Le miniere di “Terra gialla” delle Torricelle sono state tra le più importanti d’Europa. Sono cavità naturali riescavate in epoca romana per l’estrazione di ocre gialle e rosse, utilizzate come terre coloranti.
La rete di condotti si sviluppa su circa 2 kmq ed è estesa per oltre 20 km con gallerie lunghe centinaia di metri e larghe appena 50cm, comunicanti con l’esterno attraverso una serie di pozzi artificiali profondi 5-30 metri. Il pozzo artificiale più profondo (-72 m) è all’interno dei terreni del “Santuario Nostra Signora di Lourdes”.
Nell’anno della terribile peste di Verona (1630) un gravissimo incendio scoppiato presso il Monte di Pietà rischiò di aggravare la situazione. Il 3 luglio bruciarono mobili e suppellettili per un valore di 189.800 ducati.
Tutti pensarono ad un’aggressione delle truppe tedesche. Ad impedire che l’incendio, dalla sede del Monte di Pietà, si propagasse alle case vicine intervenne una compagnia di albanesi.
Erano i cosiddetti Stradioti, unità militari di cavalleria della Repubblica di Venezia il cui nome deriva dal greco ‘stratiotis’, “soldato, guerriero”. Erano chiamati anche “cappelletti” a causa dei piccoli cappelli rossi che indossavano (identici a quello raffigurato nel cortile della Casa di Giulietta: Cappelletti, Dal Cappello, Capuleti).
A Verona, che era una delle maggiori aree di acquartieramento permanente in Terraferma, i mercenari trovavano alloggio all’interno dell’area fortificata, affittando case.
Non fumo. La sigaretta non mi ha mai attirato, forse perché mio padre è morto per il troppo fumo. Ma da quando lo Stato ha dettato restrizioni alla libertà di culto, con l’accettazione ultrarestrittiva della Chiesa, comincio a riconsiderare la cosa.
Accade, infatti, che, domenica mattina, nel mentre mi reco nella chiesa vicino casa mia, venga fermato per il controllo da due agenti di polizia. Avevo il foglio del permesso debitamente compilato e alla voce «lo spostamento è determinato da» avevo scritto: «Accesso a luogo di culto». Lo consegno all’agente, il quale strabuzza gli occhi e mi fa: «Sono basito. Che significa?». Rispondo: «Che sto andando in Chiesa». E lui, di rimando: «Ma le Messe sono proibite». E qui il primo colpo al cuore. E la sensazione di essere osservato quasi fossi un pericoloso criminale; peggio, uno che non si rende conto della gravità del momento.
Ricordo quando mio nonno veniva a mangiare la domenica da noi, e io lo portavo alla finestra del balcone per mostrargli le nuvole all’orizzonte:
“Nonno pioverà”?
“None. Non sono nuvole di pioggia, quelle!”
Non ricordo una sola volta in cui il nonno mi abbia risposto che sì, sarebbe piovuto. E non si è mai sbagliato, perché la memoria di 70 anni passati a rompersi la schiena nelle campagne arse dal sole, in attesa di una pioggia che non arrivava mai, non lascia spazio a facili ottimismi. Nemmeno a 80 anni. E non si smette mai di essere contadini, nemmeno da pensionati.
Ne stanno morendo tanti, di pensionati e di nonni, in questi maledetti giorni di pestilenza. Perché il coronavirus si accanisce soprattutto su di loro, lasciando illesi i più giovani e affidando la sorte di chi sta in mezzo ad una tragica riffa tra chi ha un sistema immunitario virtuoso, e chi invece si scopre improvvisamente fragile.
Parlavo stamattina col mio dirimpettaio di bosco (lui ha la proprietà del bosco di fronte alla casa), e mi assicurava che il “gir in tecia” (ghiro in tegame, in umido), era considerato una prelibatezza da contendere al gatto di casa. Hanno gli ossicini piccoli (intendeva che finiva tutto sotto i denti) ma la carne delicatissima e tenera, a differenza dello scoiattolo, che ce l’ha legnosa. Oggi è un tipo di cucina non più praticato, almeno credo, con somma gioia dei simpatici animaletti che nutro io stesso con le mele del “pomaro” di casa, ma fino a una quarantina di anni fa tutto concorreva a placare la fame, e se era buono di sapore, era particolarmente gradito.
