VERONA, SANT’AMBROGIO, localita’ di San Giorgio Ingannapoltron.
Eccezionale scoperta della Soprintendenza, che ha ultimato gli scavi nella zona adiacente all’area in cui venne alla luce la capanna di un indovino.
Si delinea sempre più chiaramente l’identikit preistorico di San Giorgio “Ingannapoltron” di Valpolicella.
L’ultimo scavo, svolto a marzo all’imbocco della collina che sale verso il paese, si è rivelato «importantissimo sotto il profilo scientifico e culturale», fa sapere Luciano Salzani, direttore archeologo del nucleo operativo di Verona della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto.
In nemmeno un mese è stata portata alla luce una capanna retica che ha restituito reperti preziosi. Tra questi ci sono un grande forno di fusione di metalli dell’Età del Ferro, un vero “unicum” nel Veronese e forse nel Veneto, centinaia di frammenti e lamine di metallo, una tazzina retica insolitamente integra.
Questo testimonia che qui, nel IV secolo a.C. (Età del Ferro), c’era un’officina preistorica dove si producevano ornamenti e armi di bronzo che erano acquistati da popolazioni che scendevano a San Giorgio dall’area retica trentina incontrandosi con quelle dell’area veneta, la pianura padana, per i loro scambi.
Salzani, che già in passato ha fatto scavi in cima alla collina di San Giorgio rilevando la presenza di una zona di culto, fa sapere che anche su questo versante non si è giunti a caso.
«Nel 2002, durante lavori edili, emersero strutture preistoriche, che, dalle ricerche effettuate, si rivelarono importanti», dice Salzani, «una era una capanna risalente a una prima fase del V sec. a.C. (Età del Ferro), utilizzata come laboratorio metallurgico, l’altra era una dimora databile alla fase successiva, II secolo a.C., che, dagli oggetti trovati, si prestava ad essere considerata la casa di un indovino». Gli archeologi vi trovarono oggetti come gli «aruspicina», ossa di animali con iscrizioni particolari con cui gli antichi interpretavano il futuro.
In quella fase la Soprintendenza diede rilevanza all’aver scoperto l’insediamento, che andava quindi tenuto sotto stretta osservazione, essendo quel lotto adiacente a un’area edificabile. «Chiedemmo di essere interpellati qualora vi si facessero lavori». E così la Soprintendenza è intervenuta. «Proprio a fianco del lotto scavato nel 2002», dice Salzani, «abbiamo trovato una costruzione di tipo retico (scavata nella roccia, che ne costituisce la parete a monte e il pavimento; coperta da lastre di pietra sostenute da travi) di circa 5 metri per 6». «Alla base della parete posteriore è emerso uno scavo circolare, fondo circa 2 metri del diametro di 2,50, interamente scavato nella roccia». Sul fondo ha restituito un reperto mai visto prima: schiacciato dalle lastre di pietra del tetto della capanna stava un grande fornello in terracotta, largo quasi un metro e alto un trentina di centimetri, con larghi fori.
È certamente un forno, essendosi la zona rivelata di fusione di metalli, data la gran quantità di lamine di bronzo. «Ne abbiamo recuperate centinaia, ben tre chili e 600 grammi, già puliti e portati in magazzino. Era la dimora di un metallurgo, analoga a quella trovata nel 2002, conservata però molto bene», dice Salzani. «Abbiamo notato pure una lastra lunga tre metri, che copriva un canaletto dove scorreva il metallo fuso che era raccolto in qualche crogiolo per realizzare oggetti».
Sul pavimento della casa, invece, è stata trovata la ciotola retica della cultura di Fritzens (località del Tirolo) – San Zeno (località della Val di Non): «È il frammento più completo mai trovato finora in provincia essendo quasi completamente integra», dichiara Salzani. Il sito ora è stato coperto e dispiace non lo si possa visitare: «In questo modo se ne salvaguarda la roccia che qui è rimasta protetta per migliaia di anni. E tutto il materiale d’interesse è stato prelevato e portato in Soprintendenza. I privati, che hanno collaborato e contribuito allo scavo, costruiranno nelle vicinanze».
Intanto il risultato del lavoro è notevole «per le importantissime acquisizioni scientifiche», ribadisce Salzani. Pezzo dopo pezzo, emerge dunque il volto di San Giorgio nella preistoria. «Si conferma che era un villaggio con un suo quartiere industriale di tipo artigianale ed un luogo di culto proprio. Questo fino al II secolo a.C. , dato che poi l’insediamento fu abbandonato per ragioni ignote per essere nuovamente abitato in epoca romana, a partire dal I secolo, fino al Medioevo e ai giorni nostri».
Esperimenti di tecnica metallurgica antica
Ora il materiale emerso è nelle mani dei restauratori della Soprintendenza. Il fornetto in terracotta, unicum prezioso, è in laboratorio, dove la ricostruzione è in corso. Se ne stanno ricercando gli attacchi, cioè i punti in cui la terracotta dei lati e del fondo combaciavano. Poi i margini delle fratture saranno ripuliti, consolidati e incollati. Nelle parti mancanti si dovrà provvedere con integrazioni.
«È certamente un forno fusorio unico nel Veronese e probabilmente anche nel Veneto», ribadisce Luciano Salzani, della Soprintendenza di Verona. «Per sapere dunque come funzionava si faranno prove di archeologia sperimentale». L’oggetto sarà in pratica dato da riprodurre ad alcuni esperti in materia, che cercheranno di riprodurre anche tutte le tecniche di fusione più antiche per vedere quale di queste era compatibile con l’utilizzo di questo piccolo forno.
Anche i metalli vanno studiati. Sono soprattutto pezzi di bronzo che sarebbero stati poi rifusi per creare oggetti che non sono stati però trovati, come del resto le matrici. Salzani li invierà presto a un laboratorio universitario che procederà con le analisi archeometallurgiche.
Quanto alla tazzina retica, «è stata certamente fabbricata in Trentino e poi importata da noi, come dimostra il materiale di cui è fatta, una terracotta depurata di un colore quasi rosato che nel Veneto non esiste», precisa Salzani. «Dunque San Giorgio era anche un luogo di scambio, un punto d’incontro tra popolazioni retiche della montagna e i Veneti della pianura padana».
Fonte: srs di Barbara Bertasi, L’Arena di Verona di martedì 13 maggio 2008 provincia pag. 26
(VR 21 dicembre 2009)
13 Gennaio, 2013 12:01
IV sec. a,C è un pò azzardato definirlo ancora “preistorico”. Al più protostorico, ma non è neanche questo il termine adatto per una cronologia così recente. Attenzione per cortesia!