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Secondo gli esperti “indipendenti”, è stata l’eruzione più forte della storia del Vesuvio: fu preceduta da eventi premonitori tipici, ma di intensità e durata maggiore rispetto ad altri eventi vesuviani, forti terremoti e deformazioni del suolo, ad esempio.
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Questi iniziarono intorno alle 7 del mattino del 16 dicembre, e, nello stesso momento, sul fianco sud occidentale del Vesuvio si apriva una grande frattura; da questa profonda ferita del manto terrestre iniziò a fuoriuscire una colonna eruttiva che si proiettò verso l’alto per quasi 19 km.
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Fu questa colonna altissima di prodotti vulcanici che diede luogo alla caduta di blocchi di roccia e lapilli nelle zone poste ad est e nord-est del cratere.
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Nella notte tra il 16 ed il 17 dicembre tutta la zona vesuviana era in preda a scosse telluriche ed esplosioni: intorno alle 10 del mattino del 17 dicembre iniziarono a discendere dalla vetta del Vesuvio i flussi piroclastici che presero la strada dei paesi posti alle falde del vulcano.
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Tali flussi entrarono in mare ed ebbero il massimo impatto territoriale nei comuni di Torre del Greco e Torre Annunziata.
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Tutta l’area era in preda ad una “notte vulcanica” a causa della copertura massiva del cielo e all’offuscamento conseguente del sole.
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La catastrofe non si fece attendere e nella stessa notte iniziarono a discendere dal vulcano le colate di fango, generate dalle abbondanti piogge, che si erano abbattute su tutto il vulcano e le sue città.
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Oltre 4000 persone persero la vita.
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Migliaia di animali dispersi e migliaia di ettari di terreno coltivato per sempre sommersi da fango e prodotti piroclastici.
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Le case distrutte, le strade ricoperte di prodotti alluvionali.
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La popolazione in preda al panico, al terrore.
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Nelle pagine che seguono leggeremo una piccola parte della storia di questa eruzione e tenteremo di comprendere alcuni fatti che avvennero lungo la Strada Regia delle Calabrie.
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Tavole raffiguranti l’eruzione del 1631 con S. Gennaro che salva la città di Napoli
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<<Venne poi il tempo della ripresa, e sulle terre, desolatamente monocrome per la cenere e il fango ormai rappreso, tornarono i contadini a riprendersi le proprie terre, i resti dei casolari, a ripulire le strade.
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E la terra arsa e tombata dal Vesuvio presto riprese a vivere e a rianimarsi.
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Presto ricrebbero la vite e l’erba medica per le mucche, che diedero nuovamente latte.
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La Strada Regia delle Calabrie riprese a risuonare delle ruote dei carri, del latrato dei cani e delle campane delle chiese. >>
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<<A Napoli nel 1631 , a parte il terremoto, cadde solo un po’ di cenere e quel dicembre a corte si festeggiò lo stesso il Natale, il Natale vero, per intenderci, quello delle ricche tavole imbandite.
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Napoli in questo è stata sempre una città ipocrita e beffarda.
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Quando si parla di Vesuvio si pensa a Napoli, ma pochi sanno che in quella città la lava, quella vera, non è mai arrivata, mentre a Torre del Greco ci sono stati i morti.
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Le eruzioni, a Napoli le guardano dal balcone di Palazzo Reale.
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Un detto napoletano recita: “U gallo scacatéa e a gallina abbrucia u culo”>>.
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<<Le prime stime effettuate per l’eruzione del 1631 furono di 2200 vittime rimaste sotto la lava, altrettante rimaste ferite, ma che vollero rimanere sul posto, e 40mila che vennero traslocate a Napoli>>
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<<MA AHIMÈ
68 ANNI DOPO, IL 16 DICEMBRE,
ESSENDO RE FILIPPO IV,
PER FUMO, FIAMME, BOATO,
SCOSSA DI TERREMOTO, CENERE, ERUZIONE,
SPAVENTOSO, FEROCE COME MAI IL VESUVIO
NÉ IL NOME NÉ IL POTERE DI TANTO UOMO TEMETTE,
POICHÉ PER IL FUOCO ARDENTE NELLE CAVITÀ SOTTERRANEE,
INFIAMMATA, FURIBONDA, RUGGENTE,
CERCANDO A FATICA UNO SFOGO L’ARIA COMPRESSA,
FATTA A PEZZI VIOLENTEMENTE LA CIMA DEL MONTE,
ERUPPE DA UN’IMMENSA BOCCA IL GIORNO DOPO,
PROIETTANDO OLTRE L’ELLESPONTO LA CENERE,
TRASCINANDOSI DIETRO, PER COMPLETARE LA TRAGEDIA, IL MARE,
UN MARE CRUDELE,
ACQUE SULFUREE, BITUME INFIAMMATO,
MASSI RICCHI DI ALLUME,
INFORMI ROTTAMI DI METALLI DI OGNI SPECIE,
FUOCO MISTO A VORTICI DI ACQUE,
E TRA IL FUMO ONDEGGIANTE CENERE BOLLENTE
E SE STESSO E UN FUNESTO MISCUGLIO
SCARICANDO DALLA CRESTA DEL MONTE.
