Nov 06 2018

MARCO ACCETTI: «IO, RAPITORE DELLA ORLANDI»

Category: Cronaca e notizie,Libri e fontigiorgio @ 02:57

 

 

 

MARZO 2013, LE RIVELAZIONI ALLA PROCURA DI ROMA

 

Marco Accetti, nato a Tripoli nel 1955, figlio di un costruttore edile trasferitosi a Roma con la famiglia negli anni Sessanta, in tempi recenti è entrato in scena come supertestimone e reo confesso del caso Orlandi. Il 27 marzo 2013 il fotografo dai burrascosi trascorsi (in anni giovanili militò in formazioni estremiste e fu più volte denunciato o arrestato) si presentò in Procura per riferire di aver partecipato al sequestro della figlia del messo pontificio, per conto di un gruppo di laici ed ecclesiastici interessati a contrastare la politica fermamente anticomunista di papa Wojtyla.

 

Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, 

 

 

A raccogliere le rivelazioni fu l’allora procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, titolare assieme al pm Simona Maisto dell’inchiesta sulla «ragazza con la fascetta» riaperta nel 2008.

 

Poche settimane dopo (a fine aprile 2013) Accetti fu indagato per duplice sequestro di persona aggravato dalla morte degli ostaggi, con riferimento anche alla seconda vittima, Mirella Gregori, sparita 46 giorni prima di Emanuela Orlandi.

 

Nel marzo 2013 Accetti, oltre a consegnare in Procura un flautoche la famiglia a caldo riconobbe come quello di Emanuela, si è autoaccusato di aver contattato la ragazza per indurla ad allontanarsi da casa e di aver operato come telefonista per conto dei rapitori.

 

I riscontri effettuati dalla Procura di Roma, nella persona dell’aggiunto Giancarlo Capaldo, hanno consentito di verificare che l’allora giovanissimo fotografo dallo spirito anticlericale ebbe un ruolo, seppure marginale, nella scomparsa della ragazzina quindicenne: le indicazioni sui luoghi da cui partirono le chiamate in Vaticano sono risultate esatte e la voce delle telefonate registrate all’epoca corrisponde.

 

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Lug 11 2018

IL NOME SEGRETO DI ROMA

 

 

Nonostante l’età sei sempre più bella e carica di fascino indescrivibile.  Da un piccolo villaggio sei diventata poleis dilatandoti fino a segnare i confini del mondo antico. Molti millenni hai davanti, auguri e vita eterna!

 

Fra i tanti misteri di Roma c’è quello del suo nome.

Quando gli storici antichi cominciarono a interrogarsi sulla sua origine e sul significato, si erano già recisi i fili della memoria e le interpretazioni si accumulavano : contraddicendosi; né i moderni sono riusciti a giungere a una conclusione convincente.

 

Servio, vissuto tra il quarto e il quinto secolo d.C., sosteneva che derivasse da un nome arcaico del Tevere, Rumon o Rumen, la cui radice era analoga al verbo ruo, scorro; sicché Roma avrebbe significato la Città del Fiume. Ma Servio era il solo a collegare il nome al Tevere, il quale d’altronde era stato chiamato anche Albula per la presenza di argille nel suo letto ‘.

 

Gli storici di lingua greca, ispirandosi a Ellanico di Lesbo, vissuto nel quinto secolo a.C., narravano invece sulla scia dell’Iliade l’arrivo di un gruppo di profughi troiani sulle coste del Lazio dove il loro capo, Enea, avrebbe fondato la città dandole il nome di una delle donne, Rome, che stanca di vagabondare da una terra all’altra aveva convinto le sue compagne a bruciare le navi. 2.

 

In un’altra versione della leggenda Rome diventava la figlia di Ascanio e nipote di Enea; e in un’altra si narrava che Rome, una troiana giunta in Italia con alcuni suoi compatrioti, sposò Latino, re degli Aborigeni, ed ebbe tre figli, Romos, Romylos e Telego- che fondarono una città chiamandola col nome della madre 4.

