RISORGIMENTO. L’ALTRA VERITA’
Dopo la cacciata dei Borboni dalle Due Sicilie, il nuovo Governo piemontese riuscì a rendersi cosi impopolare da scatenare un’insurrezione di popolo in piena regola: si formarono 400 bande agguerrite, con oltre 80mila combattenti e almeno altrettanti impiegati nei “servizi ausiliari”
I nuovi dominatori colpirono i patrimoni delle famiglie con sistematica rapacità per ricavare denaro ovunque. Qualche volta trascurarono i potenti, specialmente se erano amici politici, ma non rinunciarono a guadagnare sulle piccole proprietà e si accanirono sulle minuscole
Quando sembrava che, la guerra del Risorgimento fosse finita ne cominciò un’altra che mise a dura prova l’esercito della nuova Italia.
Da Calatafimi al Volturno le battaglie non erano state granché, soprattutto perché gli ufficiali borbonici ordinavano di ritirarsi quando sarebbe stato il momento di attaccare. Ma quando tutti pensavano a riporre le armi per gestire gli affari con più tranquillità, le campagne cominciarono a rivoltarsi. Cafoni e contadini inneggiavano al re “Franceschiello” ma, in realtà, si dichiaravano per il passato regime soltanto per sottolineare che con il nuovo non volevano avere niente a che vedere.
UNO SCONTRO SENZA TREGUA
Lo scontro tra soldati regolari dell’esercito italiano e guerriglieri meridionali fu senza esclusione di colpi e senza tentennamenti. In dieci anni (dalla proclamazione del Regno d’Italia alla conquista di Roma del 1870) i morti si accatastarono a migliaia e le nefandezze – senza distinzione fra regolari e partigiani – furono di tale portata da far rabbrividire.
«Cari sudditi, non vi lasceranno neanche gli occhi per piangere».
Francesco II, in un anelito di compassione, l’aveva scritto al momento di lasciare il suo regno. Era una previsione quasi ovvia. Qualcuno era già piegato sotto il tallone del conquistatore. Dopo la guerra “ufficiale” – si fa per dire – con scontri “regolari” tra borbonici e garibaldini, ne era cominciata un’altra più nascosta, ma violenta e senza esclusione di colpi.
Nelle campagne, sulle montagne, attorno alle città, la gente si ribellava ai nuovi padroni. Li avevano sentiti, quando si presentavano come i campioni della libertà, proponevano la fine delle ingiustizie e quando promettevano di dividere i feudi per assegnare un pezzetto di orto ai contadini. Ma poi, ancora provvisoriamente insediati, si accorsero che imponevano incomprensibili ordinamenti, che applicavano leggi importate direttamente da Torino e, soprattutto, che promuovevano una quantità di nuove tasse,
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