ISTRUZIONE
DEL DIRETTORIO ESECUTIVO
AL CITTADINO SCHERRER
General in Capo dell’Armata d’Italia
L’importante Commissione che vi affida la Patria, cittadino Generale, non tende a niente meno, che a rendere per l’avvenire la Repubblica Francese arbitra del destino delle Nazioni dell’ Universo. Sin dal momento della caduta di Cartagine previde Roma la conquista dell’ Oriente; nella totale sommessione dell’ Italia sono compresi li nuovi trionfi riservati all’ eroismo della gran Nazione dalla forza insuperabile del destino. Li soldati che andate voi a comandare, contano le vittorie col numero delle battaglie che han date; non è permesso dubitare per un solo momento del felice successo delle nostre armi: continuate intanto ad incoraggiare le truppe con tutti que’ modi proprj, e condurle a de’ nuovi trionfi.
Le Provincie e le Città da sottomettersi abbondano di tutto. Elleno vi offrono degli innumerevoli mezzi per ricompensare li pericoli, e le fatiche dei soldati della Repubblica, e noi ve ne facciamo un dovere di servirvene in nome della Patria.
Ma non basta che li Tedeschi siano scacciati dal suolo italiano; è necessario trarre da questa bella parte d’Europa tutto il possibile vantaggio per l’ ingrandimento ulteriore della Repubblica.
La Francia, non ha bisogno di braccia forestiere per soggiogare, li suo; nemici, ma ha ella bisogno delle ricchezze dei popoli vinti. Li Figli della gran Nazione devono occuparsi, che di fare la guerra e di comandare, tocca alle Nazioni conquistate il mantenerli, e obbedire.
Il Direttorio Esecutivo ha giudicato necessari sin ora di tener nascosto il vastissimo oggetto, che s’era proposto, e di abbagliare le teste Italiane col fantasma della Sovranità e della indipendenza nazionale: quest’ idea seducente, secondate da persone ambiziose, ed avide di questo paese, ebbe tutta quella riuscita che conveniva ai nostri interessi: sedici milioni di uomini furono sottomessi da un numero di combattenti, che si poteva chiamare corpi volanti piuttosto che armate.
Li monumenti delle Arti, e delle scienze, che decoravano questi paesi , ebbero una più nobile destinazione, essi sono venuti a decorare li vincitori, li soli degni di possederli: l’oro e l’argento di cui l’Italia abbondava fu tutto versato nelle Casse delle nostre Armate. Fosse stato possibile di impiegarlo tutto in ricompense, o a riempire il vuoto del tesoro nazionale! ma convenne prodigalizzare a corrompere gli amministratori dei differenti stati, a stipendiare li faziosi, gli allarmisti, gli spioni e presso li forastieri, gli entusiasti apostoli dei nostri principi.
Un tal sistema utile per le circostanze del momento, deve cessare subito dopo che le Truppe Austriache saranno cacciate da quel cantone d’Italia, che la generosità Francese ha voluto cederli e il nostro Governo deve ritirare dei più solidi frutti da un così prezioso stabilimento. Voi siete quello, Cittadino Generale, che il Direttorio Esecutivo ha scelto per organizzare il governo politico d’Italia, di cui voi siete destinato a terminare la conquista.
Crediamo inutile di ricordarvi, che la Repubblica Francese essendo unica, tutte le Repubbliche Italiane infantate, e tollerate a causa soltanto dell’imperiosità delle circostanze, devono sparire. L’esistenza dei vinti non consiste che in una tranquilla servitù, e non devono conoscere altre leggi, che quelle che gli verranno dettate dal conquistatore. Il Direttorio si riserva a far decidere con più maturità la futura sorte di queste provincie, e frattanto voi stabilirete, Cittadino Generale, in tutte le Città un Governatore, tratto dal seno dell’Armata, che sarà Capo del Corpo Politico che voi istituirete, di una municipalità, e di una commissione economica. Dipenderanno dalla prima la giudicatura Civile, e criminale come pure l’amministrazione particolare di cadauna Città, o distretti, quella degli Ospitali, delle fabbriche pubbliche, e cose simili; apparterrà alla seconda l’esazione delle imposte, e il maneggio di esse in conformità degli ordini che riceverà dal Direttorio.
