Giu 26 2019

LE VIE DI MELPUM

Mappa dei fiumi e dei percorsi padani

 

 

 

Secondo il criterio seguito da questo studio, definibile come geo-archeologia, l’analisi dei percorsi dell’antichità (cioè gli itinerari) è il primo passo necessario per individuare tracciati, sentieri e strade, che di conseguenza portano ad individuare dove furono gli insediamenti abitativi, dedotti con la logica che segue le forme del territorio, le distanze dei punti salienti, e l’inserimento del cosiddetto modulo di viaggio (circa 30 km/giorno) che consente la ricostruzione virtuale di dove necessariamente dovevano esservi i punti di sosta, pernottamento, insediamento.

 

Il fatto che una carta geografica mostri le strade attuali, o che si sappia dove sono stati trovati resti di strade romane, è un complemento che indica la storia di un itinerario, ma non è determinante in questo studio perché occorre risalire prima al tracciato preistorico, per poi ridiscendere alle varianti portate dalle strade successive. Spesso la storia ha sfruttato gli antichi tracciati, per ricalcarvi sopra le nuove vie, per cui è frequente trovare antiche strade sotto altre più recenti; però l’obbiettivo di questa ricerca non sono le strade, ma di usare le strade per trovare gli antichi abitati che sono andati distrutti.

 

Per trovare una strada romana è relativamente facile, perché si vede bene con la foto aerea all’infrarosso. Anche quando i basolati sono stati asportati per farne pietre da costruzione, è rimasto comunque il sottofondo, che è una massiccia gettata di ghiaia, che ama farsi notare, e dunque se si cerca una strada allo scopo di valorizzare turisticamente una località, basta scoperchiare 100 metri di strada romana, per metterla in mostra e farci il parco archeologico che dà risalto alla cittadina.

 

Però per cercare strade allo scopo di trovare abitati, non serve scoperchiare nessuna strada e occorre tener conto che le strade si sono sempre spostate per il mutare delle esigenze, che le strade di oggi non esistevano e dunque servono solo come termine di paragone, perché indicano itinerari di zona, dove possono essere presenti gli antichi percorsi, invisibili alla foto aerea all’infrarosso, come le strade romane, perché non hanno masse termicamente sensibili.

 

Per individuare un tracciato preistorico, consideriamo che fu fatto quando non c’era nulla, e dunque seguì unicamente le forme del territorio, perciò occorre una carta geografica dotata di linee altimetriche, perché rivelano le forme del terreno, importantissime per riconoscere i tracciati.

 

Su questi antichi tracciati poi si calcolano gli intervalli di viaggio giornalieri possibili, e si determina in modo probabilistico, dove furono i punti di sosta. Si costruisce così una mappa del dove andare, per fare osservazioni e prove con georadar, spese solo sulle aree ad alta probabilità di trovare reperti.

 

L’argomento è ampio e per apprenderlo va accompagnato da esempi reali, che si trovano al testo sulle Antiche Strade, dove si analizzano una ad una, più di cento strade fin ora esaminate. Questo tipo di studio non ha significato solo per cercare siti archeologici, ma anche per verificare le citazioni dei testi storici, e riconoscere dove fu possibile una battaglia, un agguato, un incontro.

 

Di seguito è citato un esempio che riguarda le strade che stiamo indagando, per capire come agire.

 

Occorre seguire il discorso con una buona carta geografica, e lo schema qui allegato, che mostra le antiche strade dell’area padana ticinese, che sono indiziate di portare all’ubicazione di Melpum.

 

 

Test sul Metodo

 

Prendiamo come esempio l’esame del territorio tra Serra valle Scrivia, Tortona ed Alessandria, perché in esso deve esserci una antica città scomparsa, situata sull’incrocio tra due grandi carovaniere.

Partiamo da Sud, presso Serravaille, dovetroviamoLibarna,importante città romana documentata dagli scavi. Questo abitato fu prima un oppidumligure preistorico, che si trovava sull’incrocio della via per Gavi, poi divenne una stazione di sosta etrusca nei 6°sec.a.C, poi distrutta dai Galli nel 4°sec.a.C, poi ricostruita dai romani nel 2°a.C, poi distrutta dai barbari nel 4°sec.d.C, poi ricostruita nel medioevo più nord con l’attuale Serrava lle Scrivia.

