– Nello studiare le strade antiche è inevitabile occuparsi anche del come venivano percorse, con quali mezzi di trasporto, quali velocità, quali intervalli tra una sosta e l’altra.
- Il commercio minuto italico ed etrusco, consisteva di brevi carovane autonome, con carichi a dorso di mulo, che girovagavano tra città e villaggi, per scambiare merci; con mercanti e trasportatori della stessa famiglia, paragonabili agli attuali ambulanti che fanno i mercati. Più tardi, in età romana, quando vi furono sufficienti vie acciottolate o lastricate, anche questo commercio passò sui carri.
- I grandi flussi commerciali etruschi invece non erano autonomi, perché il problema principale era la sicurezza dell’attraversamento di grandi territori abitati da altre genti; e dunque il ferro e le merci dello scambio in controvalore, viaggiavano con carovane allestite da gente locale. Gli Etruschi avevano esperienze di rapporti internazionali (conoscenza di lingue e di tipi di gente, di ambienti e di valori delle merci, diplomazia e abilità di trattare gli scambi), perciò i commercianti etruschi viaggiavano assieme a trasportatori dei luoghi attraversati (carovanieri o natanti) i quali conoscevano bene i percorsi migliori e tenevano buoni rapporti con le popolazioni locali. Questo sistema fu il motore dello scambio di costumi, credenze e conoscenze, oltre agli scambi mercantili ed economici.
- I costumi antichi erano conservatori, cioè la gente faceva sempre le stesse cose allo stesso modo, perché l’unica scuola consisteva nel tramandare esperienze di padre in figlio, perciò esistevano famiglie a tradizione carovaniera (o natante), che per generazioni continuavano sempre gli stessi percorsi e metodi di viaggio, e ciò era quanto di meglio si potesse, per far viaggiare mercanzie, per centinaia di chilometri tra l’Etruria (o le navi etrusche) e le città dell’interno padano e celtico.
- Nell’antichità esistettero sempre itinerari misti fluviali e terrestri, perché i trasporti mutavano spesso da acqua a terra e viceversa, a seconda delle difficoltà nel proseguire, oppure per motivi di sicurezza, o anche preferenze di appalto dei trasporti tra commercianti e trasportatori.
- Le vie fluviali erano lente ed economiche, adatte ai carichi di massa e minor valore; esempio la legna, prodotti agricoli, bestiame, pietre da costruzione o mattoni, ma anche Sale e Lingotti di Ferro.
- Le vie terrestri erano più rapide e costose, adatte al trasporto di persone e carichi minuti di valore, come i manufatti, tessuti, attrezzerie, anfore, olio, vino, caseari. In ogni caso la via terrestre era necessaria come raccordo tra la fine di un fiume e l’inizio dell’altro, e quindi i trasporti erano sempre misti tra terra e fiume, specie per transitare ferro tra Alpi e Appennini (vedi La via del ferro celtico).
- Le grandi vie etrusche furono fatte per il ferro, perché pesante da trasportare con carri a ruote, furono realizzate sul tragitto più breve e pianeggiante nelle valli, ma costruite al minor costo, selciate solo dove passavano i carri, con pendenze idonee agli animali, ma secondo le forme del terreno, aggiravano dossi e valloni, senza i grandi lavori dei romani per avere vie perfette e rettilinee.
LE ESIGENZE DEL VIAGGIO
– Viaggiare su una via implica fare delle soste di tanto in tanto, per riposarsi, mangiare, bere e più per far pascolare gli animali. L’esperienza di secoli aveva insegnato che il vincolo principale era dato degli animali equini (cavalli, muli, asini) perché necessitano di mangiare e bere entro tempi brevi, perché non hanno l’autonomia dei ruminanti (buoi) che, con la naturale riserva di foraggio nel rumine, gli consente di mangiare anche dopo il pascolo, mentre camminano.
