Il monumento dedicato al cardinale Enrico Noris eretto nel duomo di Verona, si trova a fianco la cappella del SS. Sacramento.
VOLUME II – EPOCA IV – CAPO XIV
SOMMARIO. – Card. Enrico Noris – Alcuni letterati – Bartolomeo Giera – Cherubino Lazaroni – Francesco Bianchini.
Il più celebre fra gli scrittori veronesi, che fiorirono sulla fine del secolo XVII e nel principio del secolo seguente, fu il card. Enrico Noris.
Dalla nobile famiglia Noris trasferitasi a Verona verso il 1580 nacque Girolamo il giorno 30 agosto 1631. Dopo i primi studi fatti a Verona, fu dato in educazione ai Gesuiti di Rimini: ivi concepì una somma venerazione per le opere di Sant’Agostino: cosicchè in breve decise di entrar nell’ordine Agostiniano in Rimini, dove assunse il nome Enrico. Quale novizio fu per breve tempo nel convento di Sant’Eufemia in Verona; donde fu chiamato ben presto a Roma dal superiore generale.
Nel convento di Sant’Agostino in Roma si diede tutto agli studi storici, approfittando dei tesori, che erano nella biblioteca Angelica del suo convento. Per diversi anni fu professore di storia a Pisa, chiamatovi dal Granduca di Toscana. Tornò poi a Roma, nominato dal papa Innocenza XII custode della Biblioteca Vaticana, e poi creato cardinale il 12 agosto 1695.
Verso il 1700, avanzato in età, meditava di tornare alla sua Verona, come egli stesso scrisse al consiglio della città. Morì in Roma nel convento di Sant’Agostino nel giorno 25 febbraio 1704; ed il suo corpo fu ivi sepolto nella cappella di S. Monica (1).
Le sue opere, quasi tuttè storiche, furono pubblicate, alcune da lui vivente, parecchie dopo la sua morte; altre son tuttora inedite. Celebre è la Historia pelagiana, della quale fu poi complemento De synodo quinta oecumenica. In queste opere, ligio alle idee del suo ordine, si mostrò troppo propenso verso le novità giansenistiche e bajane riguardo all’ efficacia della grazia ed al libero arbitrio: uno scrittore nostro gli attribuisce come gran merito che egli « nemico acerrimo del probabilismo, sia stato tra i primi che con la sua autorità tentasse di por argine a questa dannosissima peste »(2).
Per queste sue dottrine ebbe gravi controversie con teologi a lui coevi, e massime coi Gesuiti: a difesa delle sue opinioni scrisse Vindiciae augustinianae ed Historiae pelagianae vindiciae. Altre opere di lui sono: De uno e Trinita te passo, De paschali Latinorum cyclo; alcuni opuscoli sotto il pseudonimo Annibale Ricci. Le principali sue opere furono pubblicate a Verona per cura dei Ballerini negli anni 1729-1732: la Storia delle investiture a Mantova nel 174 1 (3)
Il Consiglio della città di Verona, vivente ancora il Noris, decretò di erigergli una statua nel convento di Sant’Eufemia; la quale ora si trova nel salone di ingresso della Biblioteca comunale con quella di Onofrio Panvinio. A lui defunto fece erigere un monumento nella cattedrale: si trova presso la cappella del SS. Sacramento dalla parte del vangelo. (a)
Altro agostiniano del convento di Sant’Eufemia, assai stimato dal card. Noris, fu Luigi Balla doro, letterato insigne; del quale però non abbiamo opere stampate. Morì nel 1697: in suo onore gli fu eretta nel convento una statua con analoga iscrizione.
Carlo Libardi cancelliere del Capitolo della cattedrale raccolse molte memorie preziose per una cronaca ecclesiastica veronese dall’anno 809 all’anno 1630. Si conserva manoscritta nella Biblioteca Capitolare.
Furono insigni mecenati delle lettere e scienze presso di noi: Cozzio dei Cozzi canonico della chiesa cattedrale e collaboratore dell’Ughelli nell’Italia sacra per quanto spetta alla chiesa veronese; Giovanni Battista Lisca, canonico dottore in ambedue le leggi; Agostino Rezano, canonico ed attivissimo collettore degli annali di Verona; Carlo Carinelli, il quale « excussit universa patriae tabularia et archivia »(4), allo scopo di illustrare le stirpi delle famiglie veronesi; ed altri. Ma opere di costoro pubblicate non ne conosciamo. (b)
Alcuni anni or sono abbiamo letto in Verona Fedele tre articoli relativi a Bartolomeo Giera.
Egli non è veronese di origine, essendo nato a Candide nel Cadore l’anno 1602: ma appartenne per alcuni anni al clero veronese. Dal papa Urbano VIII fu nominato canonico di Verona verso l’anno 1632: ed il nostro vescovo Marco Giustiniani lo volle suo sostituto e giudice negli affari più importanti.
