Lug 17 2012

ALCUNE ISCRIZIONI PRESENTI SU UNA SEPOLTURA ANTICA DI 2000 ANNI POTREBBERO FORNIRE INFORMAZIONI UTILI RIGUARDO ALLA MORTE DI GESÙ.

Ossario di Miriam

Il contenitore funerario in calcare, definito come un ossario, potrebbe rivelare quale fosse la patria di Caifa, il sommo sacerdote coinvolto nella crocifissione di Gesù.  L’autorità israeliana per le antichità, che confiscò l’ossario da alcuni saccheggiatori tre anni fa, lo ha poi consegnato al prof. Yuval Goren, del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Tel Aviv, che ha condotto il tentativo di autenticazione.

“Al di là di ogni ragionevole dubbio, si tratta di un’iscrizione autentica”, ha affermato Goren, dopo aver condotto un esame approfondito sul contenitore che, oltre all’iscrizione, presenta anche alcune rosette decorative.

Le scoperte di Goren dimostrano che questa insolita iscrizione getta luce su uno degli uomini dietro alla morte di Gesù. L’iscrizione completa recita: “Miriam, figlia di Yeshua figlio di Caiaphus, sacerdote di Maaziah da Beth Imri,” citando quindi il defunto, con tre generazioni di parenti e una potenziale posizione di riferimento.

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Gen 12 2010

A PREDAPPIO UNA SPINA DI CRISTO

Category: Chiesa Cattolicagiorgio @ 02:44

Corona-di-Spine

Il Cristo

Nel 1937 il principe Mattei la regalò a Mussolini: il reliquario ora è nella chiesa di Sant’Antonio.   Probabile un’indagine sull’arrossamento

FORLI – PREDAPPIO – Nella chiesa di piazza Sant’Antonio da 72 anni si conserva in silenzio quella che pare essere una originale spina della corona di Gesù Cristo. Con le “sacre” e necessarie cautele, si potrebbe sostenere che all’interno della chiesa fondata nel 1937 dai francescani, è custodito uno dei più importanti reperti, esistenti al mondo, della Passione di Cristo. Nel terzo mistero del dolore, infatti, si contempla l’incoronazione di spine di Gesù. Per chi ha fede è un patrimonio soprannaturale, per altri è un patrimonio storico.

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Nov 29 2009

Primo ritratto di San Paolo: straordinaria scoperta nelle catacombe di Santa Tecla di Roma

Category: Chiesa Cattolicagiorgio @ 01:11

sanPaolo.2009

 

 

E’ la più antica icona di San Paolo, scoperta nelle catacombe di Santa Tecla. A rilevare la clamorosa “sorpresa” archeologica è stato l’Osservatore romano, che informa come il ritrovamento sia avvenuto solo qualche giorno fa, il 19 giugno, durante i restauri nelle catacombe sulla via Ostiense, coordinati dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. «Mentre si procede a un lento e accurato restauro dell’azione pittorica di un cubicolo delle catacombe – scrive il quotidiano vaticano – una sensazionale scoperta impressiona gli archeologi che seguono il lavoro da più di un anno. Il laser mette in luce il volto severo e ben riconoscibile di San Paolo, tra i più antichi e i più definiti che ci abbia consegnato la civiltà figurativa dell’antichità cristiana. Anzi, per le sue caratteristiche può essere considerato la più antica icona dell’Apostolo finora conosciuta».

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Apr 16 2009

LA DIDACHE’

Category: Chiesa Cattolica,Libri e fonti,Religioni e rasiegiorgio @ 00:16

 

 

La Didaché è uno scritto antichissimo: si tratta del primo testo in assoluto del Cristianesimo, ed è stata scritta verso il 50 d.C., in Oriente (Siria, Palestina o Egitto),l’autore è sconosciuto ma è certamente qualcuno che aveva seguito le predicazioni di Gesù Cristo ed è probabilmente antecedente agli stessi Vangeli di Matteo, Marco e Luca.

 

La si può ritenere “la regola della comunità”, un riassunto delle massime morali più importanti ad uso dei Catecumeni. E’ una sorta di compendio dei precetti insegnati da Cristo e contiene in sintesi tutti i principi trasmessi dall’Antico e dal Nuovo Testamento.

 

E’ l’esaltazione della semplicità: con un linguaggio estremamente lineare ed in pochissimi tratti passa dalla Genesi all’Apocalisse, cioè dall’inizio della vita caratterizzata dal dono di Dio che è la libertà al ritorno di Cristo che è misericordia e giustizia.

 

Ci fa vedere quale era il vero spirito dei cristiani delle primissime comunità, dandoci la possibilità di assimilarci ad esso, semplicemente seguendo i suoi essenziali insegnamenti.

 

La DIDACHE’ è citata da Erma nel Pastore, Clemente Alessandrino ed Origene che ritengono Scrittura Sacra. Sant’Atanasio la consiglia per istruire i catecumeni.

All’inizio del V secolo è incorporata nelle Costituzioni Apostoliche.

 

itenuta perduta da secoli, fu riscoperta  nel 1873 dal metropolita di Nicomedia, Filoteo Bryennios, a Costantinopoli in un codice greco, scritto nel 1056 contenente la DIDACHÉ, le due Lettere di San Clemente Romano e l’ Epistola di Barnaba.

 

Fu pubblicata nel 1883 in “L’editio princeps della DIDACHÉ”

In uno studio di Jean-Paul Audet si afferma che la DIDACHÉ è:

” Una raccolta d’istruzioni e di usanze della Chiesa primitiva, fatta da un ministro itinerante del Vangelo”, datandola nel 50 d.C., periodo in cui si iniziano a scrivere  i Vangeli e le Lettere di S. Paolo. Il luogo della sua composizione è indicato in Antiochia (Siria) e l’autore è un cristiano di provenienza giudaica

 

 

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Apr 14 2009

Verona: Studenti derisi in classe dal professore perché essendo Cattolici vanno a Messa

Il Vescovo Zenti;  Il racconto di un padre mi ha scosso, mi ha fatto riflettere moltissimo

La Pasqua in Cattedrale: «Cresce un clima culturale di ateismo pratico»

Il caso raccontato all’omelia: «Ha detto: non vi vergognate?

«Sui giovani si sta abbattendo un terremoto valoriale spirituale di proporzioni gigantesche, i cui effetti si disveleranno nei prossimi anni, che li sta demolendo nella loro umanità, a cominciare dalla libertà di essere davvero il corrispondente della loro identità più autentica». L’educazione del mondo giovanile è un tema particolarmente caro al vescovo Giuseppe Zenti. Minacciati da una cultura atea che «fa di tutto per tenere lontano l’uomo d’oggi da Dio», sedotti dai falsi miti proposti dai mass media e purtroppo anche «sviati» da quelli che dovrebbero essere i loro educatori. 

I giovani del ventunesimo secolo rischiano fortemente di ritrovarsi alla deriva nel momento in cui diventeranno adulti. 

L’appello è stato lanciato domenica  mattina, durante la celebrazione della messa pasquale in Cattedrale. «Vi è un mondo di adulti che ha in mano le leve del potere mediatico culturale e il potere economico, che strategicamente lascia andare il senso del vivere i giovani – ha detto il  monsignor Zenti -, nell’atto stesso di sospingerli alla deriva dei valori etici civili e religiosi». E ha portato un esempio, avvenuto poche settimane fa in una scuola della provincia: «Un padre mi ha riferito che un insegnante delle superiori ha chiesto alla classe 

“Chi di voi va ancora a messa e a catechismo?” e, dopo che due alunni avevano alzato la mano, ha continuato 

“E non vi vergognate di fare queste cose da bambini?”». 

«Un fatto grave, che mi ha profondamente scosso – ha commentato il vescovo -. 

Non intendo dire che tutti i professori siano uguali, ma questo evento mi ha fatto riflettere moltissimo». E ha invitato a seguire l’esempio di quegli adulti «con forte senso di responsabilità educativa, sia nell’ambito dei genitori, sia in quello della docenza, sia in quello dello sport».

 

Puntuale il riferimento anche alle popolazioni abruzzesi colpite dalla tragedia del terremoto, «vittime, in gran parte, di una bolla speculativa, quella edilizia che sfidando le forze della natura, ben conosciute dalla scienza geologica, non si è affatto impegnata su fronte delle tecnologie antisismiche, sia sui vecchi sia sui nuovi edifici». E, riprendendo un concetto già espresso nel corso della celebrazione del Venerdì santo, ha parlato anche di un altro sisma, molto più grande nella portata degli effetti: quello finanziario. «Bastava impegnare pochi soldi e ci si sarebbe ritrovati, tra le luci dei luna park, dei nababbi – ha detto monsignor Zenti -. Poi, il crollo improvviso del sogno da paese dell’El Dorado. E l’intera umanità devastata dalla bolla speculativa, al collasso». 

Due tragedie differenti, ma entrambe direttamente derivanti da «quella cultura senza etica e senza morale che sta alle spalle di questi e di tanti altri fenomeni che fune stano l’umanità».

E l’augurio finale: «La Pasqua immetterà nel tessuto familiare e sociale cristiani primizie di un’umanità davvero nuova, capace di costruire l’oggi e il domani sui parametri di una civiltà su misura della Pasqua di morte del vecchio mondo ateo e antiumano, e di risurrezione di un mondo degno dei risorti in Cristo».

 

Fonte: Cor.Sera ediz.Verona di martedì 14 aprile 2009.


Apr 12 2009

Auguri per una Santa Pasqua

Category: Arte,Chiesa Cattolicagiorgio @ 00:45

Giotto: Resurrezione  Padova. Cappella degli Scrovegni. 1304-06.  Affresco


Mar 29 2009

I Registri dei Cavalieri del Santo Sepolcro conservati nell’Archivio Storico della Custodia di Terra Santa: SBF – Nuova pubblicazione

Category: Chiesa Cattolica,Libri e fontigiorgio @ 06:57

SBF Editiones

 

Registrum Equitum SSmi Sepulchri D.N.J.C. (1561-1848). Manoscritti dell’Archivio Storico della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme, editi a cura di Michele Piccirillo (Studium Biblicum Franciscanum – Collectio Maior 46), Edizioni Custodia di Terra Santa, Jerusalem – Milano 2006.

 

Un’opera che risulterà una sorpresa per molti ricordando i rapporti secolari che legano l’istituzione dei Cavalieri del Santo Sepolcro con i Francescani di Terra Santa custodi del Santuario di Gerusalemme dal lontano 1333 grazie alla trattativa diplomatica condotta a buon fine con il Sultano d’Egitto al-Nasir Muhammad da Roberto d’Angiò e Sancha di Maiorca reali di Napoli. I registri non si spingono così lontano e iniziano solo con il 1561. Il motivo è detto a pagina a pagina 3 del primo registro che rimanda alla storia sempre tribolata di questa terra. Nel 1633 padre Paolo da Lodi Custode di Terra Santa diede l’ordine di ricopiare i nomi dei Cavalieri nel nuovo Registro. Il copista tiene a ricordare che, purtroppo, il registro nel quale erano annotati i nomi dei Cavalieri creati da padre Bonifacio da Ragusa con tutti i registri precedenti furono bruciati dai Turchi durante la guerra di Cipro. Altri nomi andarono persi perché non trascritti, sempre a causa delle perquisizioni dei Turchi, viene aggiunto a pagina 15. Mancanze che non intaccano la sostanza storica dei documenti pubblicati nell’opera grazie al patrocinio del Cardinale Carlo Furno Gran Maestro dei Cavalieri.

 

I due Registri pubblicati conservati nell’Archivio Storico della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme (Registrum A – Registrum B) iniziano con l’anno 1561 e terminano nel 1848. La motivazione è stata scritta in italiano sulla copertina del Registrum B: “I nostri Padri non crearono più i Cavalieri perché venne il Patriarca e annesse a sè questa facoltà nel 1848”.

Il 1561 è l’anno nel quale Papa Pio IV emanò la bolla con la quale confermava tutte le facoltà e i privilegi del Padre Custode di Terra Santa (1 Agosto, 1561), come avevano fatto prima di lui Papa Leone X il 4 Maggio 1515, e Papa Clemente VII nel 1525. Tra i privilegi risulta l’investitura dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Da pochi anni i Frati abitavano nel Convento di San Salvatore, ex convento georgiano della Colonna, dopo essere stati cacciati nel 1551 dal Convento del Sion dove avevano abitato dal 1333. Nel 1847 Papa Pio IX aveva emanato la bolla Nulla Celebrior con la quale ripristinava a Gerusalemme il Patriarcato Latino dando al Patriarca la facoltà di investire i Cavalieri. Era Custode di Terra Santa padre Bernardino Trionfetti che il 16 Maggio 1848 creò Cavaliere il Patriarca Giuseppe Valerga. L’investitura fu registrata nel Registrum B che termina con tale data.

 

Di fatto, l’investitura dei Cavalieri sulla Tomba di Cristo da parte del Padre Custode di Terra Santa è attestata dal 1496 al tempo del Padre Bartolomeo di Piacenza primo Magnus Ordinis S. Sepulchri Magister.  Precedentemente, abbiamo le testimonianze dei pellegrini che descrivono l’investitura a Gerusalemme sempre nella Basilica del Santo Sepolcro.

