Nov 07 2012

IL VESCOVO WILLIAMSON ESPULSO DALLA FRATERNITÀ SAN PIO X

Category: Chiesa Cattolica,Monolandiagiorgio @ 07:12

 

 Fonte:http://andreacarancini.blogspot.it/

 

IL VESCOVO WILLIAMSON ESPULSO DALLA FRATERNITÀ S. PIO X

 

Di Michael Hoffman, 23 ottobre 2012

 

È arrivato l’annuncio che il Vescovo Cattolico Romano Richard N. Williamson, della Fraternità S. Pio X, è stato espulso dalla propria fraternità sacerdotale dal suo collega Vescovo, Bernard Fellay.

Il Vescovo Williamson ha pubblicamente affermato di non credere che vi siano stati dei gasati nelle presunte “camere a gas” di Auschwitz-Birkenau. Il Vaticano lo ha sospeso da tutte le sue funzioni episcopali fino a quando non ritratterà i propri dubbi. Nonostante le enormi pressioni ecclesiali, le calunnie dei media di tutto il mondo, la perdita del suo incarico di rettore del seminario della Fraternità, e l’espulsione dall’Argentina, il vescovo ha rifiutato di ritrattare.

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Set 21 2012

VERONA. CHIESA DI SAN ZENO: LA GRANDE VASCA LUSTRALE DI PORFIDO

La vasca circolare indicata dai Romani labrum lustrale da utilizzare nelle terme, nelle fontane, nelle ville.  Vasche di acqua “Iustrale”, cioè “purificatrice” . 

 

Sotto la navata di sinistra è collocata una grande coppa in porfido rosso, un monolite del diametro di quasi tre metri, proveniente, come il piatto della fontana di Piazza delle Erbe, dalle terme romane della città (II sec. d.C.). Il grande bacino, quand’era collocato nel suo ambiente originale, all’ esterno della basilica, serviva per le abluzioni d’acqua, era un labrum lustrale.

Come ricorda Pierpaolo Brugnoli, la coppa di San Zeno aveva fatto bella mostra di sé nel vasto sagrato esistente fra la basilica e la chiesa di San Procolo. Era collocata all’ aperto, e così viene rilevata anche in varie mappe di Verona e vedute della piazza di San Zeno. Sistemazione anche questa non occasionale – come annotano gli storici – dato che, nei pressi delle basiliche, anche di quelle paleocristiane, venivano collocate vasche d’acqua per le abluzioni rituali, sostituite poi dalle pile dell’acqua santa poste all’interno dei luoghi di culto.

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Set 19 2012

UN PAPIRO DEL QUARTO SECOLO PARLA DELLA MOGLIE DI GESU’: “GESÙ DISSE LORO: ‘MIA MOGLIE…”

Category: Chiesa Cattolica,Religioni e rasiegiorgio @ 13:37

Un frammento di papiro del IV secolo pare contenere una frase non da poco, mai apparsa nelle Sacre Scritture

Ieri, (martedì 18 settembre 2012) durante un congresso internazionale ancora in corso a Roma, una storica del cristianesimo antico alla Harvard Divinity School ha rivelato l’esistenza di un frammento di papiro che contiene una frase mai apparsa nelle Sacre Scritture:

“Gesù disse loro: ‘Mia moglie…”

Il frammento misura 4 centimetri per 8, è scritto su entrambi i lati con inchiostro nero leggibile sotto una lente di ingrandimento ed è in lingua copta, l’evoluzione dell’antica lingua egiziana che non fa uso dei geroglifici ma dei caratteri dell’alfabeto greco, con l’aggiunta di 7 segni demotici per rendere suoni sconosciuti alla fonetica greca.

