Dic 07 2016

ALESSANDRO SALLUSTI: “UN GIORNO RENZI MI TELEFONÒ INSULTANDOMI”

Category: Media e informazione,Persone e personaggigiorgio @ 07:54

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Alessandro Sallusti 

 

 

Il direttore de il Giornale si è “sbottonato”, svelando i lati più intimi della sua vita. L’ostinato difensore di un pensiero “altro”, controcorrente e contro le mode imperanti, notoriamente impassibile, si racconta.

 

Gli esordi, ovvero: un direttore già da bambino. «Il primo giornale penso di averlo disegnato per le vie di Como, a 9 o 10 anni. Faccio il mestiere che ho sempre sognato di fare, più per fortuna che per merito, questo è davvero un dono di Dio. Ero un bambino inquieto e insoddisfatto. Per questo ho preso tante di quelle botte da mio padre…».

 

Il passato ingombrante. «Mio nonno è stato un ufficiale dell’esercito, passato alla Repubblica Sociale, poi fucilato. Questa storia ha sempre gravato sulla mia famiglia, come un peso insormontabile».

 

Il Battaglione San Marco: il militare necessario. «Non sono mai stato uno studente modello. Ho fatto l’Istituto tecnico e in anni in cui tutti erano ammessi agli Esami di Stato, mi fermarono. Una vergogna. Immediatamente mi diressi allo sportello del distretto militare. Mi dissero che se firmavo come volontario per il Battaglione San Marco avrei potuto partire dopo due settimane. Firmai. Il militare ha cambiato la mia vita in modo determinante, per questo penso che sia necessario ripristinare la leva obbligatoria. E quando penso ai nostri marò, beh, penso che questo Paese ha ormai perso il senso dell’onore».

 

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Dic 06 2016

LA PASTINA DE BORTOLIN: L’ORIGENE DI TUTTE LE TORTE E PASTE DIPLOMATICHE ALL’ITALIANA

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Pastina de Bortolin

 

 

Quella che tutti conosciamo come ‘pasta diplomatica’ o ‘pasta italiana’ e che troviamo in tutte le pasticcerie d’Italia nasce, in realtà, a Villafranca di Verona alla fine dell’Ottocento e la sua denominazione originale è ‘pastina de Bortolin’, dal nome del gelataio che la inventò.

 

Tipico dolce da forno a base di pasta sfoglia, pan di Spagna e crema pasticcera, la ‘pastina de Bortolin’ fu inventata da Bortolo Dainese nella sua gelateria denominata ‘Bortolin’, e nel corso degli anni fu copiata da altri pasticceri, anche se con lievi differenze negli ingredienti rispetto alla ricetta originale, la quale si è tramandata di padre in figlio mantenendo gli stessi tradizionali sapori delle origini.

 

Ottima come dessert a fine pasto, ma anche come goloso spuntino accompagnata da un buon caffè, la ‘pastina de Bortolin’ deve essere consumata fresca. Per realizzarla, infatti, è necessario preparare settimanalmente pasta sfoglia e pan di Spagna e, giornalmente, la crema pasticcera.

 

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Dic 04 2016

VOTA NO ALLA COSTITUZIONE OSCURANTISTA!

Category: Veja migiorgio @ 13:51

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GIU’ LE MANI DALLA COSTITUZIONE ITALIANA !

  

CHI VUOLE DISTRUGGERE LA COSTITUZIONE VUOLE DISTRUGGERE LA TUTELA DEL POPOLO ITALIANO CHE VI E’ SANCITA  E LO FA PERCHE’ I CAPITALISTI PIU’ RICCHI DEL MONDO ABBIANO GIOCO FACILE NELLO SFRUTTAMENTO DA GARA AL RIBASSO SOTTO IL COSTO REALE SENZA NESSUNA RESPONSABILITA‘ NEI CONFRONTI DEI LAVORATORI, NE’ DELL’ AMBIENTE DOVE VIVIAMO.

 

DISTRUGGENDO LA COSTITUZIONE SI TORNA A GARANTIRE LA  LEGGE  DELLA  JUNGLA, IL  GROSSO CHE MANGIA IL PICCOLO, SI TORNA A GARANTIRE L’ ACCUMULO  CAPITALISTA  DOVE I RICCHI SONO SEMPRE PIU’ RICCHI E I POVERI SEMPRE PIU’ POVERI.