Il primo ricordo dell’Ordine della Cavalleria del Santo Sepolcro si legge nella relazione di viaggio del Cavaliere Guglielmo di Boldensel del 1336: “Dopo la Messa, io feci cavalieri due gentiluomini sul Sepolcro cingendo loro la spada e osservando le altre formalità che sono d’uso per ricevere l’Ordine della Cavalleria”. Nel 1340 un documento del priorato spagnolo del Santo Sepolcro di Calatayud è firmato da Guglielmo cavaliere dell’Ordine del Santo Sepolcro. La Cronaca Anonima di Valenciennes (XIV-XV secolo) riporta che Guglielmo di Solre fu creato cavaliere nel Santo Sepolcro da Guglielmo II conte di Olanda e di Hainaut che egli aveva accompagnato a Gerusalemme nel 1343. Valdemar IV Atterdag re di Danimarca nel 1340, venne a Gerusalemme dove volle essere fatto cavaliere del Santo Sepolcro.

La relazione del martirio dei Santi Nicola Tavelich, Stefano da Cuneo, Pietro di Narbona e Deodato Aribert di Rodez, avvenuto a Gerusalemme l’11 novembre 1391, scritta lo stesso giorno da fra Gerardo Chauvet guardiano del convento francescano del Monte Sion, fu sottoscritta tra gli altri da Giovanni Barrile di Napoli, “fatto allora cavaliere del Santo Sepolcro con i suoi servitori”che si trovava a Gerusalemme.

 

Nel 1420 nella Cronaca de Leyde viene descritta l’investitura di Compar De Caumont avvenuta l’anno prima da parte del sacerdote celebrante alla presenza dei Francescani che avevano preso dimora fissa all’interno del complesso del Santo Sepolcro nel 1348 al tempo del Sultano al-Mudhaffar. Nel testo si spiegano anche gli obblighi che si richiedevano all’aspirante Cavaliere. Del 1465 è l’attestato che Padre francesco da Piacenza, vicario del Guardiano del Monte Sion, consegnò a Giorgio Emerich di Görlitz venuto a Gerusalemme in espiazione di un atto di violenza, creato cavaliere sulla tomba di Cristo, dopo aver ricevuto il perdono delle sue azioni.

Un importante ruolo nelle investiture della seconda metà del XV secolo ebbe fra Giovanni di Prussia ricordato da fra Felix Fabri domenicano nella sua visita del 1480 e del 1483: “Hic habet auctoritatem domini Papae et domini Imperatoris, et favores principibus Christianitatis, creandi et percutienti milites peregrinos ad sanctum domini Sepulchrum venientes”. Di fra Giovanni, fra Fabri dà una convinta testimonianza nella sua opera: “Ingressi sunt etiam nobiscum Fratres Montis Syon, inter quos nobiscum intravit spectabilis vir, dictus Johannes de Prussia, Procurator Fratrum Montys Syon, saecularis quidem status, sed regularis habitu et vita. Utitur enim proprio arbitrio habitu tertii ordinis S. Francisci, cui tamen regulae voto se non adstrinxit. Hic vir est genere nobilis, de prosapia comitus, Teutonicus de Prussia, procerae statura, longam barbam, veneranda canitie decorus; maturus valde est vir ille, et multarum experientiarum, moribus compositus, conscentiosus et timens Deum. Has laudes non ex auditu, sed ex certa scientia huic probo viro do”. Probabilmente fra Giovanni è ricordato impropriamente con il titolo di Guardiano nell’itinerario di Martin Ketzel (1476): “Il duca Albert de Saxe creò 72 cavalieri del S. Sepolcro e il Guardiano ne creò altri 31”.

 

Nel 1480, anno del primo pellegrinaggio di fra Felix Fabri, Fra Giovanni viene chiamato ‘legato imperiale’ da Santo Brasca: “In dicto Sancto Sepulchro forno facti Cavalieri aurati sette pellegrini da uno legato imperiale, con grandissima solennità, devozione et riverentia”.

Lo stesso pellegrino ricorda che il Padre Guardiano del Monte Sion, al tempo padre Giovanni de Thomacellis rilasciò la patente scritta in latino nella quale si attestava che il neo Cavaliere “Super Sanctissimum Domini Sepulchrum fuit cingulo militari insignitus atque solemniter decoratus”. Nel 1483 Bernardo di Breydenbach Canonico di Mainz ricorda come dopo aver trascorso la notte nel Santo Sepolcro, all’alba del 16 luglio, “diversi dei nostri pellegrini nobili presero l’ordine della cavalleria osservando le cerimonie e i riti stabiliti, in modo secreto perché gli infedeli non li permettono. Acquistarono così la dignità cavalleresca. Terminate queste cerimonie, i Frati Minori celebrano la Messa nel Sepolcro del Signore”.

Un’altra interessante testimonianza è del sacerdote Pietro da Casola che nel 1494 aiutò a riempire i formulari dei Cavalieri investiti durante il suo pellegrinaggio: “Siccome mancava un segretario, io scrissi diverse lettere che certificavano che erano stati creati cavalieri al Santo Sepolcro, conforme al modello che mi diede il Guardiano (dei Frati Minori)e io sigillai le lettere”.

Dalle ricerche condotte da J.-P. De Gennes, (Les Chevaliers du Saint Sépulchre de Jérusalem, Vol. I, Ed. Herault, 1995, p. 175 ss.) risulta che tra il 1348 e 1496 (data del riconoscimento ecclesiastico alla pratica attestata in precedenza) furono creati 653 Cavalieri (20 per il XIV secolo e 633 per il XV secolo).

 

Il testo in latino del rito dell’investitura da parte del Padre Custode di Terra Santa ci è stato conservato da Padre Tommaso Obicini da Novara nella Forma Instituendi, seu ordinandi Milites, ripubblicata integralmente con la traduzione italiana a fronte ad inizio del volume. Foto del testo e trascrizione a fronte che è stato seguito anche per la pubblicazione dei registri dando così modo al lettore di controllare di persona il documento. Un indice onomastico curato dallo studioso Giuseppe Ligato faciliterà la consultazione. Tra i nomi, con i Custodi e i frati benemeriti di Terra Santa come padre Bonifacio da Ragusa, padre Francesco Quaresmi, padre Faustino da Tuscolano, padre Mariano da Maleo, fra Elzeario Horn, padre Andrea da Montoro, il lettore troverà i pellegrini scrittori Kotovicius, Aquilanus da Rocchetta, Chateaubriand, lo storico delle Crociate Michaud, il professore Nepomuceno Sepp, il principe Massimiliano di Baviera e tanti altri membri delle famiglie reali d’Europa.

L’idea di pubblicare i due Registri, accettata e caldeggiata dal Padre Giovanni Battistelli Custode di Terra Santa e dal Gr.Uff.Gen.Avv. Gian Roberto Costa, Luogotenente per l’Italia Settentrionale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, è stata realizzata grazie all’assenso dato all’iniziativa culturale dal Padre Pier Battista Pizzaballa, attuale Custode di Terra Santa, da S.E.Cav.di Gr.Cr.Dott.Ing. Pier Luigi Parola Governatore Generale e dal Gr.Uff.Gen.Avv.Silverio Vecchio Luogotenente per l’Italia Settentrionale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme che hanno generosamente contribuito alle spese per la coedizione di questo importante documento.

La pubblicazione vuole essere un passo importante per uno studio ancora in corso di approfondimento su una nobile istituzione benefica che ha le sue origini nell’amore comune al Santo Sepolcro e alle Comunità Cristiane della Terra Santa che lega i Frati Minori ai Cavalieri del Santo Sepolcro ai quali questo lavoro è dedicato.

 

Fonte: srs di Michele Piccirillo, SBF Gerusalemme


Mar 20 2009

ALCE NERO

Category: Chiesa Cattolicagiorgio @ 22:22

 

Nella primavera del 1931 lo scrittore John G. Neihardt raccolse da Alce Nero un lunghissimo racconto, che trent’anni più tardi, nel 1960, pubblicò con il titolo di Alce Nero parla. Vita di uno stregone dei sioux Oglala. La narrazione di Alce Nero non riguardava solo le sue vicende personali, ma si intrecciava con la storia del suo popolo in guerra con i bianchi e con le sue visioni, che lo accompagnavano fin dall’età di nove anni. Come egli stesso affermava, non è la vicenda di un uomo che merita di essere raccontata, ma “è la storia di tutta la vita che è santa e buona da raccontare, e di noi bipedi che la condividiamo con i quadrupedi e gli alati dell’aria e tutte le cose verdi”.

Il libro divenne un caso editoriale, il caso dello sciamano indiano in lotta contro l’invasore bianco. In realtà Alce Nero non era affatto come era stato presentato. Al contrario, lo sciamano Lakota si era convertito ancor giovane alla fede cristiana e, al momento della lunga intervista di Neihardt, era diventato un catechista, un evangelizzatore a tempo pieno.

Un reale profilo di Alce Nero fu tratteggiato da Michael Steltenkamp (1989), che dimostrò come, al tempo dell’intervista con Neihardt, Alce Nero era da 25 anni un catechista Lakota, e lo sarebbe stato fino alla morte, nel 1950. Steltenkamp sostiene che Neihardt manipolò i testi originali per far passare la sua tesi sugli indiani “ribelli” al dominio dei bianchi.
Neihardt aveva nascosto che nel 1934 Alce Nero aveva sconfessato l’intervista concessa allo scrittore: “Ascoltate, dico parole vere. Un uomo bianco ha scritto un libro e ha raccontato quello che io avevo detto dei vecchi tempi, ma ha tralasciato i tempi nuovi. Perciò parlo nuovamente. Da trent’anni a questa parte sono un uomo diverso da quello che l’uomo bianco ha descritto. Io sono un cristiano. Sono stato battezzato trent’anni fa da un tonaca-nera chiamato Piccolo Padre. Trent’anni fa io ero un indiano tradizionale e avevo qualche conoscenza del Grande Spirito, Wakan Tanka. Ero orgoglioso, forse ero coraggioso, forse ero un buon indiano, ma adesso sono migliore. Anche San Paolo diventò migliore quando si convertì. Adesso so che la preghiera della Chiesa cattolica è migliore della preghiera della Danza degli Spiriti”.

Steltenkamp raccolse anche la testimonianza della figlia di Alce Nero, Lucy Looks Twice, che gli confermò che il padre: non parlava mai delle vecchie usanze. Era convinto che la sua grande visione, la Danza del Sole e tutte le cerimonia indiane, fossero connesse con il cristianesimo. Diceva che i Lakota erano come gli israeliti, come gli ebrei, che aspettavano Cristo.

 

Fonte: Wikipedia


Mar 18 2009

MEGLIO PREGARE CHE ……. – IN 35 ANNI, 11MILA PRETI HANNO LASCIATO LA TONACA PER AMORE PER POI PENTIRSI E CHIEDERE DI TORNARE

Category: Chiesa Cattolicagiorgio @ 07:47

MEGLIO PREGARE CHE SCOPARE – IN 35 ANNI, 11MILA PRETI HANNO LASCIATO LA TONACA PER AMORE PER POI PENTIRSI E CHIEDERE DI TORNARE: MEGLIO LA CASTITÀ DELLA VITA DI COPPIA – UN FENOMENO SOMMERSO, SCONOSCIUTO AI PIÙ, DI CUI SI PARLA MOLTO POCO…

CATERINA MANIACI PER “LIBERO”

Decidere di abbandonare il sacerdozio, magari dopo anni di faticoso “esercizio”, in una parrocchia di periferia, in un grande istituto, o mentre si naviga negli oceani, facendo i cappellani nelle navi… Non si vuole più fare il prete per la fede che viene a mancare. Oppure perché si incontra una donna e si capisce che la strada imboccata è sbagliata: è la storia comune di alcuni sacerdoti. Neppure pochissimi, se si considera che, secondo i dati forniti dalla Congregazione per il clero, sarebbero 1.076 in media all’anno i preti che “abbandonano”.

PRETI A PENSER – COPYRIGHT PIZZI

Un fenomeno noto e causa di grandi discussioni in seno al mondo cattolico. Ma tra quelli che lasciano, gli ex, ci sono quelli che poi si pentono e vogliono tornare a fare i sacerdoti. Vivere con una donna non li soddisfa più, oppure hanno capito, con il tempo, che proprio essere e fare il prete era la scelta migliore… Così, per i 1.076 che lasciano, 74 chiedono di tornare. Un fenomeno sommerso, sconosciuto ai più, di cui si parla molto poco.

STANCHI DELLA MOGLIE…


Ne parla, invece, un libro appena uscito, dal titolo “Fare il prete non è un mestiere”, di Laura Badaracchi (edizioni dell’Asino), libro a metà strada tra il manuale e l’inchiesta, che intende tracciare un identikit su chi sono oggi i sacerdoti. Moltissimi dati, molte testimonianze, molti spunti di riflessione.

Dal vasto lavoro di indagine dell’autrice, emerge, tra gli altri, il fenomeno degli ex preti che vogliono tornare a fare i preti. Lo ha descritto per prima “La Civiltà Cattolica”, prestigiosa e storica rivista dei gesuiti, in un articolo uscito nel 2007 e intitolato, significativamente, “Preti che abbandonano, preti che ritornano”.