Dal 1633 al 1647 fu anche arciprete di Isola Porcarizza: ivi eresse la casa canonica, come attesta lo stemma di lui posto sulla facciata interiore con la iscrizione:
BART. GIERA ARCH. A FUNDAMENTIS ANNO SAL. MDCXLI.
Di là passò a Venezia l’anno 1647, e nel 1663 dal papa Alessandro VII fu innalzato alla cattedra vescovile di Feltre, dove morì l’anno 1681 il 7 aprile(5).
Anche il benedettino Cherubino Lazaroni si può annoverare fra il clero veronese, benchè sia di origine veneziano.
Egli fu monaco nel convento di S. Zeno, e ne fu anche priore, e dal 1661 abbate titolare della Congregazione Cassinese. E’ opera sua Il Sacro Pastore veronese San Zenone, con alcune postille e citazioni latine relative a S. Zeno ed al monastero zenoniano: l’opera è detta giustamente « parum ad criticam »(6).
Scrisse pure in buono e lepido latino Verona sacra: l’opera non fu pubblicata; ma se ne ha una copia manoscritta nella nostra Biblioteca comunale in un volume di 1742 pagine. L’autore espone la vita dei nostri vescovi da Sant’Euprepio (che dice mandato a Verona da S. Pietro) a Marco Giustiniani (1631-1649): arrichisce l’opera sua con documenti importanti, di re Franchi, di imperatori, di papi; dà pure parecchie iscrizioni: premette notizie sui papi che mandarono i vescovi a Verona, sui rettori di Verona, sui monasteri ed ospedali « intra pomerium » ed « extra ». Ben esaminata, quest’ opera per la storia della chiesa di Verona è assai importante, benché di essa pure si deva affermare che è « parum ad criticam ». Morì nel monastero di S. Zeno il giorno 4 ottobre 1662.
Una gloria insigne della chiesa veronese fu Francesco Bianchini, nato a Verona l’anno 1662.
Si applicò agli studi letterari presso i padri Gesuiti in Bologna, poi alla teologia ed alla storia in Padova: nel 1684 fu chiamato a Roma dal card. Pietro Ottoboni, che lo costituì custode della sua biblioteca. Nell’anno 1699 ricevette l’ordine del diaconato; ma per la sua modestia non volle mai ricevere il presbiterato. Dal pontefice Clemente XI fu nominato suo Cameriere e Prelato, e dal Senato Patrizio Romano(7): per missione avuta dallo stesso pontefice viaggiò in Francia, nell’Olanda e nell’Inghilterra: da Bendetto XIII fu designato storiografo del Concilio Romano celebrato l’anno 1725. Morì santamente in Roma il giorno 2 Marzo 1729; ed il suo corpo fu sepolto onorificamente nella basilica di S. Maria Maggiore, dove gli fu pure eretto un solenne monumento(8). In Roma egli avea segnato la celebre linea meridiana, che si ammira nella chiesa di S. Maria degli Angeli(9).
Lasciando a parte quanto il Bianchini fece e scrisse in materie astronomiche e matematiche, sono opere di lui la Istoria universale pubblicata a Roma l’anno 1697; De kalendario et cyclo Caesaris ac de paschali canone S. Hippolyti; la Solutio problematis paschalis, ed altre minori.
Ma il merito massimo di lui fu la nuova ed eruditissima edizione di Anastasius Bibliothecarius De vitis Romanorum Pontiiicum(10). Il nostro Francesco potè pubblicare soltanto i primi tre volumi: il volume quarto fu pubblicato dal di lui nipote Giuseppe. (c)
La morte di mons. Francesco Bianchini fu un lutto per tutti i letterati dell’Europa. Il consiglio di Verona volle perpetuarne la memoria con un busto e relativa iscrizione, collocato nella cattedrale presso il primo altare a sinistra di chi entra. Altra iscrizione fu collocata nella Biblioteca Capitolare a riconoscenza dei molti ed ottimi libri lasciati ad essa nel suo testamento.
Benchè la vita letteraria di mons. Bianchini spetti più al secolo XVIII, che alla fine del XVII, non abbiamo voluto staccare la memoria di lui da quella del card. Noris; e ciò per conformarci all’elogio di lui fatto dal Senato Romano nel diploma di nomina a Patrizio Romano. L’elogio fu questo, che il Bianchini volle seguire le orme di altri due concittadini veronesi, Onofrio Panvinio ed il card. Noris: « Sectatus vestigia praeclarissimorun concivium Onuphrii Panvinii et Cardinalis Noris » (d).
