Cristo e Nicodemo in un dipinto di Crijn Volmarijn
Memorie di Nicodemo
(data: IV secolo). In varie versioni sia copte e sirine.
Il Vangelo di Nicodemo è un vangelo apocrifo con attribuzione pseudoepigrafa a Nicodemo, discepolo di Gesù. Datato al II secolo, è scritto in greco. Similmente agli altri vangeli della passione (Vangelo di Gamaliele, Vangelo di Pietro) descrive la passione di Gesù discolpando Pilato.
Fa parte del cosiddetto Ciclo di Pilato, una serie di scritti apocrifi più o meno antichi centrati sulla figura di Pilato (primi 10 capitoli).
Il testo risulta composto da tre sezioni originariamente indipendenti:
Incomincia la narrazione di Nicodemo, e la storia della Passione del nostro Signore Iesù Cristo; cioè il Passio di Nicodemo.
TESTI
VANGELO DI NICODEMO DETTO ANCHE ATTI DI PILATO
Recensione greca “A” **
PROLOGO
Io Anania, protettore (1), ufficiale pretoriano, versato nella legge, avvicinatomi con cuore fedele alle sacre Scritture riconobbi che Gesù Cristo è il nostro Signore, e fui riconosciuto degno del santo battesimo.
Indagando sulle memorie dei fatti accaduti in quel periodo a proposito del padrone nostro Gesù Cristo e su quanto fu divulgato per scritto dagli Ebrei su Ponzio Pilato, trovai queste memorie scritte in lingua ebraica e, per volontà di Dio, le tradussi in lingua greca affinché ne possano prendere conoscenza tutti coloro che invocano il nome di nostro Signore Gesù Cristo: era l’anno diciassettesimo del regno del signore nostro Flavio Teodosio e il quinto del nobilissimo Flavio Valentiniano, l’indizione nona (2).
Voi tutti dunque che leggete e copiate questo, in altri libri, pensate a me e pregate per me, affinché Dio abbia misericordia di me e perdoni i peccati che ho commesso contro di lui.
Pace ai lettori e salute a tutti quanti udranno e ai loro domestici: Amen.
Nell’anno quindicesimo del regno di Tiberio Cesare (3), imperatore dei Romani, l’anno diciannovesimo della dominazione di Erode, figlio di Erode, re della Galilea, nell’ottavo giorno (4) prima delle calende di aprile e cioè il venticinquesimo giorno del mese di marzo, sotto il consolato di Rufo e Rubellione, il quarto anno dell’olimpiade duecentodue, mentre era sommo sacerdote degli Ebrei Giuseppe, figlio di Caifa.