«Si parla spesso dei sacerdoti cattolici che abbandonano il ministero e si sposano», fa notare l’autore dell’articolo, padre Gian Paolo Salvini, nonché direttore della rivista, «ma assai meno di quelli che, rimasti vedovi o insoddisfatti del nuovo stato di vita, chiedono di essere riammessi all’esercizio del ministero.

In 35 anni sono stati 11.213, di fronte a circa 57mila che hanno abbandonato. È un fenomeno di notevole rilevanza pastorale, che dimostra anche la benevolenza della Chiesa».

Bisogna chiarire che i sacerdoti che lasciano il ministero non “perdono” la condizione sacerdotale, che è un sacramento e dunque non “scioglibile”. In generale, chiedono la dispensa dagli obblighi derivanti dallo stato sacerdotale, ossia il celibato e recita del breviario.

Quali sono le condizioni per poter tornare a fare i preti? Ci deve essere la dichiarazione di un vescovo (o prelato di grado maggiore) che si dichiari pronto a reintegrare l’ex sacerdote in questione nella propria diocesi o nel suo istituto, garantendo anche «l’assenza di pericolo di scandalo qualora la domanda fosse accolta».

UN PERCORSO A OSTACOLI


L’ex, poi, non deve essersi sposato in chiesa, se lo ha fatto, occorre il certificato di morte del coniuge (se vedovo) o il decreto di nullità del matrimonio. Non deve essere troppo anziano e deve aver fatto un corso di aggiornamento teologico di almeno sei mesi. Insomma, un percorso “a ostacoli” perché si capisca che uscire e rientrare per la porta del sacerdozio non deve essere considerato semplice e scontato.

Il caso degli ex preti pentiti rientra, ovviamente, in un quadro generale che, come rileva Laura Badaracchi nel suo libro, deve considerare il calo delle vocazioni, soprattutto in Occidente e in Italia, con una sempre più forte presenza di sacerdoti stranieri. 

Nel 1998 i preti stranieri in Italia erano 1.675. Nel 2001 erano diventati 2.003. Da dove vengono? Soprattutto dall’Europa dell’Est, dall’Africa, dall’America Latina, dall’Asia.

E poi ci sono le cosiddette “vocazioni adulte” in aumento, ossia quelle di chi ha deciso di prendere i voti in età matura, dopo varie esperienze di vita e riguarda soprattutto chi sceglie gli ordini monastici, anche quelli più duri, come i trappisti e persino gli eremiti. Perciò, tra quelli che se ne vanno e quelli che ritornano, quelli che arrivano da altri Paesi, ci sono sempre quelli che restano al loro posto, tra mille difficoltà, ma convinti che essere preti rimane sempre una bella sfida, un buon motivo per giocarsi la vita.

 

Fonte: Dagospia del 16-03-2009


Feb 26 2009

Se nei tribunali la vittoria fosse sinonimo di giustizia Cristo avrebbe avuto solo torto..

Category: Chiesa Cattolica,Giustizia Legula e Leguleigiorgio @ 20:19


Feb 26 2009

Corea del Nord: Ex agenti raccontano come si sono infiltrati tra i cristiani

Una delle frontiere più sorvegliate al mondo: posto di osservazione tra la Corea del Nord e la Corea del Sud

Ex ufficiali della polizia e della sicurezza nazionale della Corea del Nord hanno raccontato ad un’organizzazione governativa americana come i loro superiori gli avevano insegnato a fingere di essere cristiani per infiltrarsi nelle riunioni di preghiera clandestine allo scopo di compromettere, arrestare, imprigionare, e talvolta giustiziare dei credenti nordcoreani.

Intervistati per un rapporto rilasciato dalla Commissione americana sulla libertà di religione nel mondo (USCIRF), i sei ufficiali avevano ricevuto il compito – prima di fuggire dalla Corea del Nord – di trovare ed eliminare piccoli gruppi di cristiani.

Essi hanno dichiarato che il governo nordcoreano considera la religione, ed il Cristianesimo in particolare, come la prima minaccia per la sicurezza nazionale. Quattro dei sei agenti hanno lavorato in seno all’Agenzia per la sicurezza nazionale, due di loro hanno collaborato con l’Agenzia per la sicurezza del popolo e un altro per il Partito dei lavoratori coreani. Secondo questi sei agenti di sicurezza, ci sono sempre più tentativi di far cessare le attività religiose lungo la frontiera cinese, di organizzare sia false riunioni di preghiera per intrappolare i convertiti rifugiati, sia sessioni di formazione teologica per gli agenti di sicurezza per permettergli di infiltrarsi meglio nelle chiese cristiane in Cina e di stanare i fedeli nordcoreani.

Dei membri della polizia delle frontiere mandarono un altro rifugiato al centro di detenzione della provincia settentrionale di Hamgyeong, poi nella prigione di Onseong, “Mi chiesero se avessi avuto dei contatti con i cristiani. Mi presero a calci e mi picchiarono forte. Dovetti restare in piedi tutta la giornata senza muovermi o parlare…Quando mi chiesero, in serata, se avessi sentito parlare del cristianesimo, risposi di sì.

Quando dei rifugiati rimpatriati hanno avuto poco o nessun contatto con gruppi religiosi, la polizia delle frontiere li trasferisce all’Agenzia per la sicurezza del popolo per un breve periodo di detenzione. Se si scopre che c’è stato un contatto con i cristiani, la persona interessata è allora consegnata all’Agenzia per la sicurezza nazionale dove sarà probabilmente torturata, condannata ad un periodo di detenzione in un campo di lavoro o giustiziata.

Quando dei credenti sono arrestati non c’è un interrogatorio preliminare, ha detto uno degli agenti. “Noi li consideriamo come elementi contro-rivoluzionari. In Corea del Nord, quando questo tipo di trasgressori è arrestato, gli ufficiali dell’Agenzia per la sicurezza nazionale prima di interrogarlo lo circondano colpendolo e picchiandolo violentemente”.

Un altro agente ha confermato che “la domanda più importante che si faceva ai rimpatriati era quella di sapere se avevano incontrato dei missionari o degli evangelisti sudcoreani o se avessero fatto un’esperienza religiosa. Se confessano di aver incontrato dei missionari o dei diaconi, allora senza altra forma di processo saranno mandati all’Agenzia per la sicurezza nazionale dove sono destinati a morte certa. Tuttavia ci sono pochi casi che implicano contatti con dei cristiani.

Questo agente ha continuato dicendo: “Tutto ciò di cui abbiamo bisogno per arrestare qualcuno è una piccolissima prova, come il nome di una persona scritto su una Bibbia. Quando si scopre una Bibbia con un nome, l’Agenzia per la sicurezza nazionale la lascia sul posto finché il proprietario non si fa riconoscere.

Un altro agente ha spiegato che i team di sorveglianza erano suddivisi in quattro categorie: “L’Agenzia per la sicurezza nazionale, l’Agenzia per la sicurezza del popolo, il Partito dei lavoratori e l’Unità di osservazione del vicinato. Diamo istruzioni all’Unità di osservazione del vicinato e al comitato di base del partito affinché sorveglino delle persone precise. Gli chiediamo di osservare attentamente quelle persone e di stilare la lista delle persone che gli fanno visita. Questi team hanno il compito di farci un resoconto ogni quindici giorni”.

Secondo il rapporto dal titolo Prigioni senza sbarre, gli agenti ricevono delle ricompense concrete sotto forma di medaglie, aumento di salario o promozione se riescono ad identificare e ad arrestare dei “trasgressori religiosi”. Alcuni agenti di sicurezza sono talvolta anche “disperati perché se non riescono ad identificare almeno uno o due casi, non possono essere promossi e possono anche essere espulsi dall’Agenzia per la sicurezza nazionale”, ha spiegato uno degli agenti.

Un agente, che ha lavorato per vent’anni in un campo di concentramento per prigionieri politici, dove i cristiani sono spesso mandati, dice di essere stato testimone di esecuzioni segrete durante le quali “l’imputato scava la buca nella quale sarà sepolto” prima di essere giustiziato. Tuttavia, altri agenti hanno ammesso che le esecuzioni pubbliche di “delinquenti politici”, compreso quelle di cristiani, sono diminuite negli ultimi anni a causa di reazioni negative del pubblico.

Secondo uno degli agenti le punizioni variano in funzione dell’attività dell’individuo interessato, “secondo che è apertamente attivo o agisce nella clandestinità. Il fatto che una persona conserva una Bibbia significa che in futuro ha intenzione di credere in una religione…Le punizioni più severe sono applicate alle persone che sono impegnate nel nuovo attivismo religioso, a quelle che importano Bibbie dalla Cina e ai cristiani che aiutano i rifugiati nordcoreani in Cina”.

Un rifugiato ha riferito che uno dei suoi “parenti acquisiti era stato arrestato mentre regalava una Bibbia; così tutta la famiglia è stata trasferita nella prigione 22 (campo di lavoro). Sono stati internati lì perché facevano parte della categoria delle spie religiose”.

Un rifugiato rimpatriato è stato mandato per quindici mesi nella prigione dell’Agenzia per la sicurezza nazionale nella provincia settentrionale di Hamgyeong. Egli paragona la sua esperienza penitenziaria alla vita “di un animale senza un nome. La vita di ognuno dipende dal beneplacito delle guardie, perché uccidere un prigioniero non gli causa alcun danno…”

Tuttavia, sembra che la stretta sorveglianza e la lealtà obbligatoria al sistema comincino a battere in breccia. Sia gli agenti di sicurezza che i rifugiati intervistati per il rapporto hanno menzionato una disillusione largamente diffusa. Come ci ha detto uno degli agenti: “Il motivo per cui il sistema nordcoreano continua ad esistere dipende dal sistema di sorveglianza particolarmente stretto”.

Quando s’installa la disillusione, sempre più persone possono volgersi alla fede ed è la cosa che Kim Jong-il teme di più. Come ha detto un ex prigioniero detenuto in un campo di lavoro: “Avevo l’impressione che ci fossero circa dieci credenti nella mia cella. Non cessavano di pregare. Mi sono quindi messo a pregare con loro”.

 

Fonte: AEM/Aide aux Eglises dans le Monde. Bulletin Urgence, Janvier 2009, pag. 4,5/ butindaro

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Feb 26 2009

Cina: Arrestati oltre 60 pastori di chiese domestiche, 4 sono ancora detenuti

Lo scorso 11 febbraio (2009)  la polizia ha arrestato oltre 60 pastori evangelici, tra cui due sudcoreani, riuniti per un seminario nel distretto di Wolong, città di Nanyang, provincia di Henan.

Circa 30 poliziotti hanno fatto irruzione nel luogo dove si teneva la riunione ed hanno arrestato i cristiani sequestrando loro cellulari, libri e soldi.

I fedeli hanno dovuto pagare una multa e diversi di loro sono stati poi rilasciati. Al momento quattro pastori sono ancora detenuti.

I due pastori sudcoreani, presenti all’incontro come oratori, sono stati espulsi dalla Cina il 14 febbraio per “avere partecipato ad attività religiose illegali”, con divieto di tornare nel paese per 5 anni.

Fonte:persecution

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Feb 25 2009

Pena di morte nello Stato del Vaticano:Annotazioni delle Giustizie eseguite da Gio. Battista Bugatti e da Vincenzo Balducci (1796-1870)

Category: Chiesa Cattolica,Italia storia e dintornigiorgio @ 16:44

Mastro Titta mostra alla folla una testa femminile recisa

 

Nella Città del Vaticano invece la pena di morte è stata legale dal 1929 al 1969 ed era prevista solo in caso di tentato omicidio del papa. Non è tuttavia mai stata applicata. Nel 1967 su iniziativa di papa Paolo VI non più prevista  per  alcun reato.  Venne rimossa dalla Legge fondamentale solo il 12 febbraio 2001, su iniziativa di Giovanni Paolo II. 

Mastro Titta offre una presa di tabacco a un condannato prima dell’esecuzione.

 

Pena di morte nello Stato del Vaticano: Annotazioni delle Giustizie eseguite da Gio. Battista Bugatti (detto “Mastro Titta” ) e dal suo successore Vincenzo Balducci (1796 -1870).


Sono qui riportate le note redatte dal Bugatti, il quale aveva l’abitudine di registrare le esecuzioni compiute. Si deve ad Alessandro Ademollo il ritrovamento di questo documento che venne pubblicato per la prima volta da Lapi in Città di Castello nel 1886.



1 Nicola Gentilucci, «impiccato e squartato» in Fuligno li 22 marzo 1796, per avere ammazzato un sacerdote, un vetturino e grassato due frati.