Li membri delle rispettive Municipalità saranno scelti dai Cittadini del Paese, li più ricchi, e li più onesti, e sopra tutto ragionevoli abbastanza per conoscere, che la loro felicità dipende dalla pronta obbedienza alle legge del più forte. Vi si commette precisamente di non lasciare entrare in quei onorevoli impieghi, alcuno di quegli esseri immorali, che colla loro ambizione secondarono li nostri progetti, o mostrarono un’inclinazione di opprimere, e di arricchirsi.
Da uomini di tal sorta la Repubblica non può aspettarsi una miglior condotta di quella che hanno essi tenuta per li suoi interessi verso i loro concittadini: il lasciarli in posto non potrebbe che disonorare il nome Francese, ch’essi soli han reso odioso ai deboli italiani: Questo colpo d’Autorità così necessario alla tranquillità, e all’economia pubblica, e che ridona alle arti e ai mestieri dei loro padri una folla di scellerati che si impinguavano del Patrimonio pubblico non mancherà di formare dei malcontenti, ma voi saprete contenerli col rigore, e questa misura sarà altrettanto più utile quanto che ella ci concilierà la stima di quelli, che vendicati degli insulti sofferti riputarono sinora tal razza di uomini dispregievoli.
Nella Commissione economica dovranno essere ammessi li soli Cittadini Francesi. Fate in maniera, che cada la scelta sopra degli uomini degni della pubblica fede; poiché è stata sin ora ingannata di troppo. Sopprimere al più presto le così dette Guardie Civiche, e legioni nazionali; soffocate ne’ cuori Italiani qualunque di ardor marziale. La Romana Potenza si è indebolita subito che ha permesso ai Forestieri l’uso dell’armi. Approfittiamo de’ suoi esempj. L’agricoltura, il commercio, le arti, sono le sole professioni, che voi dovete incoraggiare in una provincia soggiogata, destinata a nutrire li suoi Padroni, e ad esserne il granaio.
Abbandonate in conseguenza a loro stessi li letterati, e le scientifiche istituzioni, affine di ottenerne senza violenza e senza una scossa sensibile l’annichilamento. La scienza deve essere esclusivamente riservata ai soli Cittadini Francesi come lo era ella in Egitto ai Sacerdoti di Menfi, e di Heliopoli. Nel mentre che cercherete voi di umiliare i sapienti, classe inutile per lo meno, se anche non sia pericolosa in un popolo destinato ad obbedire, vi darete tutta la cura possibile per onorare, è premiare l’industria, e gli uomini che coltivano le Arti, e l’Agricoltura somministrano alla Repubblica colle produzioni della terra e con l’argento che ne ritraggono al di fuori li mezzi di mantenere, e di estendere il dominio.
La mollezza e il lusso non mancheranno d’introdursi in una nazione esclusa dall’esercizio delle armi, e delle scienze sublimi, che coltiva un suolo fertilissimo. Sarebbe impolitico, se non fosse ancora impossibile, il pretendere dei costumi austeri dagli abitatori dell’Italia. E’ perciò che in luogo di arrestare l’amore dei piaceri, e dei divertimenti voi dovete proteggerli, ed eccitarli affine di distorre gli spiriti dal peso della dipendenza, e per renderli sempre più impotenti a tentare delle novità. Per domare le Città della Grecia, e dell’Asia che soffrivano con impazienza di essere state private della lor libertà, e sempre pronte a una rivolta, li Sovrani dell’Oriente non trovarono miglior mezzo, che quello di immergerli nei piaceri con spettacoli magnifici, con sontuosi festini e con amori li più sregolati. Questo regolamento pieno di saggezza riescirà assai più facile per voi che dobbiamo impiegarli con dei popoli avviliti dall’ozio, da una lunga pace, e molto più dall’infingardagine de’ loro imbecilli Governatori che abbiamo abbattuti
Qualunque sia il numero dei Capi d’Opera delle Arti, e delle scienze trasportati dall’Italia nel seno della Repubblica; è certo che te ancora colà tanto nei luoghi pubblici, quanto nelle Case dei particolari una quantità enorme di Quadri, di Statue, di Libri, e di Medaglie; vi si trovano ancora delle collezioni di ogni spezie di vasi, di urne, di colonne, e di obelischi, oggetti preziosi in ogni senso, e molto proprj a far preponderare sopra tutte le altre quella Nazione che li possiede. Ella è una massima del Direttorio, che questi monumenti passino un poco per volta sotto nome di dono, o di tributo a nobilitare la Repubblica, e verrà rimarcata come una luminosa prova della vostra desterità, Cittadino Generale, se persuaderete gli italiani a farne una volontaria cessione, che non si lascierà di esigere colla forza nel caso che non vi rerti altro mezzo per ottenerlo.
