Set 22 2012

L’INDOVINELLO VERONESE

 

separebabouesalbaprataliaaraba&alboversoriotenebae&negrosemenseminaba gratiastibiagimusomnip[oten]ssempiterned[eu]s

 

Se pareba boves, alba pratalia araba

Albo versorio teneba, et negro semen seminaba.

Gratias tibi agimus onnipotens sempiterne Deus.

 

L’Indovinello veronese è un testo in corsiva nuova vergato tra l’VIII secolo e l’inizio del IX in forma d’appunto, a margine di una pergamena contenente un codice più antico[1].

È forse il più antico testo pervenuto che usi lingua romanza (i Giuramenti di Strasburgo sono datati a cinquant’anni più tardi) e rappresenterebbe un possibile atto di nascita del volgare in Italia, ma non tutti gli studiosi sono concordi e alcuni ritengono che si tratti ancora di latino (pur se con le evidenti aberrazioni[2]).

Il codice fu originariamente redatto in Spagna all’inizio dell’VIII secolo e giunse a Verona non troppo tempo dopo. Le due postille furono individuate nel 1924.

Fu Vincenzo De Bartholomaeis a scoprirne per primo il senso, con l’aiuto di una studentessa universitaria del I anno.[1] Al testo dell’indovinello si accompagna un testo (riga 3), stavolta in latino più sorvegliato: si tratta di una formula canonica di benedizione in latino, esterna all’indovinello, ma che gli studiosi hanno utilizzato, talvolta in maniera contrastante, per avallare le proprie ipotesi linguistiche.

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Set 14 2012

SANT´EUPREPIO, IL PRIMO VESCOVO 
DI VERONA CHE CONVERTIVA CON L´ESEMPIO: SAGGIO DI DON SEGALA CHE CRITICA IL PARCHEGGIO DI SAN ZENO, NEL CUORE DELLA CRISTIANITÀ

SANT´EUPREPIO: PER SECOLI, IN SUO ONORE, IL 21 AGOSTO ERA GIORNO DI RIPOSO NEI CAMPI

 

 

Don Franco Segala è uno dei più fini intellettuali della Chiesa, non solo veronese. Ed è l´autore di un nuovo saggio su Sant´Euprepio primo vescovo di Verona, quarantaseiesimo volume della collezione Studi e Documenti di Storia e Liturgia, pubblicato con il solito scientifico rigore dall´Archivio storico della Curia diocesana.

Novanta pagine che fanno tremare per la loro forza, per l´invito al riconoscimento di una vera fede; di più, per l´invito a rispettare le tracce e le tradizioni di questa fede presenti nel territorio veronese.
Senza tema, con basi storiche e riferimenti precisi, il sacerdote ci porta in questo testo a rivivere la nascita del cristianesimo nella città, che dopo dieci secoli diventerà scaligera.
Una città, che nel II e III secolo, ancor prima del Concilio di Nicea, trova un contatto preciso con l´insegnamento cristiano che viene da Roma e dall´Oriente e che qui trova un incrocio imprescindibile tra la fede che corre tra Milano e Aquileia e l´insegnamento di Pietro che si diffonde tra Roma e il nord.

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DI VERONA CHE CONVERTIVA CON L´ESEMPIO: SAGGIO DI DON SEGALA CHE CRITICA IL PARCHEGGIO DI SAN ZENO, NEL CUORE DELLA CRISTIANITÀ”


Lug 27 2012

DANILO QUINTO: COSI’ IL LUCIFERINO PANNELLA E’ RIUSCITO A RUBARMI LA VITA”

Category: Chiesa Cattolica,Libri e fonti,Società e politicagiorgio @ 13:01

Danilo Quinto si converte e subito viene trasformato in impostore: “Ho portato 45 milioni di euro in 10 anni: vi racconto come li sperperava”

di Stefano Lorenzetto

 

Il re è nudo. Nudo come quella volta che ricevette un attonito Gaetano Quagliariello, facendosi trovare in ammollo nella vasca da bagno a piagnucolare: «Vorresti dimetterti proprio ora e lasciarmi così? Non ti rendi conto del dolore che mi dai?», e l’attuale senatore del Pdl non riuscì a dire nulla, «capii solo che dovevo sottrarmi e scappare», avrebbe confessato anni dopo.

È devastante il ritratto di Marco Pannella che esce dalle 208 pagine del libro Da servo di Pannella a figlio libero di Dio, scritto da Danilo Quinto, per dieci anni tesoriere del Partito radicale, edito da Fede & Cultura e dedicato alla «più formidabile macchina mangiasoldi della partitocrazia italiana», così il sottotitolo, «una famiglia allargata dove tutto ciò che era privato diveniva anche pubblico, dove ci si accoppiava e ci si cornificava fra di noi, dove il massimo della gratificazione era salutare Pannella baciandolo sulle labbra quando si presentava alle riunioni mano nella mano con l’ultimo dei suoi fidanzati ventenni e lo imponeva come futuro dirigente o parlamentare». Anche Quinto a un certo punto della propria vita ha capito che doveva svincolarsi dall’abbraccio soffocante del suo attempato pigmalione e fuggire.

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Giu 23 2012

IL MITO DEL POTERE MASCHILE: TESI POLITICAMENTE SCORRETTE

Category: Conoscenza varie,Libri e fontigiorgio @ 12:35

di Warren Farrell.

 

UNA VISIONE COMPLESSIVA. QUANDO UN SESSO SOLTANTO VINCE,  ENTRAMBI  I  SESSI PERDONO.

Nell’ Ottocento, negli Stati Uniti, se a commettere un delitto era una donna, chi andava in prigione era il marito. E per la legge inglese, se una famiglia contraeva dei debiti, era il marito a essere rinchiuso nella prigione per debitori. Nelle questioni maschio-femmina, l’ inconscio legiferare degli uomini era programmato in modo da proteggere le donne. Quasi sempre le leggi erano fatte dagli uomini, ma non per gli uomini.

In questo capitolo scopriremo che in un’ epoca di pretesa indipendenza femminile le leggi, una dopo l’ altra, finirono per essere fatte tenendo talmente conto della necessita’ di proteggere le donne che, qualora i diritti costituzionali di un uomo entrino in conflitto con la protezione di una donna, nella maggior parte dei casi tali diritti non verranno rispettati.

Questo è ciò che accade legalmente. Ma ciò che accade legalmente quasi sempre riflette ciò che accade a un livello psicologico più profondo. Come vedremo, se il divorzio lasciava la donna priva del marito-salvatore, molte donne si cercavano sostituti salvatori; e se il divorzio lasciava l’uomo senza una fonte di amore, gli uomini gareggiavano per ottenere l’amore di una donna, trovando modi nuovi per salvare le donne.

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Set 30 2009

VERONA 1187: ATTO DI CONSACRAZIONE DEL DUOMO DI VERONA

Category: Chiesa veronese,Libri e fonti,Verona storia e artegiorgio @ 08:10

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Duomo di Verona

 

Storia della chiesa di Verona

 

(F. Unghelli,  Italia sacra, Venezia 1720 da originale perduto esistente nell’archivio dei canonici della Cattedrale di Verona)

 

Domenica 13 settembre, in Verona, davanti alla chiesa maggiore di Verona. In presenza dei signori cardinali di Santa Romana Chiesa, cioè, Tebaldo vescovo di Ostia, Enrico vescovo di Albano, Pietro de Bona, maestro Laborante, Adelardo, e maestro Graziano, maestro Pietro da Piacenza e maestro Rodolfo, Riprando vescovo di Verona, il vescovo di Voi vescovo scozzese, Adriano arciprete della chiesa maggiore di Verona, Uguccione presbitero, Adelardo presbitero cantore, Viviano presbitero, Marchesio maestro presbitero, Lotesio, Claribaldo, Andrea presbitero, canonici di questachiesa veronese e moltissimi altri chierici e laici e donne.

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Giu 10 2009

Verona vista da Marin Sanuto

Di Vittorio Zambaldo

STORIA. RISTAMPATI GLI «ITINERARI» DEL CRONISTA VENEZIANO, RESOCONTO DEL VIAGGIO NEL TERRITORIO DELLA SERENISSIMA COMPIUTO NEL 1483

DA MARIN SANUTO

«Boteghe 12 de pani bianchi infiniti; le altre viene per questi afitade; et è murata atorno con mure alte et si sera; qui s’è molti pani, adeo che tuti qui vieno a comprar si per il bon mercado qual per la bontà. Et oltra le altre cosse bellissime in questa cità, le becharie sono monde, et sopra l’Adexe». Così appare al giovane veneziano Marin Sanuto, nel 1483, il centro di Verona, con «dodici botteghe di pane bianco in infinite forme e gusti ed altre vengono affittate grazie al movimento che queste procurano; la zona è recintata da alte mura e alla notte si chiude; si possono trovare tanti tipi di pane, cosicché tutti vengono qui a comprare sia per il buon prezzo sia per i buoni prodotti. Oltre alle altre cose bellissime, in questa città le macellerie sono pulite e tutte sulla riva dell’Adige».

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Mag 18 2009

Costalunga di Monteforte: 14 giugno 2009 presentazione del libro: Verona origini storiche ed astronomiche

Category: Libri e fontigiorgio @ 07:56

 

Invito tutti alla  presentazione del testo : “Verona origini storiche ed astronomiche”  di Adriano Gaspani .

L’incontro sarà alle ore 15,30 del 14 giugno 2009, presso l’azienda vinicola  

LA CAPPUCCINA 

http://www.lacappuccina.it/

Via San Brizio, 125

37032 Costalunga di Monteforte d’Alpone (Verona)

 045 6175036  

 045 6175755

 

Come raggiungere La Cappuccina

 

Uscita autostrada (A4 MI-VE) al casello SOAVE, girare a sinistra in direzione di Vicenza (SS 11) fino ad arrivare ad un cavalcavia, girare subito a destra per Monteforte d’Alpone. Arrivati ad un incrocio con al centro una chiesetta, girare subito a destra seguendo il cartello per Bolca  (si è nella circonvallazione di Monteforte d’Alpone).

 

Arrivati al semaforo, proseguire sempre diritto per circa 5 km direzione Bolca), costeggiando sulla sinistra il torrente Alpone. Dopodichè girare a sinistra, seguendo il cartello blu per Costalunga, su per una salita, si attraversa il ponte sull’Alpone, si gira al primo portone a destra e si è

arrivati. Dal casello dell’autostrada a Costalunga sono in tutto 8 km.

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Mag 14 2009

Straniero nella Valle dei Re – I faraoni ebrei dell’antico Egitto

Category: Bibbia ed Egitto,Libri e fontigiorgio @ 05:15

 

di Ahmed Osman

 

Piu volte il sangue dei patriarchi di Israele si è mescolato con quello delle dinastie dei Faraoni

 

Quando capii che ero sul punto di risolvere un problema cui molti studiosi avevano invano consacrato le loro menti per più di un secolo, mi sembrò quasi un’ispirazione improvvisa, un inatteso istante di rivelazione.