Già il secolo XVIII è talmente ricco di letterati ecclesiastici e laici veronesi, che anche per la letteratura ecclesiastica si può appellare il Secolo d’oro. (e)
NOTE
1 – L’epigrafe si trova riprodotta presso FEDERICI, Elogi di illustri ecclesiastici veronesi, Tomo II, pag. 190.
2 – Vite dei Beati Evangelista e Pellegrino, pag. 48 (Verona 1808). L’opuscolo è anonimo: ma ne deve essere autore l’ab. Luigi Federici, egli pure nemico acerrimo del probabilismo.
3 – Scrissero di lui: SCIPIONE MAFFEI, Verona illustrata, VoI. VII, pag. 203-209 (Venezia 1795), FEDERICI, Op. cit., II, 91-211; HURTHER, Nomenclator litererius, Tom. II, P.I. pag. 795-803 (Oeniponte 1875), e molti altri.
4 – FRANC. BIANCHINI in: Anast. Biblioth, III, Proleg., pag. 35.
5 – Pure in Verona Fedele or son parecchi anni un frate Minore diè il sunto di uno studio, in cui si rivendicavano alla Provincia Veneta del suo ordine alcune glorie. Eminente tra queste era Claudio Frassen Minorita, che egli diceva esser nato, non a Peronne nella Piccardia, ma a Parona all’Adige. Però di questa asserzione egli non recava alcuna prova; e noi, consultati i Registri dei battezzati a Parona dall’anno 1600 al 1621, non vi trovammo il nome di Claudio Frassen: si dice nato nell’anno 1620.
6 – GIULIARI, Sermones S. Zenonis. Comment., pag. CI. Fu stampato a Venezia l’anno 1664.
7 – Il Diploma dato nel 1707 fu poi riconfermato ed esteso ai suoi consanguinei ed affini con altro del 24 maggio 1739, pubblicato in Archivio storico veronese, VoI. III, pag. 94-101 (Verona 1879).
8 – Scrissero: MAFFEI, Op. cit., pag. 209-225; FEDERICI, Op. cit., III, 1-48; HURTER, Op. cit., 1092-1095; SPAGNOLO, Francesco Bianchini e le sue opere (Verona 1898), Di alcuni doni di Mons. Bianchini alla Capitolare (Verona 1899), e molti altri italiani e forestieri.
9 – In questa occasione scrisse De nummo et gnomone clementino.
10 – DUCHESNE, Le « Liber pontificalis », I, XXVI, II, LVII (Paris 1886).
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XIV (a cura di Angelo Orlandi)
a) Per più ampie trattazioni sul card. Noris possiamo indicare i seguenti articoli F. BONNARD, Noris (Enrico), in Dictionnaire de Théologie Catholique, XI/1, Paris 1931, col. 796-802; D. GUTIERREZ, Noris (Enrico), in Enciclopedia Cattolica, VIII, col. 1935-36; R. DARRICAU, Noris (Enrico), in Catholicisme, IX, Paris 1982, col. 1378-1380.
b) Parecchi dei nominati attendono ancora le cure di qualche ricercatore. Esiste uno studio di Gino Sandri invece sul Carinelli: G. SANDRI, Il canonico Carlo Carinelli e le sue fonti archivistiche, in Atti e Memorie della Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, S. V, vol. XIX (1940-41), Verona 1941, pp. 289-314.
c) Fu edizione ai suoi tempi di grande rilievo. V.: ANASTASIUS BIBLlOTHECARIUS, De Vitis Romanorum Pontificum. Edidit F. Blanchinius, Roma 1718, voll. 4. L’opera fu poi riedita con studi approfonditi dagli apporti di numerose ricerche storiche e archeologiche. Cf. Liber Pontificalis par l’ abbé L. Duchesne, Paris 1955 (ed. anastatica 1982).
d) A mons. Francesco Bianchini fu dedicata una mostra nella Biblioteca Capitolare di Verona nel 1986. Cf. F. UGLlETTI, Un erudito veronese alle soglie del Settecento, mons. Francesco Bianchini (1662-1729), Verona 1986, pp. 188.
e) Per un quadro complessivo del secolo XVII anche nel campo dell’economia, delle lettere e delle arti possono essere utili i seguenti studi: G. BORELLl, Un caso di crisi urbana nel secolo della decadenza italiana, in La Pittura a Verona tra Sei e Settecento. Catalogo della mostra a cura di Licisco Magagnato, Verona 1978, pp. 247-263.; G.P. MARCHI, Letteratura e società nel Seicento veronese, in Cinquant’anni di pittura veronese (1580-1630). Catalogo della mostra a cura di Licisco Magagnato, Verona 1974, pp. 243-266.; P.P. BRUGNOLl, Architettura sacra a Verona dal secolo XV al secolo XVIII, in Chiese e monasteri a Verona (a cura di Giorgio Borelli), Verona 1980, pp. 385-440.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II.