La sola felicità possibile
è nella coscienza
d’aver sempre ed armonicamente compiuto il proprio dovere.
L.Z.
Mar 02 2018
La sola felicità possibile
è nella coscienza
d’aver sempre ed armonicamente compiuto il proprio dovere.
L.Z.
Feb 24 2018
Visto però che in questo mondo tutto è possibile, ascolta la mia preghiera: – Se un bel dì tra le nuvole Ti passassi davanti e Ti venisse voglia di castigarmi, fallo almeno con un sorriso.
Feb 22 2018
Nei balli, mi scateno e ricevo pure applausi, non perché sono un fanatico seguace di Tersicore, ma perché mi diverto un mondo a fare il buffone, nonostante resistenza e scioltezza non siano più quelle d’una volta.
Le due ultime occasioni le ho avute ai matrimoni dei miei figli. Soprattutto a quello di Nicola e Caterina, dove mi capitò un episodio davvero singolare.
Il primo ballo lo feci per dovere con la donna più brutta e più vecchia, quella che di solito non la fa mai danzare nessuno. Ballai poi con tante, tra cui Caterina, mia moglie e Giada: una simpaticissima nipotina di mia moglie. Anche se dopo qualche ballo di fila dovevo riprendere fiato, quella volta non mi arresi se non alla fine.
Durante una pausa m’intrattenni con un amico dei miei figli: un single che, da quello che mi ha lasciato intuire e da ciò che successe poi, aveva e avrà tutte le buone intenzioni di praticare l’onanismo per tutta la vita. Mi stavo informando sul suo lavoro quando m’accorsi che una bella bionda guardava con insistenza verso di noi. Chiesi allora a Carlo:
Feb 21 2018
Nell’Odissea, Omero dice che Giove ha dato le sventure agli uomini affinché abbiano di che cantare.
A me basta poco: uno sguardo compiacente, un sorriso, tre parole, un pettegolezzo per poter mettere giù qualcosa. Non sarà un canto, ma neppure una lagna. A che serve scrivere delle disgrazie quando ogni giorno ne arrivano a vagoni?
Dopo il racconto fattomi dal commesso della pellicceria è come se avessi vinto cinquanta euro al gratta e vinci o se avessi bevuto al bar un paio di calici di champagne. E se poi questa storia mi riesce di metterla in modo decente sulle pagine bianche, volo allora tra le nuvole, e la sua storia diventa la mia: è come se l’avessi vissuta io.
Di primo pomeriggio e alla fine degli anni Settanta, avevo in negozio Alberto: un quarantenne, alto, atletico, dai modi gentili e dal soldo facile. Era venuto a ritirare un occhiale da sole a cui avevo sostituito una lente quando entrò Gigi, un mingherlino insignificante in divisa da commesso e che lavorava nella più nota pellicceria della città. I due si salutarono: Gigi con un’aria deferente, l’altro con quel distacco con cui si tiene lontano un seccatore.
Come Alberto uscì dal negozio, spinto dalla curiosità Gigi mi chiese:
Feb 20 2018
Bosco Piazza
Dino è stato il mio primo e unico amico d’infanzia.
Se escludo alcuni mesi per adempiere ai miei impegni scolastici, sono cresciuto fino all’età di otto anni a Bosco Piazza, una frazione di Torricella Del Pizzo in provincia di Cremona. Una lingua di terra compresa tra il fiume Po e i suoi argini maestri. Terra sabbiosa e al tempo stesso fertile, ricca di prati, di campi di grano, di boschi di pioppi, e dove l’insistente monotono frinire delle cicale e il richiamo del cuculo rendevano ancor più noiose e insopportabili le calde ore estive.
Allevato dai nonni e dagli zii in tempo di guerra, oltre a sollevare dalle fatiche mia madre impegnata nel lavoro e alla cura di mio fratello più piccolo, la campagna rappresentava il posto più sicuro di questo mondo. Questo era quello che credevano i miei, ignari dei pericoli che passavo frequentando Dino, visto che con lui ero sempre in guerra.