Si trattava di stabilire con certezza se uno dei principali personaggi biblici corrispondeva ad un’importante figura storica egizia. È un enigma cui ho dedicato 25 anni della mia vita. Fra l’altro, per compiere questa ricerca ho lasciato la mia terra natia, l’Egitto, e mi sono trasferito a Londra, allettato dalle migliori strutture che il Regno Unito offre per svolgere studi biblici e storici.

Una fredda notte di quindici anni fa, non riuscendo a dormire, mi alzai dal letto, mi preparai del tè e mi accomodai davanti al caminetto per leggere, come facevo spesso, le storie della Bibbia. L’aprii nel punto del Libro della Genesi in cui è narrata la vita di Giuseppe il Patriarca.

Nella Bibbia e nel Corano si afferma che il Patriarca Giuseppe fu venduto come schiavo in Egitto. Furono i suoi stessi fratelli a cederlo ad una carovana di mercanti, perché erano gelosi del fatto che Giuseppe fosse il figlio prediletto del loro padre Giacobbe. Un ufficiale egizio comprò il giovane ragazzo ebreo e lo nominò sovrintendente della sua casa ma, qualche tempo dopo, la padrona lo accusò ingiustamente di aver tentato di sedurla e Giuseppe fu mandato in prigione. Due anni più tardi, Giuseppe fu rimesso in libertà grazie al faraone che, a sua volta, lo nominò proprio ministro quando Giuseppe riuscì ad interpretare correttamente un suo sogno premonitore.

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Apr 16 2009

LA DIDACHE’

Category: Chiesa Cattolica,Libri e fonti,Religioni e rasiegiorgio @ 00:16

 

 

La Didaché è uno scritto antichissimo: si tratta del primo testo in assoluto del Cristianesimo, ed è stata scritta verso il 50 d.C., in Oriente (Siria, Palestina o Egitto),l’autore è sconosciuto ma è certamente qualcuno che aveva seguito le predicazioni di Gesù Cristo ed è probabilmente antecedente agli stessi Vangeli di Matteo, Marco e Luca.

 

La si può ritenere “la regola della comunità”, un riassunto delle massime morali più importanti ad uso dei Catecumeni. E’ una sorta di compendio dei precetti insegnati da Cristo e contiene in sintesi tutti i principi trasmessi dall’Antico e dal Nuovo Testamento.

 

E’ l’esaltazione della semplicità: con un linguaggio estremamente lineare ed in pochissimi tratti passa dalla Genesi all’Apocalisse, cioè dall’inizio della vita caratterizzata dal dono di Dio che è la libertà al ritorno di Cristo che è misericordia e giustizia.

 

Ci fa vedere quale era il vero spirito dei cristiani delle primissime comunità, dandoci la possibilità di assimilarci ad esso, semplicemente seguendo i suoi essenziali insegnamenti.

 

La DIDACHE’ è citata da Erma nel Pastore, Clemente Alessandrino ed Origene che ritengono Scrittura Sacra. Sant’Atanasio la consiglia per istruire i catecumeni.

All’inizio del V secolo è incorporata nelle Costituzioni Apostoliche.

 

itenuta perduta da secoli, fu riscoperta  nel 1873 dal metropolita di Nicomedia, Filoteo Bryennios, a Costantinopoli in un codice greco, scritto nel 1056 contenente la DIDACHÉ, le due Lettere di San Clemente Romano e l’ Epistola di Barnaba.

 

Fu pubblicata nel 1883 in “L’editio princeps della DIDACHÉ”

In uno studio di Jean-Paul Audet si afferma che la DIDACHÉ è:

” Una raccolta d’istruzioni e di usanze della Chiesa primitiva, fatta da un ministro itinerante del Vangelo”, datandola nel 50 d.C., periodo in cui si iniziano a scrivere  i Vangeli e le Lettere di S. Paolo. Il luogo della sua composizione è indicato in Antiochia (Siria) e l’autore è un cristiano di provenienza giudaica

 

 

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Apr 14 2009

OPPEANO DI VERONA CULLA DEL VENETO

Category: Libri e fonti,Verona archeologia e paleontologiagiorgio @ 13:40

 

ARCHEOLOGIA: Fin  dalla seconda meta’ del secolo XIX il paese si è rilevato uno dei principali centri di testimonianza dell’età de ferro.

 Di Marco Cerpelloni

 

Oppeano, riaffiora la cultura del primo «mondo Veneto». 

Noto fin dalla seconda metà del XIX secolo come uno dei principali centri dell’età del Ferro, Oppeano ha festeggiato il 130esimo anniversario dalla scoperta del famoso elmo di bronzo. 

Con l’occasione è stato presentato il volume “Oppeano vecchi e nuovi dati sul centro protourbano” (Regione del Veneto, edizioni Quasar-Canova), curato da Alessandro Guidi e Luciano Salzani con la collaborazione di Massimo Saracino

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Apr 02 2009

Tutti i manoscritti trovati nel 1945 a Nag – Hammadi

Category: Libri e fonti,Religioni e rasiegiorgio @ 23:11

I manoscritti

Gli atti di Pietro e dei dodici apostoli

Allogeni

Apocalisse di Adamo

Prima apocalisse di Giacomo

Seconda apocalisse di Giacomo

Apocalisse di Paolo

Apocalisse di Pietro

Apocrifo di Giacomo

Apocrifo di Giovanni

Asclepio 21-29

L’insegnamento autorevole

Il libro di Tommaso, il contendente

Il concetto del grande potere

Il dialogo del Signore

Il discorso dell’otto e del nove

Eugnostos il Santo

Esegesi dell’anima

Il Vangelo degli Egiziani

Il Vangelo di Filippo

Il Vangelo di Tommaso

Il Vangelo di Verita’

Ipostasia degli arconti

Hypsiphrone

L’interpretazione della conoscenza

La lettera di Pietro a Filippo

Marsanes

Melchizedek

Sulla unzione

Sul battesimo parte A

Sul battesimo parte B

Sull’eucarestia parte A

Sulleucarestia parte B

L’origine del mondo

La parasfrasi di Shem

Platone: La Republica 588A-589B

La preghiera dell’apostolo Paolo

La preghiera di Ringraziamento

Il secondo trattato del Grande Seth

Le sentenze di Sesto

La Sophia di Gesu’   Cristo

L’insegnamento di Silvano

La testimonianza di Verita’

L’insegnamento di Norea

Le tre steli di Seth

Il Tuono, perfetta mente

Il trattato della resurrezione

Protennoia trimorfica

Il trattato tripartito

Una esposizione Valentiniana

Zostrianos


Apr 02 2009

Elenco dei Manoscritti Apocrifi del Nuovo Testamento

Category: Libri e fonti,Religioni e rasiegiorgio @ 07:10

 

Codex Askewianus, alias Pistis Sophia


(data: V secolo). 

Redatto in lingua copta tebana o saidica.  Si trova al
British Museum dal 1785.



 

Codex di Bruce


(data: IV o V secolo). 

Comprende il Libro del gran trattato secondo il
Mistero. Si trona nella Bibliothèque Bodlèienne. E’ scritto in copto
tebano e fu scoperto nel 1769.



 

Codex Beroliniensis 8502


(data: V secolo). In copto tebano. Fu acquistato al Cairo nel 1896. Nel
1945 si trovava ancora a Berlino. Conteneva un Vangelo di Maria, il
Libro segreto di Giovanni, La Sophia di Gesù, gli Atti di Pietro.



 

Protovangelo di Giacomo.


Ricostruito dagli esegeti con l’aiuto di manoscritti ripartiti tra il V
ed il XV secolo. Manoscritti dispersi in numerose biblioteche.



 

Vangelo di Pietro


(data: VIII secolo). Redatto in greco. Scoperto nell’Alto Egitto nel
1887.



 

Apocalisse di Pietro


(data: VIII secolo). Redatto in greco. Scoperto nell’Alto Egitto nel
1887.



 

Vangelo dello pseudo-Matteo


(data: VI o VII secolo). Non è che un rimaneggiamento del Protovangelo
di Giacomo.



 

Racconti dell’Infanzia del Signore
 detto anche Pseudo-Tommaso 

(data: V secolo). Ha dato origine al Libro
armeno dell’Infanzia, del VI secolo, ed al Vangelo arabo dell’Infanzia,
del VIII secolo.



 

Vangelo di Nicodemo
detto anche Atti di Pilato 

(data: IV secolo). In varie versioni copte e
sirine.



 

Vangelo di Gamaliel


(data: secondo i manoscritti, almeno del VII secolo). Scritto in lingua
copta e etiopica.



 

Testamento di Galilea, del N.S.J.C.


(data: secondo i manoscritti, dell’VIII secolo). Versioni in copto e in
etiopico.



 

I Miracoli di Gesù


(data: secondo i manoscritti, almeno dell’IX secolo). Redattto in
etiopico.



 

Vangelo dei Dodici Apostoli


(date: diverse, secondo i manoscritti). E’ citato in quelli di Rufino (V
secolo), traduttore di Origene, come uno dei più antichi vangeli
apocrifi.



 

Vangelo di Bartolomeo


(data: V secolo). Non ne restano che dei frammenti, redatti in copto.



 

Atti di Giovanni


(data: IV secolo). Redatto in greco. Non ne rimangono che i due terzi.



 

Atti di Pietro


(data: V secolo). Redatto in greco. Non se ne possiede che la fine.
L’inizio ci è noto per un frammento copto, e gli Atti, detti di
Vercelli, in latino.



 

Atti di Paolo
detti anche Atti di Paolo e di Tecla


(data: VI secolo nelle loro versioni sirina, slava e araba). Esiste una
pergamena del V secolo con frammenti della versione greca.



 

Atti di Andrea


(data: VI secolo). Redatto in latino. Esistono frammenti manoscritti in
greco.



 

Atti di Tommaso


(data: VI secolo per la versione latina). Esistono delle versioni greche
e sirine anteriori, probabilmente del V secolo.



 

Apocalisse di Paolo


(data: V secolo). Redatta in greco. Ne esiste una versione posteriore,
in latino.




 

Omelie Clementine


(data: V secolo). Redatte in greco. Il testo greco delle Omelie ci è
stato conservato, ma quello delle Riconoscenze (la sua seconda parte) è
andato perduto. Non se ne possiede che la versione latina di Rufino.


 

 

Fonte: il tredicesimoapostolo


Apr 02 2009

Tutti i manoscritti del Nuovo Testamento e degli Apocrifi

Category: Libri e fonti,Religioni e rasiegiorgio @ 05:54

Elenco dei  più antichi manoscritti e frammenti  del Nuovo Testamento  e Apocrifi

 

 

Frammenti del nuovo testamento su papiro.


 

Le più antiche versioni complete della bibbia conosciute sono nel  Codex Vaticanus e nel Codex Sinaiticus. 

I manoscritti più antichi sono frammenti di versi o di capitoli dei libri biblici. 

A molti di essi é stato attribuito un nome ma altri sono stati semplicemente numerati da P1 (papiro numero 1) al  P5300. 