 

Partiamo da Libarnae seguiamo la via che, fin poco a nord di Serravalle, era circa sotto l’attuale Strada Statale 35, fatta con l’Unità d’Italia. La strada attuale indica che da qui sono sempre esistiti due itinerari fondamentali, uno che valica il fiume Scrivia (ora a Cassano Spinola) e va a Tortona, e l’altro che va a Novi Ligure e poi Alessandria. Ma le attuali strade statali seguono tracciati diversi dalle strade antiche, pur tenendo gli stessi itinerari, perché il fiume Scrivia si è spostato verso est.

 

Tutti i fiumi si spostano nel tempo, secondo logiche esposte al capitolo sul fiume Ticino, e queste logiche consentono di ricostruire il paesaggio antico, d’onde stabilire dove erano le strade e quindi dove erano gli abitati. I fiumi sono sempre i primi protagonisti della storia dei territori.

 

Quando si analizzano aree pianeggianti come questa, aiutano poco le carte geografiche,pur molto dettagliate (come IGM) perché non rivelano le impercettibili pendenze del terreno, che invece sono indicatori sensibili. Per dedurre la situazione altimetrica, ricorriamo alla forma dei campi coltivati, come si vedono dalle normali foto aeree, perchè le loro forme dicono dove sono i punti un po’ più alti, perché per motivi di irrigazione idrica, le coltivazioni sono sempre orientate verso la pur impercettibile pendenza del terreno. Sui monti e colli, è facile riconoscere le forme del terreno, perché vi sono pendenze sostenute, ma nelle pianure, tutte le antiche pendenze sono state spianate dall’aratura dei campi che hanno ridotto i declivi dagli antichi 5-3% agli attuali 0,05-0,03%, perciò per cercare dove poteva passare una antica via, dobbiamo cogliere quelle linee che demarcano posizioni appena un poco più elevate dell’intorno, perché in genere si tracciavano i sentieri sui crinali, dossi o coste, per camminare all’asciutto. Oltre ai sentieri vi sono linee che demarcano il tracciato di canali, rogge e fossi, ma la logica non cambia, perché la terra di escavazione di questi corsi d’acqua artificiali veniva gettata tutta su un lato, sul quale si realizzava una costa rialzata dove far passare il sentiero o strada, sempre per restare all’asciutto dai campi allagati. Tutta la tecnica idraulica è di invenzione etrusca e poi proseguita ed ampliata dai romani. La pendenza di questi corsi d’acqua artificiali è usualmente dello 0,02%, perché dà una velocità all’acqua che non scava, né deposita sedimenti.

 

Questo criterio consente di seguire una roggia nella pianura, e calcolare la differenza di livello del terreno tra un punto ed un altro. Vi sono anche passaggi di antichi sentieri su zone ribassate, e se si va ad osservare sul posto si capisce quale fu il motivo, che di solito è rimasto tale nel tempo.

 

In ogni modo i tracciati dei sentieri, o dei fossi, sono sempre lunghi ed ondulati, non confondibili con le geometrie quadrilatere dei campi, e sono rimasti anche quando è scomparso il sentiero od il fosso, perché nel frattempo sono stati presi come confini di proprietà delle terre.

 

Nell’area citata accanto al fiume Scrivia, si vedono forme di campi con geometrie adattate su grandi curve, che non sono affatto antiche vie, ma furono antiche anse del fiume (stiamo indagando una realtà che appartiene a 3000 anni fa), queste curve ci dicono di quanto si è spostato lo Scrivia, che correva un po’ più ad ovest di oggi. Difficilmente le strade preistoriche erano rettilinee, come invece sono sempre le romane, perciò la ricerca deve essere diretta su quelle ampie curve continue che si insinuano tra i rettangolini dei campi, per molti chilometri, e congiungono punti significativi.

 

Dall’area in esame, stralciamo l’evidenza delle strade romane Postumiaed Aemilia Scauri, che sono già note fotograficamente, tutto attorno a Tortona (Dertona), ed anche rimandiamo il tracciato etrusco che da Libarna,proseguiva con un ponte sulla sponda destra del fiume (anziché sinistra); però andiamo a cercare, col metodo delle forme dei campi, quali devono essere i tracciati della più antica via ligure che andava da Libarna aSale, e quale deve essere il tracciato della via Preistorica Padana Inferiore, che collegava Tortona ad Asti, perché dobbiamo individuare dove fosse l’incrocio tra le due, perché quello è la sede di una antica città dell’ 8°- 4°sec.a.C, che non ci è stata tramandata.

