“Per quanto svariati siano gli acconciamenti femminili della Sardegna, hanno però quasi tutti questi due caratteri eccezionali: molta copertura nel capo, e grazia infinita per lasciar indovinare le bellissime bellezze del seno.” (Paolo Mantegazza).
Il decantato seno delle donne sarde, lo stesso che “colpì” i padri gesuiti tra il 1825 e il 1840, al punto tale, da consigliare alle donne campidanesi di coprirselo con una pezzuola di stoffa, da allora detta su parapettu.
Parapettu
“Se il vestiario delle donne sarde è in generale d’una grande bellezza e d’una rara magnificenza, il loro corsetto o busto, è seguito secondo il voto della natura. Ed è a questo corsetto, fatto come dovrebbe essere, che il seno delle donne sarde (già così celebre d’antichità) deve lo sviluppo e le linee armoniche; (…) Ecco dunque un piccolo popolo, ritenuto barbaro, le cui donne confezionano le proprie vesti con maggior bellezza nelle forme e con maggior rispetto verso l’igiene di quanto non facciano le nostre decantate sarte parigine” (G. Vuillier, Le isole dimenticate, Parigi, 1893).
Lo stesso Dante ricordava che “le donne di barbagia vanno in giro impudicamente col seno scoperto”
… a Cabras (presso Tharros) le donne andavano ancora fine ‘800 col seno nudo. La chiesa le obbligò a coprire il seno con un fazzoletto fissato con una spilla da balia… ancora lo usano…
Creta. Dea dei serpenti: La Dea con le braccia alzate è stata trovata a Creta…ma a Creta dal 1450 a.C. c’erano AKAYASA e SHARDANA…
Ma a ben guardare tutta la Sardegna nasconde nelle pieghe della sua terra, una cultura millenaria, da dove sgorgano ancor oggi forti tracce matriarcali, tracce talmente importanti che difficilmente si ritrovano non solo in Italia, ma in tutto il Mediterraneo.
Ad esempio De Santis, negli anni 50 riprese una scena in Barbagia una scena che pareva impossibile a vedersi ma che ci riportava indietro di millenni.
Nel film girato dal grande ricercatore si vede un uomo anziano che viene curato da una decina di donne vestite di nero e con il fazzoletto nero in testa, quasi uno chador.
Il vecchio è steso per terra in un campo: è un pazzo. Le donne iniziano a ballargli intorno e a saltarlo. Poi a turno si scoprono il seno e avvicinandosi al suo viso gli spruzzano addosso il loro latte mentre il vecchio urla e ride e cerca di toccarle.
Fonte: n.r. dig.int./sardana
IL SENO DELLE SARDE: PROTAGONISTA ORGOGLIOSO DELLE CRONACHE DI VIAGGIO
Costume sardo
Anticamente sembra che le donne sarde non si facessero pregare troppo quando si trattava di mostrare la rotondità del petto.
Forse in quest’atteggiamento, come sostengono molti storici, non c’era malizia ma soltanto la necessità di rassodare quella parte del corpo che, dovendo provvedere all’allattamento, era ritenuta di fondamentale importanza nell’economia domestica, soprattutto se in casa vi erano bambini.
Tutta colpa delle sue forme: generose, morbide, occhieggianti. La camicia di tela candida a stento riusciva a nasconderle. E poi c’era quel particolare modo di procedere, testa alta e schiena dritta, che sembrava assunto ad arte per evidenziarlo ancora di più.
Comunque stessero le cose, quest’abitudine di ostentare il seno non piaceva ai religiosi che decisero di mettere un freno a una forma di esibizione che, a loro modo di vedere, rappresentava una tentazione troppo esplicita. Perciò questi imposero alle popolane di coprire il seno.
Nel 1805 Mameli a proposito delle campidanesi scrive: “Abbigliamento tanto vago e leggiadro, sebbene alquanto lascivetto all’occhio forestiere, prima almeno che fosse avvezzo alla più stomachevole nudità”.
Nel 1814 Padre Napoli afferma invece: “La più indecente e scandalosa, che non dovrebbe tollerarsi in paesi cristiani e cattolici”.
Anche se furono consigliate, come riporta il Padre Bresciani: “Di mutar la foggia degli imbusti, o chiudersi in vesti accollate”, le donne sarde d’allora avevano un’abilità particolare nell’ostentare le proprie virtù fisiche.
Uno dei modi era di distribuire sapientemente sul corpo i gioielli che fanno parte del proprio corredo.
Parapetto ingioiellato
Enrico Costa scrive che si deve proprio a loro, ai missionari gesuiti, l’introduzione del parapetto: lo consigliarono alle donne del Campidano, sanluresi in testa, per coprire quelle forme da loro viste come occasione al peccato.
E le fanciulle obbedirono all’invito giunto dal clero, così nelle vesti tradizionali fecero la loro comparsa fazzoletti, muccadòri ‘e piturra, pettine, parapetti, e quant’altro riusciva a occultare l’opulenza del seno.
“Ma in nessun tempo – scrive ancora il Costa – trasparì nudità alcuna sul petto delle donne sarde. Non è questione di nudità ma di evidenza: di una profusione di grazie impossibile a celarsi, di cui non si potrebbe chieder conto che alla Provvidenza e a madre natura, non certo alle villanelle di Sardegna. Dove volete che caccino tutta quella roba, le poverette? In tasca non certo!”.
Nello stesso periodo, il letterato francese Gastone Vuillier, riportava un commento lusinghiero nei confronti delle rotondità femminili: “É grazie al corsetto, fatto come dovrebbe essere, che il seno delle donne sarde deve lo sviluppo e le linee armoniche; e, grazie ad esso, non vi sono in Sardegna cattive nutrici”.
Così al suo indirizzo, nell’Ottocento, arrivarono oltre gli strali dei missionari gesuiti, una nota della commissione parlamentare d’inchiesta
inviata in Sardegna, il commento di noti letterati stranieri, e persino, ben più indietro nel tempo, alcuni versi del sommo poeta, Dante Alighieri. Tutti a condannarne l’opulenza, a esaltarne la bellezza sfrontata, a consigliare delle soluzioni che lo celassero agli occhi maschili.
E invece no, a dispetto di tutto e di tutti, di puritani, bacchettoni, di maligni e invidiosi, lui è rimasto sempre lì, al centro del costume sardo, a fare bella mostra di sé, tra un orlo e un pizzo. Alto, imponente, superbo. Il seno delle donne sarde. Protagonista, più che comprimario, del vestiario tradizionale muliebre.
Cosa sarebbero sa camisa o su corittu privi delle sue rotondità sottostanti? Nulla, eppure, soprattutto in passato, c’è stato chi ha fatto di tutto per nasconderlo con il risultato, semmai, di evidenziarlo ancora di più.
Fonte: srs di di Livio Cau, da Sardinia in del il 06/09/2013