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Ago 13 2012

ILLUDERE GLI OPERAI, DISTRUGGERE LA CHIESA, AGGREGARE L’ITALIA ALL’URSS: I PIANI DEL PCI IN DUE DOCUMENTI ESCLUSIVI

E’ il 1948, all’orizzonte si profila l’appuntamento con il 18 aprile, giorno delle elezioni politiche che potrebbero rivelarsi decisive per le sorti dell’Italia. Pci e Psi si sono riuniti nel Fronte Democratico Popolare, con lo scopo dichiarato di assumere la guida del Paese battendo la Dc, già uscita vincitrice dalle precedenti elezioni del 1946. Al fine di raggiungere l’obiettivo, i militanti sono disposti a tutto: una vera e propria “macchina da guerra”, nemmeno troppo “gioiosa”, per parafrasare la famosa uscita di Achille Occhetto molti anni dopo.
La propaganda del Fronte Democratico Popolare è feroce, tanto che i “compagni propagandisti” rivestiranno un ruolo importante durante la campagna elettorale.

I due documenti che vi mostriamo sono particolarmente significativi: una lettera segreta contenente un vero e proprio vademecum per i propagandisti ed un decalogo inoltrato ai militanti più fedeli e considerati affidabili. Entrambi stupiscono per il tono enfatico e ancor di più per i contenuti, talvolta davvero stucchevoli. Ci sono stati forniti da un lettore del blog, che li ha avuti originali da una persona nata del 1932 che all’epoca risiedeva in un paesino vicino a Ravenna. Essendo famiglia di area cattolica, hanno ricevuto tale missiva per errore, ma l’hanno gelosamente custodita per tutti questi anni.
 Nel vademecum sono elencati i 9 punti che il Partito intendeva inculcare ai propagandisti: dai nemici del Fronte Popolare, individuati anche nei mancati alleati del PSLI (futuro PSDI) e PRI, agli obiettivi da ottenere in ambito morale, economico e religioso. Ossia estirpare la Chiesa, distruggere la moralità, abolire la proprietà privata. E poi, trasformare l’Italia in una Repubblica Socialista, vassalla dell’URSS di Stalin, favorendo l’egemonia comunista nel mondo. Oltre alla raccomandazione finale di non divulgare la lettera, che deve restare segreta. Abbiamo scelto di riportare integralmente il documento, senza correggere errori pacchiani come “appariscano”.

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Ago 07 2012

UCCIDETE TUTTI I PRETI!: PARROCI DI CAMPAGNA NEL MIRINO DEI PARTIGIANI NELLE “RADIOSE GIORNATE” DELLA PRIMAVERA DEL ’45

Don Francesco Venturelli, arciprete di Fossoli, uno dei tanti… 

Per i comunisti i parroci erano tra gli oppositori più efficaci, quindi molto pericolosi.

Avevano confessionali in cui sapere anche la verità sulla violenza rossa che, fuori, nessuno osava dire.

Avevano pulpiti da cui parlare e condannare, gente ad ascoltare. Erano organizzati con oratori, consigli comunali, formavano diocesi.  Quattro volte più numerosi di oggi, erano disseminati ovunque. Più dei carabinieri, più dei farmacisti. Persino più delle case del popolo. E se la loro parrocchia disponeva di benefici terrieri, ebbene, erano da odiare due volte, una perché preti, l’altra come padroni, e rientravano perciò doppiamente in quell’assunto che, dalla fine della guerra, girò per anni tra le squadre d’azione comunista, in cellula e nelle case del popolo:

«Se dopo la liberazione ogni compagno uccidesse il proprio parroco e ogni contadino il padrone, il problema sarebbe già risolto».

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Lug 27 2012

DANILO QUINTO: COSI’ IL LUCIFERINO PANNELLA E’ RIUSCITO A RUBARMI LA VITA”

Category: Chiesa Cattolica,Libri e fonti,Società e politicagiorgio @ 13:01

Danilo Quinto si converte e subito viene trasformato in impostore: “Ho portato 45 milioni di euro in 10 anni: vi racconto come li sperperava”

di Stefano Lorenzetto

 

Il re è nudo. Nudo come quella volta che ricevette un attonito Gaetano Quagliariello, facendosi trovare in ammollo nella vasca da bagno a piagnucolare: «Vorresti dimetterti proprio ora e lasciarmi così? Non ti rendi conto del dolore che mi dai?», e l’attuale senatore del Pdl non riuscì a dire nulla, «capii solo che dovevo sottrarmi e scappare», avrebbe confessato anni dopo.

