Ott 08 2016

FUMANE DI VERONA – GROTTA SOLINAS: IL NOSTRO SCIAMANO È IL PRIMO EUROPEO

sciamo-di-fumane

Lo Sciamano di Fumane, grotta Solinas

 

 

Alberto Broglio, scopritore della figura antropomorfa tracciata con l’ocra, ricorda vent’anni di ricerche archeologiche e spiega i più recenti sviluppi

 

Nel 1988, grazie alla Soprintendenza archeologica del Veneto e al Museo civico di storia naturale di Verona, iniziavano le ricerche sistematiche alla grotta Solinas di Fumane.  Il sito, segnalato da Giovanni Solinas nel 1964, era stato oggetto di una prima indagine di Angelo Pasa e di Franco Mezzena, ma a più riprese era stato poi devastato da clandestini.

 

giovanni-solinas-520

Lo scopritore della grotta Giovanni Solinas

 

Vent’anni fa si costituì così un gruppo di lavoro con ricercatori delle università di Ferrara e di Milano, ma in collaborazione con specialisti di altre università e musei, indispensabile per un’indagine che avrebbe interessato dalle scienze paleontologiche alle scienze dell’uomo.

Inizialmente il lavoro presentò molte difficoltà, sia per la necessità di rimuovere i materiali abbandonati sul sito dai clandestini, sia per comprendere la configurazione e l’estensione dei depositi.

Si arrivò ad accertare che i depositi preistorici si estendevano davanti e all’interno di una grotta il cui ampio ingresso era stato tamponato e mascherato dai sedimenti, e che il loro spessore si aggirava sulla decina di metri.

 

solinas-giovanni-e-broglio

Da sinistra Alberto Solinas (figlio di Giovanni) e il prof. Alberto Broglio

 

Furono necessari vari interventi per proteggere l’area archeologica e per consentire la prosecuzione dei lavori in sicurezza: particolarmente impegnativi furono l’intervento realizzato dal ministero per i Beni Culturali nel 1996 e i lavori condotti nel 2000 dal Comune di Fumane.

 

Questa musealizzazione, realizzata su progetto dell’architetto Arrigo Rudi e finanziata dalla fondazione Cariverona, consente ora sia la prosecuzione delle ricerche sia la visita della grotta.

 

NEANDERTALIANI E MODERNI.

 

Attualmente la grotta di Fumane è conosciuta a livello internazionale come uno dei più importanti siti europei per lo studio dei Neandertaliani e dei problemi legati alla loro estinzione e alla diffusione dei primi Uomini moderni in Europa.

Infatti il sito è stato frequentato a più riprese tra 100mila e 30mila anni fa, prima dai Neandertaliani e quindi, dopo 35.500 anni fa, dai primi Uomini moderni.

 

Perché uomini che vivevano di caccia e raccolta di prodotti spontanei si stabilirono durante la buona stagione nella grotta di Fumane?

La risposta si trova nelle risorse offerte dai Lessini occidentali durante l’ultima glaciazione.

Il territorio di caccia, raggiungibile nell’arco di una giornata, si estendeva dalla prateria alpina (sopra gli 800-1000 metri), dove vivevano stambecchi, bisonti e marmotte e dai costoni rocciosi che ospitavano i camosci, ai boschi sottostanti, popolati da cervi, megaceri e caprioli, fino all’alta pianura con le aree acquitrinose dove vivevano le anitre.

In tutto il territorio era reperibile una gran quantità di selce, indispensabile per fabbricare strumenti e armi da caccia.

 

Uno studio accurato realizzato sull’industria litica aurignaziana (opera dei primi Uomini moderni di Fumane), ha mostrato una profonda conoscenza delle caratteristiche dei materiali, con tecniche appropriate nella produzione di lame e di lamelle da trasformare in strumenti (grattatoi, bulini, punteruoli) e in piccole punte e lamelle che venivano inserite in supporti di legno per formare armi da getto, coltelli, seghe.

 

La grotta di Fumane, data la sua posizione a 350 metri di quota lungo il piccolo Vajo di Manune, si prestava bene come base per battute di caccia.

 

entrata-grotta-solinas-520

Entrata della grotta

 

L’analisi dei resti di animali abbattuti ha consentito di stabilire che si cacciava tra la fine della primavera e la fine dell’autunno, raramente anche d’inverno.