- I buoi però erano forti ma lenti, utili a tirare l’aratro ed i carri di campagna, ma non adatti a percorre le lunghe distanze stradali, in quanto la condizionale era posta dalle ore del giorno, per arrivare a destino prima dell’imbrunire, perciò sulle strade si impiegarono i muli per trasportare merci, e cavalli (più veloci) per trasportare persone.
- Dall’esigenza di pause degli animali da soma, venne la necessità di porre lungo le strade dei punti di sosta, ad intervalli regolari, dove vi fosse un’area di pascolo od un fienile, per consentire una sosta ai muli e cavalli, secondo criteri che variarono un po’ con le epoche e costumi dei popoli.
- Nelle zone densamente abitate, come l’Insubria (Lombardia nord occidentale), l’Etruria meridionale (Viterbese e laghi tosco-laziali), la Campania centrale (da Capua a Salerno), vi erano villaggi a grappoli, distanziati due o tre chilometri l’uno dall’altro, ciascuno circondato dalla sua area agricola; perciò fu naturale che si facessero soste nei villaggi e si camminasse senza interruzione sul percorso tra un villaggio e l’altro. Mentre nelle aree poco abitate, con paesi distanziati 25-30 km, cioè con intervalli simili ad un giorno di cammino, come nell’Interno Pugliese, Lucano e Appenninico, si dovrebbero trovare tracce di punti di sosta intermedi, ma il fatto di non trovarne, induce l’idea che non esistette un trasporto diverso dall’uso locale e preistorico, del trasportare merci col movimento dei Pastori e Mandriani. Quindi poche merci che non sono caricate su animali da soma in viaggio sistematico, ma stanno sugli animali al seguito delle greggi al pascolo, che brucano qua e là lungo il percorso, con un viaggio lento ma che non necessita di soste intermedie.
- Dove il commercio assunse l’elevata organizzazione degli Etruschi, fu concepito il trasporto rapido e specializzato, fatto con animali addestrati a compiere lunghi viaggi carichi, con pastura cadenzata tra punti di sosta, e ciò ha prodotto la tipica presenza delle Soste ad intervalli regolari sulle strade etrusche (cosa che fu imitata da tutti gli Italici ed anche delle Legioni romane).
- Ogni tratto di percorrenza tra due punti di sosta, fu concepito in funzione delle esigenze degli animali da soma, quindi con un percorso definito, ma non rigorosamente legato alla lunghezza, bensì alla faticosità, perché l’andare in salita non era come la discesa, e poi la sosta doveva essere in un punto adatto, dove vi fosse un pascolo ed un ruscello, oppure dove già vi fosse un villaggio.
- Nell’idea etrusca, questa Tratta di percorso tra una sosta e l’altra, fu uniformata su base tempo di cammino, perciò risultano lunghezze un po’ variabili, ma che comunque furono tanto simili da potersi definire con lunghezza media di sei miglia, e che, la somma di tre Tratte definiva il viaggio di un giorno, in modo da giungere in un villaggio od altro punto di pernottamento prima di sera, senza sfiancare né uomini né animali, dato che ogni viaggio durava molti giorni consecutivi.
- Definiti gli intervalli di percorso su ogni strada, si potè dotare ogni punto di sosta di un riparo, sul tipo del castellare ligure, dove porre un fienile se mancasse il pascolo, ed un tetto riparo dai temporali; e poiché ogni tre Tratte ci doveva essere una cittadina dove poter pernottare al sicuro, maturò l’idea della struttura di Ricezione stradale, come oggi sono le Stazioni di Servizio ed i Motel autostradali.
- Questa idea dei percorsi pianificati ma non strettamente legati ad una lunghezza precisa, ha generato il concetto del “Modulo di viaggio”, che è un altro modo di misurare i percorsi stradali, basato sul contare il numero degli intervalli di percorso, invece che nel contare le lunghezze in miglia di strada. Fu molto più pratico e semplice contare quante tratte, o soste, ci sono su un percorso, per stabilire i tempi di viaggio della Carovana etrusca o della Legione romana.
