Il formaggio nato da un precetto ecclesiale
Formaggio Monte Veronese DOP, il gustoso formaggio della montagna veronese, è una delle perle della gastronomia veronese, frutto dell’ intelligenza della bravura e della caparbietà del lavoro dei nostri casari, che, ultimamente sono riusciti a inserire il nostro formaggio, nell’olimpo dell’ industria alimentare nazionale. Gli ingredienti principali di questi formaggi sono l’ottimo latte prodotto, il rispetto delle tradizione, la passione, l’esperienza ed ambienti igienicamente controllati
Caratteristiche del prodotto.
Il Monte Veronese è un formaggio a pasta semicotta, prodotto con latte vaccino intero o parzialmente scremato: Il disciplinare di produzione ne prevede due tipi: uno a “latte intero” e uno “d’allevo”, che si diversificano soprattutto per la durata del periodo di stagionatura.
Monte Veronese DOP latte intero. Formaggio a pasta semicotta prodotta solo con latte di vacca, intero, crudo o pastorizzato. La stagionatura varia dai 25 ai 60 giorni. Il suo peso varia da 7 a 10 Kg, ha forma cilindrica, pasta di colore bianco o paglierino e un’ occhiatura irregolare più o meno diffusa.
Per riconoscerlo: etichetta di colore verde chiaro.
Monte Veronese DOP d’allevo mezzano. Formaggio a pasta semicotta, prodotto solo con latte di vacca parzialmente scremato. La stagionatura va da un minimo di 90 giorni ad un massimo di 6 mesi. Ha forma cilindrica e il suo peso varia da 6 a 9 Kg. La crosta è sottile ed elastica, la pasta è di colore bianco e leggermente paglierino, a seconda dell’alimentazione delle bovine e della stagione di produzione. Presenta occhiatura minuta.
Per riconoscerlo: etichetta azzurra.
Monte Veronese DOP d’allevo vecchio. Formaggio a pasta semicotta prodotto solo con latte di vacca parzialmente scremato, con stagionatura minima di un anno. Ha forma cilindrica e il suo peso varia da 6 a 9 chili. La crosta è sottile, la pasta ha colore giallo paglierino più o meno intenso e presenta un’ occhiatura minuta.
Per riconoscerlo: etichetta nera.
Le origini
Le origini de il “Monte Veronese”, o più semplicemente il Monte, come lo chiamano in Lessinia, (non me dolgono gli estimatori), sono abbastanza recenti e, come lo conosciamo ora, sono della fine del secolo scorso.
Se leggiamo alcune denominazioni di formaggi, citati in documenti storici risalenti al XIII secolo e riportati dal Varanini nel bellissimo libro “Gli Alti pascoli dei Lessini Veronesi”, non compare mai il monte veronese, ma bensì formaggi nella varietà detta <<ad pueros, ad oculos, macaegus, alferinus, bracatica-bracaega, ricotta (povina), assenaria-asenega>> e nel 1431 un certo mazaticum e mai il “Grasso Monte”.
Si tenga presente che nel medioevo una delle attività per la quale era famosa Verona era la lavorazione della lana, con prodotti che venivano esportati in tutta Europa, e la famiglia degli Scaligeri ne era la massima produttrice, con ampi possedimenti territoriali in Lessinia.
Con la caduta degli Scaligeri, nei primi del Quattrocento, oltre alla generale liquidazione dell’enorme patrimonio, vi fu la caduta verticale della lavorazione della lana e, di conseguenza, anche dell’allevamento ovino.
Non è che esso cessò, tanto è vero che in documenti che censivano gli animali inviati ai pascoli di alta quota, nel periodo che va dal 1774 a 1784, i capi relativi alle vacche il numero varia da 6.800 e 7.460; se invece prendiamo in considerazione le pecore, gli agnelli e i castrati, il loro numero varia da 30.000 a 36.000 capi.
Sfruttando la debolezza economica di alcuni montanari, e gli appoggi Viscontei, si era attuato una corrente di immigrazione in quel di Verona e provincia di formaggiai proveniente da Gandino, Barzizza e Gazzaniga, in Val Seriana e, in piccoli numeri, anche da Bergamo, Zugno, Elusone, Val San Martino, Caravaggio…
Altri formaggiai lombardi provenivano dalla Valtellina, (Voltolina, Valtulina) ma anche dal bresciano e dal milanese.
La tendenza, anche con entità ridotta, continuò nel periodo veneziano.
I lombardi, proprio loro, posero le basi dello sviluppo del formaggio vaccino in Lessinia.
Ma i Cimbri?
A loro le vacche non interessavano molto, tanto è vero che nel “Fioretto de le antiche cronache de Verona” di Francesco Corna da Soncino, 1479 (Biblioteca civica di Verona), parla delle attività economiche delle popolazioni cosiddette “tedesche” <<la zentalia molto desusasa>>, come egli la definisce, afferma che << le mercantie lor sono, legname, carbone, bestiole, e ocellame>>
Il Corna esclude i Cimbri dalla pratica dell’alpeggio, o almeno non sono dei protagonisti in tale attività.
Tolta quindi ai Cimbri l’esclusiva paternità del formaggio vaccino in Lessina Veronese
Vediamo come nasce il nome.
Da sempre, in passato, il burro in Lessinia costava il doppio del formaggio, pertanto i formaggiari spremevano dal latte tutto il burro possibile, il formaggio che se ne ricavava era prodotto da un latte molto, molto magro, un formaggio “tristo”.
Di quel che rimaneva si otteneva una “pujna” anch’essa molto magra. Il siero finale veniva aggiunto al “paston per i maiali”; a volte, per uso personale mischiato con della farina si otteneva la base dei famosi “gnocchi di malga“.
Ogni giorno i caseifici provvedevano al ritiro del latte, ma mai alla domenica, il giorno dedicato al Signore.
Il latte veniva munto, lasciato nella stalla e solo al lunedì mattino recuperato per la lavorazione.
Oggi non è un problema: ci sono i frigoriferi, ma una volta no, il latte, soprattutto nel periodo estivo, poteva subire un’ acidificazione precoce, con rischio di produrre un burro di qualità scadente, pertanto dal quel latte si preferiva ricavare solo formaggio.
Gli allevatori chiamavano in dialetto quel latte “el latte delle do monte” “quello de le do monte“, il latte di due giorni di mungitura.
Solo dal latte munto il sabato sera, e la domenica mattina, si produceva quel formaggio di latte intero, perciò grasso, dal sapore buono, il migliore, “il più buon formaggio della Lessinia”, che i montanari, per distinguerlo dal solito formaggio prodotto con il latte magro, usavano chiamarlo, “il formaggio quello grasso”, quello delle “do monte“, il formaggio “grasso do monte“,
Il “formaggio grasso do monte”, col tempo si corruppe in “formaggio grasso monte” e oggi, che la parola grasso non è più di moda, in “Formaggio Monte Veronese“.