L’equipe del prof. Visonà a lavoro nella frazione di Tezze. (M. CASTAGNA.)
ARZIGNANO. L’indagine geo-archeologica di un’equipe di studiosi. Ci sarebbero strade ed edifici dal 2° secolo aC al 4° dC
11/07/2012
Sono arrivati dal Kentucky per verificare l’ipotesi che sotto la frazione di Tezze, in località Valbruna, si nascondano i resti di un importante insediamento romano. Guidati dal valdagnese Paolo Visonà e da George Crothers, rispettivamente professori di storia dell’arte e antropologia dell’università americana, due studenti armati di georadar, radiometri e magnetometri e due ricercatori italiani, da lunedì e per due settimane, saranno impegnati ad indagare il sottosuolo di un fondo privato.
Qui, in base a ritrovamenti e a numerose testimonianze che risalgono al Cinquecento si presume possa esserci stato un insediamento romano, databile dal II secolo a.C. al IV secolo d.C. Per un arco temporale di 500 anni, quindi, è probabile che popolazioni romane abbiano abitato questa zona, che è, lungo il fiume, la più ampia della Valle, e che quindi, nascoste dalla terra e dai secoli siano sepolte strade, resti di edifici, opere di contenimento idraulico.
«Abbiamo già grigliato una vasta zona – spiega Visonà -. dove a piedi passiamo con gli strumenti: sono molto precisi ci consentono di capire se sotto c’è metallo, ghiaia, terra o materiale denso che corrisponde ad una costruzione».
Lo studio del sottosuolo. (FOTO M.C.)
Si chiamano indagini geognostiche e misurano i valori di resistenza elettrica ed elettromagnetica. Mostrano, come in una fotografia, la conformazione del sottosuolo. È un’indagine archeologica senza scavi. «Perché prima – spiega Visonà – dobbiamo farci un’idea di cosa potrebbe esserci. I primi risultati sono incoraggianti: abbiamo già alcune prove delle ipotesi di partenza».
Del resto, come si legge nella Carta Archeologica del Veneto, negli anni 1795 e 1882, le piene del fiume Guà consentirono di trovare nella zona, monete, vasi e lucerne di epoca romana. Questa ricerca sistematica potrà dire qualcosa di più. Per il prof. Visonà, che è di origine valdagnese, laureato in numismatica a Padova e in storia dell’arte all’università Santa Barbara della California, che ha scavato in Nevada e Israele, Tunisia e Costa D’Avorio sarebbe un ritorno a casa pieno di soddisfazione.
Le indagini sono finanziate dall’università del Kentucky, condotte sotto l’egida della Soprintendenza del Veneto, in collaborazione con i dipartimenti di geografia e geologia dell’università americana e con l’aiuto, per l’analisi del campioni, degli atenei Ca’ Foscari di Venezia dell’Insubria di Como. Il Comune di Arzignano ha garantito la logistica e l’ospitalità per i ricercatori: «Accogliamo con piacere – spiega Alexandre Galiotto, presidente del Consiglio comunale – chi studia la nostra storia. Questo progetto può aiutare nel percorso di valorizzazione e riscoperta del nostro territorio».
«Questa è una prima fase dello studio – conclude Visonà – se ci saranno conferme dell’estensione dell’insediamento romano sarà auspicabile una seconda spedizione, con l’ausilio di strumenti montati su velivoli per rilievi dall’alto e con scavi stratigrafici mirati». I risultati dello studio intanto saranno pubblicati nella rivista Quaderni di Archeologia del Veneto a fine anno.
(Silvia Castagna)
Fonte: da Il Giornale di Vicenza di mercoledì 11 luglio 2012 PROVINCIA, pagina 26
VENETO. SCOPERTA CITTÀ ROMANA SCONOSCIUTA. DOVREBBE TRATTARSI DI DRIPSINUM, PRESSO TEZZE DI ARZIGNANO, IN PROVINCIA DI VICENZA
Il prof. Visonà (a sinistra) rinviene un altare funerario (Uky.edu)
INSEDIMENTO DAL I SECOLO A. C. AL III-IV SECOLO D. C
Una «nuova» città romana è «emersa» dal nulla nella pianura veneta. Il suo nome potrebbe essere Dripsinum, un insediamento che non è presente su nessuna carta geografica moderna, ma che sulle mappe dell’impero romano dovrebbe essere stato ben indicato. Aveva le dimensioni equivalenti a quelle di mezza Pompei. Ora la presenza di questo antico insediamento romano è stata confermata grazie alle ricerche archeologiche condotte da Paolo Visonà, originario di Valdagno (Vicenza), e da George Crothers, rispettivamente professori di storia dell’arte e antropologia della School of Art and Visual Studies al College of Fine Arts (Gran Bretagna).