2 Sabatino Caramina, «impiccato» in Melia li 14 gennaio 1797, per omicidio 


3 Marco Rossi, «mazzolato e squartato» in Valentano li 28 marzo 1797, per avere ucciso suo zio e suo fratello cugino. 


4 Giacomo dell’Ascensione, «impiccato» al Popolo li 7 agosto 1797, per avere sfasciato molte botteghe. 


5 Pacifico Sentinelli, «impiccato» in Jesi li 30 ottobre 1797, per avere ucciso il carceriere con la sua moglie.


6 Gregorio Silvestri, «impiccato» al Popolo li 18 gennaio 1800, reo convinto di cospirazione.


7 Antonio Felici

8 Gio. Antonio Marinucci

9 Antonio Russo, «Impiccati» a Ponte li 20 gennaio 1800, per grassazione. 


10 Pietro Zanelli, «impiccato» a Ponte li 22 gennaio 1800, per monetario falso. 


11 Francesco Gropaldi, «impiccato» a Ponte il dopo pranzo li 22 gennaio 1800, per grassazione. 


12 Ottavio Cappello, «impiccato» a Ponte li 29 gennaio 1800, per aver tentato nuova rivoluzione per arme proibita. 


13 Alessandro d’Andrea, «impiccato» a Ponte il primo febbraio 1800, per aver rubato un orologio. 


14 Gio. Batta Genovesi, «impiccato, squartato e bruciato il corpo» a Ponte li 27 febbraio 1800; la testa fu portata all’Arco di S. Spirito, per aver rubato due pissidi. 


15 Gioacchino Lucarelli 


16 Luigi de Angelis

17 Lorenzo Robotti


18 Giovanni Rocchi 


19 Antonio Mauro, «Impiccati e tagliate le teste e braccia», e messe a Porta Angelica li 6 maggio 1800, e due furono bruciati» a Ponte, per avere strozzato e assassinato un prete. 


20 Bernardino Bernardi, della medesima causa, «impiccato e tagliato la testa e braccia» e messe a Porta S. Sebastiano, li… anno suddetto.


21 Giuseppe Zuccherini 


22 Giuseppe Sfreddi

23 Giacomo d’Andrea, «Impiccati e squartati» al Popolo li 19 gennaio 1801, per avere assassinato il Corriere di Venezia. 


24 Luigi Puerio

25 Ermenegildo Scani


26 Gaetano Lideri 


27 Leonardo Ferranti «Impiccati e squartati» in Camerino li 27 gennaio 1801, per avere assassinata una principessa spagnola. 


28 Teodoro Cacciona, «impiccato e squartato» al Popolo li 9 febbraio 1801, per avere rubato un ferraiolo, un paio di stivali e L. 60. 


29 Fabio Valeri, «mazzolato e squartato» in Albano li 14 febbraio 1801, per avere grassato il pizzicagnolo dell’Ariccia. 


30 Francesco Pretolani, «impiccato e squartato» in Viterbo li 21 febbraio 1801, per avere grassato e ucciso un oste con sua moglie. 


31 Giovanni Fabrini, «impiccato» al Popolo li 6 giugno 1801, per omicidio sotto la Pace. 


32 Domenico Treca, «impiccato» a Subiaco li 4 luglio 1801, per avere uccisa la moglie, un prete ed un’altra persona. 


33 Benedetto Nobili, «mazzolato» al Popolo il primo settembre 1801, per avere ucciso sua moglie, sua comare ed incendiato la casa. 


34 Antonio Neri, «impiccato» in Ancona li 26 settembre 1801, per avere rubato con chiave falsa ad un orefice due mila scudi in oro e argento.


35 Domenico de Cesare, «impiccato» a Ponte li 8 febbraio 1802, per avere grassato uno spazzino. 


36 Ascenzo Rocchi 


37 Gio. Batta Limiti, «Impiccati e squartati» a Ponte li 20 febbraio 1802, per avere grassato li carrettieri.


38 Gio. Francesco Pace di Venanzio, «mazzolato, scannato e squartato» a Ponte li 15 marzo 1802, per avere ucciso un ebreo e grassato. 


39 Domenico Zeri, «mazzolato e scannato» in Fermo li 3 aprile 1802, per avere ucciso il padre.


40 Salvatore Bozzi

41 Giuseppe Flacidi, «Impiccati e squartati» a Ponte li 28 aprile 1802, per grassazione.


42 Agostina Paglialonga, «impiccata» in Orvieto li 5 maggio 1802, per avere fatto tre fanticidi.


43 Antonio Nucci, «mazzolato e squartato» in Perugia li 8 maggio 1802, per avere ucciso e grassato un frate. 


44 Luigi Fantusati, «mazzolato e squartato» in Perugia li 8 maggio 1802, per avere ucciso e grassato il suo padrone. 


45 Giovanni Ferri 
46 Fortunato Ferri 


47 Nicola Ferri Fratelli carnali, «impiccati e squartati» in Terracina, per avere grassato il corriere di Napoli, li 25 maggio 1802. 


48 Gio. Batta Germani, «impiccato» in Ceccano li 29 maggio 1802, per omicidio volontario.


49 Cosimo Moronti, «impiccato» in Genazzano il primo giugno 1802, per omicidio, a caso pensato. 


50 Filippo Cataletti, «impiccato» in Frosinone li 18 giugno 1802, per omicidio. 


51 Felice Rovina, «impiccato» in Collevecchio li 7 luglio 1802, per avere strozzato un eremita.


52 Bernardino Palamantelli, «impiccato» a Ponte li 13 settembre 1802, per omicidio e grassazione. 


53 Stefano Viotti, «mazzolato» in Subiaco li 23 novembre 1802, per avere ucciso il padre. 


54 Francesco Angelo Sorelli, «impiccato» in Ronciglione li 15 dicembre 1802, per avere ucciso una donna.


55 Giacomo Balletti, «mazzolato» in Ronciglione li 15 dicembre 1802, per avere ucciso il padre. 


56 Domenico Guidi, «impiccato» in Viterbo li 18 dicembre 1802, per omicidio, con avergli intimato la morte 22 per le 23. 


57 Antonio Lavagnini, «impiccato e squartato» in Zagarola li 5 febbraio 1803, per aver grassato un uomo avendogli levato 27 paoli.


58 Gio. Domenico Raggi

59 Giuseppe Cioneo, «Impiccati» in Viterbo li 5 marzo 1803, per omicidj e grassazioni. 


60 Antonio Boracocoli, «impiccato» in Ancona li 15 marzo 1803, per aver dato più coltellate ad un marinaro, lo gettò nel mare ma non restò estinto, e gli levò 200 scudi.


61 Francesco Conti, «impiccato» in Città di Castello li 26 aprile 1803, per avere levato la verginità a forza ad una zitella in casa del padre con altri cinque compagni, e gli levarono un valsente di 30 scudi. 


62 Angiolo Rossi, «impiccato» in Gubbio li 2 maggio 1803, per omicidio bestiale e irragionevole. 


63 Giovanni Tranquilli

64 Vincenzo Pellicciari, «Impiccati e squartati» a Ponte li 21maggio 1803, per grassazione e furti.


65 Nicola Rossi, «mazzolato e squartato» in Terracina li 7 giugno 1803, per avere ucciso il Cancelliere di Terracina e la sua testa fu posta in Cisterna. 


66 Giuseppe delle Broccole, «impiccato» in Frosinone li 8 agosto 1803, per omicidio e furti. 


67 Vincenzo Bianchi, «mazzolato e squartato» in Orvieto li 10 dicembre 1803, per omicidio e grassazioni. 


68 Giuseppe Ceci, «impiccato» in Frosinone li 8 marzo 1804, per omicidio e grassazioni.


69 Crescenzio, ossia Vincenzo Imondi, «impiccato» in Frosinone li 12 luglio 1804, per omicidio volontario. 


70 Mattia Ricci, «impiccato» al Popolo li 22 settembre 1804, per omicidio e resistenza alla Corte. 


71 Angiolo di Pietro di Agostini, «impiccato e squartato» in Cascia li 10 ottobre 1804, per omicidio e sgrasso. 


72 Gregorio Pinto

73 Paolo Bimbo, «Impiccati e squartati» in Iesi li 17 ottobre 1805, per grassazione. 


74 Giuseppe Gatti

75 Mattia Gatti 


76 Valentino Margheri, «Impiccati e squartati» al Popolo li 12febbraio 1805, per grassatori. 


77 Domenico Civitella, «impiccato» il dì suddetto, per grassatore.


78 Luigi Masi, «impiccato» a Fermo li 30 marzo 1805 per avere sverginato una zitella, datile diversi colpi e ucciso il padre della suddetta. 


79 Filippo Mazzocchi

80 Giuseppe Guglia, «Impiccati e squartati» a Ponte li 10 giugno 1805, per grassatori. 


81 Sebastiano Spadoni, «impiccato» a Iesi li 4 settembre 1805, per avere ucciso il fratello carnale e gettato nel pozzo. 


82 Luigi Giovansanti, forzato, «impiccato» in Civitavecchia li 23 settembre 1805, per avere ucciso un forzato. 


83 Niccola Alicolis, «impiccato e squartato» alla Merluzza il primo ottobre 1805, per assassinj.

84 Santi Moretti, «impiccato e squartato» al Ponticello fuori di Porta San Paolo 1805 dall’aiutante, per grassazione. 


85 Gioacchino q.m Bernardino Rinaldi, «mazzolato e squartato» in Campo di Fiore li 9 ottobre 1805, per avere ucciso la moglie gravida di due figli ed il garzone. 


86 Paolo Salvati, «impiccato e squartato» in Macerata li 11 dicembre 1805, per avere grassato il corriere del Papa ed un forastiere.


87 Bernardo Fortuna, «impiccato e squartato» a Ponte Felice li 22 aprile 1806, per avere grassato il corriere di Francia. 


88 Pasquale Rastelli, «impiccato e squartato» in Amelia li 20 maggio 1806, per omicidio e grassazione. 


89 Tommaso Rotiliesi, «impiccato» a Ponte li 9 giugno 1806, per avere ferito leggermente un ufficiale francese. 


90 Bernardino Salvati, «impiccato» in Rieti li 12 luglio 1806, per avere ucciso un suo compare.


91 Giuseppe Pistillo detto Fatino, «impiccato e squartato» in Terracina li 13 agosto1806, per grassatore. 


92 Giuseppe Agnone, «impiccato e squartato» in Terracina li 13 agosto 1806, per grassazione.


93 Giuseppe Chiappa, «mazzolato e squartato» in Macerata li 25 settembre 1806, per sicario, cioè fu incombensato di uccidere il padre di un giovane per scudi 50 di premio ed il giovane fu condannato alla galera perpetua.


94 Gioacchino Cellini, «impiccato» in Frosinone li 27 gennaio 1807, per omicidj e grassazioni.


95 Tommaso Grassi, «impiccato» a Ponte li 15 aprile 1807, per avere ucciso il cognato, ed il suo compagno stette sotto le forche. 


96 Luigi Tomeucci, «impiccato» in Frosinone li 21 aprile 1807, per più omicidj. 


97 Cesare di Giulio

98 Bernardino Troiani, «Impiccati e squartati» in Campo Vaccino li 2 maggio 1807, per grassatori. 


99 Giuseppe Brunelli

100 Agostino Paoletti, «Impiccati» a Gubbio li 6 luglio 1807, per omicidio a caso pensato per gelosia di donna. 


101 Giuseppe Romiti, «impiccato» a Narni li 12 dicembre 1807, per omicidio barbaro. 


102 Angiolo Caratelli e il fratello 


103 Paolo Caratelli 


104 Antonio Scarinei

105 Rosa Ruggeri, «Impiccati» a Todi li 6 luglio 1808, perché la donna fece ammazzare il marito dai suddetti. 

Seguono le giustizie eseguite nel nuovo edilizio per il taglio della testa nel Governo Francese.



106 Tommaso Tintori, reo di omicidio, li 28 febbraio 1810.


107 Saverio Ricca «alias» Principe 


108 Giuseppe Loi rei di grassazione, li 5 marzo 1810. 


109 Giuseppe Giandomenico, reo di omicidio e grassazione li 12 marzo 1810. 


110 Anna Morotti vedova Renzi 


111 Vincenzo Gentili


112 Alessandro Valeri rei di omicidio, li 12 aprile 1810. 


113 Domenico Dichilo

114 Antonio Talucci rei di omicidj, li 2 aprile 1810. 


115 Raffaele Mori, per omicidio volontario, li 8 maggio 1810. 


116 Giovanni Scipioni, per omicidio, li 28 maggio 1810. 


117 Pasquale Masi, per grassazione, li 27 giugno 1810. 


118 Andrea Dagiuni, per omicidio, li 3 luglio 1810. 


119 Michele Filippi, per avere tentato la morte del zio, li 7 luglio 1810.


120 Niccola Quintarelli, per omicidio premeditato, li 30 luglio 1810. 


121 Lorenzo Bellucci


122 Francesco Teatini per omicidio e grassazioni, li 21 agosto1810. 


123 Domenico q.m Gaspero Germagnoli, per uccisione del padre ed una donna, li 10 settembre 1810. 


124 Evangelista Bufalieri, per omicidio, li 14 detto. 


125 Severio Iaunardi «alias» Sfacona, per omicidi premeditati e assassini, li 25 suddetto. 


126 Giovanni Cusciè, per omicidi premeditati, li 14 novembre 1810. 


127 Celio Lanciani, per omicidio premeditato, detto. 


128 Clemente D’Angelis, per omicidio premeditato con assassinio verso lo zio, li 19 novembre 1810. 


129 Camillo Cerini

130 Caterina Tranquilli omicidio e assassinio, li 26 suddetto. 


131 Antonio Grepi, per omicidi premeditati, li 9 febbraio 1811.


132 Giovanni Croce, per omicidio con assassinio, li 2 maggio 1811. 


133 Gaspero Bacciarelli, per assassinio, li 18 maggio 1811.


134 Domenico Brucchioni


135 Gradigliano Patricelli per assassinio, li 25 giugno 1811.


136 Bartolomeo Andreozzi, per assassinio, li 4 luglio 1811.


137 Gio. Domenico Pensierosi

138 Nicola Reali per assassinio, li 13 luglio 1811. 


139 Silverio Patrizi, per omicidio ed assassinio, li 22 detto. 


140 Prospero Montagna, per omicidio con premeditazione, li 6 novembre 1811. 


141 Luigi Matocci, per omicidio con premeditazione, li 31, dicembre 1811. 


142 Francesco del q.m Pietro Paolo Mattia, per assassinio, li 3 febbraio 1812. 


143 Domenico Cracciani, per omicidio con premeditazione, li 22 suddetto. 


144 Lorenzo Tiberi, per omicidio in persona del zio, eseguita la giustizia in Poggio S. Lorenzo li 18 marzo 1812. 


145 Giuseppe Trombetti, per omicidio premeditato, e 


146 Pasquale De Sartis, per assassinio, li 30 marzo 1812. 


147 Luigi Lombardi, per assassinio, li 2 ottobre 1812. 


148 Maria Antonia Tarducci, per infanticidio, li 10 novembre 1812. 
149 Emanuel Calvi, per omicidio ed assassinio, li 10 novembre 1812. 


