Dal testo di Francesco Zanotto
“Stava il Mocenigo da un lato disponendo gli ordini per una novella difesa … quando un ufficiale veduta per il fuoco accennato, senza guardie la breccia, corse al Mocenigo, recando avviso essere la piazza perduta, ondè dovesse salvarsi sopra la nave Reale ancorata nel porto. Ma egli sgridandolo, e percotendolo colla propria canna, per sì vile consiglio, esclamò di voler perire a prò della patria; e sfoderato lo stocco si fece portar sulle braccia de’ suoi, non potendo egli muoversi per la grave mole del corpo, per la vecchiezza sua, e per l’infermità che affliggevalo, fino al combattuto bastione, dove più era folta la moltitudine dei nemici … “.
ANNO 1648
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
I Turchi dopo lo sbarco nell’isola giungono a porre l’assedio anche alla capitale, Candia. Il comandante Luigi Mocenigo esce allo scoperto seppur infermo …
LA SCHEDA STORICA – 119
Nel 1647 intanto, era iniziato il lunghissimo assedio di Candia da parte dei turchi.
Questi avevano già conquistato due dei quattro centri strategici e fortificati dell’isola. Dei due che restavano in mano veneziana, tuttavia, Suda era di fatto bloccata e isolata dal mare da almeno un anno. Solo la conquista della capitale Candia, avrebbe significato la fine definitiva della colonia veneziana.
La città nella sua prima estate d’assedio, era stata colpita dalla peste mentre il morbo, trattenuto dentro le mura non aveva minimamente intaccato i soldati turchi accampati all’esterno.
I suoi abitanti, circa 10-12.000 anime, non di più, si preparavano in quelle condizioni a resistere anche se la vera e concreta resistenza la oppose comunque quasi sempre la flotta veneziana con il suo esercito.
Per i primi anni poi, nessuna potenza straniera mosse un dito per soccorrere l’agonizzante città assediata e anche se qualche rinforzo straniero venne diretto nell’Egeo, il suo intervento si dimostrava alla fine ininfluente sulle sorti dell’assedio se non addirittura controproducente o dannoso.
Il governo ducale, intanto, nel 1648, aveva assegnato a Luigi Leonardo Mocenigo il delicato e complesso incarico di supremo comandante delle Armi di Candia con in più il titolo di Capitano Generale.
Come prima cosa il Mocenigo giunto a Candia, vi fece riparare le numerose brecce aperte in più di un anno di assedio dai cannoni turchi. Tutta la città, anzi, venne maggiormente attrezzata e fortificata con barriere, fossati, trincee di ogni tipo.
Candia era ben difesa e munita ma cosa poteva contro la marea dei turchi?
A guardia della cinta muraria fortificata e dei possenti bastioni, 6000 uomini mentre 1500 controllavano la Piazza centrale d’Armi. I restanti dovevano invece essere pronti ad intervenire di rincalzo. Il forte di S. Dimitri, cittadella fortificata nella città, venne consegnato in comando a Girolamo Battaglia. Tutto insomma era predisposto per ricevere un nuovo attacco nemico che, puntuale, infatti arrivò.
Il comandante turco Cussein occupava con il suo accampamento una vasta area quasi a ridosso delle mura di Candia. Da lì, partì l’attacco dei suoi uomini, che in breve raggiunsero il fossato, costringendo a quel punto i veneziani ad un furioso corpo a corpo. L’estremo sacrificio di molti difensori impedì comunque al nemico di penetrare all’interno delle mura. Per niente rassegnato, il comandante turco ordinò successivamente altri assalti, tutti però destinati ad aver uguale esito.
Il forte Martinengo, bastione conteso fino all’ultimo istante, quando il Mocenigo ribalta la situazione …
Uno solo degli scontri combattuti in quei fatidici giorni del 1648 sotto le mura di Candia, restò incerto fino all’ultimo, quello per la difesa del forte Martinengo.
Questo forte, sin dalle prime cannonate turche era stato quasi del tutto distrutto, ma la sua posizione e la sua importanza ne facevano un ambito obbiettivo e un importante avamposto da difendere per i veneziani.
Inizialmente i turchi ebbero la meglio riuscendo a conquistarne vasti settori per venire nuovamente ricacciati poco dopo. Il calare della sera, poi, provvide a far cessare del tutto i combattimenti. Che ripresero solo pochi giorni appresso sempre per ordine di Cussein.
Nel bel mezzo del corpo a corpo, si avvertì improvvisa ed imprevista una spaventosa esplosione. I barili di polvere da sparo custoditi nei sotterranei del forte, avevano preso fuoco ed erano esplosi aprendo una larga breccia nelle mura.
Dopo i primi istanti di sorpresa e di sbigottimento, il panico assalì i veneziani alla vista dell’enorme passaggio apertosi con l’esplosione. Un ufficiale della Serenissima, a quel punto, non trovò di meglio che precipitarsi di corsa da Leonardo Mocenigo affinché si affrettasse a lasciare l’isola imbarcandosi al più presto sulla nave ammiraglia dal momento che ben presto la città sarebbe caduta in mano nemica.
A quelle parole, il Mocenigo, si narra, reagì con rabbia e indignazione dal momento che mai avrebbe abbandonato Candia senza prima tentare l’impossibile per conservarla.
Si fece così portare dai suoi uomini fino al bastione conteso, dal momento che un pò per l’età un pò per la sua eccessiva mole fisica le sue gambe a stento lo avrebbero retto. Una volta raggiunto il luogo, le milizie e la popolazione terrorizzate ripresero coraggio e speranza e, seguendo i suoi utili e saggi consigli, riuscirono alla fine a ribaltare una situazione che sembrava ormai persa irrimediabilmente. Il I° ottobre del 1648 Cussein fu costretto ad abbandonare l’impresa. Il comandante turco aveva perso molti dei suoi migliori combattenti in un inutile ed ostinato assedio.
Grazie al carisma ma soprattutto all’abilità di comando del Mocenigo, Candia almeno per il momento poteva tirare un sospiro di sollievo. La resistenza continuava all’ombra del Leone …
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 4, SCRIPTA EDIZIONI
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