.
Caro Padre Pacifico, come ti va?
Spero bene, anzi benissimo.
Ti ricordi l’accenno che ti ho fatto su che tipo di vino poteva bere Gesù?
Bene. Ti espongo una po’ delle mie elucubrazioni mentali.
Per non incappare nella critica di non essermi informato, ti appioppo subito un estratto “accademico ” sul vino da messa, che io ti consiglio di saltare.
.
“TUTTI I SACRAMENTI SI COMPONGONO DI TRE ELEMENTI cioè: delle cose, come materia, delle parole, come forma e della persona del ministro, il quale abbia l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa; DEI QUALI ELEMENTI QUALUNQUE VENGA A MANCARE, NON SARÀ MAI POSSIBILE AVERE IL SACRAMENTO. (Concilio Fiorentino, anno 1439, Decretum Ad Armenos), (Denz. 1312).
La mutazione della materia e della forma può avvenire in maniera sostanziale, (ad es. per il battesimo usare il vino al posto dell’acqua), oppure in maniera accidentale, (ad es. per il battesimo usare acqua lievemente profumata). Se il cambiamento è sostanziale il sacramento è nullo (vengono a mancare gli elementi essenziali determinati da Nostro Signore). Se il cambiamento è accidentale il sacramento è valido ma potrebbe essere illecito (se il cambiamento è stato fatto coscientemente e senza ragione).
La Chiesa non ha la facoltà di cambiare sostanzialmente la materia e la forma dei sacramenti. (Denz. 1061, 1699, 1728, 3556, 3857). Né a questi Sacramenti istituiti da Cristo Signore, la Chiesa, nel corso dei secoli, ha sostituito altri Sacramenti, o poté sostituirli, poiché, come insegna il Concilio Tridentino, i sette Sacramenti della Nuova Legge sono tutti stati istituiti da Nostro Signore Gesú Cristo, e alla Chiesa non compete nessuna potestà sulla “sostanza dei sacramenti”, cioè su quelle cose che, come testimoniano le fonti della divina rivelazione, Cristo Signore stesso stabilí dover essere osservate nel segno sacramentale, (Const. Ap. Sacramentum Ordinis, 30 novembre 1947), (Denz. 3857).
Materia della Eucarestia sono il pane di frumento, (panis triticeus) e il vino d’uva di vite (vinum de vite), a cui va aggiunta una piccolissima quantità d’acqua prima della consacrazione (cui ante consecrationem aqua modicissima admisceri debet). (Concilio Fiorentino, anno 1439, Decretum Ad Armenos), (Denz. 1320).
Alla domanda: è lecito o no, per celebrare il santo sacrificio della Messa, usare del vino ottenuto da un mosto, (uti vino ex musto obtento), che, prima della fermentazione vinosa (ante fermentationem vinosam), sia stato condensato attraverso evaporazione ottenuta tramite riscaldamento? Il Sant’Uffizio rispose (5 agosto 1896): È lecito, purché questo tipo di cottura non escluda la fermentazione alcoolica, (fermentationem alcoolicam), e la stessa fermentazione si possa ottenere naturalmente e di fatto sia ottenuta. (Denz. 3313).
La citazione ci serve per sottolineare ciò che tutti sappiamo, e cioè che un “mosto” la cui fermentazione alcoolica non sia in atto non può essere considerato “vino” nemmeno alla lontana (si tratta se mai di succo di frutta) e che una bevanda a base di succo di uva ma che non contenga alcool non può essere considerata vino, nemmeno alla lontana.
Alla domanda: si può o no aggiungere ai vini, per la loro conservazione, alcool d’uva, senza che cessino per questa ragione di essere materia valida per il sacrificio della Messa? Il Sant’Uffizio rispose (5 agosto 1896): Purché l’alcool sia stato estratto dal frutto della vite, e purché la quantità di alcool da aggiungere, insieme a quella già contenuta naturalmente nel vino di cui si tratta, non superi la proporzione del 17 o 18 per cento e purché l’aggiunta sia fatta quando la fermentazione cosiddetta tumultuosa abbia cominciato a smorzarsi, nulla impedisce che il vino medesimo sia usato per il sacrificio della Messa. (Denz. 3313).