In quel gruppo di case che formavano il Bosco c’era anche Mario che aveva la nostra età. Nonostante si giocasse anche con lui, i miei pensieri, le mie preoccupazioni, il mio cuore avevano un nome solo: Dino.
Feb 19 2018
La Palazzina Azzurra
Mi scuso con gli stranieri per non aver tradotto le parti dialettali e alcuni termini poco comprensibili o addirittura introvabili sui vocabolari, non credevo d’avere un pubblico cosmopolita. Perdonatemi!
In ogni compagnia, c’è sempre qualcuno che conta balle. Io ho avuto la fortuna di aver Memo, amico di mio fratello e suo compagno di classe, che ne sparava a raffica.
Dotato di sfacciata disinvoltura e di notevole capacità nel raccontar frottole, rivestiva le sue affermazioni con tale sicurezza da farle sembrare più vere di quanto non lo fossero. Non che lo facesse per cattiveria o per scopi particolari. Con probabilità, solo per farsi bello.
Per quanto si faccia, con i bugiardi non si riesce mai a cambiarli, anche se ripetutamente gliele canti. Mi vengono in mente alcuni scritti di Oscar Wilde a proposito dei mentitori,” con le loro franche e intrepide asserzioni, con le loro superbe irresponsabilità “e pronti a falsificare perfino le prove più evidenti. E lui era fatto così, era capace di mentire anche sul mentito.
Feb 17 2018
Mi fu presentata dalla sorella più giovane d’un mio amico. Devo ammettere che non fui io a conquistarla, ma lei a catturarmi. Non solo! Dopo sei mesi fu sempre lei a mandarmi a spasso. E cosa ci potevo fare? Non sempre gli anelli s’infilano nel dito giusto.
Sul metro e sessanta, magrolina all’apparenza ma ben tornita, rossa e con capelli a coda, possedeva un bel sorriso, un buon carattere e qualche brufolo di troppo. Quel che la rendeva unica e singolare era il fatto che voleva far l’amore nuda e sempre nei prati. E non c’era verso di farlo diversamente.
Se il letto è il luogo preferito dai più, negli anni ho sentito che alcuni lo fanno volentieri sui tappeti, contro il tavolo della cucina, nelle vasche da bagno, negli ascensori, insomma, dove capita. Ma che si preferissero i prati a volte umidi di guazza, su zolle di terra nuda e cruda, oppure su spuntoni d’erba spesso anche secca e con una miriade d’insetti che ti corrono su e giù per il corpo, non l’avrei mai creduto se non l’avessi provato. Non ha tutti torti il grande Oscar quando dice che la natura è scomoda.
Feb 16 2018
Anni fa, avevo scritto un racconto su Luciano Pelizzari, un pittore che a quei tempi viveva in un paio di locali che s’affacciano su Piazza Delle Erbe qui a Verona. Mario Miollo, altro amico pittore che bazzicavo ancor prima di Luciano, mi fece una imbarazzante scenata di gelosia. Per mettere le cose a posto, dovetti scrivere anche su Mario qualche riga che poi pubblicai nel mio primo libro “ Il maestro della leggenda di Sant’Anastasia”. Ma questo non fu l’unico caso.
Un giorno, venne da me un signore distinto con cui avevo fatto qualche chiacchiera, venduto forse qualche occhiale, e nulla più. S’appoggiò al banco di vendita e davanti a una coppia di clienti :
– Ah, son proprio contento!… Caro Monti, giorni fa ero ad Ascot alla corsa dei cavalli quando il Duca di Kent, che è mio amico da vecchia data, pieno d’orgoglio mi ha mostrato uno scritto che aveva ricevuto qui a Verona qualche mese prima. Glielo avevano dato come omaggio avendo consegnato alla nostra città, da parte dell’Unesco, il riconoscimento di “Patrimonio dell’Umanità”. Non dirmi che non ne conosci l’autore? … Di me, che ti conosco da una vita, non hai mai scritto niente; arriva uno che non hai mai visto e gli dedichi una poesia. Son proprio contento … Eh, sì! son proprio contento! – e amareggiato uscì.