-Gli Etruschi chiamarono ognuno di questi intervalli di strada:“Sestum” che. contemporaneamente significa “sei miglia”, “punto di sosta” e “compasso”, perché le distanze sulle carte geografiche si misurano col compasso. Una compassata è il modo di far avanzare l’apertura delle punte del compasso sulla carta, per contare il numero degli intervalli di percorso, il numero delle soste, il numero dei tratti di sei miglia della strada; è il modo per sapere dove si trova la carovana o la legione ad una certa data ed ora.
IL MODULO DI VIAGGIO ETRUSCO
- Le velocità media di un pedone, uniformata all’andatura dei muli, è di 6 km/ora, e si può dire che la media di ogni Tratta etrusca, valeva un ora e mezza di cammino, seguita da mezz’ora di sosta, con un totale di due ore di tempo per ogni tratta, e 9 chilometri di percorso.
- D’uso si percorrevano tre tratte al giorno (6 ore), con due soste intermedie di strada ed una sosta serale per pranzo e pernottamento. Pertanto venivano percorsi in media 27 km = 18 miglia al giorno.
- Questo dato è il Modulo Etrusco, che ricorre a grande maggioranza negli intervalli di percorso riscontrati su tutte le carte geografiche; anche se pure riscontriamo lunghezze adattate alla situazione reale del territorio, per esempio la posizione degli abitati in cima ai colli, e la posizione dei fiumi che richiedevano tempi di guado; fuori da questi punti vincolanti, gli intervalli di 9 km sono talmente ricorrenti, negli attraversamenti di territori uniformi senza abitati, che diventano un parametro guida.
- Questo criterio del Modulo Etrusco diventa il metodo per la ricerca dei Siti archeologici scomparsi, perché se ancor oggi proviamo a compassare, col passo 9 km, troviamo una maggioranza di coincidenze di presenza abitati (sorti sulle antiche soste) ed ancor più frequente ricorre il passo di 30 km tra gli abitati maggiori, di cui molti sono divenuti città. Questo perchè 9 km = 6 miglia, fu un punto di sosta intermedio e 30 km = 20 miglia, fu un punto di pernottamento. Ritengo che tutte le discrepanze in questi ritmi, sono date dal fatto che sulle strade vennero a sovrapporsi le diverse soste fatte dai romani, per le soste dei cavalli (mutationes), più lunghe di quelle dei pedoni; ed anche dalla nascita di altri abitati successivi all’età romana, che non ebbero funzioni di servizio Tratta.
Etimologia del Modulo di Viaggio Etrusco
- Questo numero 6 riferito ai percorsi stradali, è una specie di numero magico che include molti significati, come nell’uso delle parole antiche. In latino in numero sei ordinale è Sesto, si dice Sestus,da cui deriva Sèstum,con significato di posizione (ciò che è al sesto posto), perciò significa “Misura”.
- La parola Sestumfu usata per indicare le località poste a sei miglia fuori dalle grandi città, sulle strade etrusche (e poi le principali vie romane), dove era posto un presidio militare di protezione alla città; per cui ancora oggi troviamo nell’intorno delle grandi città, molti paesi con nome Sesto.
- Ma Sestumè anche la tipica distanza di sei miglia di percorrenza standard,sulle strade tra un punto di sosta e l’altro, e questo percorso che chiamo “modulo di viaggio”, rappresenta più che una unità di lunghezza, un criterio del “modo di viaggiare”.
- Il significato base della parola Sestum,definisce l’apertura delle punte di un compasso, perché questa rappresenta il Raggio del cerchio, il quale sta sei volte nella circonferenza, e con le punte aperte di un compasso si percorre un tracciato sulla carta geografica per misurare le distanze.
- Il Sesto è il modulo di viaggio, perché definisce la conta di quanti intervalli di percorso ci sono lungo un itinerario, e dunque quanti giorni di viaggio servono per recarsi da una località all’altra.
- Con questo modulo oggi si possono individuare dove vi furono accampamenti, vicuso città.