 

La via dei campi è necessaria perché le vie preistoriche non sono visibili con la foto aerea infrarosso, mentre le strade attuali hanno sconnesso le tracce antiche. Sembra un lavoro arduo, ma se si abitua l’occhio sulle forme e si usa la logica della probabilità e dell’esclusione, si fa in fretta ad uscire dal labirinto, e dunque individuare dove può essere la città scomparsa, perchè la logica dice che c’è sempre una città sull’incrocio tra due vie carovaniere (qui, Genova-Sale e Tortona-Asti).

 

Per logica escludo l’identificazione con Novi Ligure e Pozzolo Formigano, sorte certo più tardi e troppo decentrate dall’attraversamento della Pedemontana Inferiore; tuttavia la ligure Libarna-Sale, doveva passare di qui, per evitare il fiume che era più ad ovest, per poi dirigere nuovamente un po’ ad est per giungere a Sale. Tra le tracce di vie che partono da Tortona in direzione del fiume Tanaro, e quindi poi per Asti, si nota una via che compie un ampio arco verso sud, proprio simile ad una antica costa. Anticamente doveva avere un ponte sullo Scrivia, in uscita sud di Tortona; questa via fa un grande arco e va a Spinetta Marengo, dove interseca la strada romana Aemilia Scauri,che viene da Tortona e va ad Acqui Terme, mentre questa dirige verso il fiume Tanaro, e poi va ad Asti.

 

Confrontando questo percorso con quello Libarna –Pozzolo Formigano – Sale, si trova che l’incrocio cade sul borgo di Mandrogne con Galade, luogo che ha alta probabilità di essere la località cercata, perché anche ha caratteristiche di grande antichità. Interrogando internet conquesto nome compare che un cultore di storia locale, riferisce che a Mandrogne, esistettero fino a 50 anni fa, abitazioni fatte di muricce in terra creta pressata ed essicata al sole. Questa è una tecnica preistorica, che ho trovato anche a Farneta in Val di Chiana, ed è molto diffusa in medio oriente; non è una tecnica ligure, perché loro costruivano con le pietre, però potrebbe essere una tradizione che discende da una ex colonia etrusca. Il fatto di trovare un paese invece che una città, è ricorrente nei luoghi non frequentati dai romani, perché essi svilupparono solo i loro centri sulle loro strade, non a caso sorse l’attiguo San Giuliano Vecchio, sulla via Scauri, invece di incrementare il già importante abitato di Mandrogne, il cui nome è antichissimo, perché in dialetto ligure “mandrogno”significa mandriano, e dunque il nome si è conservato perché i romani non lo presero in considerazione.

Comunque il nucleo Mandrogne-Galade ha grandi dimensioni, ed è da indagare archeologicamente.

Ad ogni modo per il principio già sancito, teniamo in dubitativo il nome Mandrogne, finché non si sarà indagato che non esistono altri incroci tra le citate due vie, e ciò si può fare con la foto aerea infrarosso, perché se pure non si vedono le strade preistoriche, e non si vedono i fondi di capanne dei villaggi, si devono vedere dei muri, che certo esistettero dove vi furono città anche preistoriche.

 

L’esame delle antiche strade collegate con Melpum

 

Dopo aver visto come si può localizzare una antica città che non si trova, e tenendo conto che il discorso più ampio, è rimandato ad un testo che seguirà sulle Antiche Strade, qui esaminiamo le vie indiziate per farci localizzare la posizione di Melpum, che è lo scopo di questo studio.

 

Iniziamo con la via fluviale del Po’, che è la più antica e fu aperta dai Cretesi per il commercio dell’Ambra, questa via risaliva il Po’, il Ticino, il Lago Maggiore, valicava il passo del Phoenicus(poi Poeninume Penninum)ed andava in Nord Europa.

 

L’analisi di questo percorso è in altro capitolo, però qui anticipo un punto fondamentale, e cioè che il Ticino non era navigabile dall’Adriatico al Lago Maggiore, come compare in tutti i testi, perché vi sono le Rapide, che coprono un dislivello di 30 metri. Perciò le navi dell’Adriatico si fermavano alla base delle rapide, ed altre navi viaggiavano solo sul Lago Maggiore, sopra le Rapide.

