C’è qualcosa che vi sembra meno sensato dei sacrifici umani rituali? Quando il filosofo del diciannovesimo secolo Søren Kierkegaard cercava una contraddizione nel pensiero razionale—un chiaro esempio di qualcosa che il solo interesse personale non potesse spiegare—raccontò la storia del Vecchio Testamento in cui Abramo porta Isacco sul monte per essere sacrificato. Diavolo, quale potrebbe mai essere il senso di sacrificare il proprio figlio?
Per Kierkegaard, la risposta è che il cristianesimo e la razionalità occupano due sfere separate. Per il tipico utente ateo di internet, la risposta è che la religione fa impazzire la gente. Per Peter Leeson, la risposta sta nel guardare al problema dal punto di vista economico.
Leeson ha indagato il più recente e storicamente confermato esempio di sacrificio umano ritualizzato, praticato da un gruppo etnico dell’India chiamato Kondh. Questi uomini, se mai il pubblico occidentale ne avesse mai sentito parlare, erano noti per essere “una razza feroce e bellicosa, che si dilettava con crudeltà e devastazioni. Di certo anche le loro divinità si deliziavano con le macellazioni, durante rituali insanguinati.”
Lavorando presso il Dipartimento di Economia della George Mason University, Leeson sta facendo carriera trovando spiegazioni razionali per gli avvenimenti storici apparentemente irrazionali. Ha pubblicato degli studi sulla pratica medievale europea di processare ratti e parassiti, su una società africana che avvelena i polli per predire il futuro, e ha in serbo un lavoro sulla pratica della compravendita delle mogli. Quindi il sacrificio ritualizzato rientra bene nel suo ambito di ricerca.
Lo studio, disponibile sul sito web di Leeson, è stato appena pubblicato sul Journal of Behavioral Economics—anche se lui mi ha detto che si definisce una sorta di economista anti-comportamentale.
“Il mio lavoro è piuttosto quello di provare a contraddire l’economia comportamentale,” sostiene. “Più in generale, studio i comportamenti insoliti, strane pratiche che gli individui fanno sia oggi che in passato, e cerco di spiegare quei comportamenti utilizzando solo rigorosi ragionamenti razionali.”
Io l’ho chiamato per vedere se poteva spiegarmi la razionalità dietro al sacrificio umano, e se davvero ci riusciva, per scoprire se ci fosse anche qualcosa di totalmente irrazionale.
Motherboard: Tuffiamoci nei sacrifici umani. Usi un esempio specifico nel tuo studio.
Peter Leeson: Sì, mi sono occupato dei Kondh dell’Orissa, una regione dell’India orientale, e il materiale che ho analizzato è della metà del diciannovesimo secolo. È questo il caso che ho preso in esame.
Come ti spieghi il sacrificio umano rituale?
In sostanza quello che succedeva è che queste comunità acquistavano regolarmente persone innocenti, spesso bambini, ma non solo. Poi organizzavano una grande festa del sacrificio—in mancanza di una parola migliore, alla quale erano invitati a partecipare i membri di comunità e villaggi vicini, per assistere al massacro rituale della persona che avevano acquistato. Il fatto che la vittima del sacrificio venisse acquistata, rende la cosa tanto strana quanto raccapricciante. Non sembra adattarsi molto bene con il principio della rigorosa scelta razionale, che pressapoco corrisponde all’idea “più è preferibile a meno.”
È strano quando le persone spendono risorse preziose per poi distruggerle, è come buttare via i soldi. Quindi la domanda è: perché mai queste persone sceglievano di farlo lo stesso? La mia risposta è che i Kondh dell’Orissa stavano usando il sacrificio umano come un modo per proteggere i loro diritti di proprietà. Usavano l’omicidio rituale come una sorta di tecnologia di protezione della proprietà.
Veniva fatto ogni stagione, o ogni anno?
Lo facevano più volte all’anno. Secondo quella che potremmo chiamare la loro religione, c’erano dei momenti particolari durante i quali compiere i sacrifici, ma creavano anche occasioni per rituali ad hoc. Per esempio, se qualcosa di inaspettato o negativo accadeva durante quell’anno, l’idea era che questa madre terra o divinità malevola fosse in collera con loro e dovesse essere placata con il sangue di un innocente acquistato per il sacrificio. Quindi c’erano questi sacrifici occasionali, così come quelli stagionali regolamentati.
Si potrebbe dire che il sacrificio era una misura preventiva? Una specie di assicurazione contro le ire di una divinità malefica?
In apparenza era necessario per accontentare la dea affinché garantisse un buon raccolto e non facesse accadere niente di male alla comunità. Questa è la giustificazione, il modo in cui vedevano la faccenda le persone che lo praticavano.
In realtà , però, quello che io sto sostenendo è che dietro a tutto questo c’è una logica politica ed economica. A volte, anche se può sembrare controintuitivo, il modo più economico per proteggere la nostra proprietà è quello di distruggerne una parte. La ragione fondamentale di ciò è che proteggerla è molto costoso.