La citazione ci serve per sottolineare ciò che tutti sappiamo, e cioè che l’essere alcoolico è una proprietà essenziale del vino, tanto che quando sia debole la si può rinforzare, nelle dovute maniere e entro certi limiti, senza che il vino cessi di essere tale.
La Congregazione per la dottrina della fede recentemente, dà licenza di usare, come materia del Sacramento della Eucarestia, del “mosto” AL POSTO DEL “VINO”, intendendosi come “mosto”, (mustum), IL SUCCO D’UVA FRESCO o anche conservato sospendendone la fermentazione (tramite congelamento o altri metodi che non ne alterino la natura), per venire incontro alle necessità dei sacerdoti affetti da alcoolismo o da altra MALATTIA CHE IMPEDISCA L’ASSUNZIONE ANCHE IN MINIMA QUANTITÀ DI ALCOOL.
Ci pare di capire con certezza che, proprio a causa della controindicazione medica alla assunzione di quantità “anche minima” di alcool, si dia licenza di sostituire al vino alcoolico una bevanda “del tutto” non alcoolica, la quale, ciò non ostante, viene stimata costituire materia valida.
Nell’ambito dello stesso provvedimento viene negata licenza di usare, da parte di sacerdoti malati di celiachia, ostie “del tutto” private di glutine, (quibus glutinum ablatum est), in quanto, mancando di una componente essenziale, costituiscono materia invalida, (non sono considerate materia invalida, invece, le ostie con “poca” quantità di glutine).
Osserviamo che il provvedimento è in se stesso contraddittorio perché contemporaneamente afferma la validità di una materia nonostante le manchi una componente (l’alcool), e nega la validità di un’altra materia proprio perché le manca una componente, (il glutine).
Osserviamo che nessuno si è mai ubriacato mangiando l’uva, nemmeno masticandone gli acini, quindi il succo d’uva non fermentato non è vino, come non lo è l’aceto che non è alcoolico, anche se deriva per naturale fermentazione acetica sia dall’uva che dal vino.
Osserviamo che NELLA SACRA SCRITTURA IL VINO È ALCOOLICO e che la sua alcoolicità fa parte della sua essenza, infatti: Non ci risulta che ci siano passi scritturali in cui si chiami “vino” una bevanda non alcoolica.
NOÈ si è ubriacato con il vino da lui inventato: quindi il vino è nato alcoolico.
ALLE NOZZE DI CANA l’acqua mutata in vino da Nostro Signore suscitò l’elogio dei commensali come il “vino” migliore; ciò non sarebbe successo se non fosse stato alcoolico: quindi per Nostro Signore il vino è alcoolico.
NELL’ULTIMA CENA il vino scelto da Nostro Signore era alcoolico perché era quello prescritto per la cena rituale della Pasqua ebraica: quindi Nostro Signore ha voluto transustanziare del vino alcoolico. “
Ma ritorniamo a noi.
Matteo 17
Neppure si mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti gli otri scoppiano, il vino si spande e gli otri si perdono; ma si mette il vino nuovo in otri nuovi e l’uno e gli altri si conservano.
Marco 22
Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino fa scoppiare gli otri, e il vino si perde insieme con gli otri; ma il vino nuovo va messo in otri nuovi.
Luca 38
Ma il vino nuovo va messo in otri nuovi.
Benché io sia praticamente astemio, sono nato in una terra dove il sole fa colazione col Soave, pranza con il Custoza, va a cena con il Valpolicella, non ho nel mio imprinting enologico nessuna notizia di esplosione di botti o bottiglie, se non nelle gelate del settecento, o sotto qualche bombardamento americano.