 

DISTRUGGERE LA COSTITUZIONE SPIANA LA STRADA AGLI “ACCORDI ECONOMICI” A SCATOLA CHIUSA CHE GLI USA, CANADA & C. VOGLIONO IMPORCI SENZA LA POSSIBILITA’ DI LEGGERE COSA LORO VI HANNO SCRITTO: SOLO DEI PAZZI O DEI COMPLICI POSSONO ACCETTARE.

 

CON QUESTA NUOVA ONDATA DI  TRUFFE CRIMINALI CHE CHIAMANO GLI “ACCORDI ECONOMICI” SI PRETENDE  CHE NEL CASO DI PROCESSO L’ ARBITRO-GIUDICE VENGA  SCELTO DALL’ AZIENDA USA, CANADA & C.

 

SIAMO COSTRETTI A FORZA A SUBIRE TUTTE LE LORO MENZOGNE SUI TUTTI I MEDIA, CHE PAGHIAMO NOI, E NON POSSIAMO LEGGERE LE REGOLE CON LE QUALI  VOGLIONO MINARE ULTERIORMENTE  LA NOSTRA STESSA SOPRAVVIVENZA ?

 

E’ UN COLPO DI STATO ?  SI !

 

I CAPITALISTI PIU’ RICCHI DEL MONDO LO SONO PERCHE’ SONO I PIU’ IMBROGLIONI E CRIMINALI PER ESSERE I PIU’ LADRI .

DIRE CHE QUESTO E’ POPULISMO SIGNIFICA SPUTARE SUL SANGUE DEI  MORTI CHE FANNO TUTTI I GIORNI IN GUERRA COME IN ECONOMIA.

 

 


Dic 03 2016

ZAHI HAWASS, L’ULTIMO FARAONE D’EGITTO

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Zahi Hawass

 

 

Per conto dello Spiegel, Matthias Schulz traccia un interessante quadro sulla personalità di Zahi Hawass, il segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie.

 

Sono le 5 di mattina e Zahi Hawass entra nel suo SUV, diretto a una conferenza stampa nell’Oasi di Bahariya.  Le strade del Cairo sono ancora vuote e bisogna affrettarsi per evitare il traffico mattutino.  Hawass ha già avuto un infarto e da allora fuma solo pipe ad acqua. Riferendosi all’autista, dice: “Se rallenta, lo licenzio”.

 

Gli piace chiamare i suoi oppositori “stronzi”, ma nessuno ha problemi col suo carattere. In realtà egli gode di una sorta di licenza che gli permette di essere volgare e arrabbiato e le regole le definisce lui stesso. Lui è il protettore finale di tutti i monumenti del paese.

 

Con un abbigliamento che ricorda Indiana Jones,  Hawass è famoso nel mondo grazie alla presenza costante in TV. È lui stesso a spiegare senza esitazioni il suo narcisismo. Sull’incontro con Obama lo scorso giugno, Hawass rivela: “Gli dissi che George Lucas venne qui per scoprire perchè il mio capello è diventato più famoso di quello di Harrison Ford”. Oppure, quando gli venne mostrata l’impaginazione del suo ultimo libro, commentò: “Ok, ma dovete stampare il mio nome in caratteri più grandi”. E infine: “Non sono solo famoso negli Stati Uniti, ma anche in Giappone e, per la verità, ovunque”.

 

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Dic 02 2016

SUD ARRETRATO ANCHE PRIMA DELL’UNITÀ. IL RISORGIMENTO È UNA MITOLOGIA DA SFATARE!

Category: Italia storia e dintorni,Regno delle Due Siciliegiorgio @ 05:06

 

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di ROMANO BRACALINI

 

Un lettore di origini calabresi, Franco Scarola, residente in Brasile, scrive a Mario Cervi del Giornale che i suoi genitori furono costretti a lasciare la loro terra che, essendo “nelle mani degli antichi i baroni”, dava poche speranze di vita. Terre, scrive ancora il lettore, in cui vigeva il feudalesimo, i contadini non contavano nulla ed erano costretti all’emigrazione, mentre l’Europa era avviata verso la modernità.

La lettera si chiude con la domanda: perché mai personaggi come Garibaldi, Vittorio Emanuele II, Cavour e Mazzini, i cui nomi si trovano nelle principali piazze e vie d’Italia, sono onorati dal popolo che da loro è stato sfruttato e massacrato?

Finalmente un lettore meridionale che non ci rifila la solita solfa di un Sud prospero e ricco prima che venissero i “piemontesi” a depredarlo. Non può essere né evoluto né ricco un paese rimasto feudale fino al 1860 e dove l’economia era basata sul latifondo.