 

In questi e altri racconti si riscontra un elemento comune, la derivazione del nome da un’eponima Rome di cui è certo perlomeno l’etimo: rome, che in greco significa forza. È evidente il tentativo dei Greci, che si ritenevano non senza un’eccessiva presunzione i civilizzatori dell’Italia come di altre regioni mediterranee, di considerare Roma una città di origine ellenica.

 

La leggenda di Enea fuggiasco da Troia era già nota agli Etruschi fin dal sesto secolo, sicché Ellanico potrebbe averla riscritta con l’epilogo della fondazione di Roma, avendo notato che il suo nome era simile a rome.

 

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Giu 20 2018

NON MI PARLI PIÙ DI PATRIA, SIGNOR CAPITANO

Category: Libri e fonti,Storia moderna e revisionismogiorgio @ 00:37

 

 

A 100 anni dalla carneficina:  Altro che “Vittoria” e “Grande Guerra”

 

Umberto era tornato sui suoi passi. Si era fermato davanti al capitano, eretto, quasi sull’attenti, senza alcun segno di benevolenza, né di alterigia, ma con determinata educazione gli si era rivolto, privo di soggezione e di ossequio.

 

“Lei, signor capitano, ha mai combattuto? Vedo che per sua fortuna è ancora giovane e ha fatto carriera. Sono felice per lei che sia ancora vivo. Ha mai sbudellato la pancia di un uomo? Ha mai camminato su mucchi di cadaveri, ha mai guardato i volti sfigurati di soldati ai quali le granate hanno tolto mezza faccia, ha visto uomini accecati, ha rincorso giovani impazziti dal terrore, ha mai cercato di trascinare corpi di soldati mutilati, senza braccia o senza gambe, non ha mai sporcato di sangue la sua bella divisa, non ha mai lordato di troppo coraggio i suoi calzoni?”

 

Aveva alzato il tono della voce, stava urlando.

 

“Ah no, vero? Ha mai visto il bianco del cranio di un giovane che, ancora vivo, urlava per il dolore? Me lo dica! L’ha mai visto? Allora, signor capitano, taccia! Lei è un eroe, vero? Allora faccia quello che ho fatto io, lo faccia e poi venga da me… a insegnarmi l’entusiasmo per la patria. Faccia lei il carnefice, per Dio! Lo faccia, se ne è capace! Ha capito? Fino a quando non avrà guardato gli occhi di un soldato ucciso, lo strazio del cuore di corpi anneriti dalle granate, le membra scomposte irrigidite nella morte, non mi parli più di patria, né di una, né di cento, signor capitano! Basta con le vostre idiozie! Ci cago sopra!”

 

Tutti avevano sentito, nessuno aveva osato replicare. Erano rimasti allibiti.

 

Renzo CaramaschiDi gelo e di sangue, Mursia, 2015, p. 151-152

 

Fonte: da Inutile Strage  del 25 settembre 2015

Link: http://www.inutilestrage.it/non-mi-parli-piu-di-patria-signor-capitano-r-caramaschi/

 


Mag 30 2018

E= mc2 : “TUTTO MERITO DEL VENETO OLINTO DE PRETTO

Category: Libri e fonti,Natura e scienza,Persone e personaggigiorgio @ 00:08

Olinto De Pretto

 

 

E=mc2: “Tutto merito  del  vicentino  Olinto De Pretto”

 

La tesi di un docente di matematica dell’Università di Perugia, ripresa dal quotidiano britannico “The Guardian”

 

MILANO – L’equazione della relatività di Einstein non sarebbe, in realtà, di Albert Einstein, bensì di un matematico autodidatta italiano, Olinto De Pretto. La sconcertante rivelazione arriva dal serissimo giornale inglese “Guardian” che già otto anni fa aveva raccontato la genesi della celebre formula della relatività (il tempo e il movimento sono relativi alla posizione dell’osservatore, se la velocità della luce è costante), altrimenti conosciuta come E=mc2 (l’energia è uguale al prodotto della massa per il quadrato della velocità della luce) e che nell’edizione di martedì scorso ha riproposto la controversa questione circa la primogenitura dell’equazione forse più famosa al mondo.