Ecco la lista dei più antichi:

 

Papiro di Rylands (P52)

E’ uno dei più vecchi frammenti di papiro del Nuovo Testamento, é in forma di codice (scritto da ambo il lati) e contiene Giovanni 18:31-33 and 37-38. 

E’ stato ritrovato in Egitto ed é stato datato intorno al 125 A.D. 

E’ attualmente conservato presso il Giovanni Rylands Library di Manchester, Inghilterra.

 

Il papiro di Bodmer (P66, P72-75)

E’ una collezione costituita da una cinquantina di manoscritti in greco scoperti da   M. Martin Bodmer nel 1955-56, é sono stati datati al intorno al 200 A.D. 

La parte principale della collezione é conservata presso la Bibliotheca Bodmerianasi Colonia (nei pressi di Ginevra). 

L’unica eccezione é costituita dal papiro VIII (che contiene Pietro 1 e 2), che fu offerto in dono a Papa Paolo VI nel 1969; il testo é conservato nella libreria Vaticana. La raccolta fu scoperta in Egitto . 

Essa contiene sia codici (scitti da ambo i lati) che rotoli (scritti su una sola facciata); la maggior parte di essi sono papiri, mentre tre di essi sono pergamene (Pap. XVI, XIX, and XXII). 

I manoscritti comprendono brani del vecchi e del nuovo testamento insieme a scritti della chiesa delle origini.

Il papiro P75 (vangelo di Luca e Giovanni) appare virtualmente identico al testo del   Codex Vaticanus.

Esso sembra richiamare Giovanni 6:58-71

 

Il papiro di  Chester Beatty  P45 

Datato al 200-250 A.D.,

Fu reso pubblico nel 1931, contiene i quattro Vangeli e gli Atti, in quaderni da due fogli. Purtroppo è in pessimo stato di conservazione;

Non rimane che: Matteo (XX, da da 24 a XXI, 19; XXV, da 41 a XXVI, 33),

Marco (IV, da 36 a IX, 31; XI, da 27 a XII, 28), Luca (VI, da 31 a VII,

7; IX, da 26 a XIV, 33).

 

Il papiro di Magdalen (P64)

Il papiro é stato conservto nella biblioteca del Magdalen College per più di 90 anni. 

Esso fu donato alla biblioteca dal cappellano inglese, Rev. Charles Huleatt, che lo aveva acquistato in un antico percato di Luxor in Egitto. 

Utilizzando un microscopio a scansione accompagnato dalla analisi papirologica convenzionale, il prof. Thiede lo ha ridatato intorno alla metà del secondo secolo, tra il 30 and 70 A.D.

In questo papiro il nome di Gesù é scritto  “KS”, abbreviazione delle parola greca  Kyrios, cioè Signore. 
Matteo 26

 

Il papiri Oxyrhynchusi 

Metà del secondo secolo, 

Contiene detti di Gesù che sono paralleli a quelli dei quattro vangeli. 

Più di 200o papiri provenienti dall’ Oxyrhynchus in Egitto, sono stati pubblicati, molti di essi non sono testi biblicil. 

I passaggi biblici si pensa siano stati copiati da un antico manoscritto databile, probabilmente, al 110-130 D.C.

 

 

Qumran Grotta 7

 

7Q4 1,2 

Attribuito alla prima lettera a Timoteo 3:16-4:3, successivamente unito ai frammenti 8 e 12 dal papirologo E.Muro é stato, invece, attribuito a 7Q4I Enoch 103:3-8 

 

7q8 

Attribuito alla epistola di Gicomo 1:23-24 é, come detto, stato assembrato insieme a 7Q4 1,2 e riattribuito ad Enoch

 

7q6 1,2 

is Marco 4:8 and Atti 27:38

Restano ancora in piedi le ipotesi:

 

7Q61 

Marco 4,28

 

7Q62 

Atti 27,38

 

7Q9 

Romani 5,11-12

 

7Q10 

Pietro 2 1,15

 

7Q15 

Marco 6,48

 

Rese varie, 

A questo punto, improbabili le datazione per  le  ridottissime dimensioni e dai lavori di Puech e Muro sui rimanenti frammenti, oltre che dalla difficoltà storica della collocazione del NT in area esseno-qumramiana

 

 

Qumran grotta 7

 

7q5 

E’ stato attribuito a  6:52-53 

ma anche a Gen 10:10
Gen 46:20
Gen 46:21
Deu 1:36
Jos 21:12
1Sa 26:7
1Es 6:26
Hos 5:7
Joh 9:32

L’attribuzione più probabile sembra esser Ge. 46:20 anche se Muro contesta, attraverso una complessa analisi, tutte le attribuzioni sostenendo che il papiro in questione é frutto di una sovrapposizione di più papiri.

 

 

Varie 

 

P67

 Barcelona; datato 200D.C. ; contiene (Mt 3:9, 3:15, 15:20-22, 15:25-28).  

 

P1 

università della Pensilvania a Filadelfia;terzo secolo; contiene (Mt 1:1-9, 1:12-20, 1;23).  

 

P3 

 (data: VI secolo). Contiene Luca (capitolo VII, da 36 a 45 e X, da38 a 42).  

 

P4 

Biglioteca nazionale di Parigi;terzo secolo; contiene brani del Vangelo di Luca. 

Secondo altre fonti classificato come parte del P64 insieme al papiro P67

 

P37 

 (data: III o IV secolo). Università del Michigan Biblioteca Ann Arbor; terzo o quarto secolo; contiene 33 versi tratto dal capitolo 26 di Matteo (capitolo XXVI, da 19 a 52).

 

 

Elenco completo dei frammenti di papiro del Nuovo Testamento

 

Pap.  –  Secolo  –  Conservato presso  –  Contenuto

 

P1  –  III  – Filadelfia   – Matteo 1:1-9, 12 and 13, 14-20

 

P2  –  VI – Firenze – Parte di Giovanni

 

P3 – VI/VII- Vienna Parte di Luca

 

P4 –  III –Paris- Parte di Luca…secondo un’altra ricostruzione é parte di P64 insieme a P67

 

P5- III –London- Giovanni 1:23-31, 33-41; 16:14-30; 20:11-17, 20:19-25.

 

P6 –IV Stasburgo Parte di Giovanni

 

P7 –IV/VI(?)- Kiev- Parte di Luca

 

P8 –IV –Berlino –Parte di Atti

 

P9 –III –Cambridge, Mass. – I Giovanni 4:11-12, 14-17

 

P10- IV –Cambridge. Mass. – Parte di Romani

 

P11 –VII –Leningrad –Parte di I Corinzi

 

P12 –III –New York –Ebrei 1:1.

 

P13 –III/IV –Londra e Firenze – Ebrei 2:14-18; 3:1-19; 4:1-16; 5:1-5; 10:8-22, 29-39; 11:1-13, 28-40; 12:1-17.

 

P14 –V –Sinai –Parte di I Corinzi

 

P15 –III –Cairo –I Corinzi 7:18-40 (verso) aned 7:40 – 8:1-4 (recto).

 

P16 –III/IV –Cairo – Filippesi 3:9-17 (recto) e Philippians 4:2-8 (verso).

 

P17 –IV –Cambridge –Ebrei 9:12-19.

 

P18- III/IV –London –Apocalisse 1:4-7

 

P19 –IV/V –Oxford –Parte di Matteo

 

P20 –III –Princeton –Giacomo 2:19-3:2 (recto) e Giacomo 3:3-9 (verso).

 

P21 –IV/V –Allentown, Pa. – Parte di Matteo

 

P22 –III –Glasgow – Giovanni 15:25-16:2 e Giovanni 16:21-32

 

P23 – III –Urbana  Ill.-  Giacomo 1:10-12 (verso) e Giacomo 1:15-18 (recto).

 

P24 –IV –Newton Center Mass. –Apocalisse  5:5-8 (recto) e 6:5-8 (verso).

 

P25 –IV – Berlino – Parte di Matteo

 

P26 – ca. 600 – Dallas – Parte di Romani

 

P27 – III – Cambridge – Parte di Romani

 

P28 – III – Berkeley – Parte di Giovanni

 

P29 – III – Oxford – Parte di Atti

 

P30 – III Client – Parte di I and II Tessalonicesi

 

P31 – VII-  Manchester – Parte di Romani

 

P32 – ca. 200 – Manchester – Tito 1:11-15 (recto) and Tito 2:3-8 (verso).

 

P33 – VI – Vienna Parte di Atti

 

P34 – VII – Vienna – Parte di I and II Corinzi

 

P35 – IV(?) – Firenze – Parte di Matteo

 

P36 – VI – Firenze – Parte di Giovanni

 

P37 – III/IV – Ann Arbor. Mich. – Parte di Matteo

 

P38 – ca. 300 – Ann Arbor. Mich. – Parte di Atti

 

P39 – III Chester, Pa. – Parte di Giovanni

 

P40 – III Heidelberg – Portions Romani

 

P41 – VIII – Vienna – Parte di Atti

 

P42 – VII/VIII – Vienna – Parte di Luca

 

P43 – VI/VII – London – Parte di Apocalisse

 

P44 – VI/VII – New York – Parte di Matteo and Giovanni

 

P45 – III – Dublin – Parte di Matteo, Marco, Luca, Giovanni and Atti

 

P46 – ca. 200 – Dublin – Parte di Romani, I and II Corinzi, Galatians, Ephesians,Colossesi, I Tessalonicesi and Hebrews

 

P47 – III – Dublin – Parte di Apocalisse

 

P48 – III – Firenze – Parte di Atti

 

P49 – III – New Haven, Conn. – Parte di Ephesians

 

P50 – IV/V – New Haven, Conn. – Parte di Atti

 

P51 – ca. 400 – Oxford – Parte di Galatians

 

P52 – II – Manchester – Parte di Giovanni

 

P53 – III – Ann Arbor – Parte di Matteo and Atti

 

P54 – V/VI – Princeton – Parte di Giacomo

 

P55 – VI/VII – Vienna – Parte di Giovanni

 

P56 – V/VI – Vienna – Parte di Atti

 

P57 – IV/V – Vienna – Parte di Atti

 

P59  –VI –New York – Parte di Giovanni

 

P60 – VII – New York – Parte di Giovanni

 

P61 – ca. 700 – New York – Parte di Romani, I Corinzi, Filippesi. Colossesi. I Tessalonicesi, Tito and Filemone

 

P62 – IV – Oslo – Parte di Matteo

 

P63 – ca. 500 – Berlino – Parte di Giovanni

 

P64 – ca. 200 – Oxford  e Barcelona – Parte di Matteo

 

P65 – III – Firenze – Parte di I Tessalonicesi

 

P66 – ca. 200 – Colonia – Parte di Giovanni

 

P68 – VII(?) – Leningrado – Parte di I Corinzi

 

P69 – III – Oxford – Parte di Luca

 

P70 – III – Oxford – Parte di Matteo

 

P71 – IV – Oxford – Parte di Matteo

 

P72 – III/IV – Colonia – Parte di I and II Pietro, and Giuda

 

P73 – ? – Colonia-  Parte di Matteo

 

P74 – VII – Colonia – Parte di Atti, I and II Pietro, Giacomo, I, II and III Giovanni and Giuda

 

P75 – III – Geneva – Parte di Luca

 

P76 – VI – Vienna – Parte di Giovanni

 

P77 – II/III – Oxford – Parte di Matteo

 

P78 – III/IV – Oxford – Parte di Giuda

 

P79 – VII – Berlino – Parte di Hebrews

 

P80 – III – Barcelona – Parte di Giovanni

 

P81 – IV – Barcelona – Parte di I Pietro

 

P82 – IV/V – Stasburgo – Parte di Luca

 

P83 – VI – Louvain – Parte di Matteo

 

P84 – VI – Louvain – Parte di Marco and Giovanni

 

P85 – IV/V – Stasburgo – Parte di Apocalisse

 

P86 – IV – Colonia – Parte di Matteo

 

F87 – III – Colonia – Parte di Filemone

 

P88 – IV – Milano – Parte di Marco

 

P90 – II – Oxford – Recto: Giovanni 18:36 – 19:1. Verso: Giovanni 19:2-7.