Nello scrupoloso adempimento della delicata commissione che vi si affida, sta appoggiata la grandezza della nostra Patria, Voi non potete rinunziare alla gloria di avere un grado così eminente ben meritato di essa. Salute e considerazione
1799
DALLO STATO IMPERIALE
Fonte: (Fonte codice 989091 Biblioteca Museo Risorg. Roma)
BARTHÉLEMY LOUIS JOSEPH SCHÉRER
Barthelemy Louis Joseph Schérer. Ritratto di Paulin Guérin
Barthélémy Louis Joseph Schérer (Delle, 18 dicembre 1747 – Chauny, 19 agosto 1804) è stato un generale francese del periodo rivoluzionario.
Dopo aver servito per undici anni nell’esercito austriaco, disertò passando al servizio della Francia col grado di maggiore in un reggimento di artiglieria di base a Strasburgo. Prestò servizio per l’esercito danese nella légion de Maillebois dal 1785 al 1790; fu congedato col grado di tenente colonnello.
Ritornato in Francia dopo la Rivoluzione, nel 1792 era capitano nell’82º Reggimento di fanteria. Fu aiutante di campo del generale Despretz – Crassier a Valmy, nel 1793 servì nell’Armata del Reno come aiutante di campo maggiore del generale Alexandre de Beauharnais.
Nel 1794 fu promosso generale di divisione nell’Armata di Sambre-et-Meuse, fu autore della conquista di Mons, Landrecies, Le Quesnoy, Valenciennes, Condé. Il 3 maggio dello stesso anno sposò a Delle con cerimonia civile Marie Françoise Henriette Caroline Müller. Il 3 novembre fu nominato una prima volta comandante dell’Armata d’Italia prima di essere trasferito all’Armata dei Pirenei Orientali il 3 marzo 1795; il 14 giugno Schérer comandò 12.000 uomini contro 28.000 spagnoli in uno scontro sul fiume Fluvià.
Dal settembre 1795 tornò in Italia a rimpiazzare Kellerman come comandante in capo; riportò contro gli Austro-Sardi la vittoria di Loano, ma non riuscì a sfruttarla. Fu quindi richiamato in patria e sostituito dal giovane Napoleone Bonaparte.
Non ebbe incarichi per alcuni mesi prima di essere nominato ispettore generale di cavalleria dell’Armata dell’interno, e poi dell’Armata di Reine-et-Moselle. Fu poi ministro della Guerra dal 23 luglio 1797 al 22 gennaio 1799, data in cui tornò alla testa dell’Armata d’Italia; durante il suo ministero fu introdotta in Francia la coscrizione obbligatoria con decreto del 4 settembre 1798.
Non fu in grado di fermare l’avanzata austro-russa di Suvorov: fu battuto da Paul Kray a Pastrengo (26 marzo), Verona (30 marzo) e Magnano (nei pressi di Verona, 5 aprile), e costretto a ritirarsi oltre il Mincio dove lasciò il comando a Moreau.
Dovette comparire davanti ad una commissione d’inchiesta, ma fu assolto; si ritirò quindi a vita privata nelle sue proprietà di Chauny dopo il 18 brumaio, e morì nel 1804, dopo aver pubblicato le sue memorie in Précis de ses Opérations militaires en Italie.
Bibliografia
«Barthélemy Louis Joseph Schérer», in Charles Mullié, Biographie des célébrités militaires des armées de terre et de mer de 1789 à 1850, 1852
Fonte: Da Wikipedia
Link: https://it.wikipedia.org/wiki/Barthélemy_Louis_Joseph_Schérer