 

Stando a quanto si racconta, il 23 novembre del 1903 l’italiano De Pretto, un industriale di Vicenza con la passione per la matematica, avrebbe pubblicato sulla rivista scientifica Atteun articolo dal titolo “Ipotesi dell’etere nella vita dell’Universo”, in cui sosteneva che “la materia di un corpo contiene una quantità di energia rappresentata dall’intera massa del corpo, che si muovesse alla medesima velocità delle singole particelle”.

 Insomma, la celebre E=mc2  spiegata parola per parola, anche se De Pretto non mise la formula in relazione con il concetto di relatività, ma con la vita dell’universo.

 

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Feb 07 2018

SUL CORSO

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:39

Cremona. Chiesa di Sant’Agata

 

 

  Alla fine degli anni Cinquanta, a Cremona la passeggiata serale dei giovani si svolgeva lungo Corso Campi. Si partiva dall’ingresso presso i giardinetti della Galleria XXV Aprile, un’imponente costruzione dell’epoca fascista, e, dopo averla attraversata, si sbucava in Corso Campi. 

 

 Si camminava lungo una via di circa centocinquanta metri che alla fine si restringe e si biforca. Andando diritto s’imbocca Via Palestro, mentre curvando leggermente a sinistra si prosegue per Corso Garibaldi. 

 

 Mentre la maggior parte di noi ragazzi tornava indietro, altri allungavano il cammino proseguendo per Corso Garibaldi fino alla chiesa di Sant’Agata. Questa era la nostra vasca: chiamata in questo modo per il semplice fatto che il percorrerla più volte ricordava l’andare e venire in piscina.

 

 La via si snoda sulla linea Est-Ovest, probabilmente su una parallela del Cardo Massimo, ed è quindi  in buona luce. Purtroppo non ha monumenti, ma solo qualche palazzo di fine Ottocento. Il marciapiede più battuto per chi si dirige verso la galleria, oltre a essere il più stretto e sconnesso, era quello di sinistra. Non c’era una spiegazione perché questo avvenisse.

 

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Feb 06 2018

E ADESSO?

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:08

 

 

 

Ah, le donne! Non finiscono mai di stupirci. Fantastiche e fantasiose sono poi nelle loro domande e risposte quando fanno le finte ingenue. Quante volte le abbiamo sentite dire: – O Dio, ma cosa ho fatto?- fingendo di pentirsi. Oppure: – E adesso, cosa facciamo?- pur sapendo benissimo cosa fare. Ecco l’argomento per un buon racconto.

 

 Negli anni Sessanta, per noi giovani era difficile trovare posticini adatti per amoreggiare. Se erano sposate, in alberghi o in qualche locanda fuori mano non venivano per timore di lasciar tracce; se erano nubili, era la vergogna che le tratteneva. E noi non eravamo neanche così ricchi da permetterci un paio di locali da usare come scannatoio. Per combinar qualcosa, c’erano solo due posti: l’aperta campagna o la macchina. Raramente poi si riusciva a portarle in casa nostra o entrare nella loro. 

 

 I giovani del giorno d’oggi la cantano bella: fino agli anni Sessanta i genitori non permettevano che i loro ragazzi amoreggiassero in casa, mentre già negli anni Ottanta, alcuni miei amici al sabato sera ritardavano il loro rientro per lasciare più tempo ai figli. Addirittura al giorno d’oggi li lasciano che passino le notti insieme.