RICERCA NON INVASIVA – La ricerca, non invasiva, cioè condotta attraverso un’indagine archeologica senza scavi, è stata effettuata l’estate scorsa con strumentazioni quali georadar, radiometri e magnetometri in terreni privati presso la frazione di Tezze, in località Valbruna, ad Arzignano, in provincia di Vicenza. isonà venne a conoscenza della possibile presenza di un antico insediamento da un agricoltore di Valbruna. Quest’ultimo, Battista Carlotto, mentre lavorava la sua terra aveva scoperto reperti antichi quali ceramiche, mosaici e vetri attribuibili all’epoca imperiale romana. Visonà cominciò così a cercare testimonianze storiche relative a quella zona. E nella biblioteca Bertoliana di Vicenza trovò manoscritti che confermarono il suo sospetto: là sotto doveva esserci qualcosa di molto interessante.
MANOSCRITTI – In quei manoscritti infatti si legge che nel tardo XVIII secolo testimoni avevano visto i resti della città romana. Così non volendo operare con metodi invasivi nei campi di Carlotto, Visonà ha dovuto escogitare un modo per trovare le prove dell’esistenza di quell’insediamento. In suo aiuto è giunto il collega George Crothers, professore associato di antropologia nel Regno Unito: «George aveva le basi per fare questo tipo di ricerca», dice Visonà, «con tecniche geofisiche e gli strumenti per scoprire le caratteristiche architettoniche nascoste di questo sito».
MAPPA – Crothers spiega: «Il sito non era stato scavato, e le tecniche geofisiche sono un modo per guardare sotto terra senza disturbare il terreno». Il team ha utilizzato un magnetometro e un radar per indagare il suolo. Il magnetometro misura le variazioni nell’intensità magnetica del terreno e può rilevare le caratteristiche degli oggetti seppelliti. Il radar emette onde sottoterra che poi vengono riflesse. È stato così possibile creare una mappa di ciò che c’è sotto la superficie.
UNA STORIA LUNGA 400 ANNI – In primo luogo la squadra ha confermato la presenza di una strada e pareti che indicano la presenza di edifici romani. A giudicare dai materiali trovati in superficie e durante i lavori agricoli, l’insediamento poteva essere esistito per più di 400 anni, dal I secolo a. C. al III-IV secolo d. C. Le informazioni del manoscritto indicarono che era molto vasto. «Riguardano un lungo periodo, alcune sono molto dettagliate, di testimoni oculari che hanno visto la città romana in due diverse occasioni», spiga Visonà, «quando venne in parte alla luce durante le inondazioni del fiume Guà. Ma erano informazioni sparse e mai davvero considerate dagli scienziati».
DRIPSINUM – Gli strumenti hanno rivelato anche la presenza di grandi strutture circolari sotto le strutture romane del sito. «Ci hanno sorpreso», continua Visonà. «Erano totalmente inaspettate. Il radar ci ha detto che sono molto più profonde di quelle romane, potrebbero quindi essere la prova di capanne di una popolazione indigena preistorica, databili dal Neolitico alla tarda età del bronzo». Il nome dell’antica città romana potrebbe essere stato Dripsinum: antiche fonti indicano che i Dripsinates erano una comunità subalpina, vissuta in questa zona del Nord Italia. Si spera che le ricerche presso il sito possano proseguire. Le indagini sono state condotte sotto l’egida della Soprintendenza del Veneto, in collaborazione con i dipartimenti di geografia e geologia dell’Università del Kentucky (che ha collaborato ) e con l’aiuto, per l’analisi del campioni, degli atenei Ca’ Foscari di Venezia e dell’Insubria di Como.
Massimo Spampani
Fonte: visto su IL CORRIERE DELLA SERA.IT (SCIENZE) del 4 gennaio 2013 (modifica il 8 gennaio 2013)
DRIPSINUM, CITTÀ ROMANA SOTTO TEZZE DI ARZIGNANO
ARCHEOLOGIA. Era sconosciuta, scoperta da Visonà e Crothers
Potrebbe chiamarsi Dripsinum, dal nome delle popolazioni Dripsinates che abitavano nella Valle dell´Agno e quasi certamente, per 400 anni, dal I secolo a.C. al IV d.C fu un centro di discreta importanza, un insediamento vasto circa la metà di Pompei. Oggi giace sepolta a Valbruna, frazione di Tezze di Arzignano.
A dare notizia della scoperta di questa “nuova” città romana sono Paolo Visonà e George Crothers, professori di storia dell´arte l´uno e di antropologia l´altro all´università del Kentucky: a Seattle, al 114° simposio annuale di archeologia, hanno illustrato i risultati delle loro indagini condotte sul campo in luglio.
I due studiosi erano arrivati a Tezze per verificare la presenza di resti romani, ipotizzata in base a due tipi di fonti: alcuni manoscritti del XVIII secolo, conservati in biblioteca Bertoliana, che riportavano i racconti di testimoni che avevano visto i resti della città romana e i ritrovamenti di monete e balsamari, vasi e lucerne di epoca romana, rinvenuti lungo il Guà dopo le piene del fiume del 1795 e 1882, ricordate nella Carta Archeologica del Veneto.