È devastante il ritratto di Marco Pannella che esce dalle 208 pagine del libro Da servo di Pannella a figlio libero di Dio, scritto da Danilo Quinto, per dieci anni tesoriere del Partito radicale, edito da Fede & Cultura e dedicato alla «più formidabile macchina mangiasoldi della partitocrazia italiana», così il sottotitolo, «una famiglia allargata dove tutto ciò che era privato diveniva anche pubblico, dove ci si accoppiava e ci si cornificava fra di noi, dove il massimo della gratificazione era salutare Pannella baciandolo sulle labbra quando si presentava alle riunioni mano nella mano con l’ultimo dei suoi fidanzati ventenni e lo imponeva come futuro dirigente o parlamentare». Anche Quinto a un certo punto della propria vita ha capito che doveva svincolarsi dall’abbraccio soffocante del suo attempato pigmalione e fuggire.

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Lug 17 2012

ALCUNE ISCRIZIONI PRESENTI SU UNA SEPOLTURA ANTICA DI 2000 ANNI POTREBBERO FORNIRE INFORMAZIONI UTILI RIGUARDO ALLA MORTE DI GESÙ.

Ossario di Miriam

Il contenitore funerario in calcare, definito come un ossario, potrebbe rivelare quale fosse la patria di Caifa, il sommo sacerdote coinvolto nella crocifissione di Gesù.  L’autorità israeliana per le antichità, che confiscò l’ossario da alcuni saccheggiatori tre anni fa, lo ha poi consegnato al prof. Yuval Goren, del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Tel Aviv, che ha condotto il tentativo di autenticazione.

“Al di là di ogni ragionevole dubbio, si tratta di un’iscrizione autentica”, ha affermato Goren, dopo aver condotto un esame approfondito sul contenitore che, oltre all’iscrizione, presenta anche alcune rosette decorative.

Le scoperte di Goren dimostrano che questa insolita iscrizione getta luce su uno degli uomini dietro alla morte di Gesù. L’iscrizione completa recita: “Miriam, figlia di Yeshua figlio di Caiaphus, sacerdote di Maaziah da Beth Imri,” citando quindi il defunto, con tre generazioni di parenti e una potenziale posizione di riferimento.

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Gen 12 2010

A PREDAPPIO UNA SPINA DI CRISTO

Category: Chiesa Cattolicagiorgio @ 02:44

Corona-di-Spine

Il Cristo

Nel 1937 il principe Mattei la regalò a Mussolini: il reliquario ora è nella chiesa di Sant’Antonio.   Probabile un’indagine sull’arrossamento

FORLI – PREDAPPIO – Nella chiesa di piazza Sant’Antonio da 72 anni si conserva in silenzio quella che pare essere una originale spina della corona di Gesù Cristo. Con le “sacre” e necessarie cautele, si potrebbe sostenere che all’interno della chiesa fondata nel 1937 dai francescani, è custodito uno dei più importanti reperti, esistenti al mondo, della Passione di Cristo. Nel terzo mistero del dolore, infatti, si contempla l’incoronazione di spine di Gesù. Per chi ha fede è un patrimonio soprannaturale, per altri è un patrimonio storico.