 

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Feb 05 2018

LA STAZIONE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:04

 

 

 

Negli anni Settanta, l’Università di Verona non ha ancora la Facoltà di Medicina, e la maggior parte degli studenti sono invogliati, per la breve distanza e per la frequenza dei treni sulla linea Milano-Venezia, a iscriversi all’Università di Padova. Che è una fortuna non indifferente essere iscritti in una facoltà che fin dal Medio Evo vanta nobili origini e chiara fama in tutto il mondo. 

 

 Tra questi giovani ce n’è un paio che non sono affatto male. Svegli, e già fin troppo navigati per la loro età. Oltre che compagni di corso si vedono spesso in giro per il centro circondati da quel benevolo alone d’ammirazione e d’invidia che rendono mitiche le loro imprese.

 

 Michele, dai capelli neri e corti, dal sorriso smagliante, appena al di sotto del metro e ottanta su un viso dai lineamenti delicati, è sempre in jeans e maglione più o meno pesanti secondo le stagioni. Flaviano, leggermente più piccolo e più maschio, porta i capelli lunghi fino al collo: sono castani e ben curati dalla tartaruga del suo pettine. Eternamente abbronzato, con scarpe all’inglese, con i risvolti ai calzoni e in giacca e cravatta, veste come un elegantone d’altri tempi. Ora, con un paio d’avventure capitate in treno, potrete inquadrarli meglio.

 

  Soprattutto nelle prime ore del mattino, la linea Milano-Venezia a causa dei pendolari e degli studenti che si recano quotidianamente a Padova e a Venezia è sempre affollatissima. Capita sovente di salire e di farsi strada a fatica, il più delle volte disgustati dall’alito e dal sudore cipollino di certe ascelle. A volte, si deve anche ringraziare il Cielo se non si prendono spintoni e pestoni da alcuni energumeni.

 

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Feb 04 2018

IL CALCIATORE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:29

  Già in un’altra occasione, avevo scritto che l’amante ideale per noi maschi dovrebbe essere la bella femmina della porta accanto, e se poi è sposata, meglio ancora! 

Non mi credete? Consideriamone i vantaggi. In primo luogo, con la vicina si ha più facilità di contatti, e quindi maggiori rapporti; secondariamente, se dovessero pescarvi mentre entrate o uscite dal suo appartamento, potete sempre giustificarvi che eravate confusi o che avete sbagliato porta. Addirittura, che vi occorreva del sale, un goccio d’olio, due uova… o che so io? Quel che vi salta in mente in quel momento, anche della curcuma. Nessun dubbio poi dell’enorme vantaggio che rappresenta la via di fuga, che non può essere più breve che da porta a porta.

Donna sposata non va mai abbandonata, a meno che lei voglia lasciare il marito per mettervi delle catene. Vi ricordo che siamo liberi d’entrare in una gabbia, ma difficile uscirne. Queste sono le raccomandazioni che faccio sempre ai miei amici. Quanti guai in meno, se mi avessero ascoltato!

Una mattina di primavera degli anni Settanta, stavo aprendo un po’ prima delle nove i cancelli della vetrina che dà sul vicoletto, quando mi sento sfiorare da una folata di vento che mi entra in negozio. Penso già al primo seccatore. A quello che ha l’occhiale storto, un‘asta staccata, oppure che ha bisogno d’un giro di vite e che, per la premura che dichiara, dovrei  piantar lì tutto e servirlo. In negozio non trovo nessuno. Mi credo poco sveglio o di aver ancora dei fumi residui della sera precedente quando dal retrobottega mi appare lui: il bomber del Verona.

È pallido come una pezza lavata ed è nudo. Porta un asciughino a mo’ di grembiule … Eh, no, no! adesso ricordo bene: teneva le mani sui fianchi che reggevano uno straccetto. Resto a bocca aperta, e poi mi metto a ridere, e a ridere fino alle convulsioni. E per simpatia anche lui scoppia in una risata fragorosa.