Davanti alla grotta e al suo ingresso i cacciatori paleolitici hanno lasciato alcune strutture d’abitato significative di permanenze durate alcuni mesi.

La parte più profonda della serie stratigrafica è stata esplorata soltanto su un’area molto ristretta, e possiamo sperare che la prosecuzione dello scavo su una congrua superficie porti a individuare i resti dei ricoveri e dei focolari costruiti dai Neandertaliani che a più riprese hanno utilizzato la grotta.

Lo scavo della porzione superiore del deposito, esplorato su aree più ampie, ha già dato risultati.

A circa 40mila anni fa risale una rara struttura di focolare degli ultimi Neandertaliani: una buca circolare attorniata, verso l’esterno, da lastre calcaree.

I primi Uomini moderni, tra 35.500 e 30mila anni fa, hanno lasciato altri focolari, buche di palo, cumuli di rifiuti (carboni di legna, resti degli animali abbattuti e consumati, manufatti di selce e osso); un insieme di queste strutture pare riconducibile a una sorta di riparo sostenuto da pali addossati alla parete rocciosa.

 

EVOLUZIONE O SOSTITUZIONE?

 

Uno dei problemi attualmente dibattuti riguarda l’estinzione dei Neandertaliani e la diffusione degli Uomini moderni.

Tutti i resti scheletrici indicano concordemente che prima di 40mila anni dal presente la popolazione europea era esclusivamente neandertaliana e dopo 30mila anni esclusivamente moderna.  Purtroppo però gli scheletri degli Uomini moderni noti sono tutti posteriori a 30mila anni.

 

Come erano i primi europei moderni, quelli vissuti tra 36mila e 30mila anni fa e associati a un complesso molto caratteristico, l’Aurignaziano antico?

Fino a qualche anno fa si riteneva che le ricerche interdisciplinari avessero chiarito i problemi. Le ricostruzioni del DNA mitocondriale dei fossili, la morfologia dei resti scheletrici e le evidenze archeologiche sembravano aver portato a una conclusione definitiva: Neandertaliani e Uomini moderni erano specie distinte, mai mescolate; i Neandertaliani europei sarebbero stati rimpiazzati da Uomini moderni giunti in Europa attorno a 36mila-35mila anni fa attraverso il Vicino Oriente, i Balcani e la Transcaucasia.

 

L’Uomo moderno era il solo artefice dell’Aurignaziano.

 

Questo complesso culturale segna effettivamente un cambiamento radicale nel comportamento umano: compaiono i più antichi oggetti ornamentali e decorati, inizia la produzione di arte figurativa (pittura, incisione, scultura) e in alcune grotte si organizzano i primi centri di culto. È ragionevole correlare il cambiamento alla diffusione dell’Uomo moderno.

 

Oggi la tesi della sostituzione trova tuttavia meno credito.

 

Anzitutto i resti scheletrici più significativi, che si ritenevano associati all’Aurignaziano più antico (Cro-Magnon e Vogelherd) sono risultati molto più recenti; purtroppo i reperti scheletrici sicuramente associati al più antico Aurignaziano sono rappresentati soltanto da frammenti di morfologia poco significativa.

Inoltre vi sono incertezze nell’attribuzione ai Neandertaliani delle industrie cosiddette di transizione, che in molte serie stratigrafiche si interpongono tra Musteriano e Aurignaziano.

Molti ricercatori ritengono quindi che sia possibile che le popolazioni europee del Paleolitico superiore derivino, oltre che da lente migrazioni di gruppi di Uomini moderni portatori dell’Aurignaziano, anche dall’incrocio con gli ultimi Neandertaliani.

 

Il deposito della grotta Solinas di Fumane si pone tra i pochi che in Europa documentano questa situazione.

 

fumane-scavi-520

Lo scavo archeologico della grotta

 

Sopra la sequenza di industrie musteriane, che secondo le datazioni più recenti (realizzate nel laboratorio di Oxford con tecniche di decontaminazione dei campioni di grande precisione) terminerebbe attorno a 40mila anni dal presente, si trovano strutture d’abitato e un’industria litica che per le sue caratteristiche non rientra nel quadro del Musteriano e nemmeno nel quadro dell’Aurignaziano: è anch’essa «di transizione».