Come potete leggere sopra, oggi la caccia è vietata, e il povero ghiro può finire come preda solo di gatti domestici, volpi, faine. Chi abita in mezzo al bosco deve stare però attento: è un animale infestante e se trova un pertugio si infilerà dentro casa vostra, specie in soffitta che diventerà un breve una nursery di simpatici ghiretti che vi lorderanno però con gli escrementi il pavimento e vi terranno svegli con tossicchiamenti vari e salti di contentezza (la loro) tutte le notti. Sono animali non molto veloci, per cui un gatto adulto ne può catturare anche più di due o tre per sera. Lo testimoniano le code che trovo intorno casa.
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Fonte : srs di Millo Bozzolan, da Veneto storia del 1 dicembre 2015
Quando andavo a Milano per lavoro, prima di entrare nella stazione di Feltre, mi voltavo a guardare oltre le vette in direzione di San Donato, mio paese natale. Ricordo che provavo una stretta al cuore perché in quel momento era come se tagliassi ogni legame con la mia gente. Io però andavo solo a Milano! Cosa avranno provato allora i nostri emigranti che partivano per l’estero, recandosi in Svizzera, Germania, America e Australia, sapendo che non sarebbero tornati, o solo dopo anni!
Uomini laboriosi, intraprendenti, rotti ad ogni fatica che sono riusciti a fare grande il nome dell’Italia nel mondo, a prezzo di enormi sacrifici e, talvolta, della loro vita. La loro è stata una fuga di forza-lavoro, che ha penalizzato il nostro Paese negli ultimi due secoli. Ecco, allora, che il mio emigrante appare come un uomo imponente, massiccio, che nel modellato scabro rivela il carattere montanaro, simbolo di forza e prestanza fisica, fiero e consapevole delle sue capacità di cambiare il proprio destino in una vita migliore. Mentre si avvia al treno si volta a guardare il paese e il suo viso, pur nella fierezza del portamento, tradisce l’emozione del distacco. Le mani sono grandi, simili a strumenti di lavoro, la sinistra chiusa a pugno sottolinea rabbia e determinazione, grandi i piedi che hanno percorso le strade del mondo e la piccola valigia di cartone, contenente poche e povere cose, resta pur sempre un pesante fardello, inseparabile compagno di viaggio.
Fonte: di Ettore Beggiato; da Facebook di Beggiato del 26 marzo 2020
Giuseppe Segato era nato a Borgoricco (Pd) il 17/06/1954, laureato in scienze politiche all’Università di Padova con una tesi di storia veneta, autore di diversi volumi (Il mito dei Veneti, Io credo, Uno sconfitto di successo e altri); era l’ambasciatore dei Serenissimi che il 9 maggio 1997 occuparono il Campanile di San Marco a Venezia: per questo fu condannato a tre anni e sette mesi di reclusione, subendo tre carcerazioni e l’affido ai servizi sociali.
Le sofferenze patite lo portarono a morte prematura il 24 marzo 2006, a soli 52 anni.
Vorrei riproporre a quanti non hanno avuto modo di conoscerlo, alcune note che avevo scritto qualche anno fa.
“Ho conosciuto Bepin Segato in una delle tante riunioni spontanee e semiclandestine che hanno caratterizzato l’area venetista verso la fine degli anni ottanta e fui colpito dalla sua mitezza e dalla sua dimensione in qualche modo “spirituale”: mentre noi parlavamo di progetti politici, di manifesti, di scritte murali e tutto il resto, Bepin Ti portava con le sue elaborazioni in un altro mondo nel quale emergeva comunque la Sua inattaccabile fiducia nella capacità dei Veneti di riappropriarsi del proprio destino, della propria storia.