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Nov 29 2009

Primo ritratto di San Paolo: straordinaria scoperta nelle catacombe di Santa Tecla di Roma

Category: Chiesa Cattolicagiorgio @ 01:11

sanPaolo.2009

 

 

E’ la più antica icona di San Paolo, scoperta nelle catacombe di Santa Tecla. A rilevare la clamorosa “sorpresa” archeologica è stato l’Osservatore romano, che informa come il ritrovamento sia avvenuto solo qualche giorno fa, il 19 giugno, durante i restauri nelle catacombe sulla via Ostiense, coordinati dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. «Mentre si procede a un lento e accurato restauro dell’azione pittorica di un cubicolo delle catacombe – scrive il quotidiano vaticano – una sensazionale scoperta impressiona gli archeologi che seguono il lavoro da più di un anno. Il laser mette in luce il volto severo e ben riconoscibile di San Paolo, tra i più antichi e i più definiti che ci abbia consegnato la civiltà figurativa dell’antichità cristiana. Anzi, per le sue caratteristiche può essere considerato la più antica icona dell’Apostolo finora conosciuta».

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Apr 16 2009

LA DIDACHE’

Category: Chiesa Cattolica,Libri e fonti,Religioni e rasiegiorgio @ 00:16

 

 

La Didaché è uno scritto antichissimo: si tratta del primo testo in assoluto del Cristianesimo, ed è stata scritta verso il 50 d.C., in Oriente (Siria, Palestina o Egitto),l’autore è sconosciuto ma è certamente qualcuno che aveva seguito le predicazioni di Gesù Cristo ed è probabilmente antecedente agli stessi Vangeli di Matteo, Marco e Luca.

 

La si può ritenere “la regola della comunità”, un riassunto delle massime morali più importanti ad uso dei Catecumeni. E’ una sorta di compendio dei precetti insegnati da Cristo e contiene in sintesi tutti i principi trasmessi dall’Antico e dal Nuovo Testamento.

 

E’ l’esaltazione della semplicità: con un linguaggio estremamente lineare ed in pochissimi tratti passa dalla Genesi all’Apocalisse, cioè dall’inizio della vita caratterizzata dal dono di Dio che è la libertà al ritorno di Cristo che è misericordia e giustizia.

 

Ci fa vedere quale era il vero spirito dei cristiani delle primissime comunità, dandoci la possibilità di assimilarci ad esso, semplicemente seguendo i suoi essenziali insegnamenti.

 

La DIDACHE’ è citata da Erma nel Pastore, Clemente Alessandrino ed Origene che ritengono Scrittura Sacra. Sant’Atanasio la consiglia per istruire i catecumeni.

All’inizio del V secolo è incorporata nelle Costituzioni Apostoliche.

 

itenuta perduta da secoli, fu riscoperta  nel 1873 dal metropolita di Nicomedia, Filoteo Bryennios, a Costantinopoli in un codice greco, scritto nel 1056 contenente la DIDACHÉ, le due Lettere di San Clemente Romano e l’ Epistola di Barnaba.

 

Fu pubblicata nel 1883 in “L’editio princeps della DIDACHÉ”

In uno studio di Jean-Paul Audet si afferma che la DIDACHÉ è:

” Una raccolta d’istruzioni e di usanze della Chiesa primitiva, fatta da un ministro itinerante del Vangelo”, datandola nel 50 d.C., periodo in cui si iniziano a scrivere  i Vangeli e le Lettere di S. Paolo. Il luogo della sua composizione è indicato in Antiochia (Siria) e l’autore è un cristiano di provenienza giudaica

 

 

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Apr 14 2009

Verona: Studenti derisi in classe dal professore perché essendo Cattolici vanno a Messa

Il Vescovo Zenti;  Il racconto di un padre mi ha scosso, mi ha fatto riflettere moltissimo

La Pasqua in Cattedrale: «Cresce un clima culturale di ateismo pratico»

Il caso raccontato all’omelia: «Ha detto: non vi vergognate?