 

P91-  III – Milano –  Atti 2:30-37, 46-47; 3:1-2.

 

P92 – III/IV – Cairo – Efesini 1:11-13, 19-21. II Tessalonicsi 1:4-5, 11-12.

 

P93 – V/VI-  Firenze-

 

P94 – V/VI – Cairo-

 

P95 – III – Firenze – Giovanni 5:26-29, 36-38.

 

P96 – VI – Vienna-

 

P97 – VI – Dublino-

 

P98 – II-  Cairo-

 

P99 – V – Dublino – Apocalisse  1:13-2:1.

 

P100 – III/IV-  Oxford – Verso, Giacomo 4:9 – 5:1. Recto, Giacomo 3:13 – 4:4.

 

P101 – III – Oxford – Verso, Matteo 3:10-12. Recto, Matteo 3:16 – 4:3.

 

P102 – III/IV – Oxford – Recto, Matteo 4:11-12. Verso, Matteo 4:22-23.

 

P103 – II/III – Oxford – Recto, Matteo 13:55-56. Verso, Matteo 14:3-5.

 

P104 – II – Oxford – Recto, Matteo 21:34-37. Verso, Matteo 21:45?.

 

P105 – V/VI-  Oxford-

 

P106 – III – Oxford – Verso, Giovanni 1:29-35. Recto, Giovanni 1:40-46.

 

P107 – III – Oxford – Verso, Giovanni 17:1-2. Recto, Giovanni 17:11.

 

P108 – III – Oxford – Verso, Giovanni 17:23-24. Recto, Giovanni 18:1-5.

 

P109 – III – Oxford – Verso, Giovanni 21:18-20. Recto, Giovanni 21:23-25

 

P110 – IV – Oxford-

 

P111 – 3 – Oxford – Luca 17:11-13; 22-23

 

P112 – 3 – Oxford-

 

P113 – 3 – Oxford – Romani 2:12-13, 29.

 

P114 – 3-  Oxford – Ebrei 1:7-12

 

P115 – 3-  Oxford – Apocalisse 2:1-3,13-15,27-29; 3:10-12; 5:8-9; 6:5-6; 8:3-8,11-13; 9:1-5,7-16,18-21; 10:1-4,8-11; 11:1-5,8-15,18-19; 12:1-5,8-10,12-17; 13:1-3,6-16,18; 14:1-3,5-7,10-11,14-15,18-20;15:1,4-7

 

 

 

I più antichi codici completi del nuovo testamento

 

Codex Sinaiticus

Datato alla metà del quarto secolo, conteneva in origine, sia il Nuovo che l’Antico,   insieme alle epistole di Barnaba ed Il pastore di Hermas, tutti scritti in greco .

Ritrovato da Tischendorf  nella biblioteca dell monastero di Santa Caterina, sul Sinai, nel 1844 fu portato a San Pietroburgo. 

Nel 1933 fu venduto al British Museum di Londra ove é attualemnte conservato.

 

Codex Vaticanus

Codice del quarto secolo contenente il vecchio ed il Nuovo testamento.

L’originale é conservato in Vaticano

Il codice fu condotto in Vaticano da Costantinopoli come dono del papa é entrato in Vaticano fra il 1475 e il 1481..

Del vecchio testamento riporta Gen.1-46:28;, una porzione del secondo libro dei Re, ed i Salmi 105.137. 

Del Nuovo testamento contiene tutto eccetto Ebrei 9,14, la prima e seconda lettera a Timoteo, l’epistola a Tito e l’Apocalisse.

Non é stato reso disponibile agli studiosi fino al 1889..

Ne il Sinaiticus nè il  Vaticanus contengono gli ultimi dodici versi di Marco (Marco 16:9-20). Questi sono i soli due manoscritti in greco(Sinaiticus and Vaticanus), su un totale di  620 contenenti il Vangelo di Marco che omettono questi versi..

 

 

I codici dal quarto secolo in poi

 

Codex Alexandrinus 


(data: 400 A.D.). 

Contiene il Vecchio Testamento ed il Nuovo cominciando
da quello di Matteo, XXV, 6. Testo meno buono di quello precedente,
specialmente per i Vangeli. Si trova nel British Museum di Londra.



 

Codex Ephraemi Rescriptus


(data: 400 A.D.). 

Palinsesto. Nel XII secolo il testo biblico é stato
ricoperto da una versione greca dei trattati di Sant’Efraim. 

E’ di
origine egiziana, portato a Parigi da Caterina dé Medici, è conservato
alla Biblioteca Nazionale.



 

Codex Bezae, o Codex Cantabrigensis


(data: 450 A.D.+). 

Contiene, con qualche lacuna, i quattro Vangeli e
gli atti. Manoscritto bilingue greco-latino. 

Dal IX secolo, si trovava a
Lione. 

Nel 1581 fu donato da Teodoro di Bèze all’Università di Cambrige,
dove si trova tuttora.



 

Codex Freer


(data: V secolo). 

Contiene i quattro Vangeli, con delle lacune, e
un’aggiunta da Marco, XVI, 14. 

Fu acquistato dal Freer nel 1906 da un
mercante arabo. 

Si trova attualmente a Washington.



 

Codex Koridethi


(data dal VII al IX secolo). 

E’ conservato a Tiflis, ma proviene,
secondo alcune note marginali, dal monastero di Koridethi nel Caucaso.

Codex Regius detto anche Codex Parisiensis
(data: VIII secolo). 

Ha numerose correzioni e note marginali. 

Si trova
nella Biblioteca Nazionale di Parigi.



 

Codex Beratimus


(data: VI secolo).

Contiene i Vangeli di Marco e Matteo, su pergamena
porpora. 

Si trova a Bèrat, in Albania.



 

Codex Athusiensis


(data VIII o IX secolo).

 Contiene il Nuovo Testamento, eccetto Matteo,
Marco (I, da 1 a IX, 4 ) e l’Apocalisse.


 


Codex Vercellensis


(data IV secolo). 

In latino. Si trova a Vercelli.



 

Codex Veronensis


(data: IV o V secolo).  

In latino. E’ a Verona.



 

Codex Culbertinus


(data: XII secolo). 

In latino. Si trova a Parigi.



 

Codex Sangermanensis


(data: VIII secolo). 

In latino. A Parigi.



 

Codex Brixianus


(data: VI secolo). 

In latino E’ a Brescia



 

Codex Palatinus


(data: V secolo). I

n latino. A Dublino.



 

Codex Bobiensis

(data IV o V secolo). 

In latino. Non contiene che Marco (da VIII, 3, a
XVI, 8 ) e Matteo (da I, 1 a XV, 36) con delle lacune.



 

Codex Monacensis


(data: VI o VII secolo). In Latino.


 

Codex Curetonianus

(data: IV secolo). 

In sirico. Scoperto in un monastero del deserto di
Nitria (Egitto) nel 1842.



 

 

Elenco dei Manoscritti Apocrifi del Nuovo Testamento

 


Codex Askewianus, alias Pistis Sophia


(data: V secolo). 

Redatto in lingua copta tebana o saidica. 

Si trova al
British Museum dal 1785.



 

Codex di Bruce


(data: IV o V secolo). 

Comprende il Libro del gran trattato secondo il
Mistero. Si trona nella Bibliothèque Bodlèienne. E’ scritto in copto
tebano e fu scoperto nel 1769.



 

Codex Beroliniensis 8502


(data: V secolo). In copto tebano. Fu acquistato al Cairo nel 1896. Nel
1945 si trovava ancora a Berlino. Conteneva un Vangelo di Maria, il
Libro segreto di Giovanni, La Sophia di Gesù, gli Atti di Pietro.



 

Protovangelo di Giacomo.


Ricostruito dagli esegeti con l’aiuto di manoscritti ripartiti tra il V
ed il XV secolo. Manoscritti dispersi in numerose biblioteche.



 

Vangelo di Pietro


(data: VIII secolo). Redatto in greco. Scoperto nell’Alto Egitto nel
1887.



 

Apocalisse di Pietro

(data: VIII secolo). Redatto in greco. Scoperto nell’Alto Egitto nel
1887.



 

Vangelo dello pseudo-Matteo


(data: VI o VII secolo). Non è che un rimaneggiamento del Protovangelo
di Giacomo.



 

Racconti dell’Infanzia del Signore
 detto anche Pseudo-Tommaso 

(data: V secolo). Ha dato origine al Libro
armeno dell’Infanzia, del VI secolo, ed al Vangelo arabo dell’Infanzia,
del VIII secolo.



 

Vangelo di Nicodemo
detto anche Atti di Pilato 

(data: IV secolo). In varie versioni copte e
sirine.



 

Vangelo di Gamaliel


(data: secondo i manoscritti, almeno del VII secolo). Scritto in lingua
copta e etiopica.



 

Testamento di Galilea, del N.S.J.C.


(data: secondo i manoscritti, dell’VIII secolo). Versioni in copto e in
etiopico.



 

I Miracoli di Gesù


(data: secondo i manoscritti, almeno dell’IX secolo). Redattto in
etiopico.



 

Vangelo dei Dodici Apostoli


(date: diverse, secondo i manoscritti). E’ citato in quelli di Rufino (V
secolo), traduttore di Origene, come uno dei più antichi vangeli
apocrifi.



 

Vangelo di Bartolomeo


(data: V secolo). Non ne restano che dei frammenti, redatti in copto.



 

Atti di Giovanni


(data: IV secolo). Redatto in greco. Non ne rimangono che i due terzi.



 

Atti di Pietro


(data: V secolo). Redatto in greco. Non se ne possiede che la fine.
L’inizio ci è noto per un frammento copto, e gli Atti, detti di
Vercelli, in latino.



 

Atti di Paolo
detti anche Atti di Paolo e di Tecla

(data: VI secolo nelle loro versioni sirina, slava e araba). Esiste una
pergamena del V secolo con frammenti della versione greca.



 

Atti di Andrea


(data: VI secolo). Redatto in latino. Esistono frammenti manoscritti in
greco.