Del resto una monarchia vincente come quella sabauda non poteva non glorificare nelle piazze gli uomini che si erano battuti per la causa italiana. Perfino Mazzini, condannato due volte a morte in contumacia dai Savoia, entrò nel Pantheon degli eroi.

 

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Nov 30 2016

ERMANNO OLMI: «IO, VENETO NEL DNA FIGLIO DELLA SERENISSIMA»

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Ermanno Olmi

 

 

La 34esima edizione del «12 Apostoli» a Gramellini conferisce il riconoscimento per l’arte al maestro-regista

 

Scomparsi Mario Rigoni Stern e Andrea Zanzotto, viene naturale affibbiare ad Ermanno Olmi – regista di indimenticati capolavori come L’Albero degli Zoccoli e La Leggenda del Santo Bevitore – l’etichetta di più autentico interprete vivente della civiltà contadina.

Lo scrittore di Asiago (dove lo stesso Olmi vive) e il poeta di Pieve di Soligo sono stati per giunta suoi amici. «Due testimoni che hanno tenuto accesi dei lumicini, coscienti che nell’esagerato fulgore delle metropoli non sarebbero stati notati. Ma quei lumicini, quando quelle luci arroganti si spengono per qualche causa straordinaria, splendono di luce propria», dice Olmi. Ma dei due, il regista non si sente certo l’erede. «No, non facciamo questi accostamenti. Ognuno ha il proprio sentiero, anche se possono tutti essere orientati verso un unico ideale traguardo».

I passi mossi lungo questo sentiero gli sono valsi riconoscimenti importanti: la Palma d’Oro a Cannes, il Leone d’Oro alla carriera a Venezia. Oggi, Ermanno Olmi verrà insignito di un altro premio, meno famoso, ma a lui graditissimo: il «12 Apostoli», giunto alla 34esima edizione, ideato dallo chef dell’omonimo ristorante veronese, Giorgio Gioco.

 

Un premio atipico, assegnato in una riunione conviviale a tavola con i giurati.

«Il titolo 12 Apostoli è di per sé una seduzione – dice Olmi – Soprattutto è il piacere di incontrare molti cari amici, sederci a tavola, chiacchierare insieme serenamente senza il supporto di ideologia e religione. Cercare conforto nella speranza è un bel modo di dare significato alla convivialità».

Non è facile iscrivere la personalità di Olmi all’interno di categorie precise. Lui stesso si diverte a sfuggire ai confini, anche geografici.

Provate a chiedergli se, visti i suoi natali, si senta lombardo.

«Assolutamente no – dice lui – molti credono che io sia nato a Milano, ma in realtà sono di Bergamo. E per me Bergamo non è Lombardia: sono rimasto fermo al Manzoni, quando chi stava al di qua dell’Adda era nel territorio della Serenissima. Non a caso sulla porta della mia Bergamo c’è il Leone di San Marco ».

Quindi Olmi non è un veneto d’adozione, ma un veneto nel dna?

«Non mi sono mai distaccato da una territorialità che non dico vorrei contrapporre a quella della Padania – risponde – ma che mi porta a ritenermi un veneto saldo nella mia convinzione di appartenere alla Serenissima. Sono un grande ammiratore della Venezia del 1500, una capitale universale di un mondo che già viveva una sorta di globalizzazione, con i mercanti veneti che nobilitavano la loro professione, erano portatori della cultura veneta nel mondo e importatori delle culture del mondo nel Veneto».

 

Non c’è nessuna contraddizione tra l’ammirazione (e forse la nostalgia) per la città delle città, quella New York del sedicesimo secolo che era Venezia, e l’amore e la sensibilità per il mondo contadino, per le sue tradizioni e i suoi valori oggi a rischio d’estinzione.

«Mio padre era ferroviere e tre anni ci trasferimmo a Treviglio, nella periferia di Milano – racconta – La mia formazione risente così di due mondi diversi ed è stata una grande opportunità: sono vissuto da un lato con l’odore delle macchine, che mio padre aveva addosso quando tornava dal lavoro, e con i buoni odori della stalla, degli orti e delle stagioni che ritrovavo ogni volta che tornavo a Bergamo, dalla nonna materna ».

Si ritiene parte di una generazione fortunata, Olmi:

«Lo ricordavo una sera con Umberto Eco: siamo vissuti in una collocazione temporale straordinaria, a cavallo tra la fine dell’800 e l’era spaziale. Questa fortuna si riflette sulla capacità di giudicare meglio il presente».