Per i Kondh, il metodo base per proteggere la loro proprietà era combattersi tra di loro. Ma il conflitto è costoso: le persone muoiono e la ricchezza è distrutta. Una cosa che si potrebbe fare per evitare che questi conflitti accadano è distruggere preventivamente parte della vostra ricchezza per comunicare agli altri che non siete più ricchi di loro. Che non si dispone di quello che loro pensano. Così facendo li fai desistere dal voler attaccare.
Riesci a immaginare un parallelo con i giorni nostri?
Si, ma non penso che sia simile a un’assicurazione—un meccanismo assicurativo opererebbe in modo diverso. Comunque la gente svolge questo genere di attività—distruggere o ridurre una parte del valore di ciò che possiedono per proteggere il resto—quasi ogni giorno.
Un esempio molto banale: se sai di dover andare di notte in una zona pericolosa non indosserai i tuoi gioielli più preziosi. Non userai neanche la tua macchina migliore. Parte del valore di possedere bei gioielli o una macchina lussuosa è che puoi utilizzarli quando vuoi. Se non lo fai, stai riducendo il loro valore. Ma la ragione per cui lo stai riducendo è che così facendo diminuisci la possibilità di una perdita maggiore—tipo farti rubare la macchina.
C’è una logica precisa in tutto questo. Di base vogliamo cercare esempi di cose del genere nel mondo contemporaneo, a volte grandiosi, talvolta di livello minore. Nella mia ricerca ne fornisco alcuni, sia storici che moderni, e penso che la logica che sto descrivendo potrebbe fare luce su queste pratiche.
Per esempio, pensiamo ai paesi in via di sviluppo: una ragione per cui questi paesi si stanno ancora sviluppando è perché i governi “spennano” i loro cittadini. Se guadagni un sacco di soldi, allora sei l’obiettivo perfetto per un governo corrotto che vuole venire a sequestrarti i beni. Quindi, una cosa che gli imprenditori in queste circostanze fanno è limitare la crescita. Mantengono le loro piccole imprese senza espanderle troppo, perché se lo facessero il governo vorrebbe prendere la loro roba. Così distruggono parte del loro valore al fine di preservarne la parte restante.
Quindi in cosa differisce la tua spiegazione da quella degli economisti comportamentali?
La risposta comportamentale è questa: “Ehi guardate, quelle persone stanno facendo cose assurde, devono essere pazzi.” È una caricatura della risposta, ma questo è più o meno il modo in cui, a mio parere, l’economia comportamentale può spiegare le cose che non si adattano immediatamente al nostro convenzionale modo di pensare economico.
Il mio scopo è quello di dire che abbiamo bisogno di guardare più a fondo. Potrebbe non essere una ragione evidente, ma quello che bisogna fare è cercare di mettersi nei panni di una delle persone che partecipano alla pratica che si sta studiando. Supponiamo per un momento che non siano pazzi, stupidi, primitivi o barbari, ma che siano persone razionali come te e me che si trovano ad affrontare situazioni diverse dalle nostre. Come ci comporteremmo se fossimo nella loro situazione e di fronte alle loro stesse costrizioni? Il mio lavoro è mettermi in questo punto di vista e ricostruire la storia in base alle testimonianze disponibili. La mia teoria è che queste pratiche apparentemente bizzarre hanno in realtà un senso ben preciso.
In un certo senso quello che stai facendo è unire la ricerca antropologica con l’economia.
In un certo senso sì. Più che altro direi che è l’intersezione tra la storia e l’economia. Il mio lavoro ha un aspetto molto interdisciplinare, perché un sacco di queste cose bizzarre che le persone hanno fatto sono fatti storici. Come è ovvio, sono strane solo dal nostro punto di vista contemporaneo, ma questo fa parte del punto a cui voglio arrivare. Non dovremmo essere così affrettati nel pensare che le persone che in passato facevano cose che per noi non hanno senso fossero semplicemente stupide, primitive o barbare…
Alla base di tutte le forme di sacrificio umano ci sono una scelta e una spiegazione razionale. In questo caso c’è una particolare spiegazione legata all’acquisto e all’omicidio rituale di una persona innocente. Di solito la gente pensa a qualcosa come il modello azteco, ma gli Aztechi non compravano gente innocente per poi lanciarla dai gradini delle loro piramidi. Quello che facevano, potrebbe sembrare molto più sensato alle persone di oggi: sacrificavano i prigionieri di guerra, quindi altri uomini o criminali sconfitti. Non è così difficile immaginare perché, in una società dove la guerra è endemica e si sta cercando di controllare la criminalità, ci fosse la pena capitale per i nemici sconfitti e per punire i criminali.
Il caso dei Kondh mi interessava perché è più difficile da spiegare. Non è così evidente perché qualcuno dovrebbe spendere dei soldi solo per distruggere quello che ha comprato.
A cosa lavorerai in seguito?
In questo momento sto studiando la pratica della vendite delle mogli. Nell’Inghilterra della rivoluzione industriale, se si voleva divorziare, era comune, soprattutto tra i poveri, andare al mercato in cui si vendevano mucche e cavalli e mettere all’asta la propria moglie per il miglior offerente. Sto cercando di spiegare questa pratica dal punto di vista economico.
Fonte: visto su motherboard del 5 febbraio 2014