Vantaggio o svantaggio non avere una vera ed unica cucina nazionale italiana
I francesi ci contestano il fatto che non abbiamo una vera cucina nazionale, ma di avere solo delle ricche cucine regionali, basate sui “piatti della nonna”, buoni sì, ma dalle origini certamente non nobili o raffinate. Tant’è vero che la cucina di casa Savoia non viene considerata regale ma regionale, ovvero quella del mondo rurale piemontese.
Al contrario, la cucina francese è riconosciuta come una grande e raffinata cucina nazionale con i suoi ricchi piatti tipici, la grande pasticceria, i grandi piatti a base di carne, i grandi formaggi, i piatti a base di uova, ecc. Insomma, meno varietà, ma con grandi “capisaldi”.
Avere una cucina così variegata e con tali differenze non può che portare vantaggi, se poi hanno iniziato prima di noi a fare rete tra produttori e a promuovere le specialità regionali, i risultati ci sono stati, tanto che alcuni prodotti sono considerati delle icone. Ma se lo meritano?
Probabilmente è un problema degli italiani piuttosto che della cucina italiana, quindi è solo un fatto culturale … .
Il campanilismo e le lotte intestine tra comuni, ducati e signorie che hanno contraddistinto la nostra storia si ripercuotono pure sull’immagine della nostra cucina: l’incapacità di fare sistema, tipico della mentalità individualistica italica si riduce ad un insieme di cucine regionali la cui somma non raggiunge il valore assoluto che si merita.
Molti hanno dimenticato, come moltissimi italiani non vogliono accettare, che la cucina occidentale, fino a tutto il Rinascimento, aveva un solo punto di riferimento: quella veneziana, poi esportata alle corti francesi, austro-tedesche e nord europee grazie ai cuochi italiani e allo sviluppo della stampa che ne promosse le conoscenze ed i saperi gastronomici delle tradizioni veneto/veneziane.