Dal testo di Francesco Zanotto
“L’invitto Tommaso, lunghi dal timore che tale disperato cimento fosse per trarlo all’ultimo fine, giocondo anzi mostrossi, mirando alla gloria che ne verrebbe al suo nome, se per la patria, avesse in quel rischio possente cimentata la vita. Spiegò tosto il vessillo di guerra, distribuì i posti, confortò le milizie e la ciurma, e lasciò impreterito avvicinarsi il nemico; e quando mirollo in giusta distanza, incominciò a tuonare tutti i bronzi guerrieri contro di lui, e sì che rimanendo offesa gravemente la turca flotta incominciò a retrocedere … “.
ANNO 1647
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Nel 1647 il comandante veneziano Tomaso Morosini affronta vittoriosamente lo scontro con la flotta turca uscendone vittorioso. Sarà la prima di una lunga serie di fortunate battaglie …
LA SCHEDA STORICA – 117
Come quello di Biagio Zuliani molti furono gli atti eroici verificatisi durante la lunga guerra per la difesa di Candia da parte dei veneziani.
La Serenissima sapeva benissimo cosa avrebbe voluto dire la perdita definitiva anche di questa strategica isola, sotto il suo controllo da più di cinque secoli. Sapeva cosa avrebbe significato non solo per la propria storia, per il proprio prestigio, ma per l’intera Europa cristiana.
Nel frattempo i turchi si stavano preparando per avanzare ulteriormente nell’isola. Il capitano generale veneziano, Giovanni Cappello, già settantacinquenne, non era certo in grado di approntare una valida resistenza e, verso l’autunno, la situazione era notevolmente peggiorata, culminando il 13 novembre del 1646 nella perdita di Rettimo che si arrese dopo una breve resistenza.
La perdita di un altro importante centro fortificato, sull’immediato provocò se non altro la rimozione dell’anziano Cappello che venne anche condannato al suo rientro in patria ad un anno di carcere.
Al suo posto venne così nominato un valente ed amatissimo comandante, Battista Grimani, nomina che solo in parte contribuì ad infondere nuova fiducia e coraggio negli equipaggi militari veneziani.
Il Grimani si portò subito con la sua flotta nell’Egeo dove il resto delle navi veneziane si era già distribuito, parte nelle acque di Creta, parte lungo tutto l’arcipelago nell’attesa dello scontro fatidico con le navi nemiche.
Attorno alle isole si accende uno scontro navale di grandi proporzioni …
Le prime scaramucce non si fecero attendere. Le navi del Grimani stavano pattugliando le acque di Milo quando incrociarono due vascelli nemici comandati dal Pascià e Vicerè d’Algeri Jusuf e da un rinnegato francese di nome Mammi. Lo scontro fu inevitabile e la superiorità numerica dei Veneti costrinse le due imbarcazioni turche ad attraccare per mettere almeno in salvo gli equipaggi già in parte decimati dal cannoneggiamento dei veneziani.
Tuttavia una volta a terra, i turchi dovettero fronteggiare la seconda ondata di navi comandate da Tomaso Morosini che nel frattempo si era portato nelle medesime acque. Il giovane comandante veneziano costrinse alla resa i turchi facendo anche prigioniero Meemet Agà, fratello del vicerè, che invece riuscì a fuggire.
Nel frattempo giungevano altre navi turche, il comandante Grimani ordinò allora che da Milo uscissero anche le altre navi per meglio affrontare il nemico. In prima fila si trovarono così le navi del Morosini che, di sua iniziativa prese la decisione di inseguire da solo il nemico. Staccandosi eccessivamente dalla propria flotta, però, Morosini forse anche trascinato dai venti, giunse in vista di Negroponte.
Un attacco temerario che si risolve con la morte …
Con le poche navi che intanto erano riuscite a raggiungerlo, Morosini si preparò a quel punto ad attaccare. Issato il vessillo di guerra, dispose gli uomini e si preparò allo scontro decisivo che infatti non tardò a verificarsi. Ma i turchi avevano fatto bene i loro conti. In poco tempo l’esigua flotta del Morosini si trovò circondata da non meno di 45 navi nemiche.
A quel punto i veneziani attesero che il nemico stringesse il cerchio avvicinandosi il più possibile alle loro navi per poter meglio colpire a quel punto le imbarcazioni turche. Decisione tanto eroica quanto pericolosa e mortale data l’evidente inferiorità numerica, ma che consentì per lo meno di arrecare il maggior numero di vittime e di danni all’avversario.
Quando infatti il nemico fu sufficientemente vicino, solo allora Tomaso Morosini diede l’ordine di far fuoco a tutte le sue navi. Esaurita ben presto questa prima scarica, però, le navi venete vennero improvvisamente agganciate da tre navi turche e lì lo scontro da navale si tramutò in un micidiale corpo a corpo.
Morosini non indugiò minimamente e per dare l’esempio ai suoi uomini si gettò per primo nella furiosa mischia. Poteva guardare ed affrontare faccia a faccia ora il nemico, ma alle sue spalle si piazzò infine un archibugiere turco che non esitò a far fuoco contro il giovane e valoroso comandante veneziano che venne letteralmente decapitato.
Quasi in quel medesimo, tragico istante, subiva un’analoga sorte anche il comandante delle navi turche, Mussà Capitan Pascià. La morte dei due rispettivi comandanti non impedì tuttavia agli uomini di proseguire nello scontro.
Nelle fila veneziane, in particolare, si distinsero Vincenzo Canale e Raffaele Veneto, capitano di una nave, che sebbene feriti continuarono la lotta che si concluse tuttavia con la prevista vittoria dei turchi. Questi, invasa ormai completamente la nave, abbatterono il vessillo di S. Marco per issare quello con la mezza luna.
La loro soddisfazione era però destinata a spegnersi presto. All’orizzonte infatti apparve poco dopo imprevista ed inaspettata un’altra bandiera con il Leone. Erano i pennoni delle navi del Grimani che uditi da lontano i colpi di cannone stavano finalmente raggiungendo quelle del Morosini. La battaglia con l’arrivo di questi rinforzi si riaccese veemente ribaltando completamente l’esito finale. Quattro navi turche affondarono mentre i soldati nemici che avevano conquistato la galea veneziana si arresero.
La nave che fu del Morosini, invece, malconcia e irriconoscibile, venne rimorchiata ugualmente fino al porto di Candia. Da lì le spoglie dello sfortunato e coraggioso comandante presero la strada del ritorno in patria.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 4, SCRIPTA EDIZIONI
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