150 David Troia

151 Domenica Senese per omicidio demandato, li 9 dicembre 1812.


152 Giuseppe Padovani, per assassinio con furto, li 12 dicembre 1812.


153 Benedetto Canale, per assassinio, e


154 Giuseppe Sprega, per omicidio con premeditazione, li 25 gennaio 1813. 


155 Pompeo Greco, per assassinio con premeditazione di omicidio, li 29 gennaio 1813. 


156 Germano Franchi, per tentativo d’uccisione con premeditazione; accaduta la esecuzione in Supino li 15 febbraio 1813.


157 Gio. Crisostomo Martini, per assassinio, li 2 aprile 1813. 
158 Angiolo Maria Parisella 


159 Antonio Gasparoni per assassinio con premeditazione, li 15 novembre 1813.


160 Francesco Grossi, per omicidio con premeditazione, li 24 novembre 1813. 


161 Luigi Bellaria, per omicidio con premeditazione, li 28 dicembre 1813. 

Governo Pontificio.



162 Gio. Antonio Antonelli 


163 Pietro Proietto, «Forca e squarto», per grassatori, li 22 ottobre 1814. 


164 Vincenzo Zaghetti, per omicidio con grassazione, «alla forca», e 


165 Sebastiano Tirelli, per grassazione, «forca e squarto», li 3 dicembre 1814. 


166 Francesco Quagliani

167 Mariano Bonotti

168 Gaetano Giordani 


169 Angiolo Pozzi Per grassatori, «forca e squarto», li 13 marzo 1815.


170 Antonio Cipriani, «mazzola e squarto», per omicidio e ladrocinio; eseguita la giustizia in Norcia li 14 agosto 1815. 


171 Francesco Perelli, per omicidio appensato, «alla forca», e


172 Carlo Castri, «forca e squarto» per grassazioni, li 17 febbraio 1816, al Popolo.


173 Domenico Posati, «forca» per omicidj con premeditazione, eseguita in Narni li 7 marzo 1816. 


174 Giuseppe Fiacchi, «forca» per omicidio premeditato in odio di Liti Civili in Spoleto, li 9 marzo 1816. 


175 Giuseppe Micozzi, per omicidio proditorio con ladrocinio, «mazzola e squarto» al Popolo, li 6 aprile 1816. 


176 Vincenzo Bellini

177 Pietro Celestini

178 Domenico Pascucci

179 Francesco Formichetti

180 Michele Galletti Rei di più grassazioni; eseguita in Roma li 18 maggio 1816, di «forca e squarto», al Popolo.


181 Gioacchino de Simoni, «mazzola e squarto» in Collevecchio li 27 maggio 1816, per omicidio barbaro in persona della moglie. 


182 Giuseppe Tomei, «forca» a Ponte, per omicidio con premeditazione, li 17 agosto 1816. 


183 Antonio Antoniani, «forca» a Ponte, per omicidio con premeditazione, li 7 settembre 1816. 


184 Tommaso Borzoni, «taglio della testa» al Popolo, per omicidi appesati e ladrocini, li 2 ottobre 1816. 


185 Pietro Spallotta

186 Benedetto Piccinini


187 Carlo Antonio Montagna, «Taglio della testa e squarto» al Popolo, per grassazione, li 10 ottobre 1816. 


188 Carlo Desideri

189 Luigi Brugiaferro

190 Giovanni Mora, «Forca e squarto» in Viterbo per grassazioni, li 16 ottobre 1816. 


191 Paolo Antonini

192 Francesco Di Pietro, «Taglio della testa» al Popolo, per grassazioni, li 14 dicembre 1816. 


193 Saverio Gattofoni, «taglio della testa» in Macerata, per avere ucciso sua moglie, li 20 gennaio 1817. 


194 Antonio Guazzini, «impiccato» in Firenze, per omicidio e grassazione, li 22 febbraio 1817. 


195 Gio. Francesco Trani 


196 Felice Rocchi

197 Felice De Simoni «Decapitati» al Popolo, per omicidi e grassazioni, li 19 maggio 1817. 


198 Agostino Del Vescovo, «decapitato» al Popolo, per omicidio e ladrocinio in persona di un prete, li 19 luglio 1817. 


199 Antonio Casagrande, «decapitato e squartato» in Gubbio, e la testa posta alla porta della città, per avere ucciso tre ragazzi, due maschi e una femmina, con ladrocinio, li 28 agosto 1817. 


200 Angiolo Conti, «decapitato» al Popolo, per omicidio in persona della moglie, li 9 settembre 1817. 


201 Alessandro Papini, «decapitato» al Popolo, per ladrocini e grassazione, li 30 settembre 1817. 


202 Domenico q.m. Giacomo Gigli, romano, «decapitato» al Popolo, per omicidio irragionevole, il primo dicembre 1817. 


203 (da ebreo) Angelo Camerino, (da cristiano) Giuseppe-Angiolo, «impiccato» in Ancona, per omicidio, li 13 gennaio 1818. 


204 Ambrogio Piscini, «decapitato» in Loreto, per omicidio e grassazione, li 14 gennaio 1818.


205 Antonio Galeotti, «decapitato» in Perugia, per omicidio proditorio e furto, li 23 febbraio 1818. 


206 Andrea Emili, «decapitato» al Popolo, li 13 aprile 1818, per avere ucciso il padre; la sua testa trasportata e messa sulla porta di Rocca Priora. 


207 Martino Sabatini

208 Andrea Ridolfi, «Forca e squarto» in Viterbo, li 22 aprile 1818, per più grassazioni, e trasportati detti quarti. 


209 Antonio Cicolono

210 Luigi Renzi, «Forca» in Rieti, per grassazione ed omicidio, li 21 novembre 1818. 


211 Angiolo Antonio Piccini, «forca» in Viterbo, li 12 dicembre 1818, per più delitti e grassazioni, e per il barbaro omicidio in Civitella in persona della signora Bonfiglioli, con derubamento in sua casa. 


212 Domenico Fontana, «decapitato» al Popolo, per più omicidj, li 10 marzo 1819. 


213 Andrea q.m Giuseppe Dolfi, romano, «decapitato» al Popolo, per omicidio irragionevole, essendo forzato al Colosseo, li 2 agosto 1819. 


214 Raffaele Vattani, romano, «decapitato» al Popolo, per veneficio in persona della moglie, li 15 settembre 1819. 


215 Pasquale q.m Vincenzo Ferrini, regnicolo, per grassazione, «decapitato» al Popolo, li 2 dicembre 1819. 
216 Elia Sauve, per ladrocinio, «decapitato» al Popolo, li 16 settembre 1820. 


217 Leonardo Narducci del fu Bartolommeo, d’Ischia, per omicidj e grassazioni, «appiccato e squartato» a Viterbo, li 26 ottobre 1820. 


218 Gio. Batta Clementi di Giuseppe, da Rotella nella delegazione d’Ascoli, «decapitato» al Popolo, per omicidio e ferite qualificate, li 27 gennaio 1821. 


219 Carmine q.m Pietro Scaccia di Torrici, diocesi di Frosinone, di anni 23, reo di più grassazioni, «decapitato» al Popolo, li 7 aprlie 1821. 


220 Giuseppe Morioni e 


221 Benedetto De Carolis, «Decapitati» al Popolo, per grassazioni, li 7 giugno 1821. 


222 Carlo Samuelli e 


223 Salvatore Torricelli, di Tivoli, «Decapitati» al Popolo, per grassazioni, li 14 giugno 1821.


224 Francesco Monti


225 Domenico Taschini

226 Luigi Onelli, «Decapitati» al Popolo, per grassazioni, li 28 luglio 1821. 


227 Vincenzo Zaccarelli

228 Vincenzo Moretti «Decapitati» a Ponte S. Angelo, per omicidj irragionevoli, li 6 agosto 1821. 


229 Francesco q.m Niccola Ferri, «fucilato» alla Bocca della Verità li 23 marzo 1822, e la sua testa portata a Collepiccolo, distante miglia 46 da Roma.


230 Giuseppe Bartolini, «decapitato» in Viterbo, per più grassazioni ed omicidi barbari, li 30 aprile 1822. 


231 Angiolo Antonio fu Giuseppe Monterubianesi

232 Pietro Antonio fu Giovanni Profeta 


233 Angiolo fu Giorgio Mannelli, «Decapitati» a Ponte Sant’Angelo, per grassazioni, li 8 giugno 1822.


234 Domenico Piciconi di Caprarola, reo di omicidio, assassinio ed altro, «decapitato» in Viterbo, li 24 maggio 1823. 


235 Giovanni Binzaglia, «decapitato» in Perugia, li 13 agosto 1823, reo di omicidio in persona di una ragazza di anni 16. 


236 Francesco Venturi in Castel Raimondo, per grassazioni ed altri delitti, li 18 dicembre 1823.


237 Antonio Capriotti, «decapitato» in Fermo, per omicidio volontario e grassazioni, li 10 luglio 1824.


238 Niccola Sebastianelli, «decapitato» alla Bocca della Verità, per grassazioni a mano armata, li 15 luglio 1824. 


239 Domenico Maggi

240 Girolamo Candelori, «Decapitati» alla Bocca della Verità per grassazioni e latrocinio, li 24 luglio 1824. 


241 Pasquale Ciavarra, «decapitato» in Frascati, per omicidio e grassazioni, li 6 ottobre 1824. 


242 Giuseppe Panecascio, «decapitato» in Frascati, per omicidio e grassazioni, li 6 ottobre 1824. 


243 Michele Farelli


244 Camillo Pistoia,«Forca» in Pisterzo per aderenza all’assassini briganti, li 26 ottobre 1824.


245 Tommaso Transerini, «forca» in Propeli, per aderenza agli assassini briganti, li 27 detto. 


246 Marco Quattrociocchi, «forca» a S. Francesco, per i suddetti motivi, li 17 novembre suddetto.


247 Giuseppe Sebastianelli, «forca» a Vallecorsa, per aderenza agli assassini briganti, li 20 novembre 1824. 


248 Francesco Cerquozzi, «forca» a S. Lorenzo, come sopra, li 22 novembre 1824. 


249 Giovanni Pietrantoni 


250 Biagio Cloggi 


251 Vincenzo Bovi, «Forca» in Giuliano come sopra, il primo dicembre 1824. 


252 Cesare Menta, «forca» a Supino, come sopra, li 2 dicembre 1824.


253 Giovanni Montini, «forca» a Pratica, come sopra, li 19 gennaio 1825.


254 Domenico Avoletti, «forca» in Frosinone, per omicidi con premeditazione, li 14 aprile 1825. 


255 Lorenzo Maniconi, «forca» in Supino, per assassino brigante, li 18 aprile 1825.


256 Giovanni Gasbarroni,

257 Angiolo Gasbarroni, «Forca» in Supino, per aderenza agli assassini briganti; li 18 suddetto.


258 Casimirro Rainoni, «decapitato» in Ancona, per omicidio irragionevole, li 19 luglio 1825. 


259 Leonida Montanari


260 Angiolo Targhini, «Decapitati» al Popolo li 23 novembre 1825, rei di lesa maestà e per ferite con pericolo. 


261 Giuseppe q.m Vincenzo Franconi, «mazzolato» al Popolo li 24 gennaio 1826, reo di omicidio e ladrocinio in persona di un prelato. 