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Feb 03 2018

T’HO VIST

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:06

Cremona    la casa di via Volturno al 62

 

 

Ho avuto una gran mamma. E che nessuno si sogni di dirmi adesso che la sua è stata più grande della mia. Di Margherita, chiamata Rita, potrei raccontarne tante da riempire più d’un libro, ma tempo e spazio mi consigliano di limitarmi solo a un breve compendio.

 

 Piccola di statura, con le gambe storte, con capelli corvini e ricci di cui ne andava fiera, nonostante  avesse un viso dai lineamenti marcati era riuscita a farsi sposare da mio padre che passava per un bell’uomo. In casa erano in sette fratelli: cinque femmine e due maschi. Perdiana, che allegria! Un giorno mi capitò di vederne quattro di queste cinque, parlavano tutte in una volta, e quel che mi stupì, fu che si capissero.
 Ancora bambina, dopo la terza elementare aveva inforcato la bici e ogni mattina portava il pane nelle cascine vicine al paese. Era soprannominata la Fornarina(1) e, macinando chilometri e chilometri su strade piene di polvere e fango, portava, oltre al pane, un po’ d’aria fresca nella dura vita dei contadini di allora. In tavola, se il tempo non permetteva, i contadini si accontentavano della polenta.
 Al ritorno, andava a dar una mano nella trattoria di famiglia. Mio nonno, oltre a essere fornaio, gestiva, aiutato da moglie, figli e dipendenti, una trattoria che a mezzogiorno dava da mangiare a un centinaio di lavoratori delle filande. Un piatto caldo o panini con il salame oltre al bicchier di vino. Un pasto che poi la gente integrava con qualcos’altro che si portava da casa per non spendere.

 

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Feb 02 2018

TITOLO DELL’OPERA: DIO NON RIDE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 07:40

 

 

Ala di copertina

 

 E non ha tutti torti. Per quel che vede, c’è solo da piangere.

 

  Nietzsche ha scritto che Dio è morto, mentre la maggior parte di chi Lo implora si lamenta che è sordo. Gli autori delle Sacre Scritture Lo hanno descritto come un padre-padrone: ci ha scacciato dal paradiso, ci ha fatto correre per il deserto, ci ha dettato le Sue leggi e ha disperso il Suo popolo.  

 

 Con i limiti tutti nostri di poveri mortali Lo hanno sempre descritto troppo severo e vendicativo. Non credo però che Dio venga offeso quando non si condivide le idee dei Suoi preti, e neppure credo sia anche un giudice così serio e severo pronto a punirci senza divertirsi e regalarsi neppure un sorriso. Gli abbiamo attribuito le nostre più noiose qualità senza donargli un briciolo di umorismo e d’ironia che, come san tutti, sono il sale della vita. Per questo penso che la Teologia vada riscritta. Han fatto meglio i Greci che tra gli dei avevano generato un Bacco. 
 Ora, ammesso che esista, come posso non annoiarlo e fargli perdere quell’aria vendicativa di giustiziere se non deliziandolo e farlo sorridere? C’è solo un modo, anche se un po’ presuntuoso da parte mia: fargli leggere questi brevi racconti.

 

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Feb 01 2018

ENZO MONTI – INTRODUZIONE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:31

Enzo Monti

 

 

 Non capita tutti i giorni d’incrociare per strada un amico che ti suggerisca:
 – Visto che hai la penna facile, cerca di scrivere dei racconti brevi e, se ti è possibile, facendo leva sulla tua voglia di ridere e di scherzare, che siano divertenti. Mi piacerebbe  vedere in giro facce più allegre. Ce ne sarebbe un gran bisogno! Ma lo sai che potresti ricavarne anche un sacco di soldi?  