Feb 15 2018
Tra i dieci e i tredici anni, in soffitta a Cremona in Via Volturno al numero 2, con i miei compagni di gioco ogni tanto ci mostravamo i primi peli.
Il nostro pisello(1) s’allungava e s’ingrossava con il trascorrere del tempo, mentre per le ragazzine il taglietto, oltre a qualche piccolo pelo di rivestimento, non era poi tanto diverso di quando erano più piccole.
Per saperne di più, dalla terza Media in poi andavo in biblioteca a spulciare sulle enciclopedie. Dovevo stare attento alla curiosità dei bibliotecari e degli studenti che mi passavano alle spalle. Prima dei diciotto, andavo a studiare nel nostro magazzino in Via Volturno al numero 26. Invece di applicarmi sui libri, attraverso un foro sbirciavo nel gabinetto del cortile in attesa di qualche preda. Purtroppo scorgevo ben poco: solo ciuffi di peli, e a volte il pelo era talmente abbondante che mi sembrava di vedere cespi di verdura. E allora sfogavo il livore e foia con delle seghe(2) rabbiose.
I ragazzi del giorno d’oggi la cantano bella: noi non avevamo allora quelle meravigliose e piacevoli illustrazioni di cui dispongono al giorno d’oggi. Non esistevano riviste, cassette, trasmissioni televisive, Internet, dove ci danno visioni panoramiche e talmente dettagliate che se ne possono contare perfino i peli. Quello che si vedeva allora erano solo disegni. Le fotografie erano rare e sfocate, e “L’origine del mondo” di Gustave Courbet ammuffiva ancora nei sotterranei del museo.
Feb 14 2018
George Moor…. meglio un brutto scherzo che nessuna battuta
Ahi, ahi, ho sbagliato tutto!
Mah! Se il racconto è diventato triste, forse avrò commesso qualche errore. Letto e riletto parecchie volte, devo ammettere che nella trama c’è solo l’ombra preoccupata di una madre per la figlia. Una vicenda, tutto sommato, dove non c’è un filo di sofferenza. Ma forse già una piccola preoccupazione è già un affanno, anche se non è un vero e proprio dolore, un dolore fisico, intendo. Pur sapendo che il morale sale e scende con l’intolleranza al dolore e n’è strettamente connesso, sono però i pensieri a procurare i guai più grossi.
Siamo alle solite. Mi perdo in certe considerazioni che non sanno proprio di niente. Se le risolvessi? Otterrei almeno il consenso di chi mi ascolta, invece di impastocchiare il discorso e non riuscire a venirne a capo. L’intero pensiero, forse fragile e quasi folle, può sembrare a mala pena definito anziché d’essere completo.
Ma queste parole sono mie o le ho lette da qualche altra parte? Ah, m’ingarbuglio troppo! È meglio lasciar perdere! Invecchiando non so più quel che mi dico.
Feb 13 2018
Mio fratello diceva che Beppe, un ventiquattrenne che giocava al calcio con noi ragazzi di tredici anni all’oratorio di San Luca a Cremona, era un “salen”. Tradotto in lingua italiana un “salino”.
Il termine indicava, nel nostro dialetto, chi segue i ragazzini nei gabinetti e gli va a menar il pisello.(1) E su Beppe non si sbagliava. Lo verificai da una sua confessione fattami il giorno quando venne da me, invece d’andar io da lui, per scusarmi d’averlo accusato ingiustamente.
Le nozioni sul sesso le avevo apprese dagli animali in campagna quando ero dai nonni. Per di più, tra i cinque e i sei anni giocavo, come tutti i bambini della mia età, al dottore con le mie amichette. Vivevo seguendo i semplici istinti naturali senza problemi né inibizioni finché, arrivato in città, frequentai l’oratorio. E come tutti i miei coetanei di quell’epoca, subii l’oppressione, la violenza, la ferocia e la brutalità dei preti contro il sesso, e di conseguenza contro le donne: uniche fonti di peccato, di perversione e dannazione. Come se al mondo non ci fosse abbastanza cattiveria e malignità da combattere.