 

Deduco che nessun testo citi questo fatto, perché è noto che il Duomo di Milano fu costruito con marmi provenienti dal Lago Maggiore, e dunque chi non conosce il Ticino è portato a ritenere che non potesse esistere un ostacolo così grave. Nel capitolo che seguirà al titolo “Le Rapide del Ticino”, è sviscerata tutta la questione, allo scopo di dimostrare che nell’antichità egea, etrusca e romana, le rapide non si potevano percorrere (come riuscirono nel rinascimento) e dunque per collegare la navigazione sotto e sopra le rapide, con carichi di ferro, fu necessaria una città come Melpum,e poi in età romana fu necessario quel gran canale che, nel medioevo, prese nome di Panperduto.

 

Dopo le devastazioni indoeuropee del XII secolo a.C. la via del Po’ fu ripristinata dai greci con la fondazione di Adria, una città portuale palafitticola, posta su un’isola del grande delta del Po’, dove era congiunto anche con la foce dell’Adige, che fu un’altra antica via di penetrazione fluviale.

 

Non è documentato se nel X-VII sec.a.C. su questa via i greci avessero iniziato il commercio del ferro celtico (oltre all’ambra), però lo si può supporre perché nel VI sec. gli Etruschi furono all’apice dell’esportazione di ferro dell’Elba, e quei greci non erano certo gente che stava a guardare.

 

In quel 6° secolo gli Etruschi tolsero ai Greci la via del Po’; prima fondarono Spina, poi occuparono Adria e poi colonizzarono la pianura Padana, tra cui è la fondazione di Melpum.

 

Per contro i Greci posero basi navali nel Tirreno ed in Corsica, per depredare navi etrusche, e fondarono Marsiglia, per ripristinare la loro via del ferro celtico. Contemporaneamente iniziò la malaria sulle coste toscane, che rallentò progressivamente la produzione di ferro dell’Elba, per cui gli Etruschi dovettero aumentare l’importazione di ferro celtico, attraverso la via del Ticino.

 

Poi i Siracusani fecero una base navale ad Ancona, ed attaccarono anche le navi etrusche in uscita dal Po’; quindi si può dedurre che iniziò quel traffico navale noto come “guerra di corsa”, usata nel 1500, tra navi corsare e galeoni spagnoli carichi di tesori, e poi con i liberty della 2° guerra mondiale.

 

La “Guerra di Corsa” consiste nel variegare le spedizioni navali, con convogli scortati da navi da guerra, in partenza da differenti porti che mutano sempre, e con azioni navali di distrazione, che fanno convergere gli avversari in una zona, così da poter far transitare un convoglio da un’altra.

 

Perciò gli Etruschi dalla metà del VI alla metà del V sec.a.C, dovettero impegnare sia i porti sull’Adriatico, che sul Tirreno, che sul Mar Ligure, dirottando il ferro che giungeva dalla Svizzera via Ticino Po’, sia verso Adria, Spina, Ravenna, che verso Genova, Chiavari, che verso Pisa, Livorno.

 

Di conseguenza all’interno si fecero trasporti misti fluviale e terrestre, con carovane di carri pesanti (dunque con vie carrabili selciate a bassa pendenza) attraverso le valli dell’Appennino.

 

Rimando al testo “Antiche Strade”, per le vie padane orientali, perché qui ci dobbiamo occupare delle sole strade occidentali, e del fiume Ticino, dove è indicata la presunta posizione di Melpum.Quindi l’attenzione si pone sulle due vie preistoriche liguri che vanno da Genova e da Chiavari al Passo del Peninum,perché passano dal Ticino, e Melpumnon può che essere su uno di questi tracciati, perché la città ebbe il ruolo fondamentale di transitare i carichi del ferro.

 

Etruschi e Liguri furono fidi alleati, sul mare e nella colonizzazione padana, perché erano entrambe genti a tradizione marittima, con caratteri complementari, si ché i Liguri furono presenti nelle città etrusco padane, e gli Etruschi costruirono città liguri, come Genova, che è di concezione etrusca.