Per due settimane Visonà e Crothers, hanno “guardato” sotto terra, scandagliando il terreno con georadar, radiometri e magnetometri, strumenti che misurano i valori di resistenza elettrica ed elettromagnetica, che consentono di capire se sotto terra c´è metallo, ghiaia, o materiale che corrisponde ad una costruzione.
Risultato: una fotografia del sottosuolo che ha confermato la presenza di una strada e di pareti, quindi di edifici, perfino di grandi strutture circolari sotto quelle romane e più profonde: gli studiosi hanno ipotizzato che Dripsinum sia esistita per oltre 400 anni, dal I secolo a. C. al III-IV secolo d. C.
Le indagini sono state finanziate dall´università del Kentucky, condotte sotto l´egida della Soprintendenza del Veneto, in collaborazione con i dipartimenti di geografia e geologia dell´università americana e l´aiuto del Comune di Arzignano che ha garantito la logistica e l´ospitalità per i ricercatori.
Fonte: srs di Silvia Castagna, da Il Giornale di Vicenza di venerdì 11 gennaio 2013 CULTURA, pagina 54
DAL KENTUCKY FINO AD ARZIGNANO PER LA CITTÀ ROMANA
Gli studenti americani con assistenti italiani mentre lavano ceramica e laterizi romani del fondo Carlotto
LA SCOPERTA. Domani la presentazione delle novità archeologiche. Un docente vicentino ed uno statunitense hanno guidato un anno fa studenti ed esperti nella “caccia” all’antica Dripsinum, che prosperò per 400 anni
05/06/2013
I risultati delle indagini archeologiche condotte a Tezze di Arzignano dall’ University of Kentucky – Lexington, saranno presentati domani alle 18,30 in Villa Brusarosco dove si svolgerà il convegno di archeologia “Il territorio di Arzignano nell’antichità”, organizzato dal Comune con l’ateneo Usa e l’Associazione etnologica ed etnografica Valle del Chiampo. Sono stati anticipati a Seattle lo scorso gennaio, davanti alla comunità scientifica internazionale: ora si entra nello specifico del sito in zona Valbruna a Tezze.
Il team di archeologi ha portato alla luce, in un’area di 3600 mq, numerose tracce di un antico insediamento romano, tra le quali un edificio e una porzione di strada, che costituiscono i più importanti rinvenimenti archeologici degli ultimi anni nel territorio. I risultati verranno raccolti in un volume.
Coordinatore dei lavori sarà il presidente del Consiglio comunale Alexandre Galiotto che ncol sindaco Giorgio Gentilin commenta:« I risultati spingono ad ampliare il fronte delle ricerche verso la zona sud di Tezze, in località Canove, dove i resti di un ponte romano indicano con chiarezza la presenza di un’importante via di comunicazione romana, e la rivalutazione del sito localizzato sul Colle di San Matteo, che tanto ha ancora da raccontare della storia di Arzignano».
La cittadina romana potrebbe essere Dripsinum, dal nome delle popolazioni Dripsinates che abitavano nella Valleagno: quasi certamente, per 400 anni, dal I secolo a.C. al IV d.C fu un centro di discreta importanza, con un insediamento vasto circa la metà di Pompei.
A dare notizia della scoperta di questa “nuova” città sono stati Paolo Visonà e George Crothers, rispettivamente professori di storia dell’arte e antropologia nell’università americana del Kentucky. I due studiosi un anno fa sono arrivati a Tezze per verificare la presenza di resti romani, ipotizzata sulla base di manoscritti del XVIII secolo, conservati in biblioteca Bertoliana e i ritrovamenti di monete e balsamari, vasi e lucerne di epoca romana, rinvenuti lungo il Guà dopo le piene del fiume del 1795 e 1882.
Per due settimane Visonà e Crothers, hanno “fotografato” senza scavare, scandagliando il terreno con georadar, radiometri e magnetometri, strumenti che misurano i valori di resistenza elettrica ed elettromagnetica, che consentono cioè di capire se sotto terra c’è metallo, ghiaia, o materiale che corrisponde ad una costruzione.
Risultato: confermata la presenza di una strada e di pareti, quindi di edifici, perfino di strutture circolari sotto quelle romane e più profonde, forse un insediamento databile dal Neolitico alla tarda età del bronzo.
Valutando i resti del materiale venuto alla luce negli anni, monete, mosaici, vasellame, gli studiosi hanno ipotizzato che Dripsinum sia esistita per oltre 400 anni, dal I secolo a. C. al III-IV secolo d. C.. Le indagini sono state finanziate dall’università del Kentucky, condotte sotto l’egida della Soprintendenza del Veneto, in collaborazione con i dipartimenti di geografia e geologia dell’università americana e con l’aiuto del Comune di Arzignano che ha garantito la logistica e l’ospitalità per i ricercatori. All’analisi del campioni provvedono gli atenei Ca’ Foscari di Venezia e dell’Insubria di Como.
Fonte: srs di Silvia Castagna, da il Giornale di Vicenza del 5 luglio 2013
Link: http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Home/519819_dal_kentucky_fino_ad_arzignano_per_la_citt_romana/?refresh_ce