 Non ci sarebbe nulla di singolare se il consiglio non mi fosse stato soffiato dal professor Flavio quando, in una mattina fredda e con qualche fiocco di neve di questo fine febbraio del Duemilatredici, l’incontrai all’uscita da Squassabia, in Piazza Isolo qui a Verona. Ero appena uscito da questo centro, dove avevo fatto delle terapie (interferenziali e ultrasuoni alle ginocchia), quando al volo ci siamo scambiati queste quattro parole. 

 Flavio è uno dei primi lettori dei miei scritti, un lettore entusiasta del mio primo libro. Ricordo che se lo portò in vacanza e gli piacque così tanto che mi scrisse una cartolina dalla Croazia complimentandosi e confessando pure che se lo contendeva con la moglie.
 Uomo di solida e vasta cultura parla e scrive correttamente in cinque o sei lingue, avendole imparate nel corso degli anni come nostro addetto culturale in parecchie capitali europee. Ora,
insegna all’Università della Terza Età e, a tempo perso, sta leggendo le mie opere teatrali. Forsenon gli sono piaciute più di tanto, e allora mi ha suggerito con diplomatica eleganza di scrivere qualcos’altro. 
 E se mi sbagliassi? E se invece avesse visto in me una discreta abilità nel raccontar facezie? 
 Sulla settantina, calvo, sornione, con lo sguardo e il sorriso del saputo, oltre a possedere la raffinata doppiezza del diplomatico, conosce l’arte di pesare chi gli sta davanti. Che mi abbia dato un buon consiglio?

 

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Gen 21 2018

CHI SONO GLI SCRITTORI FANTASMA…GLI “GHOSTWRITER”

Category: Libri e fonti,Media e informazionegiorgio @ 12:40

 

 

 

Quanto guadagnano, per chi lavorano e soprattutto: perché non scrivono libri propri?

 

«Qualche mese fa sono andata a una festa per l’uscita di un libro di una mia autrice», dice Francesca Parravicini, ghostwriter, «e all’improvviso mi sono accorta che intorno a me c’erano tutti i miei personaggi. Almeno… molti. Erano tutte persone di cui avevo scritto i libri. È stato molto straniante».

 

Il mestiere di Francesca Parravicini è scrivere libri senza comparire. Il suo primo libro da ghost – pubblicato da Aliberti nel 2009 – si intitolava In viaggio con Alberto. Parole, storie, ricette della buzzicona che incantò il grande Sordi di Anna Longhi. «È l’unica di cui svelo il nome», dice Parravicini, «perché so che ne sarebbe stata contenta».

 

In sette anni Francesca Parravicini ha scritto una quarantina di libri, con punte di dieci all’anno, molti dei quali per Mondadori, firmati da cantanti, attori, magistrati, sportivi, gente della tv, fotografi, cuochi, insomma da chiunque abbia un po’ di celebrità da spendere sul mercato. «Quando racconto che mestiere faccio, tutti mi chiedono perché non scriva libri miei, come se ci potessi vivere. Certo che scrivo anche cose mie, ma non le divulgo. Penso che alla gente non interessi. Sono molto riservata e non comparire non mi dà problemi, anzi: quello che mi piace è entrare nel personaggio e cercare di restituire la sua voce attraverso la scrittura».

 

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Gen 18 2018

VITTORIO EMANUELE II…FIGLIO DI UN MACELLAIO…

 

IL VITTORIONE

 

 

 

I Savoia potrebbero incazzarsi nel leggere i nostri resoconti di una storia finalmente diversa da quella propinataci dai vari regimi; di una cosa però possono andare orgogliosi: Vittorio Emanuele II non era un Savoia ma, come ci fa sapere Massimo D’Azeglio “… il suo vero padre era un macellaio di Porta Romana a Firenze …” .
Infatti Vittorio Emanuele II era figlio spurio sostituito al vero Vittorio Emanuele quando il vero erede subì ustioni mortali a Poggio Imperiale nel Settembre 1822 .
A Napoli, Vittorio Emanuele II sarebbe stato chiamato “ figlie ‘e zoccola”.
A pag. 11 del libro “Vittorio Emanuele II” di Pier Francesco Gasparetto leggiamo quanto segue:

“Proprio a Poggio Imperiale il piccolo Vittorio corre il primo rischio serio della sua vita. Rischia di finire bruciato vivo nella culla. I fatti, secondo il rapporto del caporale Minutti, vivacizzato da un uso personalissimo della lingua e della punteggiatura e indirizzato ‘All’Illustrissimo Signor Commissario del Quartiere Santo Spirito’, si svolsero in questo modo: “La sera del sedici stante verso le undici e mezzo, la Baglia di Sua Altezza Imperiale e Reale il Principe di Carignano, essendo nel suo appartamento, e volendo con il lume ammazzare le zanzare gli prese fuoco lo zanzariere; ed il vestito che aveva ancora indosso, volendo salvare il Bambino che era in letto acese ancora il medesimo alle grida della medesima accorse delle Cameriste, e altre persone di servizio, e spensero il fuoco, essendo rimasto nel letto mezzo materasso, e la Baglia si dice che stia in pericolo ti vita, stante di essersi bruciata sotto. Che è quanto”.

 

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Gen 15 2018

UGUAGLIANZA, ECCO IL PENSIERO DI MONALDO LEOPARDI, PADRE DI GIACOMO LEOPARDI

 

 

 

 

di MONALDO LEOPARDI*

 

Un piacevole scritto di Monaldo Leopardi (1776 – 1847), padre del ben più famoso Giacomo (1798 – 1837), sull’uguaglianza. Tratto da “Catechismo filosofico per uso delle scuole inferiori”.

 

 

Discepolo.: è vero che tutti gli uomini sono uguali, come ci assicurano i filosofi liberali?

 

Maestro.: Prima di rispondervi, voglio farvi io stesso alcune interrogazioni.

 

M.:È vero che tutti gli uomini sono d’una altezza medesima?

 

D.: Signor no, perché altri sono alti, altri mezzani, altri bassi e questa è la disposizione della natura.

 

M.: è vero che tutti gli uomini hanno una medesima sanità ed una medesima forza?

 

D.: Signor no, perché alcuni sono sani, altri infermi, alcuni sono deboli ed altri gagliardi e questo pure è un altro ordinamento della natura.

 

M.: è vero che tutti gli uomini sieno di una medesima capacità, talento e ingegno?

 

D.: Signor no, perché alcuni sono ingegnosi, altri dotti, alcuni sono stupidi, altri sono ignoranti e questo pure è un ordinamento della natura.

 

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Dic 28 2017

AGENTE CIA: CI HANNO DATO MILIONI DI DOLLARI PER SMEMBRARE LA JUGOSLAVIA

 

 

ROBERT  BAER  EX AGENTE CIA (ROTHSCHILD) : CI HANNO DATO MILIONI DI DOLLARI PER SMEMBRARE LA JUGOSLAVIA

 

Abbiamo corrotto partiti e politici che hanno istigato odio tra i popoli. Il nostro obiettivo finale è stato quello di schiavizzarvi!
WebTribune ha pubblicato un’intervista con l’ex agente della CIA Robert Baer, durante il suo tour di promozione in Quebec per il libro “I segreti della Casa Bianca”.

 

Robert Baer, ex-agente della CIA, è autore di molti libri in cui ha comunicato i segreti sia della CIA che dell’ amministrazioni di Bill Clinton e George W. Bush. E ‘stato arrestato e detenuto più volte. Mitt Waspurh, un amico personale che lavorava al Senato e condivideva le informazioni è stato ucciso a mano armata. 

 

Come un agente senior della CIA, Baer ha lavorato in Jugoslavia durante il periodo 1991-1994 e in Medio Oriente. Ha lavorato su diversi documentari sul National Geographic, accusando l’amministrazione Bush di fare la guerra per il petrolio.

 

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