 

La Liguria è pressoché priva di porti naturali, perché le montagne scendono ripidamente sul mare, per cui gli antichi Liguri usavano fare porti dentro la foce dei fiumi (Vara, Entella, Polcevera, Vado, Centa, Impero, ecc), a differenza dei Cretesi che fondarono basi portuali su piccole penisole, con approdi su ambo i lati (da usarsi a seconda del tipo di vento), a differenza dei Fenici che facevano basi sulle piccole isole davanti alla costa, o isole lagunari, ed ancora diverse dalle basi etrusche che, come la Genova attuale, è arroccata su un dosso di terraferma, affacciato su un semi-golfo, che viene protetto artificialmente con una massiccia diga foranea.

 

Da ogni città portuale su foce ligure, vi sono antiche vie dirette alla pianura padana; ma interessano qui solo le due antiche Vie Liguri, che passano per il Ticino, e che furono rese carrabili. Una è la Via dei Giovi, che collega Genova con i Valichi Alpini del Penninum,esistente già nel 8° sec.a.C, e l’altra è la Via Piacentina, che collega Chiavari con gli stessi valichi alpini, esistente già nel 7° sec.a.C. (datazioni archeologiche). Entrambe passano presso il Ticino e dunque sono indiziate.

 

L’archeologia ha documentato che il primo grande porto ligure fu Chiavari (Claves), fondata nel VII sec.a.C. accanto al precedente porto Cretese-Fenicio di Sestri Levante (Segesta Tigulliorum).

 

Il porto di Clavesera dentro la foce dell’Entella, sulla sponda destra, navigabile verso l’interno per un buon tratto, per cui vi potevano sostare numerose navi in attesa di carico.

 

Il più antico porto di Genova si trovava alla foce del Polcevera, sponda destra, dove è oggi Cornigliano, qui però vi è un fiume piccolo a carattere torrentizio, per cui vi è una piccola foce, soggetta ad insabbiarsi per le piene stagionali, e per le mareggiate di Libeccio. Non è un porto adatto alle navi Etrusche, e perciò nel 5° sec.a.C, sorse la Genova attuale, fortificata su un dosso, con un porto ad acque fonde e protetto dalla diga foranea (attuale molo vecchio, ampliato dai romani).

 

Da Chiavari (Claves) la via risale la valle Entella fino al Passo della Scoffera, poi dirige a Bobbio, e di qui scende lungo la valle del Trebbia, a Piacenza, attraversa il Po’ con un ponte di barche e taglia la pianura padana in diagonale diretta al Lago Maggiore (Verbanus); passa per Milano (che sorse poi nel 4° sec.a.C mentre la strada è del 7°), risale ad est del lago passando per la Valcuvia, Ponte Tresa, Monte Ceneri, Bellinzona (Bilitio) e va al passo del Lucomagno, preistorico. Sul passo c’è un nodo di vie importantissimo, descritto a parte e spesso confuso nei testi, ed anche nell’antichità si evitavano confusioni indicando non il passo ma il nome del monte con i passi: Phoenicus, Poeninum, Penninum,che oggi si chiama Monte San Gottardo, dal quale si va in Gallia (Rodano), in Germania (Reno) ed in Austria (Danubio), praticamente è il nodo che apre tutte le vie dell’Europa.

 

Dal primitivo porto di Genova (Janua)sul Polcevera, parte l’altra importante via ligure dei Giovi. Il nome Genova e Giovo, derivano da Giano (Janus),divinità preromana protettrice delle porte e dei passaggi, entità che da inizio ad ogni cosa. Il significato di Porta, inizio della Via e Passo Montano, è anche di Gennaio inizio dell’anno. Dunque Genova Porto è la Porta di transito che dà inizio alla più importante via dell’antichità, e Giovo (Janus)è la porta valico montano, passaggio tra i monti. La via ha un nome plurale perché è la via dei passi, di più valichi tra i monti. Oggi soltanto sull’Appennino è rimasto il nome di Passo dei Giovi, ma è facile ritenere che si chiamassero Giovi anche i passi sulle Alpi: Lucomagno e viciniori, (dal latino Lucus-magnus = bosco grande).