 

Atti di Tommaso


(data: VI secolo per la versione latina). Esistono delle versioni greche
e sirine anteriori, probabilmente del V secolo.



 

Apocalisse di Paolo


(data: V secolo). Redatta in greco. Ne esiste una versione posteriore,
in latino.




 

Omelie Clementine


(data: V secolo). Redatte in greco. Il testo greco delle Omelie ci è
stato conservato, ma quello delle Riconoscenze (la sua seconda parte) è
andato perduto. Non se ne possiede che la versione latina di Rufino.


 

 

Fonte: il tredicesimoapostolo/


Mar 29 2009

I Registri dei Cavalieri del Santo Sepolcro conservati nell’Archivio Storico della Custodia di Terra Santa: SBF – Nuova pubblicazione

Category: Chiesa Cattolica,Libri e fontigiorgio @ 06:57

SBF Editiones

 

Registrum Equitum SSmi Sepulchri D.N.J.C. (1561-1848). Manoscritti dell’Archivio Storico della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme, editi a cura di Michele Piccirillo (Studium Biblicum Franciscanum – Collectio Maior 46), Edizioni Custodia di Terra Santa, Jerusalem – Milano 2006.

 

Un’opera che risulterà una sorpresa per molti ricordando i rapporti secolari che legano l’istituzione dei Cavalieri del Santo Sepolcro con i Francescani di Terra Santa custodi del Santuario di Gerusalemme dal lontano 1333 grazie alla trattativa diplomatica condotta a buon fine con il Sultano d’Egitto al-Nasir Muhammad da Roberto d’Angiò e Sancha di Maiorca reali di Napoli. I registri non si spingono così lontano e iniziano solo con il 1561. Il motivo è detto a pagina a pagina 3 del primo registro che rimanda alla storia sempre tribolata di questa terra. Nel 1633 padre Paolo da Lodi Custode di Terra Santa diede l’ordine di ricopiare i nomi dei Cavalieri nel nuovo Registro. Il copista tiene a ricordare che, purtroppo, il registro nel quale erano annotati i nomi dei Cavalieri creati da padre Bonifacio da Ragusa con tutti i registri precedenti furono bruciati dai Turchi durante la guerra di Cipro. Altri nomi andarono persi perché non trascritti, sempre a causa delle perquisizioni dei Turchi, viene aggiunto a pagina 15. Mancanze che non intaccano la sostanza storica dei documenti pubblicati nell’opera grazie al patrocinio del Cardinale Carlo Furno Gran Maestro dei Cavalieri.

 

I due Registri pubblicati conservati nell’Archivio Storico della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme (Registrum A – Registrum B) iniziano con l’anno 1561 e terminano nel 1848. La motivazione è stata scritta in italiano sulla copertina del Registrum B: “I nostri Padri non crearono più i Cavalieri perché venne il Patriarca e annesse a sè questa facoltà nel 1848”.

Il 1561 è l’anno nel quale Papa Pio IV emanò la bolla con la quale confermava tutte le facoltà e i privilegi del Padre Custode di Terra Santa (1 Agosto, 1561), come avevano fatto prima di lui Papa Leone X il 4 Maggio 1515, e Papa Clemente VII nel 1525. Tra i privilegi risulta l’investitura dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Da pochi anni i Frati abitavano nel Convento di San Salvatore, ex convento georgiano della Colonna, dopo essere stati cacciati nel 1551 dal Convento del Sion dove avevano abitato dal 1333. Nel 1847 Papa Pio IX aveva emanato la bolla Nulla Celebrior con la quale ripristinava a Gerusalemme il Patriarcato Latino dando al Patriarca la facoltà di investire i Cavalieri. Era Custode di Terra Santa padre Bernardino Trionfetti che il 16 Maggio 1848 creò Cavaliere il Patriarca Giuseppe Valerga. L’investitura fu registrata nel Registrum B che termina con tale data.

 

Di fatto, l’investitura dei Cavalieri sulla Tomba di Cristo da parte del Padre Custode di Terra Santa è attestata dal 1496 al tempo del Padre Bartolomeo di Piacenza primo Magnus Ordinis S. Sepulchri Magister.  Precedentemente, abbiamo le testimonianze dei pellegrini che descrivono l’investitura a Gerusalemme sempre nella Basilica del Santo Sepolcro.

Il primo ricordo dell’Ordine della Cavalleria del Santo Sepolcro si legge nella relazione di viaggio del Cavaliere Guglielmo di Boldensel del 1336: “Dopo la Messa, io feci cavalieri due gentiluomini sul Sepolcro cingendo loro la spada e osservando le altre formalità che sono d’uso per ricevere l’Ordine della Cavalleria”. Nel 1340 un documento del priorato spagnolo del Santo Sepolcro di Calatayud è firmato da Guglielmo cavaliere dell’Ordine del Santo Sepolcro. La Cronaca Anonima di Valenciennes (XIV-XV secolo) riporta che Guglielmo di Solre fu creato cavaliere nel Santo Sepolcro da Guglielmo II conte di Olanda e di Hainaut che egli aveva accompagnato a Gerusalemme nel 1343. Valdemar IV Atterdag re di Danimarca nel 1340, venne a Gerusalemme dove volle essere fatto cavaliere del Santo Sepolcro.

La relazione del martirio dei Santi Nicola Tavelich, Stefano da Cuneo, Pietro di Narbona e Deodato Aribert di Rodez, avvenuto a Gerusalemme l’11 novembre 1391, scritta lo stesso giorno da fra Gerardo Chauvet guardiano del convento francescano del Monte Sion, fu sottoscritta tra gli altri da Giovanni Barrile di Napoli, “fatto allora cavaliere del Santo Sepolcro con i suoi servitori”che si trovava a Gerusalemme.

 

Nel 1420 nella Cronaca de Leyde viene descritta l’investitura di Compar De Caumont avvenuta l’anno prima da parte del sacerdote celebrante alla presenza dei Francescani che avevano preso dimora fissa all’interno del complesso del Santo Sepolcro nel 1348 al tempo del Sultano al-Mudhaffar. Nel testo si spiegano anche gli obblighi che si richiedevano all’aspirante Cavaliere. Del 1465 è l’attestato che Padre francesco da Piacenza, vicario del Guardiano del Monte Sion, consegnò a Giorgio Emerich di Görlitz venuto a Gerusalemme in espiazione di un atto di violenza, creato cavaliere sulla tomba di Cristo, dopo aver ricevuto il perdono delle sue azioni.

Un importante ruolo nelle investiture della seconda metà del XV secolo ebbe fra Giovanni di Prussia ricordato da fra Felix Fabri domenicano nella sua visita del 1480 e del 1483: “Hic habet auctoritatem domini Papae et domini Imperatoris, et favores principibus Christianitatis, creandi et percutienti milites peregrinos ad sanctum domini Sepulchrum venientes”. Di fra Giovanni, fra Fabri dà una convinta testimonianza nella sua opera: “Ingressi sunt etiam nobiscum Fratres Montis Syon, inter quos nobiscum intravit spectabilis vir, dictus Johannes de Prussia, Procurator Fratrum Montys Syon, saecularis quidem status, sed regularis habitu et vita. Utitur enim proprio arbitrio habitu tertii ordinis S. Francisci, cui tamen regulae voto se non adstrinxit. Hic vir est genere nobilis, de prosapia comitus, Teutonicus de Prussia, procerae statura, longam barbam, veneranda canitie decorus; maturus valde est vir ille, et multarum experientiarum, moribus compositus, conscentiosus et timens Deum. Has laudes non ex auditu, sed ex certa scientia huic probo viro do”. Probabilmente fra Giovanni è ricordato impropriamente con il titolo di Guardiano nell’itinerario di Martin Ketzel (1476): “Il duca Albert de Saxe creò 72 cavalieri del S. Sepolcro e il Guardiano ne creò altri 31”.

 

Nel 1480, anno del primo pellegrinaggio di fra Felix Fabri, Fra Giovanni viene chiamato ‘legato imperiale’ da Santo Brasca: “In dicto Sancto Sepulchro forno facti Cavalieri aurati sette pellegrini da uno legato imperiale, con grandissima solennità, devozione et riverentia”.

Lo stesso pellegrino ricorda che il Padre Guardiano del Monte Sion, al tempo padre Giovanni de Thomacellis rilasciò la patente scritta in latino nella quale si attestava che il neo Cavaliere “Super Sanctissimum Domini Sepulchrum fuit cingulo militari insignitus atque solemniter decoratus”. Nel 1483 Bernardo di Breydenbach Canonico di Mainz ricorda come dopo aver trascorso la notte nel Santo Sepolcro, all’alba del 16 luglio, “diversi dei nostri pellegrini nobili presero l’ordine della cavalleria osservando le cerimonie e i riti stabiliti, in modo secreto perché gli infedeli non li permettono. Acquistarono così la dignità cavalleresca. Terminate queste cerimonie, i Frati Minori celebrano la Messa nel Sepolcro del Signore”.

Un’altra interessante testimonianza è del sacerdote Pietro da Casola che nel 1494 aiutò a riempire i formulari dei Cavalieri investiti durante il suo pellegrinaggio: “Siccome mancava un segretario, io scrissi diverse lettere che certificavano che erano stati creati cavalieri al Santo Sepolcro, conforme al modello che mi diede il Guardiano (dei Frati Minori)e io sigillai le lettere”.

Dalle ricerche condotte da J.-P. De Gennes, (Les Chevaliers du Saint Sépulchre de Jérusalem, Vol. I, Ed. Herault, 1995, p. 175 ss.) risulta che tra il 1348 e 1496 (data del riconoscimento ecclesiastico alla pratica attestata in precedenza) furono creati 653 Cavalieri (20 per il XIV secolo e 633 per il XV secolo).

 

Il testo in latino del rito dell’investitura da parte del Padre Custode di Terra Santa ci è stato conservato da Padre Tommaso Obicini da Novara nella Forma Instituendi, seu ordinandi Milites, ripubblicata integralmente con la traduzione italiana a fronte ad inizio del volume. Foto del testo e trascrizione a fronte che è stato seguito anche per la pubblicazione dei registri dando così modo al lettore di controllare di persona il documento. Un indice onomastico curato dallo studioso Giuseppe Ligato faciliterà la consultazione. Tra i nomi, con i Custodi e i frati benemeriti di Terra Santa come padre Bonifacio da Ragusa, padre Francesco Quaresmi, padre Faustino da Tuscolano, padre Mariano da Maleo, fra Elzeario Horn, padre Andrea da Montoro, il lettore troverà i pellegrini scrittori Kotovicius, Aquilanus da Rocchetta, Chateaubriand, lo storico delle Crociate Michaud, il professore Nepomuceno Sepp, il principe Massimiliano di Baviera e tanti altri membri delle famiglie reali d’Europa.