262 Luigi Ponetti, «decapitato» al Popolo, il primo marzo 1826, per omicidio con qualità gravanti. 


263 Pietro Antonio q.m Felice Tanucelli, «decapitato» al Popolo, li 15 marzo 1826, per omicidio irragionevole. 


264 Lorenzo Raspante, «decapitato» in Viterbo, li 6 maggio 1826, per omicidio barbaro e qualità gravanti. 


265 Giuseppe q.m Biagio Macchia, macellaro reo di omicidio in persona della moglie, «decapitato» li 16 settembre 1826. 


266 Luigi Zanoli 


267 Angiolo Ortolani 


268 Gaetano Montanari

269 Gaetano Rambelli 
Per omicidj ed attentato di omicidio verso dell’E.mo Rivarola, «forca» in Ravenna li 13 maggio 1828.


270 Abramo Isacco Forti, detto Marchino — ed avvelenamento. (sic) 


271 Luigi Borgia del fu Camillo da Montoro Romano, per omicidio qualificato e resistenza alla forza con ferite con qualche pericolo, «decapitato» alla Bocca della Verità li 17 gennaio 1829.


272 Filippo di Pietro Cavaterra, «decapitato» in Genzano li 13 luglio 1829, per avere ucciso il zio. 


273 Antonio Vichi, «decapitato» in Ancona li 5 gennaio 1830, per avere ucciso due creature con assassinio. 


274 Angiolo Pasquali e


275 Giuliano, fratello di S. Benedetto, diocesi di Rieti, rei di barbaro omicidio premeditato in odio di lite civile «decapitati» in Rieti li 30 gennaio 1830. 


276 Domenico Valeri, «decapitato» in Tolentino, per avere ucciso la moglie, li 15 febbraio 1830. 


277 Luigi De Simoni, per grassazioni e più delinquenze, «decapitato» in Albano, li 22 maggio 1830. 


278 Vincenzo Bagliega di Chiaravalle, per grassazioni, «decapitato» in Ancona li 12 giugno 1830.


279 Giacomo Martucci, reo di barbaro omicidio, «decapitato» a Codescipoli, li 28 luglio 1830.


280 Francesco di Tommaso Battistini, romano, «decapitato» alla piazza di Ponte S. Angelo, per omicidio qualificato con vendetta traversale, li 18 agosto 1830.


281 Felice di Francesco Teatini di Frascati, «decapitato» a Ponte S. Angelo, per omicidio irragionevole, li 11 settembre 1830. 


282 Mattia Marinelli 


283 Giovanni Canulli rei di più grassazioni, «decapitati» li 25 settembre 1830 sulla Piazza di Ponte S. Angiolo. 


284 Antonio Ascolani, reo di omicidio nella persona del zio, «decapitato» in S. Benedetto, diocesi di Fermo, li 23 ottobre 1830. 


285 Massimo Testa del Serrone, reo di barbaro omicidio, «decapitato» in Paliano, li 12 luglio 1831. 


286 Prospero Ciolli di Francesco da Olevano, per prodizione e ladrocinio, «decapitato» a Ponte S. Angelo, li 22 settembre 1832.


287 Francesco Pazzaglia di Colmurano di Tolentino, delegazione di Macerata, «decapitato» in Via de’ Cerchi, li 4 febbraio 1833. 


288 Antonio Majani della Granciolla

289 Francesco Massarini di Falconara «Decapitati» in Falconara, diocesi di Ancona per rapina notturna ed assassinio, li 30 marzo 1833. 


290 Luigi Gambaccini d’Arcevia, «decapitato» in Ancona, per grassazione con omicidio, li 7 maggio 1833. 


291 Giuseppe Balzani della Mendola, delegazione di Rimini, reo di lesa maestà, e 


292 Giovanni Antonelli romano, carrettiere, per aver ucciso la moglie, «decapitati» ambedue in Via de’ Cerchi, li 14 maggio 1833.


293 Antonio Urbinati di Paterno, per omicidio premeditato, «decapitato» in Ancona, li 19 giugno 1833. 


294 Benedetto Mazio del fu Giuseppe, romano, per omicidj turpi con premeditazione, «decapitato» a Ponte S. Angelo, li 13 luglio 1833. 


295 Luigi Cesaroni di Monte Giuducci, legazione di Urbino e Pesaro, «decapitato» in Urbino, per omicidio qualificato in persona di Luigi Costantini, li 22 febbraio 1834. 


296 Filippo Risi di Albano, reo convinto d’omicidio in causa turpe, «decapitato» in Albano, li 14 giugno 1834. 


297 Tommaso Centra di Rocca Gorga, per omicidio nella darsena di Civitavecchia in persona del cuoco dell’ospedale, «decapitato» in darsena, li 18 giugno 1834. 


298 Mariano Caroli di S. Alberto di Ravenna, e 


299 Stefano Montanari da Cesena, rei ambedue di omicidio nella darsena di Civitavecchia in persona del capo infermiere, «decapitati» in detta darsena come sopra. 


300 Giovanni Amicozzi di Monteleone, reo di omicidio con premeditazione, «decapitato» in Rieti, li 30 giugno 1834. 


301 Michele Bianchi di Osimo, reo di uccisione della moglie, «decapitato» in Osimo, li 19 agosto 1834. 


302 Domenico Egidi, detto Nino, d’Ancona, per omicidio deliberato, «decapitato» in Ancona, li 11 febbraio 1835. 


303 Francesco Lucarini «alias» Botticelli, per omicidio barbaro, «decapitato» in S. Stefano, provincia di Frosinone, li 24 marzo 1835. 


304 Giovanni Orioli di Lugo, «decapitato» in Roma, li 11 luglio 1835 a Ponte S. Angelo. 
305 Francesco Grossi di S. Severino, «decapitato» in detto, per parricidio, li 17 ottobre 1835.


306 Antonio Rongelli di Belvedere, per omicidio deliberato, «decapitato» in Ancona, li 20 febbraio 1836. 


307 Antonio Sordini di Spoleto, per omicidio deliberato, «decapitato» in Spoleto, li 26 marzo 1836. 


308 Antonio Pianesi di Monte Casciano, per più omicidj, «decapitato» in Macerata, li 27 ottobre 1836. 


309 Luigi Galassi di Pofi, per omicidio e grassazione, «decapitato» in Civitavecchia, li 21 dicembre 1837. 


310 Paolo Ceccarelli di Poggio Nativo, per omicidio premeditato, «decapitato» in Rieti, li 3 gennaio 1838. 


311 Geltrude Pellegrini di Monteguidone, per parricidio in persona del proprio marito, «decapitata» in Via dei Cerchi, li 9 gennaio 1838. 


312 Giuseppe Venturini di Albano per omicidio con prevenzione e pensamento, «decapitato» in Via de’ Cerchi, li 25 gennaio 1838.


313 Giuseppe Conti di Mangiano

314 Santi Moretti di Castello per omicidio premeditato per gelosia di donne, «decollati» in Perugia, li 10 febbraio 1838.


315 Domenico Bombardieri di Filettino, per omicidio in persona della madre, «decapitato» in Frosinone, li 8 marzo 1838.


316 Ilario Ilari di Stefano; di Corneto 


317 Pietro Paolo Panci di Domenico Antonio; di Corneto 
318 Domenico Caratelli 


319 Giuseppe Bianchi di Viterbo, per grassatori «decapitati» in Viterbo, li 17 aprile 1838. 


320 Antonio Piero da Jesi, per omicidio barbaro, «decapitato» in Jesi li, 26 aprile 1838. 


321 Luigi Martelli 


322 Niccola Guadagnoli Di Manno, «decapitati» in Manno, li 24 luglio 1838, per omicidio e grassazione 


323 Luigi Perugini del fu Vincenzo, di Montolono, «decapitato» alla Madonna de’ Cerchi, li 4 settembre 1838, per ladrocinio. 


324 Domenico Antonio Bellini di S. Angelo in Capoccia, «decapitato» in Tivoli, li 27 settembre 1838, per barbaro omicidio qualificato. 


325 Dionisio Prudenzi di Camerino «decapitato» in detto, li 27 ottobre 1838 per ussoricidio in persona della moglie (sic.). 


326 Francesco Ferretti di Anagni reo di omicidio premeditato, «decapitato» in Anagni, li 3 luglio 1839. 


327 Pietro Pieroni, per omicidio e ladrocinio, «decapitato» a Ponte S. Angelo, li 15 ottobre 1839. 


328 Luigi Quattrociocchi, reo di omicidio con animo deliberato, «decapitato» in Veroli, li 5 novembre 1839. 


329 Girolamo Mazza del fu Lorenzo di S. Marino, per parricidio in persona di Antonio Celli come demandato, «decapitato» in Via de’ Cocchi, (Cerchi?) dell’età di anni 29, li 19 febbraio 1840. 


330 Anna Tomasi-Celli, «decapitata» nello stesso giorno e luogo, dell’età di anni 40. 


331 Pietro Bidei, per omicidio e grassazione, «decapitato» a Civitacastellana, li primo aprile 1840. 


332 Mariano Laura romano di anni 30 per omicidio deliberato, «decapitato» in Via de Cerchi, li 13 maggio 1840. 


333 Luigi Scopigno di Rieti, «decapitato» a Ponte S. Angelo, li 21 luglio 1840, per furto sacrilego della sacrosanta pisside con la dispersione delle sacrosante particole. 


334 Bernardo Coticone, reo di omicidio, di Rosano, con premeditazione, in Tivoli, li 28 luglio 1840. 


335 Tommaso Brunori di S. Giovanni Rietino 


336 Pasquale Priori di Segni Per omicidj nel Bagno di Spoleto, ambedue «decapitati», li 6 agosto 1840 nella Rocca di Spoleto.


337 Angelo Crivelli «alias» Epifani di Terni, per vari omicidj in persona del diacono Valentino bevilacqua, e chierico Basilio Luciani, ed secolare Raimondo Trippa, «decapitato», li 8 agosto 1840 in Terni. 


338 Pacifico Maccioni di Cingoli di anni 26, e 


339 Filippo Duranti di Golignano, Delegazione di Ancona, di anni 25, ambedue rei di grassazione, ed omicidio in persona d’uno Svizzero fuor di Porta S. Pancrazio, «decapitati» a Ponte, li 22 agosto 1840. 


340 Baldassarre Fortunati di Torri in Salina e 


341 Vincenzo Stefanini di Torri in Salina, di anni 29, ambedue rei di omicidio con animo di rubare, «decapitati» in Rieti alla Piazza del Mercato, li 21 settembre 1840.


342 Angelo De Angelis

343 Antonio De Angelis: fratelli,


344 Giuseppe De Benedetti, tutti e tre «decapitati» in Tivoli per omicidio e grassazione, li 13 gennaio 1841.


345 Vincenzo Morbiducci di Albacina, «decapitato» in Macerata il primo marzo 1841 per omicidio premeditato nella sua età di anni 61.


346 Pacifico Lezzerini di Cingoli, per omicidio premeditato e grassazione, «decapitato», li 4 marzo 1841 in Cingoli nella sua età di anni 25. 


347 Damiano Marconi, figlio di Nicola, di anni 29, di Capranica;


348 Antonio Demassini, del fu Pietro, della Fratta, di anni 35; 


349 Angelo Casini, d’Eugenio, di Carbognano, di anni 25; tutti e tre in causa di omicidio nella Galera di Civitavecchia, in cui erano forzati, in persona dell’infermiere, condannati alla «decapitazione» in Civitavecchia nella Darsena, li 27 marzo 1841.


350 Pasquale Carbone, del fu Saverio, d’anni 40, di Cresciano nell’Abruzzo, Regno di Napoli, per omicidio in persona di un forzato per nome De Angelis nella Darsena di Civitavecchia, «decapitato», li 27 marzo 1841: e morto impenitente. 


351 Lorenzo Jannesi di Arnara, «decapitato», li 22 maggio 1841 in patria per omicidio premeditato.


352 Tommaso Olivieri, romano di anni 24: per omicidio premeditato, «decapitato» in Roma in via de’ Cerchi e morto impenitente, li 3 giugno 1841.


353 Luigi Lodi di anni 30, per omicidio premeditato; li 8 giugno 1841 in Civitavecchia nella Darsena. 


354 Luigi Galletti, di anni 28, idem. 


355 Pietro Firmanti, anni 27, idem. 


356 Vincenzo Orlandi di Collevecchio, anni 47, per omicidio, ed altri delitti.


357 Pietro Antonio Amici di Colle Giove, di anni 33 circa, per delitti, cioè ferite ed omicidio, e


358 Michele Spoliti di Colle Giove, di anni 38, per omicidio di piena deliberazione, li 19 giugno 1841. In Rieti, ambedue «decapitati» per una stessa causa. 


359 Bernardino Carosi del fu Vincenzo, detto Scelletta, di anni 48: coniugato campagnolo e segatore di legname, di Borbone, provincia dell’Aquila; 


360 Michelina Cimini del fu Antonio, moglie di Giuseppe Carosi, di anni 35, filatrice di Cagnano del Regno sud; 


361 Domenico Recchiuti di Nicola, detto Saponaro, celibe di Lama, Provincia di Chieti, di arte Cardalana, tutti e tre rei di latrocinio ed omicidio premeditato in persona di Caterina Iachizzi moglie di Francesco orologiaro agli Uffizi del Vicario e dal Carosi strozzata, ed incinta di sei mesi, ciò accaduto li 28 giugno 1840; «decapitati» sulla piazza di Ponte S. Angelo li 20 luglio 1841. — Gran tumulto popolare e feriti per cagione di alcuni ladri e borsaroli, ma essi morirono rassegnatissimi.