 

Dunque la più antica via ligure dei Giovi, parte dal primitivo porto di Genova, dove è oggi Cornigliano, sulla destra della foce del Polcevera, risale la sponda ovest del fiume fino al Passo dei Giovi, poi discende la Valle Scrivia, sponda sinistra, discende nella pianura sempre dritta a nord ed arriva a Sale (toponimo legato ai magazzini del sale portato dalla Liguria); qui la via attraversa il Po’ con un ponte di barche (a seconda delle piene), entra in Lomellina e prosegue verso nord fino a Lomello (Lùmel, Laumellum),antichissimo capoluogo ligure della regione, poi abitato dai Laevidal 4° sec.a.C. (si noti che Lomello contiene la stessa radice Meidi Melpum).

 

I percorsi antichi sono quasi sempre doppi, terrestri e fluviali, perché via terra si fanno i trasporti veloci e pregiati (persone e manufatti) e via fiume si fanno i trasporti di massa (legna, metalli, pietrame, granaglie, prodotti agricoli). Dunque questo transito fluviale risale il Polcevera fino a Pontedecimo, poi passa a dorso di mulo fino a Serravalle Scrivia, poi torna su barche fino al Po’, e da qui risale il fiume Sesia per Vercelli, il fiume Agogna per Lomello, Novara, Lago d’Orta, oppure risale il Ticino per arrivare a Melpume Lago Maggiore.

 

La via terrestre è più rettilinea della fluviale, da Lomello prosegue a nord ed arriva a Vigevano (Viglentum),da dove segue il corso del Ticino, non dentro la valle ma sul terrazzamento della sponda ovest. Bisogna distinguere sulla carta geografica, che l’antica via Ticinese, è circa sulla provinciale Vigevano Galliate, e poi diventa un stradina secondaria da Galliate a Castelletto Ticino, che corre più vicina al fiume, parallela alla strada statale 32, Novara-Arona, la quale è circa la strada romana Strata Maior Ticinensis,diretta al Passo del Sempione, mentre la Ligure va al Lucomagno. Questa stradina, che a tratti è un sentiero di campagna, fu l’antica via ligure dei Giovi, e quando giunge a Marano Ticino, scende giù nella valle del Ticino, passa ad est di Pombia, poi risale sul terrazzamento, passa per Varallo Pombia e presso Castelletto Ticino, dove il fiume è più stretto in una gola, lo attraversava con un ponte di legno che esistette in età etrusca e fu distrutto nel 4° sc.a.C, poi rifatto dai romani 3° a.C, poi distrutto dai barbari nel 4° d.C. e rifatto dal Libero Comune di Milano nel 1200, poi distrutto dai Visconti assieme a Pombia e Castelseprio, perché erano due potentissime rocche, pericolose al Ducato di Milano. Quel ponte non fu mai più ricostruito, ma vi sono i resti sul fondo del fiume.

 

Quando l’antica via ligure giunge sulla sponda lombarda, a Golasecca (Gùla Secat),si unisce a quella che viene da Chiavari, Piacenza, Milano, e prosegue unica verso nord per Sesto Calende, Angera (Stationa),la Val Cuvia, Ponte Tresa, costeggia il lago Lugano (Ceresium),passa il Monteceneri, arriva a Bellinzona, dove vi è il bivio, tra la preistorica via che risale la valle Ticino, e poi la valle Brenno dove è il passo del Lucomagno; oppure devia da Bellinzona sulla valle Mesolcina, dove a metà del 6° sec.a.C, gli Etruschi fecero una nuova via di valico carrabile, perchè il Lucomagno ha troppa pendenza. Così gli Etruschi tagliarono il Passo del San Bernardino, un po’ più alto ma più breve per giungere a Coria (Curia Rhaetorum)capitale della Rezia (Rhaetia),sulla valle del Reno, da cui si passa il lago di Costanza, si attraversa la Germania e si giunge fino al Mar Baltico.

 

Nel V sec.a.C. questa via ligure dei Giovi, prese il nome di via Ticinese, perché il nome di Via dei Giovi fu passato alla nuova e più importante strada etrusca, che pure parte da Genova e va alle Alpi.