In Veneto impari fin da piccolo che: “Non ce la faccio” – non si può dire. “Non ci riesco”- non esiste. “Sono stanco”- non è mai abbastanza. Cresci così, un po’ chiuso, un po’ con la convinzione di non essere mai all’altezza. Ecco come li riconosci i veneti: testa bassa e a lavorare. I veneti, quelli veri, sono polentoni. Si…perche’ la polenta è ciò che li rappresenta. Ruvida, dura e fredda fuori, con quella crosticina che si forma appena sfornata. Tenera e avvolgente dentro, non ti delude mai. I veneti sono proprio così: un po’ tonti, ruvidi e schivi; Ma dentro sono buoni e dal cuore tenero. Lo so, lo so, niente di speciale la polenta: acqua, sale e farina gialla; Ma si sa, le cose semplici sono speciali perché rassicuranti, perché ci sono… I veneti ci sono. Sempre. Ci puoi contare. Piange il Veneto. Senza far rumore, per non disturbare. Giace a terra, fatta a pezzi da un nemico vigliacco subdolo, che non si fa vedere. Gli occhi sono bassi, tristi e pieni di paura. Ci sono solo ambulanze e silenzio. Veneto tu non mollare proprio adesso. Ricordi? “Non ce la faccio”- non si può dire. “Non riesco” – non esiste “Sono stanco” – non è mai abbastanza.
Ecco la prova che le auto incidano poco o niente nello sviluppo di PM10… cinque giorni di strade quasi deserte e il PM10 non ha fatto altro che salire… solo il vento di ieri lo ha fatto calare…
Verona – La prima notizia della chiesa risale al 1270, quando venne fondata dalla compagnia laica dei Penitenti; all’edificio sacro era annesso un piccolo ospedale.
Grazie ad un testamento del luglio 1414, quando i coniugi Montebello dell’Isolo di sotto donarono alcuni beni all’ospedale, ed ad un inventario del 1550 sappiamo che il nosocomio disponeva di quindici posti letto.
La chiesa, con l’ospedale e due oratori, venne demaniata dai francesi nel 1806; due altari furono trasportati nella chiesa di Mazzurega.
Della chiesa attualmente rimangono solo un tratto di muro ed un portale gotico in marmo rosso veronese.
Era detta “di San Gregorio” anche una piccola porta delle mura scaligere, attualmente visibile all’interno del santuario della Madonna del Terraglio.
Fonte: srs di Giuliano Meneghini; da facebook, La me bela Verona del 5 marzo 2020
Il termine Cin-Cin deriva dal cinese: Ch’ing Ch’ing che significa prego-prego. Secondo la tradizione, i marinai inglesi negli anni imperiali del fiorente commercio con la Cina, portarono in Europa questo termine come saluto cordiale e scherzoso.
Con il tempo venne associato al brindisi per somiglianza onomatopeica.
Se non ogni fameja, almanco un paro, in ogni corte, gavèva ‘na stalèta con ‘na vachèta e, Tutte: galine e coniji. I Mii, anca pai e ochi e i Tura, che i gavèva tanta tera, anca un musso par tirare i carèti de erba, fèn o legna. El Musso, comunque, era de uso promiscuo, bastàva domandarlo e Chichi lo imprestava.
Le galine le se rangiàva nel punàro, che ogni tanto, però, vegnèva netà dai schitì che parevano come un pavimento spussolente. I me mandava sempre mi nettare el punàro e me impienavo anca de piocci pulxini. Che spissa intanto, prima che me mama me lavasse col saòn col’l solfàro.
Le tocco il cuIo(ne) e mi rendo conto che, nonostante la montagna di anni che mi porto sulle spalle, la cosa non passa inosservata ai piani bassi. Lei sorride. Per quanto di cattivo gusto, soprattutto all’interno di un locale pubblico, questo mio gesto da teenager in calore sembra farle piacere.
Abbiamo passato una vita insieme. La verità è che mi auguro di poterle toccare il cuIo anche nel corso della prossima.
I nostri figli sono diventati genitori. I loro figli, i nostri nipoti, sono invece alla prese con i primi amori. Corrisposti e non. Tutto come da copione.
Per me non c’è destra centro o sinistra, io faccio solo differenza tra verità e menzogna, e quando la verità ti viene imposta per legge o per imperio, allora stai certo: è una menzogna!
Le prove se sono false le sbugiardi subito, se sono vere le puoi solo distruggere
L'ISTRUZIONE PERVERTE LA MENTE
“L'istruzione perverte la mente, poiché ci opponiamo direttamente al suo sviluppo naturale, ottenendo prima le idee e poi le osservazioni. “ “Questo è il motivo per cui così pochi uomini di cultura hanno buon senso come quello che è comune tra gli analfabeti.” Arthur Schopenhauer
IL MIO PAESE
L’importante non è il paese in cui vivi, ma solo se hai la libertà, perché in quel paese non te l’hanno rubata.