L’idea di pubblicare i due Registri, accettata e caldeggiata dal Padre Giovanni Battistelli Custode di Terra Santa e dal Gr.Uff.Gen.Avv. Gian Roberto Costa, Luogotenente per l’Italia Settentrionale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, è stata realizzata grazie all’assenso dato all’iniziativa culturale dal Padre Pier Battista Pizzaballa, attuale Custode di Terra Santa, da S.E.Cav.di Gr.Cr.Dott.Ing. Pier Luigi Parola Governatore Generale e dal Gr.Uff.Gen.Avv.Silverio Vecchio Luogotenente per l’Italia Settentrionale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme che hanno generosamente contribuito alle spese per la coedizione di questo importante documento.

La pubblicazione vuole essere un passo importante per uno studio ancora in corso di approfondimento su una nobile istituzione benefica che ha le sue origini nell’amore comune al Santo Sepolcro e alle Comunità Cristiane della Terra Santa che lega i Frati Minori ai Cavalieri del Santo Sepolcro ai quali questo lavoro è dedicato.

 

Fonte: srs di Michele Piccirillo, SBF Gerusalemme


Mar 15 2009

Verona: La terra di Batiorco e il suo monastero

 

Anno Accademico 1924.1925  –  Tomo LXXXIV – Parte seconda

 

RAFFAELLO BRENZONI

(presentata: dal dott. A. Forti, m. e., nell’ad. ord. 14 dicembre 1924)

 

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Batiorco! Nomè storico veronese, che servì a precisare fino da remota  età un breve  tratto di terra, situato  in pianura in vicinanza  di S. Michele in Campagna. Nessun dato, nessuna notizia circa l’origine ed il significato di questo nome, trovato persino in  carte del X secolo. La sua origine perciò, collegata al più oscuro  Mediò Evo e la conseguente sua derivazione da una forma linguistica latina o barbarica, (si noti persino la desinenza in o, ch’ esso mantiene nei documenti più antichi), tolgono, a mio  avviso, oggi serietà alla nota leggenda dell’ orco, che il popolo nostro  fece sorgere intorno a  questa denominazione, in cui si volle vedere la  fusione di un verbo e di un sostantivo italiano

(Si pensi, fra l’atro, che, se qualche rara volta s’incontra in carte della remota antichità il verbo battere, esso ha il significato di  percuotere; non mai, di percorrere; mentre per orco s’ intese, anche nella bassa latinità;  l’inferno; o il Dio dell’ inferno e nulla piu’)

Allo stato delle cose, mancando ogni elemento sicuro, per una deduzione etimologica,  credo sia meglio affidare questo nome  all’oscurita’  del tempo in cui sorge,  anzichè costruire ipotesi campate in aria  in aria,   cercando invece con dati e notizie precise di seguire le vicende e determinare  quei fatti  fatti, che su essa terra si svolsero, ricavandoli  da inconfutabili documenti, che cerchero’  ora di esporre cronologicamente.

La prima notizia  di questa terra si trova nel testamento  di  Davide “ presbiter Sancte Veronensis Ecclesie”  dell’anno 

 

pag. 222 R.BRENZONI (2)

 

987:  “ Idest terra cum vineis super se habitis in loco uno iuris  proprietatis nostre predictis germanis, quam nos habere et possidere visi sumus, que  posita est in finibus veronensibus intransmonte (sic) locus ubi dicitur Batiorco”. . . ecc. (1).

A questo secolo X appartiene pure una  “carta da batiorco”, che trovasi in originale  nella Biblioteca Capitolare di Verona. Questa pergamena, in parte logora, non permette la lettura completa della data; lo stesso Canobbio, che la lesse nel secolo XVI, non riuscì a decifrarla e si limitò a datarla solamente col giorno e mese (…14 febbraio) (2). I dati paleografici ci persuadono a porla nel X secolo; inoltre la firma del notaio rogante l’atto  “Liutefredus” (chierico e notaio) perfettamente identica alle firme contenute in documenti  esistenti negli antichi Archivi Veronesi, con date del X sec., ov’egli si firmò quasi sempre chierico e notaio, ci persuade ancor più della verità della nostra asserzione (3).

Per l’etimologia del nome si tenga presente, che nelle carte appartenenti ai secoli posteriori al mille il nome  Batiorco assumeva  forma e declinazioni latine, e gli esempi non mancano specie nella Biblioteca Capitolare (4).

Da altri due documenti posteriori, dell’ undicesimo e dodicesimo secolo, veniamo a conoscere che eletta località Batiorco, in cui esisteva una contrada che portava lo stesso nome

 

Note di pagina 422

 

  (I) Docum. apparten. All’Arch. della Comp: del SS., in S. Libera e Siro (pubblic. dal Dionisi: “De duobus episc. Ald. et Not”, pag. 171) (tolto dalla Capitolare) oggi non figura negli elenchi (neppure in quello del Canobbio).

(2) Bibliot. Capito di Verona, rotulo N. 7, mazzo 2 AC. 38.

(3) Confr. perg. esist. negli Ant,  Arch. Ver.;  Osped. Civo (Anno 930)

rot. N. 15. S. M. in Org: (anno 938) rot. N. 24, app. S. M. in Org. (940) N. 9, S. M. in Org. (958), rot. N. 11, S. M. in O,  g. N. 35 (971) ecc. 

(4) Bibl. Cap. di Verona, BC. 39, M 5, N. 15 (22 genn. 1290), altro AC. 72, M. 3,  N. 7 (23 maggio 1258),  altro AC. 9, M. 2, N. 9 (17 luglio. 1380), altro: AC. 49, M. 5, N. 3 (23 nov. 1338), altro: A C. 48, M. 4, N. 15 (23 nov. 1338), altro: AC. 49, M. 5, N. 3 (19 genn. 1366, altro: BC. 32-3-13 (26 maggio l338), altro: BC. 38-14 (4 maggio 1332), altro: BC. 39, M. 4, N. 7 (22 genn. 1330), altro: AC. 36, M. 5, N. 11 (28 nov. 1343),

sono quasi tutte carte di locazioni, nelle quali vi è scritto quasi sempre: “in pertinenti a Verone in ora Batiorchii ”,  “ in sorte Batiorchi”.

 

(3) LA TERRA DI “BATIORCO”  ECC pag. 223

 

fuori di Porta Vescovo: “ 24 settembre 1023 – Sentenza tra Paulo e Florasino q. Drogo da una e Bonifacio da Cellore dall’ altra sopra una pezza di terra in Verona, fuori di Porta del Vescovo in Contrà di Batiorco” . (1),  “4 Ottobre 1153 – Uberto figlio  quondam Waldo de Capite pontis, diacono e canonico, professante legge romana riceve da Giovanni q. Uberto Fatiga il prezzo di una  pezza di terra arativa posta foris Porta Episcopi nel luogo uhi  dicitur  Butiorco” (2).

Sappiamo inoltre, che su parte di questa terra aveva un antico diritto di decima la Pieve di S. Giovanni in Valle, come risulta da una pergamena del 1219 (21 dicembre) ove è detto, che Augustino Arciprete della Chiesa di S. Giovanni in Valle, consenzienti gli altri fratelli di essa chiesa, dà in locazione perpetua a Fautino prete ed a Fautino chierico di S. Faustino per la loro chiesa la decima sopra alcune pezze di terra più sotto designate:  per una pezza di terra con viti che giace in monte di S. Giovanni in valle; per altra pezza di terra che giace in luogo uhi dicitur…. gella;  per altra pezza di terra in loco ubi dicitur batiorco; altra pezza di terra que iacet apud sortern que fuit illoorum de Moscardis; altra in loco ubi dicitur Paltena et loco qui dicitur Ronco; altra in Valpantena (3).

Ma una determinazione  ben più precisa abbiamo in una carta d’investitura del 18 gennaio 1243, da parte dell’ arciprete e chierici di S. Giovanni in Valle fatta a frate Adobello dell’ordine degli Agostiniani Eremitani allo scopo: “ edificandi Ecclesiam et locum ad  honorem Dei et Beati Angustini in fundo  sito extra Portam Episcopi  in loco  ubi  Battyorchus apud flumicellum, quì olim fuit presbiteri Viti;  de uno latere fluit idem flumicellum,  de alio lattere Via…. ecc.”; il Biancolini, che lo riporta, scrive nel testo: “Battiorco non lungi  dalla terra di Montorio (4).

 

Note di pagina  223

 

(1) A. A. Ver. Clero intrinseco (Repertorio Franc. Melegatti notaio (copia) ).

(2) A. A. Ver.,  S, Maria in Org., rotulo N. 87.

(3) A. A, Ver., S. Giov. in Valle, rotulo N. 13. 

(4) Biancolini, Le Chiese di Verona, Tomo II, pag. 502. La pergamena originale esiste tuttora presso l’Archivio parrocchiale di S. Giov. in Valle (Archivio Busta IX, fascicolo X).

 

Pag.  224 BRENZONI (4)

 

Da quanto abbiamo finora esposto, possiamo affermare, che questa località era fuori di Porta del Vescovo, fra il fiumicello e la strada (e non sappiamo ancora quale), e probabilmente ad una certa distanza dalla città, essendo riposta negli scritti in vicinanza della terra di Montorio; sappiamo inoltre dall’ ultimo documento in parte riportato, che su questa si dovette erigere un Monastero  ed una Chiesa pei frati Agostiniani.  E tali fabbriche sorsero veramente, come vedremo dai registri amministrativi della Pieve di S. Giovanni in Valle, nei quali si fa parola spesso di diritti di livelto “sopra una pezza di terra ove si dice batiorco, presso il fiumicello, sopra la quale sta; il Monisterio  degli, Agostiniani (1).

A maggiore determinazione riporterò alcuni tratti di  scritti raccolti in un volume appartenenti all’archivio del Monastero di  S. Salvar  Corte Regia, del 1725, in cui sono elencati documenti del XlII-XlV-XV sec.;  da questi si potrà sempre più persuadersi della verità dei dati sopra riferiti circa la località in parola:

  “Una pezza di terra in pertinenza di Verona in Contrà di S. Nazar extra (nella spianata), in sorte di  Battiorco ”  (da un doc. del 1475)  (2). 

“ Una pezza di terra arativa con viti… in pertinenza di Verona, in Contrà di Battiorco  (confini: da una la via comune, via Lavagnesca)”  (da doc. del 1432) (3).

“Una pezza di terra arativa in pertinenza di Verona, in Contrà di Battiorco, vicino alla Chiesa di S. Agostino” (da doc. del 1327) (4). .

“ Una pezza di terra arativa e casaliva,  fuori di Porta de Vescovo, vicino alla Chiesa  di S. Agostino (confini: da una la

 

Note di pag. 224

 

(1) Vedi ad es. il volume  appartenente all’ Arch. di S. Giov. in Valle, del 1764 – (Instruzione dei livelli, affitti ecc.) (copia del vol. citato in esso dell’ anno 1475).

(2) A. A. Vero Arch. di S. Salvar, Corte Regia (Monastero), vol. 1725, carta 448t.

(3) A. A. Ver. Arch. di S. Salvar, Corte Regia (Monastero), vol. 1725, carta 443.

(4) A. A. Ver. Arch. di S. Salvar, Corte Regia (Monastero), vol. 1725, carta 436.