- Questo Sesto Misura, che sta sei volte nella circonferenza, definisce la lunghezza di percorso del giro della ruota sulla strada, perché variando il sesto (raggio) varia il percorso che si compie nell’unità di tempo. Il sistema romano per misurare le distanze sulle strade fu un carrodetto Odometroche con i giri di ruota contava i passi, e come in un pallottoliere, metteva un sassolino in una vaschetta relativa al 10, 100 e 1000, cosi dal giro di ruota si misuravano le miglia di strada.
- Con le punte aperte del compasso, si misurano ancor oggi i percorsi delle Rotte navali, sulle carte geografiche, come facevano Etruschi, Greci e Fenici. A seconda della misura che si dà al sesto, si calcola rapidamente la distanza in miglia, o il tempo di viaggio, o il punto di incontro tra due navi..
- La parola Sesto ha generato le parole Sosta e Siesta, che sono l’omologo di posto per fermarsi e riposare. Quindi sesto è la misura dove trovare il posto di sosta.
- La parola Sesto, significa anche Ordine, cioè mettere in Sesto, riordinare, aggiustare, mettere a misura, compiere il percorso dovuto; contrario di Dissesto, sconquassare.
- Quando si legge di un “arco a tutto sesto” significa che è interamente fatto con lo stesso raggio, a differenza di altri archi e volte a forma ogivale o con archi compositi, perché Sesto è la Misura di quanto si aprono le punte del compasso per fare un cerchio,
- Dalla parola Sestumsono derivate le parole Sesta (telaio di sostegno per costruire la volta), Sestario (misura da Vino), Sesterzio (moneta), Sestile (periodo dell’anno che poi fu fissato al mese di agosto), Sestante (strumento di misura degli angoli usato in marina), Sestiere (come quartiere, è una porzione con cui è stata divisa la città).
IL MODULO DI VIAGGIO ROMANO
- L’idea del modulo di viaggio etrusco proseguì nell’età romana, come metodo per pianificare i trasferimenti delle Legioni romane, perché camminavano a piedi, come i carovanieri etruschi, ed era necessario stabilire a priori i percorsi più opportuni, i diversi tempi di viaggio tra un giro e l’altro, e le posizioni degli eserciti in ogni momento, per variare le tattiche di guerra.
- Però fuori dai percorsi degli eserciti, le strade romane furono intervallate con altri criteri, perché non ci fu più “un” modo di viaggiare (a piedi), ma si viaggiò a cavallo, con carri lenti e con carri veloci, e ciascun tipo di trasporto esigeva punti di sosta differenti, per cui cessò l’idea dell’intervallo costante.
- In età romana venne anche in uso la nuova matematica decimale, che sostituì l’etrusca segesimale, e quindi fu cambiato il modulo di intervallo tra le soste di un giorno (che poi divennero distanze tra le città). I Romani standardizzarono il percorso di un giorno a 20 miglia, anziché 18 come gli Etruschi, e quei ventimila passi di viaggio furono suddivisi in diversi modi a seconda dell’uso prevalente.
- Sulle vie Consolari a lunga percorrenza, si viaggiava a cavallo o con carri veloci trainati da cavalli, perciò si fecero due tratte da 10 miglia = 15 km, con una sosta intermedia mutationes per cambio cavalli; però vi furono strade con mutationesa 10, 12, 15 e 18 km d’intervallo, e questo fa pensare che dove già vi fossero precedenti soste etrusche, di antica esperienza, si continuò ad usare quelle.
- Con l’età romana si fecero vie più veloci, con un nuovo apparato di “stazioni di servizio” adatte alla velocità dei cavalli, invece che dei pedoni, e si chiamarono “mutatio”perché vi si cambiavano i cavalli e si proseguiva, senza aspettare che si riposassero, questo per staffette e diligenze postali; mentre per la comodità di viaggio della gente sorse un autentico servizio alberghiero composto da Mansiones(dove alloggiavano i funzionari imperiali), Cauponae (locande per la gente comune), Tabernae(rinomati alberghi con cucina tipica, località panoramiche e comfortdi terme e vacanze) di solito non erano isolate ma nei centri abitati, oppure furono esse a far sorgere centri abitati, per la loro elevata frequentazione. E proprio queste sono la probabile continuazione delle precedenti stazioni di sosta etrusche, consolidate da una antica frequentazione.