Le ricerche condotte negli ultimi tre anni a Fumane sono state rivolte soprattutto a conoscere questo nuovo aspetto culturale.

L’Aurignaziano di Fumane è tra i più antichi d’Europa; la sua comparsa va fatta risalire a circa 35.500 anni da oggi.

 

Oltre alle strutture abitative, ai resti alimentari, ai manufatti di selce e d’osso, la documentazione archeologica comprende quasi un migliaio di conchiglie marine mediterranee trasportate nel sito per essere utilizzate come oggetti ornamentali, qualche dente di cervo adoperato come pendente e alcuni frammenti di roccia staccatisi dalla volta o dalle pareti della grotta che presentano una faccia (parte della superficie esposta prima del distacco) tinta di ocra rossa.

La maggior parte di questi frammenti è piccola e non consente un’interpretazione delle macchie di colore; ma cinque pezzi presentano delle figure definite e leggibili, anche se incomplete.

Si tratta di un animale a quattro zampe, di un antropomorfo, di un anello con appendici e di altre due figure non identificabili.

L’Aurignaziano di Fumane rappresenta, sotto questo aspetto, un ritrovamento eccezionale.

 

In nessun altro sito l’insieme delle evidenze — stratigrafia dei depositi, datazioni radiometriche, strutture d’abitato, resti alimentari, manufatti — è altrettanto ben rappresentato.

A tutto ciò si accompagna la possibilità di datare col metodo del carbonio la successione stratigrafica e le singole strutture d’abitato.

Perciò il deposito costituisce uno straordinario archivio per la conoscenza dell’origine dell’umanità attuale.

 

LA DECORAZIONE PITTORICA.

 

La distribuzione dei frammenti tinti d’ocra rossa nell’area e negli strati corrispondenti alla frequentazione aurignaziana della grotta, la presenza alla base dello strato A2 (che corrisponde alla prima presenza degli Aurignaziani) di due concentrazioni d’ocra rossa datate attorno a 35.500 anni dal presente e infine il ritrovamento nello stesso strato di «matite» (blocchetti) di ocra suggeriscono che la decorazione pittorica risalga a circa 35.500 anni fa in termini di cronologia del carbonio.

L’età reale, che risulta dalla calibrazione dell’età indicata dal carbonio, è più vecchia di alcune migliaia di anni.

 

Possiamo concludere che le pitture di Fumane sono le più antiche d’Europa, e che si collocano tra le prime produzioni di arte figurativa.

 

I centri di produzione di arte figurativa altrettanto antichi sono rari. In alcune grotte del Sud-Ovest della Francia, in Dordogna, sono noti alcuni massi con incisioni grossolane, che rappresentano animali o motivi sessuali; in altre grotte dell’alto bacino del Danubio, nel Baden-Württemberg, l’Aurignaziano ha dato delle statuette d’avorio, alcune lavorate accuratamente, altre appena sbozzate, che rappresentano animali e antropomorfi.

 

Una scoperta straordinaria, di quindici anni fa, è stata fatta nell’Ardèche, nel sud della Francia: è la grotta Chauvet-Pont d’Arc, il più antico luogo di culto noto in Europa, che non fu mai abitata, ma che conserva le tracce degli antichi frequentatori, che appartengono a una fase recente dell’Aurignaziano, attorno a 30mila anni fa.

Le pareti di questa grotta mostrano 470 pitture realizzate in parte con l’ocra rossa in parte con il carboncino, in alcuni casi con tecniche molto raffinate (chiaroscuro, ricerca prospettica).

 

La decorazione della grotta di Fumane è più «primitiva», forse perché più antica, forse perché funzionale a un sito abitato.

Conosciuta a livello internazionale, essa rappresenta il primo documento pittorico dell’umanità.

 

Nel grande Parque de la Preistoria Teverga da poco inaugurato nei dintorni di Oviedo, la sezione dedicata alle rappresentazioni paleolitiche degli «stregoni» si apre con due figure aurignaziane: la statuetta dell’uomo-leone di Hohlenstein-Stadel e la pietra dipinta con lo «sciamano» di Fumane.

 

Fonte: srs di Alberto Broglio, da L’Arena di Verona di venerdì 30 maggio 2008. provincia pag. 28

 

 

Rispondi

Per commentare devi accedere al sito. Accedi.