362 Pietro Tagliacozzo di Olevano, reo di aver uccisa la propria genitrice condannato al «taglio della testa», il giorno 19 gennaio 1842 in via de’ Cerchi;


363 Bernardino Mirabelli della Provincia dell’Aquila, reo di parricidio in persona del molinaro di Decima, ambedue di anni quaranta, condannato «al taglio della testa» e successiva esposizione in via de’ Cerchi, li 19 gennaio 1842.


364 Domenico Fiori del fu Giuseppe, da Sirolo, di anni 30, reo di omicidio, condannato li 11 luglio 1842 al «taglio della testa» ad ore 12. 


365 un carabiniere per averli domandato il suo nome. 


366 Gaspare Pierini di Città di Castello, di anni 23, reo di omicidio e sgrasso, «decapitato» il dì 15 ottobre 1842. 


367 Luigi Serenga di anni 24, di Fermo, reo per aver ucciso un prete, «decapitato» infermo, li 24 detto mese ed anno. 


368 Giuseppe Ricci di Caprarola di anni 24, reo di omicidio deliberato, «decapitato» in Ronciglione li 24 gennaio 1843. 


369 Pasquale Boccolini di anni 34, di Loreto, per omicidio premeditato, «decapitato» in Macerata il primo giugno 1843. 


370 Gaetano De Angelis 


371 Luigi De Angelis di Velletri rei di omicidio r grassazione, «decapitati» in Velletri li 12 settembre 1843.


372 Domenico Marcelli di Tivoli di anni 21, per latrocinio, «giustiziato» li 30 settembre 1843 sulla piazza della Madonna de’ Cerchi. 


373 Vincenzo Moresi, romano di anni 22, latrocinio, «giustiziato» come sopra. 


374 Giuseppe Salvatori di Saracinesco, governo di Tivoli, per omicidio proditorio, «giustiziato» li 30 settembre 1843 come sopra. 


375 Domenico Abbo, «condannato al taglio della testa» il giorno 4 ottobre 1843 ne’ Forte di S. Angelo per avere strangolato e sodomizzato il suo nipote carnale con altre brutalità che fanno inorridire.


376 Pietro Rossi, romano di anni 24, pescivendolo per rapine notturne, e ferite di qualche pericolo, in unione di 


377 Luigi Muzi, romano di anni 23, calzolaro, del medesimo delitto, condannati alla «morte» in via de’ Cerchi il giorno 9 gennaio 1844. 


378 Angelo Cece 


379 Antonio Tintisona il primo di anni 21, ed il secondo 25, da Monte Fortino, «decapitati» in Velletri il giorno primo giugno 1844, per grassazione, e ferite, con qualche pericolo.


380 Gio. Battista Rossi di Francesco, di S. Vito, di anni 22 campagnolo, reo di latrocinio, «condannato alla morte esemplare» il giorno 3 agosto 1844. 


381 Bartolomeo di Pietro di anni 28, nativo di Roccantica, e


382 Giovanni Girardi di anni 25, nativo come sopra, rei di omicidio in persona di un Frate Minore Osservante in Roccantica «condannati al taglio della testa» il giorno 16 ottobre 1844 in Poggio Mirteto.


383 Angelo Cesarini di Canistro nel Regno di Napoli, di anni 26, reo di omicidio e grassazione in persona del suo fratello cugino, «decapitato» in Paliano li 21 dicembre 1844. 


384 Giovanni Vagnarelli del fu Agostino da Gubbio, di anni 26, coniugato, campagnolo, per grassazione, ed omicidio in persona di Anna Cotten Bavarese, condannato «al taglio della testa» li 8 marzo 1845 in via de’ Cerchi. 


385 Raffaele Gammardella di Ancona forzato, reo di omicidio deliberato, «giustiziato» in Spoleto li 2 aprile 1845.


386 Giuseppe Micozzi

387 Antonio Raffaelli maceratesi, rei ambedue di omicidio e sgrasso in persona di uno spazzino, «decapitati» in Macerata li 7 aprile 1845.


388 Pietro Bartolini di Ancona, reo di omicidio con animo deliberato contro Berneimer Israelita svizzero, «decapitato» il giorno 10 aprile 1845. 


389 Luigi Percossi, romano, reo di omicidio con animo deliberato in persona di Angelo Bruschi Guardiano, perché il Percossi era forzato; «decapitato» in Roma in via de’ Cerchi li 19 aprile 1845 a ore 15. 


390 Francesco Antonio Bassani da Monte Compatri di anni 23. Reo di omicidio deliberato in persona di altro forzato nella Rocca di Spoleto, ivi «giustiziato» li 3 luglio 1845, e tale omicidio mentre si faceva la comunione nel bagno. 


391 Niccola Trombetta di Patrica nel Lazio, di anni 69, reo di omicidio con animo deliberato in persona del caffettiere di Maenza con furto qualificato; «condannato alla morte» il giorno 12 agosto 1845 in Maenza suddetta. 


392 Vincenzo Mariani di Macerata, di anni 26, reo di omicidio deliberato, di professione calzolaro, condannato al «taglio della testa» in via de’ Cerchi il giorno 30 agosto 1845. 


393 Giuseppe Dragoni di S. Anatolia, Delegazione di Macerata, «decapitato» in Spoleto li 23 ottobre 1845 per omicidio con animo deliberato in persona del Custode della Rocca di Spoleto. 


394 Niccola Ciarrocca di Massignano, di anni 27, reo di omicidio deliberato in persona di una zitella da lui incinta prima di matrimonio, «decapitato» in Massignano sud, li 30 ottobre 1845. 


395 Francesco Meloni del fu Pietro, nativo della Scarpa, di anni 34, capraro, reo di omicidio in persona di Maria Lori sua moglie, avendola strangolata; «condannato alla morte esemplare» li 15 gennaio 1846 ai Cerchi. 


396 Fedele Moretta e il suo fratello 


397 Benedetto Moretta, per grassazioni ed omicidj fatti, ed altre infamità «decapitati» li 4 marzo 1846 in Frosinone. 


398 Francesco Sciarra del fu Francesco, nativo di Ienna diocesi di Subiaco, di anni 24, reo di grassazione ed omicidio; «decapitato» in via de’ Cerchi il giorno 21 marzo 1846. 


399 Michele Pezzana detto Mechelone, di Poggio Renatico, reo di omicidio premeditato, forzato della Rocca di Spoleto, ivi «decapitato» li 26 novembre 1846.


400 Angelo Pecorari, di Poli, di anni 29. Contadino reo di omicidio premeditato in persona di una donna, condannato alla «morte di esemplarità» in Poli li 21 gennaio 1847. 


401 Francesco Pesaresi di Osimo, di anni 30, reo per un omicidio fatto in Ancona nel Bagno in persona di un forzato; condannato al «taglio della testa» li 24 aprile 1847 in Ancona. 


402 Giovanni Ciampicolo


403 Giuseppe Galli 


404 Francesco Pasquali

405 Mauro Franceschelli forzati, per tre omicidj fatti nel Bagno, «condannati a morte» il 1° luglio 1847, morti impenitenti in Spoleto. 


406 Romolo Salvatori di Cisterna, di anni 40, per aver fatto fucilare dai Garibaldini, in tempo di Repubblica, l’Arciprete di Giulianello in Anagni; «decapitato» in quella città li 10 settembre 1851.


407 Gaetano Pettinelli del fu Giovanni, di Monteleone di Fermo, di anni 34, muratore, per omicidj per spirito di parte; «decapitato» in via de’ Cerchi li 27 settembre 1851.


408 Bonaventura Stefanini


409 Benvenuto Cavalieri

410 Pietro Ventroni tutti e tre «decapitati» sulla piazza di Fabriano li 15 novembre 1851 per tentato omicidio con premeditazione, in persona di un Sacerdote.


411 Pietro Giammaiere detto Casciotta, di Terni domiciliato in S. Gemini distretto di Terni delegazione di Spoleto, «decapitato» li 25 settembre 1852 per omicidio e grassazione in piazza di Spoleto. 


412 Sabbatino Proietti di circa anni 25, «decollato» in Rieti per ladrocinio e grassazione li 20 agosto 1853, morto convertito, ed è stata eseguita la giustizia sulla piazza del Ponte.


413 Giacomo Biacetti del fu Carlo, romano, di anni 26, gramiciaro; 


414 Andrea Severi figlio del vivente Antonio, romano, di anni 28, vaccinaro; rei ambedue di grassazioni e furti qualificati ed omicidio, «decapitati» ai Cerchi li 10 settembre 1853. 


415 Vincenzo Iancoli di Ronciglione, reo di grassazione ed omicidio; 


416 Francesco Valentini di Letera; 


417 Francesca Levante vedova Ferruccini, per omicidio: tutti e tre «decapitati» a Viterbo li 8 ottobre 1853. 


418 Francesco Leandri di Marino, condannato a «morte» per omicidio per omicidio premeditato li 12 ottobre 1853.


419 Gustavo Paolo Epaminonda Rambelli del fu Gustavo, di Ravenna, ex finanziere, di anni 28;


420 Gustavo Marioni di Giuseppe, d’anni 29, di Forlì, ex finanziere;


421 Ignazio Mancini di anni 30, di Ascoli, ex finanziere; tutti e tre per omicidj commessi il primo il 30 aprile 1849, in persona del Padre Aquila Domenicano, Parroco alla Croce di Monte Mario; il secondo del Padre Pellicciaio Domenicano, Parrocco della Minerva, li 2 maggio a S. Calisto, per ordine del crudelissimo Zambianchí Capitano de’ Finanzieri, ed altri Sacerdoti uccisero; «condannati al taglio della testa» li 24 gennaio 1854, a Cerchi e morti impenitenti recando scandalo con bestemmie continuate. 


422 Sante Costantini da Fuligno, scapolo, di anni 24, complice nell’assassinio del Commendatore Conte Pellegrino Rossi; condannato il di 15 novembre 1848 al «taglio della testa» in via de’ Cerchi li 22 luglio 1854 alle ore 6 e un quarto. 


423 Pietro Chiappa

424 Landerio Civitella

425 Paolo Dolci


426 Filippo Dolci il primo di anni 22, il secondo di anni 30, il terzo di anni 26, ed il quarto di anni 24, tutti Velletrani e rei di grassazioni ed omicidj, condannati al «taglio della testa», giustizia eseguita li 9 agosto 1854 alla Piazza di S. Carlo in Velletri. 


427 Angelo Racchetti di Gradoli, per omicidio premeditato, «decapitato» nella città di Valentano li 30 settembre 1854. 


428 Giovanni Sabbatini marcheggiano, per omicidio e tentata grassazione «decapitato» in Frascati li 15 novembre 1854. 


429 Giovacchino Leoni di Caprarola, per omicidio ed incendio alla persona dell’ucciso; «decapitato» in Ronciglione li 28 novembre 1854.


430 Pietro Muzi di Trevisano per aver grassato ed ucciso il proprio compare, «decapitato» nella Città d’Acqua Pendente li 16 gennaio 1855, morì impenitente.


431 Giuseppe De Cesaris di Monte Leone di Cascia condannato per grassazione ed omicidio al «taglio della testa» li 6 febbraio 1855 in via de’ Cerchi. 


432 Luigi Scipioni di Petescia, di anni 28, «decapitato» in Rieti li 10 febbraio 1855 per omicidio premeditato. 


433 Domenico Scappoti di Sismano, di anni 46, per omicidio con animo premeditato, condannato all’ultimo «supplizio» li 15 marzo 1855 in Città di Terni. 


434 Bernardino Valeriani del fu Giuseppe da Palombara, di anni 28, bifolco, per omicidio premeditato «decapitato» in via de’ Cerchi li 2 maggio 1855. 


435 Filippo Troncarelli di Ronciglione, avendo ucciso il suo fratello di anni 29, condannato alla «decapitazione» in Ronciglione li 23 giugno 1855.


436 Crispino Bonifazi di Viterbo, per matricidio fatto in Viterbo condannato all’ultimo «supplizio» li 25 giugno 1855.


437 Francesco Bertarelli di Viterbo, per titolo di grassazione condannato all’ultimo «supplizio» li 25 suddetto. 


438 Antonio Moschini dei casali di Viterbo, reo di grassazione condannato all’ultimo «supplizio» li 25 giugno 1855. 


439 Giovanni Cruciani di Rieti, per titolo di grassazione condannato al «taglio della testa» in Viterbo li 25 giugno 1855. 


440 Paolo Moretti di Monte Fiascone, «decapitato» li 26 giugno 1855, per aver ucciso il suo avversario e quindi la sua sorella carnale, morì alle ore 12. 