Lungi dal cercare rifugio nel passato, Olmi è in effetti un instancabile narratore del presente. Nel suo ultimo film, Il Villaggio di Cartone, racconta di un gruppo di extracomunitari senza permesso di soggiorno che trovano rifugio in una chiesa in via di dismissione, con l’aiuto del vecchio parroco. Potrebbe succedere, chissà, in qualche angolo remoto della campagna veneta, di quelli dove l’antico paesaggio è stato via via snaturato, quando non violentato, dalla modernità.

 

«Il tratto comune è il mancato rispetto della terra, come luogo indispensabile alla nostra sopravvivenza. Non potremo mai sostituire i frutti della natura con quelli di una natura violentata dalle tecnologie e dalle alchimie che fanno dell’agricoltura una sorta di prodotto industriale. Vorrei suggerire una considerazione di Borges: non credo più nel progresso, che sia un progresso?».

Coerentemente il maestro Olmi, quando siede a tavola, come farà oggi al 12 Apostoli di Verona, non ricerca cibi manipolati e sofisticati.

«Il mio pasto ideale è frugale e genuino: vorrei che un pomodoro fosse un pomodoro, che la pasta fosse di una farina degna – dice – Mi stanno a cuore piatti ingenui ma di alto valore immaginativo, come il pancotto, che le nostre povere nonne preparavano con le croste di pane e di formaggio, magari una cipolla, per farne uno dei piatti più squisiti della cucina naturale ».

Giorgio Gioco, conoscendone i gusti, preparerà oggi per Olmi un piatto che, già dal nome, è tutto un programma: la zuppa del contadino dalle maniche arrotolate. Una definizione che ben si addice a questo veneto-bergamasco di 80 anni, amante della campagna, che ancora ama sporcarsi le mani con il suo arnese preferito, la macchina da presa.

 

Alessio Corazza

 

Fonte: da il Corriere del Veneto it, del 22 novembre 2011

Link: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cultura_e_tempolibero/2011/22-novembre-2011/olmi-io-veneto-dna-figlio-serenissima-1902261558910.shtml

 


Nov 29 2016

IL VILLAGGIO SANATORIALE EUGENIO MORELLI. IL PIU’ GRANDE SANATORIO D’EUROPA

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Sondalo. L’imponente  Villaggio Sanatoriale Eugenio Morelli

 

 

Il Villaggio Sanatoriale Eugenio Morelli è stato il più grande sanatorio d’Europa costruito dal governo fascista, fu realizzato a Sondalo, per volere dei Eugenio Morelli.

Eugenio Morelli, pneumologo di Teglio, nel 1928 fece eseguire un’analisi sulle condizioni metereologiche dell’area sondalina, grazie alle quali convinse che Sondalo era il luogo ideale per realizzare un sanatorio, il più grande d’Europa. In 8 anni furono costruiti 9 padiglioni in grado di ospitare sino a 300 malati ciascuno.

Si dice che per realizzare il quarto padiglione gli architetti si fossero addirittura ispirati alle corazzate di Benito Mussolini. D’altra parte era un’autentica guerra quella che si doveva fare contro il “mal sottile”..

Il progetto dell’ imponente sanatorio sulle pendici del Monte Sortenna fu portato avanti da abili tecnici guidati dallo stesso professor Eugenio Morelli, il geniale pneumologo di Teglio. Morelli, primo in Italia ad organizzare una seria lotta contro la tubercolosi, dal 1928 impegnato a Roma come alto consulente per l’organizzazione antitubercolare dell’INFPS, l’Istituto Nazionale Fascista di Previdenza Sociale, nel 1929 convinto della sue analisi sulle condizioni meteorologiche della zona persuase tutti che Sondalo era il luogo ideale per realizzare un grande sanatorio da affiancare al più modesto Pineta di Sortenna che, fondato dal dottor Ausonio Zubiani, funzionava già dal 1901.

La costruzione dei nove padiglioni, ciascuno in grado di ospitare sino a 300 malati, richiese otto anni: dal 1932 al 1940.