Feb 12 2018
“ Il cliente ha sempre ragione”.
Ma come? dovrebbe aver ragione anche se non l’ha? E purtroppo gliela si deve dare per il semplice motivo che, se non gliela dai, perdi la vendita.
Ma che vada a quel paese lui e la sua ragione!
Un detto che mi ha creato seri problemi fin da giovane. Se ben ricordo, ne presi tante da mio padre il giorno che volevo malmenare un vecchio che mi aveva fatto impazzire per una sola busta da lettera del prezzo di una lira. Avevo quattordici anni. I miei avevano la tabaccheria sull’angolo di Via Volturno. Era d’estate, di primo pomeriggio, e faceva un gran caldo. Ero atteso all’oratorio per la partita; ma l’uomo non si decideva a scegliere il tipo di busta. Spazientito lo minacciai, e mio padre me le suonò.
Diventando vecchio son diventato perfino più tollerante anche con quelli che si atteggiano a competenti senza esserlo.
Feb 11 2018
La galleria 25 aprile
A Cremona, nel Sessantatre, mio fratello aveva preso la buona abitudine d’andare con i suoi amici, un po’ prima delle venti, a bersi l’aperitivo sotto la Galleria XXV Aprile presso il caffè Moka.
Nonostante il posto fosse solo un budello con un bancone sulla sinistra, con una lunga specchiera alla parete e con mensole che reggevano bottiglie, era diventato un locale alla moda. Sembrava che non ci fosse niente di meglio in tutta la città.
In fondo a questo banco, a foggia di elle maiuscola, sul lato minore era disposta la macchina del caffè che non mostrava al pubblico, come avviene al giorno d’oggi, beccucci e manovelle, ma il lato opposto, dove faceva bella mostra il designer del costruttore.
A quei tempi, il vino non era un gran che. Per noi Cremonesi non c’era altro che Malvasia piacentina, un bianco leggermente frizzante e un po’ amabile. Qualcosa di meglio era il Carpenè Malvolti e il Montelera della Martini, più pregiati di questi veniva solo lo champagne. Non servivano il bianco fermo oppure il vino rosso come s’usava nelle osterie, e non era ancora di moda lo spritz all’Aperol, anche se devo confessare che qualcuno prendeva già dello sprizzato semplice oppure corretto con Campari o Cynar. Quel locale poi era famoso per il bitter Campari con selz servito in bicchieri ghiacciati. Scusate se trascuro gli analcolici, ma con loro non ho mai avuto buoni rapporti.
Feb 10 2018
Verona. Vicolo cieco Pozza
Dopo Corticella San Paolo, sempre a Verona, andai ad abitare in Vicolo Cieco Pozza al numero civico 9. E vi rimasi per venticinque anni.
A destra del piccolo cortile e sotto a una monofora con colonnine e arco a tutto sesto, si entra in casa. Attraverso un portone in ferro, che dalla metà altezza in su presenta piccoli rettangoli in vetro smerigliato, prende luce questo androne di tre metri e mezzo per sette. Un posto ideale per le bici dei miei figli e dei loro amici (un giorno ne contai ben otto). Oltre alle bici e alla legna da ardere, veniva sfruttato anche come deposito per gli amplificatori musicali. Sulla destra, si sale per due rampe di scale e, dopo una porta che poteva andar giù con una sola spallata, si entra nell’appartamento vero e proprio.
Una casa grande caratterizzata da una vasta cucina con caminetto e da un salone con alti soffitti e travi a vista di oltre settanta metri quadrati. Lasciai quella abitazione tre anni fa perché le spese per il riscaldamento, senza per altro che ci fosse mai tanto caldo, erano una disperazione. Inoltre, per due persone sole era diventata troppo grande.