C’era qualche cosa che non tornava, ma non sapevo che cosa.
Iniziai a far domanda a destra e a sinistra, ma i risultati, dopo alcuni, anni furono ”0000000”
Stanco di perdere tempo, avevo cestinato il tutto.
Alcuni anni dopo, per caso, mi venne sotto mano un appunto tratto da una rivista di enologia:
.
Osservazione dei campioni di mosto posti a fattori e condizioni ambientali diverse :
.
Fattori e condizioni ambientali diversi | Osservazioni | Conclusioni |
Recipiente aperto a temperatura ambiente (18°-25° C) | La fermentazione e’ iniziata e terminata velocemente (8 gg. circa) | Lieviti attivi e numerosi che accelerano la fermentazione |
Recipiente aperto riscaldato (85° C) | Fermentazione arrestata e ripresa | Lieviti uccisi, ma i moscerini ne hanno trasportato altri |
Recipiente aperto nel frigorifero (2°-4° C | Fermentazione rallentata | Lieviti presenti ma quiescenti |
Recipiente chiuso con tulle a temperatura ambiente | Fermentazione lenta ma avvenuta | Lieviti presenti e riprodotti nel mosto, ma non portati dai moscerini |
Recipiente chiuso ermeticamente a temperatura ambiente (18°-25°C) | Fermentazione non avvenuta | Lieviti che non si sono riprodotti in assenza di ossigeno e quindi insufficienti per avviare la fermentazione |
.
Si trattava di una tabella sulle varie possibilità di ottenere la fermentazione con temperature e condizioni ambientali diverse. Mi colpì subito che a recipiente chiuso, non si produceva la fermentazione, ma il tutto si fermò lì.
Di seguito mi venne sottomano un simpatico articolo sul proibizionismo americano:
Succhi d’uva, vini da messa o per il consumo domestico, vini medicinali: negli anni del proibizionismo negli Stati Uniti si ingurgitò una quantità di vino tripla rispetto a quello prodotto e importato nei cinque anni precedenti.
Circa cinquant’anni prima, nella cittadina di Vineland nel New Jersey, un dentista metodista, Thomas Bradwell Welch, che non riusciva ad accettare che le sacre scritture associassero il sangue di Cristo al vino (infame prodotto che generava beoni), aveva letto in una relazione della California State Agricultural Society che un certo Louis Pasteur era riuscito a distruggere, per mezzo del calore, i lieviti che facevano fermentare i liquidi. Finalmente, Welch aveva decrittato il verbo divino… Per il virtuoso dentista tutto era ormai chiaro: ciò che la Bibbia chiamava vino non era certo un prodotto inebriante, ma succo d’uva non fermentato. Welch divenne così il primo produttore di succo d’uva conservato.
Certe autorità religiose non condividevano l’interpretazione della Bibbia data dal Dr. Welch e sostenevano che ai tempi di Gesù Cristo nessuno era capace di conservare il succo d’uva salvo che facendone vino. Ottennero così delle deroghe per poter celebrare la messa nelle chiese cattoliche e il kidush nelle sinagoghe. I vini da messa non ebbero mai livelli di consumo così alti come durante il periodo di proibizione, forse anche perché, d’un tratto, per il peccato di ubriachezza era concesso il perdono. Uno studio del 1925 del Federal Council of the Churches of Christ rilevava che i due milioni di galloni di vino riservati al culto prodotti nel 1922 erano diventati circa tre milioni nel 1924, senza peraltro che ci fossero spiegazioni fondate per un incremento del 50% in due anni. Era di conforto apprendere come il proibizionismo favorisse le conversioni, ma era imbarazzante ammettere che si trattava di repentine vocazioni alla fede piuttosto interessate. Anche i viticoltori trovavano la situazione confortante, visto che il sacramental wine, il vino sacramentale, rappresentava una vera e propria fonte di salvezza.