Le strutture del Villaggio furono costruite tra il 1932 e il 1938, ma i lavori furono ultimati soltanto alla fine della Seconda Guerra Mondiale; gli arredi e le attrezzature furono completati dopo la guerra, quando il complesso entrò in funzione. Si trattò per quei tempi di un cantiere straordinario per dimensione, mezzi, collocazione, per la meticolosa gestione tecnica e la raffinata progettazione; è considerato un capolavoro dell’urbanistica “razionalista”,

Durante il conflitto mondiale, nel sesto e nel settimo padiglione, furono ricoverati in gran segreto alcuni insoliti e prestigiosi pazienti: si trattava di opere d’arte importantissime provenienti da musei e collezioni private tra cui alcune tele di Rubens, Tintoretto e Segantini…

 

 


Nov 27 2016

SAREMO SEPOLTI DAI NOSTRI RIFIUTI IN NOME DEL DANARO!

Category: Monolandia,Società e politicagiorgio @ 00:07

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Negli anni 50 non esistevano i cassonetti ne i sacchetti per strada, tutto si comprava sfuso in contenitori riutilizzabili, carne e pesce e qualsiasi altro alimento veniva venduto avvolto in carta paglia che poi veniva bruciata nel caminetto come anche gli avanzi alimentari.

Per trasportare la spesa le nostre mamme utilizzavano la famosa “borsa della spesa”.

Non ricordo di avere mai visto, da adolescente, contenitori per la spazzatura per strada!

 

 


Nov 25 2016

IL RIMEDIO È LA POVERTÀ

Category: Economia e lavoro,Società e politicagiorgio @ 00:11

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Questo articolo apparve il 30 giugno 1974, ed è straordinario. Una meraviglia di stile e di pensiero di Goffredo Parise.

 

Troviamo utile pubblicare di tanto in tanto dei gioielli del pensiero. Questo è un articolo di Goffredo Parise tratto dalla rubrica che lo scrittore tenne sul “Corriere della sera” dal 1974 al 1975. Si trova nell’antologia “Dobbiamo disobbedire”, a cura di Silvio Perrella, edita da Adelphi. Questo articolo apparve il 30 giugno 1974, ed è straordinario. Una meraviglia di stile e di pensiero di questo autore sicuramente libero e lontano da ogni appartenenza politica e salottiera. Rappresenta per noi oggi – media compresi che non ospitano più pezzi così controcorrente – uno schiaffo contro la nostra inerzia.

 

«Questa volta non risponderò ad personam, parlerò a tutti, in particolare però a quei lettori che mi hanno aspramente rimproverato due mie frasi: «I poveri hanno sempre ragione», scritta alcuni mesi fa, e quest’altra: «il rimedio è la povertà. Tornare indietro? Sì, tornare indietro», scritta nel mio ultimo articolo.

 

Per la prima volta hanno scritto che sono “un comunista”, per la seconda alcuni lettori di sinistra mi accusano di fare il gioco dei ricchi e se la prendono con me per il mio odio per i consumi. Dicono che anche le classi meno abbienti hanno il diritto di “consumare”.

 

Lettori, chiamiamoli così, di destra, usano la seguente logica: senza consumi non c’è produzione, senza produzione disoccupazione e disastro economico. Da una parte e dall’altra, per ragioni demagogiche o pseudo-economiche, tutti sono d’accordo nel dire che il consumo è benessere, e io rispondo loro con il titolo di questo articolo.

 

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Nov 24 2016

RAGAZZI! BOMBACCIONI! POPOLO DELLO SPRITZ! LA VITA E’ UNA GUERRA….

Category: Monade satira e rattatujegiorgio @ 06:15

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Ragazzi! Bombaccioni! Popolo dello spritz!

La vita è una guerra, e non c’è un cazzo da ridere.

Bisogna combattere!

 


Nov 23 2016

L’ECONOMIA È SOLO UN’ARTE DELLA GUERRA

Category: Dominio Potere e Violenza,Economia e lavorogiorgio @ 06:57

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Basti ricordare le parole che Goethe mise in bocca a Mefisto nel suo Faust:

 

Kriege, Handel und Piraterie, Dreieining sind sie, nicht zu trennen”

“La guerra, il commercio e la pirateria sono una trinità, non si possono separare”.

 


Nov 22 2016

L’ANTIFILOSOFIA DELLA STORIA DI KARL MARX

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Karl Marx

 

 

Di Raffaele Ventura

 

“Il faut une exposition, un noeud et un dénouement dans une histoire, comme dans une tragédie.”  Voltaire

 

Marx senza fine

 

Uccidere la Storia. Porre fine alla fine.

Se Karl Marx ha inteso un senso al suo cammino filosofico, era nient’altro che questo. Un cammino che partiva da Hegel, certo – ma per scappare il più lontano possibile. Lasciare lì morto il padre crudele che l’ha cresciuto a cinghiate di metafisica, e mai più tornare sul luogo del delitto.