«Sui giovani si sta abbattendo un terremoto valoriale spirituale di proporzioni gigantesche, i cui effetti si disveleranno nei prossimi anni, che li sta demolendo nella loro umanità, a cominciare dalla libertà di essere davvero il corrispondente della loro identità più autentica». L’educazione del mondo giovanile è un tema particolarmente caro al vescovo Giuseppe Zenti. Minacciati da una cultura atea che «fa di tutto per tenere lontano l’uomo d’oggi da Dio», sedotti dai falsi miti proposti dai mass media e purtroppo anche «sviati» da quelli che dovrebbero essere i loro educatori. 

I giovani del ventunesimo secolo rischiano fortemente di ritrovarsi alla deriva nel momento in cui diventeranno adulti. 

L’appello è stato lanciato domenica  mattina, durante la celebrazione della messa pasquale in Cattedrale. «Vi è un mondo di adulti che ha in mano le leve del potere mediatico culturale e il potere economico, che strategicamente lascia andare il senso del vivere i giovani – ha detto il  monsignor Zenti -, nell’atto stesso di sospingerli alla deriva dei valori etici civili e religiosi». E ha portato un esempio, avvenuto poche settimane fa in una scuola della provincia: «Un padre mi ha riferito che un insegnante delle superiori ha chiesto alla classe 

“Chi di voi va ancora a messa e a catechismo?” e, dopo che due alunni avevano alzato la mano, ha continuato 

“E non vi vergognate di fare queste cose da bambini?”». 

«Un fatto grave, che mi ha profondamente scosso – ha commentato il vescovo -. 

Non intendo dire che tutti i professori siano uguali, ma questo evento mi ha fatto riflettere moltissimo». E ha invitato a seguire l’esempio di quegli adulti «con forte senso di responsabilità educativa, sia nell’ambito dei genitori, sia in quello della docenza, sia in quello dello sport».

 

Puntuale il riferimento anche alle popolazioni abruzzesi colpite dalla tragedia del terremoto, «vittime, in gran parte, di una bolla speculativa, quella edilizia che sfidando le forze della natura, ben conosciute dalla scienza geologica, non si è affatto impegnata su fronte delle tecnologie antisismiche, sia sui vecchi sia sui nuovi edifici». E, riprendendo un concetto già espresso nel corso della celebrazione del Venerdì santo, ha parlato anche di un altro sisma, molto più grande nella portata degli effetti: quello finanziario. «Bastava impegnare pochi soldi e ci si sarebbe ritrovati, tra le luci dei luna park, dei nababbi – ha detto monsignor Zenti -. Poi, il crollo improvviso del sogno da paese dell’El Dorado. E l’intera umanità devastata dalla bolla speculativa, al collasso». 

Due tragedie differenti, ma entrambe direttamente derivanti da «quella cultura senza etica e senza morale che sta alle spalle di questi e di tanti altri fenomeni che fune stano l’umanità».

E l’augurio finale: «La Pasqua immetterà nel tessuto familiare e sociale cristiani primizie di un’umanità davvero nuova, capace di costruire l’oggi e il domani sui parametri di una civiltà su misura della Pasqua di morte del vecchio mondo ateo e antiumano, e di risurrezione di un mondo degno dei risorti in Cristo».

 

Fonte: Cor.Sera ediz.Verona di martedì 14 aprile 2009.


Apr 12 2009

Auguri per una Santa Pasqua

Category: Arte,Chiesa Cattolicagiorgio @ 00:45

Giotto: Resurrezione  Padova. Cappella degli Scrovegni. 1304-06.  Affresco


Mar 29 2009

I Registri dei Cavalieri del Santo Sepolcro conservati nell’Archivio Storico della Custodia di Terra Santa: SBF – Nuova pubblicazione

Category: Chiesa Cattolica,Libri e fontigiorgio @ 06:57

SBF Editiones

 

Registrum Equitum SSmi Sepulchri D.N.J.C. (1561-1848). Manoscritti dell’Archivio Storico della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme, editi a cura di Michele Piccirillo (Studium Biblicum Franciscanum – Collectio Maior 46), Edizioni Custodia di Terra Santa, Jerusalem – Milano 2006.