Articolo simpatico, ma soprattutto mi apriva un spiraglio sulla possibile risoluzione “del vino nuovo in otri vecchi”.
Mancavano però i due tasselli più importanti
- Al tempo di Cristo, si produceva il succo d’uva non fermentato e come?
- Vi erano dei consumatori di questo succo d’uva?
Per la seconda domanda la risposta potrebbe essere quasi ovvia e positiva, gli Esseni. Seguaci di una corrente religiosa ebraica (II secolo a.C.-I secolo d.C.) che osservava rigidamente le prescrizioni della legge, specialmente per quanto riguardava la purità rituale. Formarono delle comunità (qumran) in cui coltivare, lontani dalle impurità, i loro ideali e lo studio della legge. La misteriosa setta che si era persa nell’oblio della storia, ma prepotentemente ricomparsa alla ribalta con la scoperta dei rotoli del Mar Morto, e da eretica è stata quasi sdoganata dalla Chiesa, almeno quella popolare ( ho visto un documentario dove sacerdoti italiani celebravano la Messa nelle le rovine di Qumran la loro quasi capitale).
Tra le caratteristiche della comunità degli Esseni, che era quella di essere retta da sacerdoti, seguire un calendario proprio, diverso da quello del tempio di Gerusalemme, osservare una rigida purezza rituale (bagni lustrali), tenere la barba e i capelli lunghi, vestire di bianco con tuniche prive di cuciture, praticare una partecipazione egualitaria ai beni, con la rinuncia alla proprietà privata, non avere schiavi, ecc. ecc. ecc. … vi era anche quella di essere vegetariani e non usare bevande fermentate.
Qualcuno che beveva vino non fermentato l’avevo trovato, mi mancava la risposta per la prima domanda.
Come sempre trovai, casualmente, tradotto un passo di Catone
”SE VORRAI AVERE MOSTO TUTTO L’ANNO
Se vorrai avere mosto tutto l’anno, verserai mosto in un’anfora, ne impecerai il tappo di sughero, la deporrai in un bacino d’acqua; dopo trenta giorni la toglierai. Rimarrà mosto per tutto l’anno.
MUSTUM SI VOLES TOTUM ANNUM HABERE
Mustum si voles totum annum habere, in amphoram mustum indito et corticem oppicato, demittito in piscinam: post diem XXX eximito. Totum annum mustum erit.
(Ed. Mondadori, a cura di Luca Canali e Emanuele Lelli)
Eureka. Al tempo di Cristo si produceva succo d’uva
Il procedimento in uso era questo
Recipiente chiuso ermeticamente a temperatura ambiente (18°-25°C) | Fermentazione non avvenuta | Lieviti che non si sono riprodotti in assenza di ossigeno e quindi insufficienti per avviare la fermentazione |
Con questo procedimento pare sia possibile ottenere mosto non più fermentabile.
Ma c’è di più. Se ci fosse una leggera fermentazione dovuta a una minima presenza di ossigeno, si produrrebbe una rottura dell’anfora, come accade nella famosa parabola dell’otre vecchia, quindi probabilmente usurata, lesionata, sporca o comunque danneggiata.
Domanda. Se l’otre non é ermeticamente sigillata, come si potrebbe rompere?
Si rompe, o fa saltare il tappo di sughero impecciato solo se la otre é sigillata.
Ma se l’otre é chiusa a sigillata vuol dire che si sta tentando di riprodurre le condizioni per la creazione del “vino dolce non fermentato” e quindi non alcolico, e non certo il mosto d’uva alcoolico, che viene fatto solo a contenitori aperti.
Che il Vangelo si riferisca a questa bevanda?
Io ne sono certo.
Attualmente il succo d’uva non alcolico viene ancora prodotto in medio oriente, ponendo delle otri sigillate in acqua corrente, o ambienti freschi, per un mese circa.
Un caro saluto,
Giorgio