 

Ma sul luogo del delitto si torna continuamente. E la cosa peggiore è che quando sulla scena arrivano i testimoni, nessuno crede alla confessione, mista di orrore e fierezza. – Si, l’ho ucciso io! – Ma no, si calmi, lei è sotto shock, non ricorda, ha fatto il possibile, ma ora è troppo tardi: Hegel è morto. – Certo che si, l’ho ucciso io! – Suvvia, se ne vada, lei intralcia le indagini. Questo è un lavoro da professionisti. E pensano: dovevano fare fuori anche lei. – Guardate almeno, le mie mani lorde del suo sangue, e guardate come l’ho rovesciato, con la testa in giù. [1] – La testa in giù? E loro tranquillamente: ma certo, per la circolazione. Un uomo rovesciato resta pur sempre lo stesso uomo.[2] – Lo stesso uomo, si; però morto.

 

Alcuni furono così commossi dalla vicenda che dedicarono la vita a dimostrare l’innocenza di Karl Marx, e l’amorevole cura con la quale aveva accudito il padre morente, tenendo viva la fiamma della dialettica hegeliana. Presero il nome di marxisti. Marx aveva scritto il Capitale pensando a loro: aveva scritto un tomo bello grosso, così che fosse doloroso da ricevere sui denti. Ma era davvero troppo grosso, e si faceva fatica ad armeggiarlo. Sicché i marxisti restarono integri, fecero la rivoluzione, e aspettarono con fiducia la fine della Storia – la fine che avrebbe “ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza”, come da lettera ai Corinzi. Marx aveva fondato scientificamente il cristianesimo paolino! Oggettivamente dimostrato il mito del progresso! La fiamma della dialettica hegeliana era in buone mani.

 

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Nov 21 2016

CIAO GILBERTO, TI RICORDIAMO PER AVERCI FATTO RISCOPRIRE LA STORIA

Category: Padania e dintornigiorgio @ 06:52

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di GIANFRANCESCO RUGGERI

 

Oggi, 20 novembre,  ricorre il primo anniversario dalla scomparsa di Gilberto Oneto e durante questi mesi la sua mancanza si è fatta sentire, i suoi saggi consigli ci sarebbero stati infatti estremamente utili in questo complicato periodo.

 

Oggi Gilberto verrà ricordato in vari modi, ci sarà chi ricorderà l’uomo, chi ne riproporrà le idee, chi parlerà del paesaggista, chi elencherà i suoi tanti libri invitando a leggerli e rileggerli, cosa sacrosanta e doverosa: io credo invece che il miglior modo per ricordarlo sia quello di applicare il cosiddetto “metodo Oneto”.

 

Come sapete Gilberto da solo ha riscoperto il patrimonio identitario, linguistico, culturale e storico di un intero popolo, in pratica tutto quello che sappiamo sulla Padania ce l’ha insegnato lui, dopo averlo riscoperto. Nel corso degli anni con pazienza ha sollevato il velo di italianità, ha soffiato via quella polvere tricolore che abbiamo lasciato depositare su di noi e sulla nostra terra, ha riscoperto l’essenza padana dei nostri luoghi e delle nostre tradizioni, di noi stessi.

 

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Nov 20 2016

L’ULTRALEGGERO…

Category: Veja migiorgio @ 17:04

 

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Valeggio sul Mincio…girava l’anno 2010 nel dì 2 giugno

L’aereo….un ultraleggero un po’ piccolo

La potenza  del motore…. un po’ bassa

la pista…. un po’  corta

Il peso… un sovraccarico  garantito!

Il decollo … un lungo e interminabile sospiro….

 

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Bravo Maurizio Perissinotto

 


Nov 19 2016

EL ME DOTOR… (IL MIO DOTTORE)

Category: Monade satira e rattatuje,Salute e benesseregiorgio @ 06:04

paziente

 

 

Al dotor,

se sa,

a qualunque ora se pol telefonar!

 

Parchè, el dotor:

nol magna

nol dorme

nol va a far la  spesa

no el se lava

nol neta

nol fa l’amor e gnanca a va a pissar!

 

El dotor  el gha  da aspettar  ci gha da telefonar!

El dotor  nol pol averghe orari,

e si mi sto  mal?

Come pol-lo lu  averghe altro da far?

 

Insoma

a’sti dotori

quei che sa tuto lori

a tute le ore se por romperghe… i maromi!!!

 

(el me dotor)   Laura Avesani 

 


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