Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di un imprenditore.
“Sono un artigiano di 65 anni. Ho lavorato quarant’anni nella ditta di mio suocero, poi divenuta mia perché lui a 45 anni ha avuto un infarto con necrosi della parte sinistra del cuore e ha dovuto smettere di lavorare, anche se non gli è mai stata riconosciuta la pensione di invalidità. Senza che ci fosse uno straccio di motivo veramente sensato per negargliela. Quando ho preso in mano la ditta ho cercato di portarla avanti al meglio, avvalendomi di otto operai specializzati. Il lavoro si è sempre concentrato sulla pitturazione industriale, privata e pubblica, spaziando in ogni settore affine tanto che, negli ultimi anni, avevamo imparato anche lavorazioni innovative di pitturazione della tappezzeria e del legno. Ho sempre voluto essere, esattamente come mio suocero, sempre al passo con tutti i permessi e leggi; la ditta ha avuto, e ha tutt’ora, tutti i requisiti in regola, perché ogni legge è stata scrupolosamente seguita ed eseguita. Siamo anche in possesso del Certificato ANCE, che ci ha permesso un appalto diretto da 350 milioni di lire nel 1990.
Sono andato in pensione (per fortuna, visto che cosa aspetta ora a chi spera di poterla raggiungere) con i 40 anni di contributi. Ho dichiarato di essere pensionato, ma che continuavo a lavorare, anche se nel frattempo gli operai andavano anch’essi in pensione e non si riusciva a rimpiazzarli perché la legge imponeva restrizioni cosi grandi che era assurdo assumere un ragazzo e farlo stare lì a guardare. Restrizioni di ogni genere, da quelle burocratiche a quelle economiche.
Premetto, e ci tengo perché per me è motivo di orgoglio, che ho sempre assunto e mantenuto i miei operai in regola fino all’ultima ora di lavoro ordinario e straordinario, anche i prestatori di mano occasionali.
I ponteggi, i macchinari, le cabine di verniciatura, così come le visite mediche semestrali degli operai sono sempre state secondo le regole imposte dalla legge. Insomma, mi definirei un datore di lavoro modello e lo possono confermare tutti i miei passati operai.
Con fatica ho tirato su un capannone e di seguito una casa di cui ho finito di pagare il mutuo tre anni fa.
Questa casa mi ha asciugato tutto quello che la ditta mi aveva dato, e già il lavoro non è che mancasse, ma faceva fatica a ingranare perché il vento della crisi era già alle porte; lavoravi, ma i pagamenti non arrivavano mai, perché anche chi commissionava il lavoro poi si trovava strangolato da un sistema di tasse, pagamenti e scarsità di lavoro.
Adesso mi trovo con il capannone gravato da una ipoteca di 80,000 euro accesa per poter avere un po’ di respiro con i pagamenti dovuti allo stato e per pagare gli stipendi, con la speranza che il flusso lavorativo riprendesse un po’ più regolare.
E invece mi sono trovato alle porte dell’inverno con due anni alle spalle di lavoro praticamente inesistente e una liquidazione da pagare che mi pesa come se avessi fatto la cosa più sporca del mondo!
Ho un credito, verso una ditta fallita, di 18,000 euro che sarebbero la mia salvezza.
Io non sono qui che imploro per me stesso, ma per la gente che in me ha avuto fiducia: il commercialista che mi segue da 40anni, il fornitore (sempre lo stesso da una vita), l’ultimo operaio a cui devo il TFR.
E ora non sono più in grado di pagare nulla, anzi ho ipotecato un quinto della già magra pensione 1.100,00 euro (quindi ridotta a 850,00 euro) per estinguere un fido che aveva come garanzia la casa.
Con la pensione di mio suocero ( che ha 80anni ed è vedovo, cardiopatico e che vive con me e mia moglie ), che comprende anche la reversibilità della moglie per un ammontare di 950euro, paghiamo le spese del capannone, luce, gas, acqua.
Mio suocero aveva da parte i soldi per il suo funerale, ma abbiamo dovuto pagare l’IMU e dovremo pagarla ancora perché anche se non siamo in grado di pagare il mutuo, e quindi la banca se ne impossesserà, noi fino ad allora saremo i proprietari con oneri a carico.
I soldi del funerale del suocero sono finiti e ora con cosa potrò mai pagare le tasse, l’ultima Iva, e i contributi che non sono più riuscito a pagare e che anche per questo non posso più avere il DURC che è quello che mi permetteva di farlo.
Come faccio se non lavoro a pagare qualsiasi cosa?
Non posso far fallire la ditta perchè il debito è troppo basso e non ho i soldi per pagare un notaio e chiuderla in modo da non avere più niente da pagare. Insomma, ho lavorato 40 anni servendo sempre lo stato, e adesso?
Mi servirebbero 150.000 euro per saldare tutto, ma mi accontenterei anche di perdere tutto quello che è stato il lavoro mio e di mio suocero per poter pagare debiti e il TFR.
Oltretutto, a Giugno arriveranno le cartelle Equitalia e inizierà il calvario perché non potremo pagarle e lo sanno tutti che quando hai a che fare con Equitalia sei sull’orlo di un baratro perché non la ferma nessuno. Si attaccano a qualsiasi cosa: la casa, la macchina, la pensione o qualunque sia la cosa che possiedi.
E’ una cosa che fa paura…”
Come si fa a rispettare le regole per una vita intera e poi non avere nemmeno la certezza di salvare qualcosa?
Perché lavorare onestamente, duramente, accettando qualsiasi legge e regola se poi alla fine ti ritrovi a dover gettare dalla finestra tutto quello per cui hai lottato e sudato?
Perché lo Stato non si occupa più di noi piccoli imprenditori, che un tempo eravamo considerati il motore dell’economia nazionale?
Perché ci strangolano di tasse, senza spendere un secondo a cercare di salvare il nostro lavoro, quello dei nostri operai e delle nostre e delle loro famiglie?
Cosa lascerò ai miei figli? Io non posso pensare di lasciargli dei debiti…
Ma non voglio nemmeno che si vergognino di me perché non è stata colpa mia se è successo tutto questo; io ho sempre pagato i miei debiti con il frutto del mio lavoro.
Non sono mai stato ricco e i pochi risparmi li ho investiti in una casa.
Davvero posso perderla così?
Non dormo più e comincio a comprendere chi ha mollato tutto, facendola finita.
Capisco chi non ha più retto, chi si è sentito umiliato e privato della dignità.
Si fa un gran parlare del problema dell’occupazione giovanile, ma di noi, imprenditori e operai che abbiamo dato tanto e ancora avremmo da dare, non parla nessuno.
Ci fanno morire lentamente.
E fanno morire tutto, così. Perché l’unica dignità che esiste i questo mondo governato dai soldi, è il lavoro.
E io non solo non lavoro più, ma non posso più dar da lavorare a nessuno.
Perché viene permesso tutto questo, perché?!
Fate qualcosa, vi prego!
Aiutatemi e aiutateci!
E fatelo in fretta..
Fonte: visto su BASTA CASTA del 17 maggio 2014
Link: http://bastacasta.altervista.org/p14223/#