dette Agostiniane di S. Maria di Reggio. La novella congregazione ben presto aumentò di numero: e ad essa non bastarono più quelle case. Quando nel 1668 furono soppressi dal pontefice Clemente IX i Canonici Regolari di S. Giorgio in Alga di Venezia, e quindi anche quelli di S. Giorgio in Braida di Verona, le nostre Agostiniane col permesso del vescovo Sebastiano Pisani passarono in quel convento, in seguito ebbero anche la chiesa; e vi stettero sino alla soppressione del 1810(7).
Alle monache Agostiniane di S. Maria di Reggio successero le Canonichesse Regolari Agostiniene(8). Nell’anno 1670 alcune vergini e vedove oneste, che si trovavano male in mezzo alle convertite del Conservatorio della SS. Trinità, domandarono di venire nel convento che era presso S. Faustino. Ottenuto il permesso dai rettori della città e la protezione del vescovo Sebastiano Pisani, il giorno 5 maggio 1671 vennero nel convento di S. Faustino, vivendo secondo la regola di Sant’ Agostino: esse compirono la chiesa già cominciata dalle monache precedenti, e la dedicarono a Cristo Redentore, facendo apporre sopra la porta la scritta REDEMPTORI. In seguito, impetrata la facoltà dalla S. Sede, si obbligarono alla vita strettamente claustrale con la professione dei voti e la clausura ad esse solennemente assegnata dal vescovo il giorno 8 maggio del 1689(9).
Troviamo pure nella seconda metà di questo secolo alcune Terziarie Agostiniane; le quali, dopo aver dimorato alquanto presso la via Colomba, verso il 1665 vennero nella parrocchia di Sant’Eufemia. Riferisce il Biancolini che ai suoi tempi vivevano « con molta edificazione della città, e decoro dei padri Agostiniani, ai quali, sì spiritualmente quali parrocchiane, si temporalmente in figura di Terziarie, sono soggette ». Nel 1698 si sottoposero ad alcune costituzioni ad esse presentate dagli Agostiniani.(10)
Anche l’ordine di S. Francesco di Paola ebbe in quest’epoca le sue Terziarie.
Nel 1632 Serafina Mariani si accordò con poche altre pie donne; e tennero le loro prime riunioni presso la chiesa di S. Francesco in Campomarzo. Più tardi si costruirono pure, un oratorio, nel quale il pontefice Clemente XI concesse la celebrazione della S. Messa, essendoché il conservatorio di quelle pie donne distava duecento ottanta passi dalla chiesa parrocchiale di S. Paolo: il breve pontificio ha la data 14 settembre 1714. Nell’anno seguente si ebbe pure il permesso del capitolo della cattedrale; essendo che l’oratorio era entro i limiti della parrocchia di S. Paolo soggetta alla giurisdizione del capitolo.
Presso la chiesa di S. Bartolomeo in Monte, quando con breve del 14 dicembre 1668 dato dal pontefice Clemente IX furono soppressi i Gesuati, vennero ad abitare in quel convento i Minori del Terz’Ordine di S. Francesco, e vi stettero sino alla soppressione veneta del 1753.
La più importante fra le istituzioni religiose stabilitasi nella diocesi di Verona fu quella degli Eremiti Camaldolesi di Monte Corona.
Già dai primordii di questo secolo i figli di S. Romualdo cercavano di aver un eremo nella nostra diocesi. Nel 1625 parea dovessero ottenere dal monastero di S. Zeno la chiesa di S. Dionigi con annesso conventino fuori della Porta S. Giorgio (11). Nel 1661 speravano di aver un’altra proprietà del monastero di S. Zeno, la chiesa di Sant’Andrea nel luogo detto Incaffi, come più solitario e lontano dalla città. Finalmente Dio dispose che nel 1663 per la generosità di insigni benefattori potessero avere un tratto di terreno con la chiesetta di S. Giorgio su di un monte tra Bardolino e Garda. Ottenuto il consenso del pontefice Alessandro VII, del doge di Venezia Domenico Contarini, del vescovo di Verona Sebastiano Pisani e del vescovo di Padova card. Gregorio Barbarigo, alcuni eremiti dal convento di Rua vennero a Garda, e diedero principio all’ erezione dell’ eremo e della chiesa: vennero a dimorare stabilmente nell’eremo l’anno 1665; esso constava di undici celle, cucina, refettorio, casa colonica e stanze per i forestieri. Nel capitolo generale di Monte Corona tenuto il19 aprile 1672 l’eremo fu eretto in Priorato, e primo priore fu Oddone Becelli: la chiesa fu consacrata dal vescovo nostro Gianfrancesco Barbarigo il giorno 30 marzo 1710(12). Colpiti anche i Camaldolesi dalla soppressione napoleonica, dovettero abbandonare quel magnifico sito: vi tornarono, per merito anche del nostro vescovo card. Canossa, nel 1885, e vi sono tuttora(13).