- I viaggi più veloci detti “cursus velox”si percorrevano a 120 km al giorno, le staffette postali “cursus publicus”percorrevano 80 km al giorno, i più comuni viaggi a cavallo o carro a cavalli percorrevano 60 km al giorno, e le Legioni romane in viaggio a tappe forzate percorrevano 38 km/giorno, mentre il più tradizionale viaggio a piedi, degli etruschi e non, rimase a 30 km/giorno.
- La stragrande maggioranza di intervalli simili a 9 km (6 miglia) tutt’oggi presenti sulle carte geografiche, fa pensare che il modulo etrusco continuò ad essere utilizzato anche in età romana, per il fatto che la gente e gli eserciti camminavano sempre a piedi, e questi necessitavano di soste più umane di quelle per cavalli, e quindi i percorsi tra due città poste a 30 km (20 miglia), vennero ancora suddivisi in tre Tratte da 6300 passi = 10 km, anziché 6000 passi = 9 Km, per farne una via di mezzo tra il percorso romano di 30 km e quello etrusco di 27 km.
- Queste doppie misure (9 e 10 km) in cui sorsero gli antichi punti di sosta, sono una causa della non uniforme ripartizione delle distanze tra un abitato e l’altro, in aggiunta al far coincidere con un luogo adatto, esempio il ponte per passare un fiume, l’incrocio con altra via, un’altura od un porto.
- Però se pure un po’ alterato il concetto del sestumrimase, nonostante la numerazione decimale, lo standard di 20 Miglia, ed i punti di sosta adatti ai cavalli invece che ai pedoni; e questo dato tanto diffuso si può assumere come indice per stabilire dove vi furono i punti di sosta che scomparvero, dove divennero casolari, e dove crebbero per diventare villaggi e paesi, perché ci poniamo ricerche basate principalmente sulla domanda “dove si fermavano per la notte?”
Genesi del Modulo stradale Romano
- In età romana si diffuse in Mediterraneo la matematica decimale, cioè la numerazione a base dieci, ancora attuale, anziché quella a base sei usata dagli Etruschi, nata in oriente ed originata dalle divisioni angolari del cerchio, perché quello era, e rimase, il criterio astronomico.
- Con la nuova matematica cambiarono anche le unità di misura, e la classica misura stradale romana fu il “Miglio” (miliarium), che equivaleva a mille passi (passuum), giacché allora si usava misurare i percorsi contando i passi. Era in uso anche la misura greca dello “Stadio” (Stadium) che equivaleva a 125 passi (passus) e perciò un Miglio era pari ad 8 Stadi, ma per non fare confusione noi la usiamo soltanto per capire i testi greci. Invece è bene capire le misure correnti romane, perché dire che un miglio vale 1.480 metri, può essere utile per fare calcoli, ma non spiega come si facesse a misurare.
- Prima che si inventasse il metro ed ogni altro strumento di misura, si usavano le dimensioni umane per misurare qualsiasi cosa, perché ciascuno le aveva a disposizione su se stesso. Tralasciamo le altre misure che qui farebbero confusione (pollex,digitus, palmus, gradus, cubitus, pertica, actus, stadio) e parliamo solo della misura romana per la lunghezza delle strade.
- L’elemento base tangibile fu il piede(pes porrectus), lungo m 0,296(mm 295,81), col quale si fissò l’unità di misura base del “Passus”, che significa due passi semplici consecutivi (sinist, dest, ferma).
La misura di questo doppio passo, detta Passus,è uguale a 5 piedi e cioè vale 1,479 metri.
- Poiché il Miglio è il percorso di mille passi, deriva che un miglio equivale a 1.480 metri.
- Trasportando queste misure nel concetto del modulo di viaggio (concezione etrusca), deriva che in un giorno di cammino della Legione Romana, si percorrono ventimila passi, cioè 20 miglia = 30 km, e si fanno due soste intermedie distanziate 6300 passi, che si saltano con le marce forzate.