LA CASA
La casa è un attributo della personalità e tassare la casa è come tassare l'intelligenza, la bellezza o l'altezza di una persona.
SOCIETA’
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche nella misura in cui essi fruiscono delle stesse
DIRITTO
Riconosco solo le leggi della natura, non quelle scritte da altri uomini alle quali mi riservo il diritto di disobbedire quando in disaccordo
DIRITTO NATURALE ALLA RIBELLIONE
L’ARTICOLO SCOMPARSO DALLA NOSTRA COSTITUZIONE
Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino
GIUSTIZIA
Grido e lotto contro le multinazionali, contro l’informazione controllata e censurata, contro la gestione del potere politico, che diventa la gestione della ricchezza di pochi e della povertà di molti
DIRITTO D’AUTORE E PROPRIETÀ INTELLETTUALE
Noi, per quella decina di anni o poco più, che il Padre Eterno ci lascia su questa terra, siamo il 99,999 periodico il passato e il sapere degli altri, il rimanente, forse, noi, se madre natura è stata generosa, pertanto è ipocrito pretendere e campare diritti autoritari di possesso e proprietà intellettuale.
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CHE IMPORTA SE OGNUNO CERCA LA VERITA’ A SUO MODO?
Dobbiamo riconoscere che tutti i culti hanno un unico fondamento.
Tutti contemplano le stesse stelle, un solo cielo ci è comune, un solo universo ci circonda.
Che importa se ognuno cerca la verità a suo modo? – domandò Simmaco –
Non si può seguire una sola strada per raggiungere un mistero così grande.
(Quinto Aurelio Simmaco, Relatio de ara Victoriae III,10)
RICERCA DELLA FELICITA’
Ognuno è libero di credere in ciò che vuole e in ciò che lo fa stare in pace con se stesso e con l'universo. È l'inestimabile valore della libertà di pensiero. Il problema sorge quando le persone ritengono che le loro conoscenze siano la verità assoluta e vogliono imporre la loro visione delle cose al resto del genere umano.
VENERA DIO SUL TUO CAMMINO
Le religioni tendono ad avere una memoria selettiva e a prendere le distanze dai loro antichi precursori.
Di conseguenza:
“Venera Dio sul tuo cammino.
Qualunque sia la forma in cui si manifesta.
Che sia abbellito con pietre preziose, o rappresentato da una statua di rame.
Una forma ne sostituirà un’altra, come una nuova inondazione segue la precedente”
(Insegnamento per Merekarie)
AMO LA VITA
Il matrimonio gay non reca in se' la vita e il futuro del mondo
Ma e' una scelta di morte
E un modello culturale di morte costruito contro l'origine e il fondamento della stessa vita umana
PENSIERI E PRINCIPI
«Ama il Creatore».
«Ama la terra».
«Lavora gratuitamente».
«Conta su quello che hai e sii povero».
«Ama qualcuno che se non se lo merita».
«Studia molto sia la natura che gli uomini; più sul terreno che sui libri».
«Non pestare sul terreno senza necessità perché uccidi un essere vivente e lavori alla distruzione di tutti i viventi».
«Non progredire, ma vivere».
«Vendere poco e comperare meno».
«Non comperare roba venuta da lontano».
«Non produrre cose che possano essere esportate lontano».
«Non produrre cose che possano essere trasformate in simboli monetari».
«Non prendere soldi in prestito; se hai risparmiato soldi, non prestarli alle banche».
«Non ti fidare del governo di nessun governo».
«Gli Stati non possono distruggere la cultura dei popoli».
«Abbraccia gli essere umani del tuo rapporto con ciascuno di loro riponi la tua speranza politica».
«Evita come un diavolo qualunque sport. Sono drogature dei capitalisti per rubare i soldi ai salariati, e aumentare la degradazione dell’ energia. Anche lo sport è una guerra fatta per impinguare i capitalisti ».