 

Nel V sec.a.C, i Liguri col concorso di ingegneria etrusca, fondarono l’attuale Genova, per disporre di un porto migliore di quello del Polcevera, e con la città fu fatta anche una nuova Strada dei Giovi, su concezione etrusca totalmente acciottolata, carrabile per carichi pesanti, pendenza massima 7%, senza ponti di barche ma ponti ad arco sull’Appennino e ponti di Legno su Po’ e Ticino, diretta alla pianura padana ad est del fiume Scrivia, (anziché ad ovest come la più antica), e diretta al Lago di Como anziché il Maggiore, per raggiungere il valico Spluga (Cuneus Aureus), più breve per Coria, Reno e il valico Malora; più breve per il Danubio (poi i romani aggiunsero il Septimere Julier).

 

Questa strada etrusca parte dal porto di Genova (molo vecchio) va ad ovest fino al fiume Polcevera, risale la sponda sinistra (est anziché ovest) fino al Passo dei Giovi (Janualis Saltus), qui compie un tratto comune con la più antica via ligure dei Giovi, fino a Libarna,città di sosta,; qui lascia l’antico tracciato e con un ponte ad arco traversava il fiume Scrivia e sulla sponda destra dirige a Tortona (Dertona), e Casteggio (Clastidium)importante caposaldo etrusco in padania; da qui va al Po e lo attraversa con quel ponte di legno che vide Annibale, prosegue a nord e traversa il Ticino, con un altro ponte di legno che è quello di Pavia (Ticinum), poi sostituito dal magnifico ponte ad archi romano. Da Pavia prosegue a nord fino a Milano (Mediolanum), dove incrocia la strada ligure da Chiavari, Piacenza, Sesto Calende.

 

Gli Etruschi non fecero città sugli incroci Pavia-Ticino e Milano, strade ligure ed etrusca, perché non vi sono alture tipiche per i loro arroccamenti; probabilmente vi fecero recinti di sosta, che poi furono occupati dai Galli del 4° sec. e divennero poi le loro città.

 

Da Milano la nuova via etrusca dei Giovi, risale il fiume Seveso fino al lago di Como; la città in riva al lago, Comum Novum,è romana, mentre quella etrusca sta su un colle presso la Spina; forse si chiamava Lars(=principe etrusco), da cui venne il nome del lago Larìus(Larium romano); da Como prosegue sia con la navigazione sul lago, che con la strada sulla sponda ovest, che passa per Gravedona, Samolaco, ed a Chiavenna fa un bivio con le direzioni del Passo dello Spluga diretto a Coria, oppure verso il Passo Maloja, per la Valle Engadina e poi dell’ Inn che arriva al Danubio.

 

Se guardiamo la nostra mappa allegata, vediamo che queste tre antiche strade, con direzione sud nord, incrociano dei fiumi (Scrivia, Po’, Ticino, Agogna, Seveso), ed altre tre antiche strade con direzione est-ovest (Pedemontana inferiore, P. superiore, via Gallica); ogni incrocio è sempre sede di qualche insediamento, e dunque sui grandi incroci carovanieri e fluviali dobbiamo trovare delle città.

 

1)  La via ligure Chiavari-Penninum, incrocia la via Pedemontana inferiore a Piacenza,poi incrocia la via Gallica(1 bis) a Milano,poi incrocia la via Pedemontana superiore ad Arsago Seprio, che fu un grosso pagusromano, ma prima fu un capoluogo insubre, parallelo a Sever(Sibriumromana) ed altri federati. Poi incrocia il Ticino a Golasecca (Gàia Secat); poi incrocia le vie Brenno-Mesolcina a Bellinzona( 1 ter).

 

1 bis) Si noti che i romani chiamarono via gallica la strada Verona-Brescia-Bergamo-Como, ma è perché quando colonizzarono la padania i Galli usavano già quella strada: in realtà era molto più antica ed è una via preistorica. Invece la mia indicazione di Via Gallica, è quella proprio fatta dai Galli ed è una strada che viene da Lione, segue la valle dell’Arc, passa il Petit Cenise,discende la val di Susa, traversa Torino, Chivasso, Vercelli, Vigevano, e arriva a Milano, 2° capitale dei Biturigi.

 

1 ter) Bellinzona (romano Bilitió),anche Bilbizio, per taluni da Bellicum,fu certo un capoluogo Insubre per l’abbondanza di reperti a Giubiasco e Piana di Magadino; poi dovette essere anche una base etrusca perché tipica altura arroccata sull’incrocio tra importanti vie, e capolinea nord della navigazione sul Verbano. Oggi vi si trovano gli stupendi castelli di Castelgrande e Montebello, imponenti mura cittadine ed una grande muraglia che sbarra la valle del fiume Ticino; quello che vediamo è del XIV e XV secolo, opera dei duchi di Milano Visconti e Sforza, ma essi ripristinarono il Limesromano del 4° secolo, costruito per sbarrare la strada alle invasioni barbariche.