- Il sistema di viaggio stradale della fanteria a piedi romana, era come l’etrusco, scandito in diverse Tratte con posti di sosta equidistanti, che aumentavano nei casi di “Marcia a Tappe Forzare”.
Alla velocità pedonale di 4 miglia/ora (6 km/h), si percorrono 6 miglia in un’ora e mezza, quindi:
- ogni 6 miglia (9 km) di percorso, 1,5 ore marcia, si fa una sosta in un punto detto Sosta (Sestum).
- ogni 3 tratte = 18 miglia (27 km), 4,5 ore di marcia, sosta nel punto detto Posta (Postum) in tenda.
- ogni 4 tratte = 24 miglia (36 km), 6 ore di marcia forzata, Tappa con pernottamento in tenda.
- ogni 5 tratte = 30 miglia (45 km), 7,5 ore marcia forzata, Tappa con pernottamento in Ca
- ogni 6 tratte = 36 miglia (54 km), 9 ore di marcia forzata, Tappa con pernottamento in Castrum.
Dove vi erano frequenti spostamenti rapidi, gli eserciti non piantavano il campo di tende, ma entravano in un fortilizio detto Castrum,sempre pronto alla ricezione di truppe.
Queste denominazioni furono poi assunte dai viaggi delle Diligenze Postali, che dominarono le percorrenze stradali dell’età imperiale, con lo standard di viaggio elevato a 60 km al giorno.
Definizione delle equivalenze del Miglio
Come già detto auspico che gli studi di storia diventino una disciplina scientifica, anziché una branca della letteratura, affinchè il trattamento dei dati diventi univoco e non soggettivo. Auspico altresì che qualche studioso inserisca un articolo, in questo Sito internet, che ponga chiarezza sulle corrette equivalenze del “Miglio Romano” che qui spiego come sono riuscito a capire.
- La parola “Miglio”deriva dal significato di mille passi, ma occorre definire di quali passi si tratta, perché le misure equivalenti in metri, tutte tratte da testi autorevoli, sono diverse e quindi occorre uno studio apposito che risalga alle motivazioni che hanno prodotto questi dati.
- Da un testo, che però non trova altre conferme, ho tratto la citazione che vi fossero diversi tipi di “miglia romane”,in uso in aree diverse dell’impero; rammento un miglio latino ed un miglio celtico, che fu dovuto alla differenza di statura tra i soldati romani e quelli nordici che, essendo più alti facevano passi più lunghi, per cui risultava che quando compivano quei fatidici mille passi, i Celti percorrevano più strada dei romani.
In attesa di spiegazioni precise riporto quanto ho recepito tra i dati presi da testi autorevoli:
Miglio Romano, multiplo del Pes Porrectus,tratto da manuale delle equivalenze = 1478,5 metri
Miglio Romano, riportato da maggioranza libri di storia, senza motivazioni equivalenti a 1548,27 m
Miglio Inglese terreste attuale, discendente dalla tradizione romana = 1609,344 m
Miglio Nautico attuale, non nota la storia dell’origine =1852,0 m
Miglio Geografico, vale un minuto di grado tra due meridiani all’equatore = 1855,325 m
Sintesi dei percorsi di viaggio romani
L’equidistanza tra le città romane fu posta a 20 miglia (30 km) perché era il percorso di un giorno.
Questo intervallo di strada è il Modulo di Viaggio, perché è quello che viene contato per pianificare un viaggio, e non le miglia, che non sono mai esatte a 20, ma variano con le caratteristiche locali.
Il Modulo di viaggio è una misura a base tempo anziché a distanza, perché poco importava quante fossero le miglia reali percorse, in più o in meno a quelle 20 preventivate, mentre era importante sapere che ad ogni fine giornata, la Legione dovesse trovarsi nella tale città.
Fonte: RODAM , il modo di viaggiare, da AcheoMedia del 23 aprile 2012
Link: https://www.archeomedia.net/wp-content/uploads/2012/04/31_RODAN.pdf