 

5 LA TERRA DI  “BATIORCO”,    ECC pag. 225

 

via lavagnesca, dall’ altra il fiumicello ecc.)  (da doc. del 25 agosto 1297) (1).

“ Una pezza di terra  arativa fuori di Porta del Vescovo, vicino al Monastero e Chiesa di S.- Agostino, in Contrà di Battiorco (confini; da una la strada di Montorio, dall’ altra a mattina le dette monache, dall’ altra a mezzogiorno  la via di Battiorco)”  (da doc. dell’  11 nov. 1354) (2).

Faccio notare subito, che la via lavagnesca, della quale si fa parola in questi documenti,  corrisponde, secondo una vecchia descrizione stradale del XVI sec., alla odierna via  delle Banchette, che da Porta Vescovo, attraverso il borgo, conduce fino a Lavagno (3).

Da quanto siamo venuti fin qui dicendo, mi pare di poter senz’altro affermare, che la terra di Batiorco si trovava fuori di Porta Vescovo, in contrada di S. Nazar extra (si pensi che, questa parrocchia s’estendeva allora fino a S. Michele), nella spianata fra il fiumicello e la via lavagnesca, e che su di essa vi era il Monastero e la Chiesa degli Agostiniani, nonchè un gruppo di case, che prendevano il nome dalla località, stessa, separate le une dalle altre, forse, da una strada, che aveva pure quel nome.

Il nostro storico Veronese del sec. XVII, Lodovico Moscardo, ch’ebbe modo di vedere ai suoi tempi ancora, com’egli afferma, gli ultimi avanzi del vecchio Convento e della Chiesa, così si esprime:  “Quest’ anno (1262) li frati eremitani vennero, ad habitar in Verona a S. Eufemia li quali solevano star a Montorio dove havevano l’antica Chiesa e Monastero, dei quali ancora si vedono i fondamenti” (4).

 

Note della pagina 225

 

(I) A. A. Ver. Arch. di S. Salvar, Corte Regia (Monastero), vol. 1725, carta 435.

(2) A. A. Ver. Arch. di S. Salvar, Corte Regia (Monastero), vol. 1725, carta 437.

(3) A. A. Ver. Volume “Legitimatio campioni facta 1589”, carta 1, (Arch. del Com.). La via lavagnesca è descritta così: “ via che, partendo dalle ferrazze, viene, attraversando la spianata, fino alla città ove finisce “. È detto poi che era attraversata da tre ponti.

(4) L. Moscardo, Historia di Verona, pag. 195.

 

Pag. 226 R. BRENZONI (6)

 

“Le  monache hora dimoranti nel Monastero di S. Salvar Corte Reggia havevano il loro monastero e Chiesa chiamata di S. Agostino poco fuori dalla porta del Vescovo, tra la riva  del  fiumicello vicino al ponte, che lo travesa e fra la strada prossima al detto fiume, per la quale si va a Lavagno”. 

“Vedesi tutt’ hora in questo sito molte vestigia dei fondamenti con assaissime ruine di fabriche non solamente del detto Monastero, ma di  molte habitazioni contigue che ivi si trovavano” (1).

L’ esistenza tutt’ora di quel ponte in cotto, benché in parte rifatto, mi servì alla sicura identificazione della terra di Batiorco;  nome tramandato a noi non soltanto attraverso la storia, ma, per tradizione, nella viva voce di chi coltiva oggidì quel terreno.  E l’ubicazione d’oggi è perfettamente corrispondente ai confini dei secoli andati!   Così infatti viene determinato ora quel tratto di campagna compreso, ad un miglio dalla attuale porta del Ve scovo, fra la via delle Banchette, il fiumicello ed il piccolo ponte in cotto (2). .

Trovandosi questo luogo distante circa un miglio dalle mura di Verona e non  esistendo fino all’epoca Napoleonica il paese  di S. Michele, ed essendo d’altra parte vicino alla strada, che metteva in quel di Montorio, gli storici nostri, dal Moscardo al Dalla Corte, dal Perini al Sommacampagna, non esitarono a chiamare alle volte il Convento, di cui stiamo trattando, “Monastero di S. Agostino di Montorio”.

 

Storia del Monastero

 

Su questa terra di Batiorco la Pieve di S. Giovanni in Valle, come risulta dai suoi antichi registri, che ne fanno parola, esercitò un jus fino da remoti tempi.

Il  14 gennaio  1243 il  suo arciprete Guido ne investì Fra Donello, della Congregazione di Fra Canebono di Cesena, priore

 

 Note di pag. 226

 

(1) L. Moscardo.  Historia di Verona, pag. 387.

(2) Questo tratto di terra posto a poca distanza dalla Chiesa parrocchiale di S. Michele, piantato a gelsi, è segnato al foglio N. 14 (mappe catastali).

 

 

(7) LA TERRA DI  “BATIORCO”,    ECC pag. 227

 

degli Eremitani di S. Agostino, venuto con i suoi monaci in  quel dì nelle nostre contrade.

Scopo di questa investitura fu ch’essi potessero erigere sopra quel terreno una Chiesa ed un Convento, dedicati al loro Santo.

Venne loro pertanto accordata  “ l’ esenzione dalla decima e l’immunità  da qualunque canonica e civile esazione, salvochè dall’annua recognizione d’una libra d’ incenso, che pagar dovevano  in segno di soggezione alla Chiesa di S. Giovanni”  nella festa del loro Santo Titolare.

Così nello stesso anno 1243 si eseguirono le fabbriche e  “ quindi con ogni onorevolezza i Padri vi si annidarono ed ivi stettero con grand’ esempio” (1).

Ma tale dimora non doveva durare a lungo, poiché una Bolla di Alessandro stabiliva, nel 1256, che le  molte Congregazioni  degli Eremitani di S. Agostino si unissero formando unici monasteri: così avvenne anche in Verona e il Monastero di Batiorco divenne troppo ristretto per ospitar tanti monaci, sicché essi dovettero nel 1262  passar in quello di S. Eufemia, entro la Città.

Partiti dal luogo gli Eremitani e rimasto pertanto disabitato il Convento, di questo venne fatto acquisito  da una nobil Donna  “Duchessa di Bagnolo” che nel 1275 ne fece propria dimora ritirandosi a vivere claustralmente insieme a tre monache di nome Margherita, Catterina ed Antonia.

Subentrate così le monache agli eremitani, esse tentarono subito di liberarsi dagli oneri finanziari, che  gravavano sul  Convento e ne fa prova il carteggio svoltosi fra questo  e la  Pieve di S. Giovanni in Valle, che le suore non volevano più  riconoscere come donataria del fondo  “ sive terra di Battiorco” .  Troviamo così in atti del notaio Ottobon de Bonomo  un “ atto di prottestatione contro le dette suore ” per la rivendicazione del

 

Note di pagina  227

 

(1) Atti Bonaventura di Isnardo e  di Ultramarin Nodaro (trovasi copia in un Registro del Monastero di S. Salvar Corte Regia),  (Arch. 1725),  c. 481 (A. A. Ver.). Trovasi riportato  il docum. anche nel manoscr. del Perini (Bibl. Com. di Ver.). (Busta V, incarto Monast. S. Salvar  C. Regia). 

 

Pag.  228 R. BRENZONl (8)

 

diritto in base al documento di concessione del 1243 ai frati Agostiniani con la unita condizione del livello perpetuo.

Il Monastero divenne negli anni sempre più importante e numeroso e nel 1297  (all’ ultimo di ottobre) si unì a questo il Convento di S. Catterina in S. Maria delle Stelle (unione approvata con decreto di Bonincontro Vescovo di Verona in data 10 luglio 1297).

Il numero delle monache benedettine, che vennero in questa occasione ospitate nel nostro Convento, determinarono per così dire una prevalenza di quest’ordine sull’ altro;  e dalla fusione di questi elementi s’ebbe una vera e propria congregazione femminile d’ordine ed abito benedettino,  pur rimanendo al Monastero l’antico nome di S. Agostino.

Intanto Donna Duchesia da Bagnolo era divenuta mal ferma di salute anche per l’età avanzata e il 22 dicembre 1280 fece dono delle costruzioni tutte alle sue compagne, riservando a se l’usufrutto,  sua vita durante, di un orto con alcune stanze vicine alla Chiesa (1).

Questo  Monastero di S. Agostino in Batiorco fu regolato fino allora in forma di Abbadessato e chi volesse potrebbe costruire attraverso le carte, che ci sono giunte, la serie delle priore che si sono man mano succedute.

S’erano intanto maturati per Verona tempi gravidi di tristi avvenimenti e i disagi si ripercuotevano su tutto e su tutti: così  “ essendo gli affari di questo Monastero in gravissimo disordine, e quasi desolato, anche per i contagi, guerra, calamità sofferte dalla nostra Italia, il Vescovo Ermolao Barbaro pensò d’ intraprendere la  riforma di alcuni conventi;  furono pertanto in quell’ occasione levate dal Monastero di S. Spirito cinque monache con la loro stessa Abbadessa, suor Eufrosina, e passate in quello di Batiorco  (2).

 

Note di pagina 228

 

(1) A. A. Ver. Mon. di S. Salvar C. R. (Vol. Arch. 1725) c. 481, Perini (Manoscr. Bibl. Com.). Busta V,   (Mon. S. Salvar).  (Atti di Antonio Castagnaro, Nodaro (copia) ).

(2) A. A. Ver. Val. Monast. S. Salvar C. Regia. C. 482,  e A. A. Ver. Compendio della fondaz. ed esistenza del Monastero di S. Agost., poi S. Salvar C. R., c. 2.

 

(D) LA TERRA DI “BATIORCO”  ECC Pag. 229

 

Ma questo, per il luogo in cui sorgeva, era continuamente posto sotto sopra dalle soldatesche e milizie, che, nelle guerre e negli assedi alla città nostra, di esso facevano rifugio e meta preziosi: sicché le monache, stanche ormai dei lunghi disagi sofferti, chiedevano nel 1486 di poter riparare entro la città  (1).

La legittima loro domanda veniva accolta e approvata con bolla del Papa Innocenzo VIII,  che concedeva l’occupazione del Monastero di  “S. Salvar di Corte del Re “ (2).   Con lettera ducale del 17 febbraio 1487 tale unione dei due conventi veniva confermata e sanzionata dal Doge Augustino Barbadico (3).  Ottenuta così l’autorizzazione ad entrare in città, nel Monastero di S. Salvar, si diede subito opera alla ricostruzione, al restauro, all’ampliamento del fabbricato, che doveva servire per la nuova dimora.

Passate le suore di S. Agostino nella nuova sede, l’antico Convento di Batiorco rimase disabitato e la Chiesa abbandonata.

Se però i tempi antecedenti a questo passaggio non erano stati certamente lieti e tranquilli, avvicinandosi al principio del secolo XVI si preparavano per Verona tempi veramente nefasti; doveva essere questa avvolta ben presto in guerre ininterrotte ed in terribili epidemie.

Dopo la peste degli anni 1511-1512 ricominciò, più violenta che mai la guerra: s’ebbe nel 1516 l’assedio della città da parte dei Veneziani uniti ai Francesi; ma finalmente, in forza del trattato di Bruxelles, la Seren. Repubblica poté riavere Verona, dietro corrispettivo di molte migliaia di ducati.