Aggiungiamo pochi cenni sulla confraternita degli Eremiti di S. Croce, i quali, venuti sul principio del secolo da Vicenza, poterono avere la cappella di S. Maria del Tagliaferro nei confini della parrocchia di Avesa, e poi cresciuti di numero vi eressero un conveniente ospizio.
Erano laici viventi in comune; avevano un sacerdote che celebrasse per loro la S. Messa; professavano, senza voti, povertà, castità, ubbidienza ad un capo eletto da loro: osservavano una specie di regola di S. Filippo, attendendo con singolare pietà agli esercizi spirituali.
Dal vescovo Sebastiano Pisani nel 1675 ottennero che nessuna donna potesse entrare nel loro recinto sotto pena di scomunica: dallo stesso nell’anno seguente ottennero la facoltà di tenere nella loro chiesetta il SS. Sacramento, sotto alcune condizioni e restrizioni. Nel principio del secolo seguente ebbero alcune controversie con le monache del convento di S. Martino di Avesa, composte in qualche modo con ducale del doge Giovanni Cornelio l’anno 1720(14).
Forse di poco anteriori a quest’epoca sono anche i Romitori, che si trovano non lungi del Santuario della Corona, nello stesso livello a settentrione: una piccola lapide murata dietro l’abside della Scala Santa ricorda un « Paolo eremita morto l’anno 1598 ». Alcuni romitaggi pare fossero presso le chiese di S. Giovanni Battista sopra Breonio (b), di S. Rocchetto sopra Quinzano, di S. Moro sopra Saline; e forse altri(15) (c).
NOTE
1 – CRETINEAU – JOLY, Storia della Compagnia di Gesù, III, 560, segg. (Parma 1845). Ivi è riportata la lettera 27 gennaio 1657, con la quale Alessandro VII si congratulava con la Serenissima per la riammissione dei Gesuiti.
2 – RONCONI, Origini del R. Liceo Maffei, pag. 24, Nota 3 (Torino 1909).
3 – BIANCOLINI, Chiese di Verona, IV, 452.
4 – LEGNANI, Della vita religiosa, Lez. XXV (Milano 1899).
5 – BIANCOLINI, Chiese di Verona, IV, pag. 477; SIMEONI, Guida di Verona, pag. 121.
6 – BIANCOLINI, Chiese di Verona, IV, 457-468.
7 – BIANCOLINI, Chiese di Verona, 1,371-374.
8 – Degli appellativi Canonici e Canonichesse vedi LEGNANI, Della vita religiosa, Lez. XII, 3.
9 – BIANCOLINI, Chiese di Verona, IV, pag. 479-492.
10 – BIANCOLINI, Chiese di Verona, IV, pag. 470.
11 -Negli Antichi Archivi comunali, Busta Camaldoli sopra Garda si conservano i documenti relativi.
12 – BIANCOLINI, Chiese di Verona, IV, 472.
13 – MITTARELLI-COSTADONI, Annales Camaldulenses, VII, pag. 396, segg. (Venetiis 1773); CROSATTI, Bardolino P. II. Capo IX (Verona 1902); BUSSINELLO, L’eremo dei Camaldolesi sopra Garda, pag. 17-26 (Verona 1916).
14 – Di questo ritorno dà i particolari BUSSINELLO, Op. cit., pag. 30-34.
15 – BIANCO LINI, Chiese di Verona, IV, pag. 437-442.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XII (a cura di Angelo Orlandi)
a) Uno studio organico di gran parte delle istituzioni ricordate in questo capitolo non esiste; ma non si può nemmeno parlare di studi monografici sui singoli istituti. Si può affermare che gran parte di ciò che l’autore qui presenta, è campo da esplorare, salvo qualche settore toccato da qualche tesi di laurea.
b) E. ANTOLINI, Breonio, Verona 1968, pp. 264-266.
C) L’autore non tratta delle numerose confraternite devozionali sorte nel corso di questo periodo in Verona. Senza pretendere di fornire un elenco completo, ne ricordo alcune: Confraternita del Rosario (1583), Confraternita della SS. Trinità, Compagnia della SS. Concezione di Maria (a S. Giovanni in Foro), Confraternita di S. Carlo (1617), Collegio del SS. Crocefisso (1610), Collegio della Presentazione di Maria SS. (1588), Terziari di S. Antonio di Padova (detti Colombini: presso S. Bernardino), Compagnia detta del Monte della morte (1644).
Ma queste non sono che alcune poche di cui si son trovati i capitoli o qualche notizia: ve n’erano infatti molte altre. Si possono indicare delle tesi svolte su qualcuna di queste istituzioni. S. BENEDETTI, Origine e vicende storiche della Confraternita della SS. Trinità a Verona (Tesi di laurea presso Università degli Studi di Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, Anno accado 1972-73); M. R. GRIGOLI, L’insediamento della Confraternita del Rosario a Verona: 1583, (Tesi di laurea presso Università degli Studi di Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, Anno Accademico 1975-76).
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II.