Toni Capuozzo (secondo da destra)
“Ho cominciato a fare il giornalista di guerra non giovanissimo, avevo trent’anni, l’età nella quale ti senti infrangibile, credi di poter spaccare il mondo” ha esordito così il giornalista e volto noto televisivo Toni Capuozzo di fronte ad una sala delle Muse esaurita in ogni posto.
“Ben presto avvicinandomi alle guerre mi sono reso conto che troppo spesso non si tiene conto di che cosa significhi essere privati di ogni speranza” ha continuato ricordando i suoi reportage dai territori dell’ex Jugoslavia.
“Mi sono avvicinato a storie di dolore, di abbandono, ha conosciuto gli sguardi della paura, di bambini senza genitori, di vecchi lasciati ai margini” ha tenuto a precisare di fronte a un pubblico attento e silenzioso.
Emozioni forti fin dai primi minuti al Giardino delle IDEE.
L’impressione è quella di incontrare l’amico della porta accanto, un testimone oculare dei principali conflitti mondiali degli ultimo trent’anni che racconta con onestà e partecipazioni emotiva quello che ha visto.
Il racconto di Capuozzo si fa intenso, profondo, in certi tratti commovente.
“La guerra è difficile da raccontare” ribadisce “i nostri figli sono abituati a giocare con la guerra con i videogiochi, vedono la guerra in TV quasi come un film, lontana, neppure così cruenta”.
Ricorda che le guerre non nascono soltanto dalla follia o per interessi economici ma anche da conflitti interiori, dall’incapacità di relazionarsi, di dialogare.
“E’ importante non essere arroganti nei confronti della realtà, capire che cambiare il proprio punto di vista è una virtú” aggiunge “riuscire ad affermare, vorrei che tu fossi qua per dirti che avevi ragione è fondamentale”.
La guerra è quindi si figlia dei mercanti d’armi ma soprattutto è figlia dell’incapacità di avvicinarsi al prossimo con umiltà, amore, altruismo.
Alcune guerre sono finite ma tante guerre continuano in tutto il mondo.
Guerre che portano terrore, dolore.
“Parliamo lingue diverse e non ci capiamo ma riusciamo ad insultarci conoscendo la stessa lingua” ricorda con decisione.
Barbara Bianconi chiede se da inviato di guerra ci sia spazio per la paura.
“Abbiamo bisogno di avere paura, di misurarci, per capire quanto teniamo a noi stessi, agli affetti che ci circondano” risponde il dr. Capuozzo e continua “ogni guerra mi ha lasciato qualcosa e tutte insieme mi hanno insegnato quanto sia importante la pace”.
Tanti applausi quando ricorda che “il giornalismo può salvare alcuni ma rovinare tanti”.
“La mancanza di responsabilità, il gusto di arrivare prima degli altri, il non rispetto delle persone” ribadisce “ecco che cosa probabilmente sta trascinando il giornalismo verso una deriva pericolosa”.
Capuozzo crede profondamente nell’onestà del giornalista, nella capacità di non avere pregiudizi e di avere dubbi.
Crede che davanti a certe realtà sia nobile affermare “non so che cosa pensare”.
Che occorra dar voce alle persone invisibili, a tutti coloro che nel nostro paese lavorano alla notte, che vogliono andare avanti nonostante la crisi, che lottano, che crescono figli.
“Penso quindi ad un giornalismo non silenzioso ma neppure ad alta voce, penso ad un giornalismo fatto in punta di piedi ma mai con la bocca cucita” afferma ricevendo un lungo e intenso applauso da tutto il pubblico.
Oggi c’è davvero poca curiosità nel giornalismo e molta morbosità.
L’incontro si conclude così come era iniziato, con tanti applausi e con il pubblico il fila al desk libreria per acquistare il libro.
Alcuni giovani prendono appunti, altri sono entrati in sala con tutti i vecchi libri di Toni Capuozzo.
Tutti sono in fila per un autografo.
Un giornalista molto amato.
Un incontro conclusivo per questa straordinaria stagione invernale del Giardino delle IDEE pieno zeppo di emozioni.
Fonte: da Informarezzo del 27 maggio 2012-05-27
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