POMPEI, ERCOLANO, OTTAVIANO,
DOPO AVER CIRCONDATO RESINA E PORTICI,
BOSCHI, VILLE E CASE
IN UN ATTIMO STESE AL SUOLO, BRUCIÒ, DISTRUSSE
SPINGENDO DAVANTI A SÉ LA LUTTUOSA PREDA
E IL SUO VASTO TRIONFO.
ERA PERITO ANCHE QUESTO MARMO PROFONDAMENTE SEPOLTO
TESTIMONIANZA DELL’ESPERTISSIMO VICERÉ.
AFFINCHÉ NON PERISCA,
EMANUELE FONSECA E ZUNICA
CONTE DI MONTEREY E VICERÉ
CON QUELLA GRANDEZZA D’ANIMO CON CUI PROVVIDE ALLA PUBBLICA CALAMITÀ,
CON QUELLA (PROVVIDE) ALLA PRIVATA (CALAMITÀ).
LA LAPIDE DEL SUO COMPATRIOTA ESTRATTA DALLE PROFONDITÀ’ DELLA TERRA
RESTITUÌ’ ALLA LUCE,
MENTRE ANCORA FUMA E SI INDIGNA IL VESUVIO.
NELL’ANNO DI SALUTE 1635,
ESSENDO SOVRINTENDENTE DELLE STRADE
ANTONIO SUARES MESSIA MARCHESE DI VICO.
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.6 novembre alle ore 17.18
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<<E TRA IL FUMO ONDEGGIANTE CENERE BOLLENTE
E SE STESSO E UN FUNESTO MISCUGLIO
SCARICANDO DALLA CRESTA DEL MONTE.
POMPEI, ERCOLANO, OTTAVIANO,
DOPO AVER CIRCONDATO RESINA E PORTICI,
BOSCHI, VILLE E CASE
IN UN ATTIMO STESE AL SUOLO, BRUCIÒ, DISTRUSSE
SPINGENDO DAVANTI A SÉ LA LUTTUOSA PREDA
E IL SUO VASTO TRIONFO.
ERA PERITO ANCHE QUESTO MARMO PROFONDAMENTE SEPOLTO>>
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Riassunto fino a questo punto: la più devastante eruzione del Vesuvio è avvenuta il 16 e 17 dicembre 1631, causò inizialmente almeno 2200 morti secondo le stime delle autorità del posto del periodo, oltre 4000 secondo una sorta di “computo finale” del 1635, quasi 2000 dei quali rimasero sepolti sotto i “residui da eruzione”.
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La lapide “in memoria dell’eruzione”, ancor oggi visibile, scrive chiaramente che Pompei, Ercolano ed Ottaviano vennero distrutte e sepolte sotto la lava in quei giorni.
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Secondo gli uominih di truffah, Pompei ed Ercolano furono distrutte e seppellite dall’eruzione del 79d.C. e rimasero “sotto la lava” fino a metà 1700, in una posizione rimasta sconosciuta a tutto il mondo per quasi 1700 anni, fino a quando, casualmente, vennero ritrovate “in altre faccende affacendati”.
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Ovviamente, esistono 5 o 6 carte rinascimentali che smentiscono categoricamente la versione degli uominih di scienzah, riportando l’esistenza di Pompei ed Ercolano fino a subito prima dell’eruzione del 1631, come dice la lapide del 1635.
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Il libro scritto da un testimone oculare della distruzione nel 1631 di Pompei, il gesuita Giovan Battista Masculo: https://archive.org/…/bub_gb_7i…/page/n27/mode/2up
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Forse la mia sarà una domanda sciocca: ma a quale scopo non distinguere la data della distruzione di Pompei ed Ercolano del 79 DC da quella del 1631?
Insomma: cui prodest?
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Fonte: https://www.facebook.com/ripley.suisse