«Riconosco solo le leggi della natura, non quelle scritte da altri uomini alle quali mi riservo il diritto di disobbedire quando in disaccordo».
«Grido e lotto contro le multinazionali, contro l’informazione controllata e censurata, contro la gestione del potere politico, che diventa la gestione della ricchezza di pochi e della povertà di molti».
«Approva nella natura quello che non capisci, e loda quella speranza, perché ciò che l’Uomo non ha razionalizzato non ha distrutto».
«Fai le domande che non hanno risposta».
«Metti l'orecchio vicino alla terra e ascolta i bisbigli delle canzoni future».
«Sorridi, il sorriso è incalcolabile».
«Aspetta la fine del mondo».
«Investi nel millennio».
«Pianta castagnari».
(PENSIERI E PRINCIPI DI DON ALBERTO BENEDETTI)
IL VENETO E’ LA MIA PATRIA
Sebbene esista una Repubblica Italiana, questa espressione astratta non è la mia Patria.
Noi veneti abbiamo girato il mondo, ma la nostra Patria, quella per cui, se ci fosse da combattere, combatteremmo, è soltanto il Veneto.
Quando vedo scritto all'imbocco dei ponti sul Piave fiume sacro alla Patria, mi commuovo, ma non perché penso all'Italia, bensì perché penso al Veneto.
(Goffredo Parise, Il Corriere della Sera, 7 febbraio 1982)
TI CON NU, NU CON TI
Perasto 23 agosto 1797: Giuseppe Viscovich, Capitano di Perasto, deponendo sotto l'altare maggiore della chiesa le insegne di San Marco, alla presenza di tutte le milizie e di tutto il popolo pronunciò, con una notevole intensità, il seguente discorso:
"In sto amaro momento, in sto ultimo sfogo de amor, de fede al Veneto Serenisimo Dominio, al Gonfalon della Serenisima Republica, ne sia de conforto, o citadini, che la nostra condota pasada, che quela de sti ultimi tempi la rende più xusto sto ato fatal, ma virtuoxo, ma doveroso par nu.
Savarà da nu i nostri fioi, e la storia del xorno la farà saver a tuta Europa che Perasto la ga degnamente sostegnudo fin a l'ultimo l’onor del Veneto Gonfalon, onorandolo co sto ato solene e deponendolo bagnà da el nostro universal, amaro pianto.
Sfoghemose, citadini, sfoghemose pur; ma in sti nostri ultimi sentimenti, che i sigilà la nostra gloriosa corsa soto el Serenisimo Veneto Governo, rivolgemose verso sta Insegna che lo rapresenta e su de ela sfoghemo el nostro dolor.
Par 377 ani la nostra fede, el nostro valor, la ga senpre custodia par terra e par mar, par tuto indove che i ne ga ciamà i so nemisi, che li xe stai pur queli dela Religion. Par 377 ani le nostre sostanse, el nostro sangue, le nostre vite, le xe senpre stae par Ti, San Marco; e felicisimi sempre se gavemo reputà, Ti co nu, nu co Ti; e senpre co Ti sul mar nu semo stai ilustri e virtuoxi.
Nisuni co Ti ne ga visto scanpar, nisuni co Ti ne ga visto vinti e spauroxi!
E se sti tenpi prexenti, infelici par inprevidensa, par disension, par arbitrii ilegali, par visi ofendenti la natura e el gius dele xenti no Te gavese cavà via, par Ti in perpetuo sarave stae le nostre sostanse, el nostro sangue, la vita nostra, e pitosto che vedarTe vinto e dexonorà dai Toi, el corajo nostro, la nostra fede, se gaverave sepelio soto de Ti.
Ma xa che altro no ne resta da far par Ti, el nostro cuor sia l'onoratisima to tonba, e el più puro e el più grando to elogio le nostre lagrime".
Il Capitano Viscovich, deponendo le insegne, s’inginocchiò davanti all’'Altare, e rivolto al piccolo nipote che gli era accanto, disse:
“Inxenocite anca ti; basile, e tienile a mente par tuta la vita”.
(Discorso del Capitano Giuseppe Viscovich tratto da "Storia Documentata di Venezia" di S. Romanin)
Par stasera basta
Note, cristiani…par stasera basta e, se Dio vol, se catarem doman…