441 Pietro Antonio Barbero di Grotta di Castro, reo di grassazione, condannato all’ultimo «supplizio» li 27 giugno 1855.


442 Arberto Cicoria di Città di Castello, per ladrocinio e omicidio condannato all’ultimo «supplizio» li 26 giugno 1855.


443 Giosuè Mattioli di Viterbo, per grassazioni condannato all’ultimo «supplizio» in Viterbo.


444 Neri Domenico Vetrella, reo di grassazione; condannato all’ultimo «supplizio» li 30 giugno 1855. 


445 Benedetto Ferri di Casali di Viterbo, reo di grassazione condannato a «morte» a Viterbo li 30 giugno 1855. 


446 Salvatore Tarnalli di Casali di Viterbo, reo di grassazione condannato alla «morte» in Viterbo li 30 giugno 1855. 


447 Antonio del fu Ferdinando De Felici, romano, di anni 35, di professione cappellaro, per attentato commesso in persona dell’Emo. Cardinale Antonelli segretario di Stato,condannato a «morte» li 11 luglio 1855 in via de’ Cerchi.


448 Pietro Ciprini di Viterbo, di anni 19, per grassazione condannato a «morte» in Monte Rosi li 7 agosto 1855.


449 Giacomo Salvatori di Valle Pietra, diocesi di Subiaco, per omicidio, condannato alla «morte» esemplare li 17 agosto 1855 in Subiaco.


450 Luigi Sarra nativo di S. Angelo, di anni 29, e


451 Nicola Arrigoli nativo di Treia, di anni 22, «decapitati» in Civitavecchia li 13 ottobre 1855. 


452 Alessandro Guenzi di Sinigaglia, di anni 31, per omicidio; eseguita la giustizia in Toscanella li 15 ottobre 1855.


453 Germano Proietti reo fu «decapitato» in Civita Castellana li 18 ottobre 1855. 


454 Arcangelo Finestraro da S. Buceto, per aver ucciso la propria moglie, «decapitato» in Amelia li 20 ottobre 1855. 


455 Pietro Pace


456 Giuseppe Partenzi

457 Martino Rossi Rei di omicidio di una giovane, «decapitati» in Spoleto li 23 ottobre 1855.


458 Maria Rossetti

459 Serafino Benfatti Rei di omicidio in persona della propria moglie, «decapitati» in Perugia li… 1855.


460 Giovanni Di Giuseppe di Faenza, di anni 36, reo per aver ucciso un ispettore di polizia,«decapitato» li 29 ottobre 1855.


461 Raimondo Bregna, Spagnolo, per omicidio premeditato fatto in Campagnano, «decapitato» li 6 novembre 1855. 


462 Cesare Barzetto, romano, di anni 30, e


463 Giacomo del fu Francesco Mercatelli, romano, di anni 30, per aver ucciso il custode delle carceri di Termini, «decapitati» in Roma li 9 gennaio 1856, impenitenti.


464 Lorenzo Mariani di Terni, per omicidio insidioso, morto in Terni li 5 aprile 1856. 
465 Giuseppe Conti di Terni, per omicidio insidioso, morto in Terni impenitente il giorno sudetto.


466 Filippo Lucchetti della Piaggia, eseguita la giustizia in Trevi il giorno 7 aprile 1856 per omicidio premeditato.


467 Odoardo Baldassarri di Ancona, per omicidio impremeditato in persona di Francesco Cinti; eseguita la giustizia in Trevi li 14 aprile 1856. 


468 Giuseppe Grilli di Albano, di anni 26, per omicidio e grassazione condannato al «taglio della testa» in Albano li 26 aprile 1856.


469 Antonio de Marzi di Albano, di anni 55, per grassazione ed omicidio condannato all’«ultimo supplizio» in Albano il giorno sudetto. 


470 Pio Capolei di Marino di anni 22, per omicidio premeditato in persona del Brigattiere Maccaroni di detta Città, «decapitato» in Marino il giorno 8 maggio 1856. 


471 Giuseppe Terenziani detto Fritella di anni 59, di Todi, per aver ucciso la propria madre condannato alla «decapitazione» in Todi li 18 giugno 1856.


472 Antonio Caprara detto Ciovettolo, romano di anni 27, facocchio, per omicidio premeditato condannato al «taglio della testa» li 6 settembre 1856. 


473 Bartolomeo Oli di Lobo delegazione di Macerata, di anni 36, campagnolo, per omicidio e grassazione «decapitato» in via de’ Cerchi il giorno sudetto. 


474 Nemesio Pelonzi di Palombara, di anni 30, per omicidio premeditato in persona dello speziale di Palombara «decapitato» in Palombara li 13 dicembre 1856. 


475 Francesco Roschini di Marcellina, di anni 27, per omicidio premeditato «decapitato» in Palombara il giorno sudetto. 


476 Nicola De Bonis di Marcellina, di anni 27, per omicidio premeditato «decapitato» come sopra il giorno sudetto. 


477 Antonio De Angelis di Marcellina, di anni 27, per omicidio premeditato «decapitato» come sopra il giorno sudetto. 


478 Achille Malaccari di Ancona di anni 30 per aver ucciso il proprio padre «decapitato» in Ancona li 26 gennaio 1857. 


479 Domenico Carloni di S. Valentino diocesi di Perugia, di anni 40, per omicidio e grassazione «decapitato» in Perugia li 7 marzo 1857.


480 Anacleto Marchetti di Giulianello di anni 35, per omicidio di un uomo ed una donna e poi per aver incendiato una casola di grano «decapitato» in Monte Fortino li 5 maggio 1857. 


481 Domenico Capolei del fu Ottavio, di Marino per aver ucciso il Governatore di Marino, Luigi Giuliani, «decapitato» in Marino li 2 maggio 1857. 


482 Francesco Elisei di Velletri, di anni 23 per omicidio volontario «decapitato» in Civita Castellana li 22 dicembre 1857. 


483 Serafino Ciucci di Subiaco, di anni 34, reo di omicidio con animo deliberato di rubare ed altri delitti, «decapitato» in Subiaco li 23 gennaio 1858.


484 Davidde Foschetti di Bassanello, di anni 32, per omicidio di una donna «decapitato» in Orfe li 16 marzo 1858. 


485 Giuseppe Berfarelli di Viterbo, di anni 22, «decapitato» in Viterbo li 23 giugno 1858 per omicidio e grassazione. 


486 Carlo Camparini di Viterbo, di anni 21, per omicidio e grassazione «morto» in Viterbo il giorno sudetto. 
487 Alpini Giorgio 
488 Sebbastiano Filippo


489 Rossi Pietro di S. Martino, per grassazione, «decapitati» nella Città di Spoleto li 17 agosto 1858.


490 Vincenzo Pagliara di Frosinone, per omicidio con animo deliberato, «decapitato» in Frosinone li 13 ottobre 1858. 


491 Pietro Masciotti, per omicidio e sgrasso «decapitato» in Perugia li 23 ottobre 1858. 


492 Vincenzo Lodovici, di anni 33, per omicidio deliberato «decapitato» li 8 gennaio 1859 nella fortezza di Civita Castellana.


493 Giovanni Cosinia, di anni 26, del fu Nicola, di Carbognano, condannato alla «morte esemplare» per omicidio li 2 marzo 1859. 


494 Gennaro Castellone, di anni 28, di Silvestro, di Cellano, per omicidio alla «morte esemplare» li 2 maggio 1859. 


495 Nazareno Caponi, natio di Monteleone, reo di fratricidio, «decapitato» in Treia li 11 maggio 1859. 


496 Giuseppe Lepri, di anni 30, nativo di Civitella di Agliano, sgrassatore, «morto» in Viterbo li 17 settembre 1859. 


497 Pietro Pompili, di anni 33, nativo di Civitella di Agliano, sgrassatore, «morti» impenitenti in Viterbo il giorno sudetto.


498 Vincenzo Vendetta, velletrano 


499 Antonio di Giacomo, velletrano 


500 Luigi Nardini, velletrano


501 Antonio Vendeta, per grassatori ed omicidj «morti» in Velletri li 29 ottobre 1859.


502 Valentino Antonio di Giacomo, tutti e cinque velletrani. 


503 Luigi Bonci di Gennaro, delegazione di Perugia, alla «morte esemplare» li 14 gennaio 1860. 


504 Serafino Volpi di Orvieto, alla «morte esemplare» li 18 gennaio 1860 in Orvieto. 


505 Antonio Simonetti, per omicidio con animo deliberato «decapitato» nella Darsena di Civitavecchia li 21 gennaio 1860, morto impenitente.


506 Giuseppe Alessandrini di Luigi, di Mosciano di Jesi, di anni 24, condannato dal Tribunale Criminale li 14 marzo 1859 per omicidio alla «morte esemplare». 


507 Lugi Finochi di Corneto, di anni 30, per uxoricidio «decapitato» in Corneto li 21 luglio 1860. 


508 Adamo Mazzanti, di Jesi, per omicidio in persona di padre, madre e figlio;fu eseguita la «giustizia» li 12 settembre 1860. 


509 Luigi Gagliardi, grassatore per assassinio ed omicidio, «decapitato» in Civitavecchia li 12 gennaio 1861. 


510 Nazazreno Gercorini, per omicidio e sgrasso per lo stesso motivo come sopra. 


511 Gaetano Lucarelli, di Marino, di anni 29, per omicidio traversale «morto» in Marino li 30 aprile 1861 impenitente. 


512 Cesare Locatelli, romano, di anni 37, reo di omicidio con animo di parte, «morto» in via de’ Cerchi li 21 settembre 1861.


513 Angelo Lisi di Alatri, reo di grassazione con animo deliberato, «morto» in Frosinone li 30 aprile 1862.


514 Angelo Isola di Rocca Secca nel Regno di Napoli, reo di grassazione, morto in Subiaco li 11 giugno 1864. 


515 Antonio Olietti, romano, reo di omicidj ed altri delitti, morto in via de’ Cerchi li 17 agosto 1864. 


516 Domenico Antonio Demartini, regnicolo, reo, di omicidj, «morto» in via de’ Cerchi li 17 agosto 1864. 


Così finisce la lunga lista del Bugatti. Rechiamo ora quella brevissima del suo successore.

 



DECAPITAZIONI eseguite da Vincenzo Calducci



Nella Darsena di Civitavecchia addì 20 maggio 1865 Saturnino Pescitelli. 


In Viterbo addì 17 febbraio 1866 Salvatore Silvestri. 


In Bracciano addì 23 maggio 1866 (doveva eseguirsi la sentenza contro Antonio di Giuseppe o Ventura, ma non fu eseguita) 


In Roma addì 21 luglio 1866 Francesco Ruggeri e Pasquale Berardi. 


In Supino addì 11 febbraio 1867 Paolo Caprara.


In Frosinone addì 11 marzo 1867 Giovanni Capri.


In Veroli addì 12 marzo 1867 Ignazio Bubali.


In Zagarolo addì 8 ottobre 1867 Ascenzo Palifermanti.


In Palestrina addì 23 maggio 1868 Pasquale Dicori.

In Roma addì 24 novembre 1868 Monti Giuseppe e Tognetti Gaetano. 


In Rocca di Papa addì 14 luglio 1869 Francesco Martini.

In Palestrina addì 9 luglio 1870 Agabito Bellomo

 

Fonte: (Wikipedia)




Feb 23 2009

Giuramento dei Templari

Giuramento dei Templari

Cavalieri, scudieri, servitori, che la pace del Signore, promessa agli uomini di buona volontà, sia con noi.

In questo luogo angusto e santo, in suo nome, noi vedremo pronunciare, da labbra pure e con umile fierezza, il Giuramento del Templare che i Poveri Cavalieridi Cristo fecero nel momento più sacro della vita Templare.

Signore che spieghi i cieli come una tenda di luce, Signore che fai dei fulmini i messaggeri della tua maestà, davanti il tuo sacro altare, dove s’adempì la sublime immolazione, noi leviamo alta la spada della luce, per depositarla ai piedi dell’altare come testimonianza del nostro giuramento.

Signore Dio delle armi, noi lo giuriamo per il Cristo, giammai contro il Cristo, per la difesa del Vangelo, per la guardia dei pozzi, per la verità, per la giustizia.

Contro gli oppressori, contro i mietitori di scandali ed i corruttori dell’innocenza, contro la menzogna liberata, contro i traditori delle fazioni e dei partiti:

Noi lo giuriamo di impegnare la doppia spada: quella d’acciaio levigato e quella della parola splendente e fulminante.

Giammai noi attaccheremo per primi.

Giammai noi provocheremo per primi.

Tre volte noi sopporteremo l’ingiuria.

Tre volte noi ignoreremo il disprezzo e la menzogna.

Ma quando la spada brillerà nel sole come un colpo di chiarore, tuonerà la parola.

Allora poi non indietreggeremo di un solo passo, non taceremo che dopo il silenzio dell’avversario.

Davanti ai ranghi angelicati, nostri compagni d’armi, noi lo giuriamo al Cristo, Re della gloria.

Chiunque rinnegherà questo giuramento, sarà per noi e per gli angeli, rinnegato.

Niente per noi, Signore niente per noi, ma per la sola gloria del Tuo nome.

 

   Amen


Feb 03 2009

Solo l’albero che cresce sulle proprie radici può restituire alla terra buoni frutti.

 

L’albero che cresce sulle proprie radici restituisce alla terra buoni frutti” 

L’albero siamo noi e le radici sono la nostra storia. 

La frase è di San Bernardo da Chiaravalle, e rappresenta la convinzione che solo attraverso la conoscenza del proprio passato potremo vivere consapevoli nel presente, producendo frutti per il futuro.


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