Così fra indescrivibile entusiasmo la città nostra si diede ancora una volta al dominio della gloriosissima Repubblica Veneta!

Cessata pertanto la guerra, nel timore e per l’eventualità, che altre ne succedessero, il Seren. Dominio  s’accingeva poco dopo a crear nuovi  mezzi di difesa e nuove fortificazioni. Considerando che i borghi potevano servire come punti d’appoggio

 

Note di pagina 229

 

(l) Bibl. Com.  (Manoscr. del Perini),  (S. Salvar, C. R.,  alla data 1486).  Vedi anche docum. nel suaccenn. volume di S. Salvar (arch. 1725)  (A. A. Ver.).

(2) A. A. Ver. Compendio della fondazione ed esist. del Mon. Di S. Ag. (c. 3t e seg.).

(3) A. A. Ver. Com. Fiscale  (Ducali) c. 129 (ANNO 1487).

 

Pag. 230 R. BRENZONI (10)

 

per un esercito nemico, si deliberò, per le esigenze strategiche, l’ abbattimento dei borghi  stessi riccamente adorni, come scrive  lo storico contemporaneo Canobbio  “di divotisime Chiese, ornatissimi  palazzi, honoratissime case, et amenissimi giardini” (1).

In seguito a tale ordine  furono rase al suolo  in varie riprese tutte le case, Chiese, Monasteri, alberi od altro intorno alla Città per un raggio di un miglio, come ci consta dagli atti pubblici e dalle cronache contemporanee (2).

Il decreto fu emanato dal Serenissimo Principe nel 1517 e l’opera di demolizione per la “spianata” ebbe principio nel borgo di S. Giorgio, come afferma il continuatore delle cronache dello Zagata (3).  Nell’ anno successivo, 1518, venivano così demoliti il Monastero, la Chiesa di S. Agostino e le case adiacenti in parte possedute da quelle monache, non rimanendo a queste che il nudo fondo di Batiorco, su cui la Pieve di S. Giovanni conservava ancora il suo antico jus, come vedremo.

Ma se il Convento disabitato nulla più rendeva alle suore, le case adiacenti procuravano alla Congregazione un frutto annuo, pei fitti, di ducati ventotto; tale doveva quindi considerarsi il danno da questa subito per l’abbattimento di quei fabbricati;  e l’abbadessa rivolgeva perciò al Serenissimo Doge una domanda in proposito per ottenere una riparazione, un risarcimento, pel danno subito (4).

La bontà delle ragioni era tale, che il Serenissimo Principe Leonardo Loredano il 27 novembre 1518 in una lettera “ pro monialibus Sancti Augustini ” accordava loro “per l’abbattimento del Monastero con case (e terre) dalle quali le monache ricevevano a titolo di livello ducati 28 annui”, l’esenzione dalle tasse fino a ducati dieci e per sei anni l’esenzione dalla tassa delle  “ lanze” (5).  Rimase pertanto ad esse il solo terreno ingombro dei resti dei fabbricati distrutti, rovine ancor numerose ai tempi in cui scriveva lo storico  Moscardo, come dicemmo (fine XVII sec.).

 

Note di pagina  230

 

(l) Canobbio, Historia della gloriosa imagine della Madonna posta

in campagna di S. Michele, pag. 6.

(2) Il miglio veronese corrispondeva a circa 1800 metri.

(3) Zagata, Cron. di Ver. tomo II, pag. 196.

(4) Perini, Busta V (26), S. Salvar C. R., alla data 1518.

(5) A. A. Vero Camera Fiscale.  Ducali (1517-1530). C. 29-29 t.

 

(11)   LA TERRA DI  “DATIORCO”  ECC. Pag. 231

 

Una domanda, alle quale è doveroso rispondere, è questa: Il fondo di Batiorco rimase sempre proprietà del Monastero di S. Salvar di Corte Regia?  O fu in seguito venduto o ceduto?

A questa domanda rispondono nella forma più chiara e precisa i vari registri amministrativi della  Pieve di  S. Giovanni in Valle, dai quali si ricavano le annualità del livello  della libbra d’incenso ininterrottamente pagate a quella dal Monastero di S. Salvar di Corte Regia fino all’ epoca Napoleonica  (1).  Il diritto di livello, considerato sempre come un “jus in re”,  non poteva essere esercitato che verso il possessore del fondo;  così il possesso di quella terra dovette rimaner sempre del Monastero di S. Salvar.

A comprova di quanto si è detto e a maggiore schiarimento riporto parte del testo di una lettera del 30 ottobre 1846 diretta dall’ I. R. Intendenza Provinciale delle Finanze di Verona alla Fabbriceria di S. Giovanni in Valle, che vantava il diritto del livello della libbra d’incenso verso il Demanio subentrato nella proprietà del monastero di S. Salvar di Corte Regia, dopo l’espropriazione Napoleonica: “onde ottenere la contribuzione del canone di una libbra d’incenso ad essa in origine dovuta dal Conv. di S. Salvar…. sopra una pezza di terra detta Batiorco presso il fiumicello sulla quale fu eretto il  Monastero di S. Agostino….; la pezza di terra sopra indicata  non  appartiene  all’Intendenza”,   essendo passata a privati già da  lungo  tempo (2).

Così sembrami di aver esposto nelle sue linee generali la storia di quest’ eremo, ch’ebbe una vita di duecento e settantacinque anni, e che ospitò figlie di nobilissime ed importanti famiglie, delle quali sarebbe qui inutile far parola; basti dire, che

 

Note di pagina  231

 

(I) Annualità del livello si trovano nei seguenti registri esistenti  nell’Archivio parrocch. di S. Giov. in Valle:  vol. “Nomina antiqua et moderna affictualium ecc.”  Reg. B. (anno 1523), c. 139 t.  “Libro d’entrata di S. Zuane in Valle” (1554), c. 13 t. “Libro della Pieve di S. Giov. in Valle, cominc. l’anno 1583”,    carta 75 t. (vol. F.) (annualità dal 1584 al 1606).   “ Liber S. Johannis in Valle, 1535 e seg.”    C. c. 70 t, (annual. dal 1535 al 1545).  Reg. B, c. 81 (1575). Vol. T (1764), C. 91 ecc.  (Talvolta il livello è corrisposto in denaro: 1 libra incenso è valutata 20 soldi; altro volte vengono accumulate varie annualità).

(2) Arch. parrocchiale di S. Giov. in Valle. (Arch. Busta IX, fasc. X).

 

Pag. 232 R. BRENZONI (12)

 

oltre alla suaccennata Duchessa di Bagnolo anche una Scaligera  vi ebbe dimora “Donna Albuina figlia di Alberto della Scala, Signor di Verona”, creata abbadessa del Monastero nel 1385 (1).

 

Prima di abbandonare questo  studio, piacemi togliere un  errore, spesso ripetuto anche da valorosi nostri storici contemporanei, quale il Prof. Luigi Simeoni.

Parlando della trecentesca “immagine della Madonna di Campagna” così egli si esprime:

“…. Questa pittura che porta dei grafiti  del XV secolo si trovava su una Muraglia del Monastero di Batiorco”. (2). Vediamo ora come stiano le cose: Da tutte le cronache di Verona sappiamo, che effettivamente questo pezzo di muro su cui stava dipinta la Vergine col bambino e due Santi fu trasportata dove ove si trova da una località non bene determinata, in mezzo alla Campagna, e ciò  nel 1559.

Questo frammento di muraglia apparteneva a ruderi  di fabbricato abbattuto nella spianata del 1518, come risulta dagli scritti dell’ epoca.

Costantemente si rilevano da queste pagine  press’a poco le seguenti parole circa quella notizia: “pezzo di muro posseduto insieme con il terreno da Messer Cosimo e fratelli da Perarolo” (3).  TaIe modo di esprimersi comincia già di per sé  a creare dei dubbi circa l’appartenenza di quella muraglia all’Antico Monastero di S. Agostino;  sembrerebbe infatti logico, che i compilatori di quei documenti e di quelle storie avessero dovuto rammentare le origine di quel muro piuttosto che indicare il nome del possessore del fondo in quei giorni.

 

Note di pagina  232

 

(1) A. A. Ver. Comp. della fondaz. ed esist. ecc., c. 2.

(2) L. Simeoni, Guida di Verona. pag. 358.

(3) A. A. Vero Arch. del Com. Vol. N. 49 (Madonna Campagna): (Jura et instrumenta Ecclesie Beat. Virg. Marie ecc.), c. 1. (Parlando del muro dipinto lo si dice: “Illorum a Perarolo”).

Aless. Canobbio nella sua “Historia della Glor. lmag. della Madonna posta in Campagna di S. Miehele (1587) dice: pezzo di muro posseduto insieme il terreno da Messer Cosimo e frat. da Perarolo, quivi restato dalle ruine”.   Il Dalla Corte nello stesso secolo XVI scrive a pag. 747  del II tomo: “ pezzo di muro fuori di Porta Vescovo posto al quanto fuori dalla strada maestra”.

 

(13)   LA TERRA Di  “DATIORCO”  ECC. Pag. 233

 

Vari argomenti poi, mi dissuasero subito della verità dell’ asserzione del Simeoni e di altri;  come spiegare l’appartenenza del fondo di Batiorco, su cui stava il monastero, a certi “Da  Perarolo” se in quegli anni (sec. XVI) e dopo, fino all’ epoca Napoleonica il Monastero di  S. Salvar pagò sempre il canone di livello alla Pieve di  S. Giovanni, quale possessore della terra suddetta?   Ma non basta: si tenga presente, che nell’ archivio di S. Salvar (A. A. Ver.) esistono molti registri anche del sec. XVI, dai quali si conoscono tutti i contratti, locazioni ecc. fatte dal Convento; e mai s’incontra il nome dei “Perarolo”.   La carta ultima da me trovata (della I. R. Intendenza), di cui ho già fatto parola; decide la questione, facendoci noto che solo nel 1813 il fondo era venduto a privati.  La mia tesi avrebbe trovato sostegno anche nel brano dello storico nostro L. Moscardo, che così chiaramente e dettagliatamente segna questa notizia:

“Nella spianata dei borghi, che fu fatta intorno alla  Città era rimasta un  pezzo di muraglia fuori della Porta del Vescovo, sopra di una strada vicinale, poco discosta dal fiumicello e dal sito ove la Chiesa e Convento di S. Agostino…., situata in un terreno all’ hora posseduto da Cosimo dal Perarollo”- (I).   Possiamo pertanto affermare, che il pezzo di muro affrescato, pur essendo nelle vicinanze del Monastero, non vi appartenne.

Così sembrami dimostrato sufficientemente l’errore, in cui sono incorsi vari nostri  scrittori di storia veronese.

 

Note di pagina  233

 

(1) Moscardo, Ristoria di Verona. Tomo II, pag. 419.

 

 

Licenziate  le bozze per la  stampa il giorno 14 febbraio  1925)


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