 

Nonostante queste interessanti strutture e l’ubicazione sul Ticino, non può essere stata Melpumperché la rocca è un dosso lungo 300m e largo 200m, sito a 238 m. slm, sulla piana che è a 200 m: è troppo piccolo, perché è detto che Melpumaveva 6 km di mura, ed è anche troppo decentrato rispetto alla Pianura Padana, perché il sistema dodecapoli poggiava sui mutui scambi.

 

2) La via etrusca Genova-Como-Coria, incrocia la via Pedemontana inferiore a Casteggio (Clastidium), poi incrocia il Ticino a Pavia, incrocia la via ligure da Chiavari e la via Gallica a Milano; poi incrocia la via Pedemontana superiore a Como. Quindi tutti gli incroci sono occupati da città note.

 

3) L’antica via ligure dei Giovi (poi Ticinese) da Genova al Penninum, incrocia la via Pedemontana inferiore nel sito di Mandrogne-Galade, però questa località non può essere stata Melpumperché non è arroccata ed è troppo vicina a Clastidium,poi incrocia il Po’ a Sale, poi incrocia il fiume Agogna a Lomello, poi incrocia la via Gallica a Vigevano (Viglentum) ed incrocia la via Pedemontana superiore tra Pombia e Varallo Pombia; e questo è proprio il punto di Melpum,perché qui vi sono le rapide del Ticino, il piccolo paese è arroccato su una altura dalle fattezze tipiche etrusche, con le strade orientate nord-sud, con le tracce di un porto fluviale dove vi è anche il toponimo “Porta Ferro”. Tutto è analizzato al prossimo capitolo.

 

Questo piccolo abitato di Pombia, ha una lunghissima storia ancora da sviscerare fino in fondo. Fu un capoluogo insubre per i reperti trovati (loro non usavano capitali ma distretti federati), Pumbiafa coppia con Castelnovate, sull’altro lato del Ticino, e fu sempre capolinea della navigazione sul Ticino (dall’Adriatico); fu base egea e divenne un porto importante in età etrusca 6°-4° sec.a.C, dove si scaricavano e caricavano navi, per il carovanaggio entro città, che collegava le navi sotto e sopra le rapide, che non erano navigabili per 30 metri dislivello; fu distrutto dai Galli nel 396 a.C., poi risorse lentamente e divenne quel Vicus Tumulische vide Annibale nel 218 a.C., quel nome fu dato per la presenza inconsueta di grandi tumuli in un piccolo vicus(i grandi tumuli erano etruschi, accanto ai piccoli tumuli insubri). Dopo la guerra punica si abbattè la vendetta romana contro gli insubri e Vicus Tumulisfu raso al suolo come tutta la zona. Dopo un secolo risorse come vicusromano, ma nel 4° sec.d.C. fu smembrato per farne una poderosa rocca militare romana, a capo dei Limesalpini; più tardi venne distrutta nelle guerre gotiche, poi ricostruita dai vescovi di Novara; infine divenne un capitanato Longobardo per venire distrutta dai Visconti assieme a Castelseprio, per eliminare rocche pericolose al ducato di Milano. Con la caduta dei Visconti fu comprata dai Borromeo, assieme ad Angera e Arona e rimase un castello privato. Il borgo risorse timidamente nel rinascimento, ma non conobbe più le antiche fortune, e neppure fu reso noto quale grande ruolo svolse questo posto nella storia.

 

Fatta questa constatazione sull’analisi geografica, nei prossimi capitoli andiamo a verificare sul posto, come si possono fare constatazioni di riconoscimento archeologico … pur senza scavare ed in attesa dei riscontri strumentali della prospezione geofisica, oggi possibili, che consentono di “vedere” tutto quello che c’è sotto, senza intaccare la normale vita dell’abitato.

 

Fonte: RODAN, LE VIE DI MELPUM, da Archeomedia del 16 maggio 2011

Link: https://www.archeomedia.net/wp-content/uploads/2011/05/16_Vie_Melpum.pdf

 

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