 

Un’opera che risulterà una sorpresa per molti ricordando i rapporti secolari che legano l’istituzione dei Cavalieri del Santo Sepolcro con i Francescani di Terra Santa custodi del Santuario di Gerusalemme dal lontano 1333 grazie alla trattativa diplomatica condotta a buon fine con il Sultano d’Egitto al-Nasir Muhammad da Roberto d’Angiò e Sancha di Maiorca reali di Napoli. I registri non si spingono così lontano e iniziano solo con il 1561. Il motivo è detto a pagina a pagina 3 del primo registro che rimanda alla storia sempre tribolata di questa terra. Nel 1633 padre Paolo da Lodi Custode di Terra Santa diede l’ordine di ricopiare i nomi dei Cavalieri nel nuovo Registro. Il copista tiene a ricordare che, purtroppo, il registro nel quale erano annotati i nomi dei Cavalieri creati da padre Bonifacio da Ragusa con tutti i registri precedenti furono bruciati dai Turchi durante la guerra di Cipro. Altri nomi andarono persi perché non trascritti, sempre a causa delle perquisizioni dei Turchi, viene aggiunto a pagina 15. Mancanze che non intaccano la sostanza storica dei documenti pubblicati nell’opera grazie al patrocinio del Cardinale Carlo Furno Gran Maestro dei Cavalieri.

 

I due Registri pubblicati conservati nell’Archivio Storico della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme (Registrum A – Registrum B) iniziano con l’anno 1561 e terminano nel 1848. La motivazione è stata scritta in italiano sulla copertina del Registrum B: “I nostri Padri non crearono più i Cavalieri perché venne il Patriarca e annesse a sè questa facoltà nel 1848”.

Il 1561 è l’anno nel quale Papa Pio IV emanò la bolla con la quale confermava tutte le facoltà e i privilegi del Padre Custode di Terra Santa (1 Agosto, 1561), come avevano fatto prima di lui Papa Leone X il 4 Maggio 1515, e Papa Clemente VII nel 1525. Tra i privilegi risulta l’investitura dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Da pochi anni i Frati abitavano nel Convento di San Salvatore, ex convento georgiano della Colonna, dopo essere stati cacciati nel 1551 dal Convento del Sion dove avevano abitato dal 1333. Nel 1847 Papa Pio IX aveva emanato la bolla Nulla Celebrior con la quale ripristinava a Gerusalemme il Patriarcato Latino dando al Patriarca la facoltà di investire i Cavalieri. Era Custode di Terra Santa padre Bernardino Trionfetti che il 16 Maggio 1848 creò Cavaliere il Patriarca Giuseppe Valerga. L’investitura fu registrata nel Registrum B che termina con tale data.

 

Di fatto, l’investitura dei Cavalieri sulla Tomba di Cristo da parte del Padre Custode di Terra Santa è attestata dal 1496 al tempo del Padre Bartolomeo di Piacenza primo Magnus Ordinis S. Sepulchri Magister.  Precedentemente, abbiamo le testimonianze dei pellegrini che descrivono l’investitura a Gerusalemme sempre nella Basilica del Santo Sepolcro.

Il primo ricordo dell’Ordine della Cavalleria del Santo Sepolcro si legge nella relazione di viaggio del Cavaliere Guglielmo di Boldensel del 1336: “Dopo la Messa, io feci cavalieri due gentiluomini sul Sepolcro cingendo loro la spada e osservando le altre formalità che sono d’uso per ricevere l’Ordine della Cavalleria”. Nel 1340 un documento del priorato spagnolo del Santo Sepolcro di Calatayud è firmato da Guglielmo cavaliere dell’Ordine del Santo Sepolcro. La Cronaca Anonima di Valenciennes (XIV-XV secolo) riporta che Guglielmo di Solre fu creato cavaliere nel Santo Sepolcro da Guglielmo II conte di Olanda e di Hainaut che egli aveva accompagnato a Gerusalemme nel 1343. Valdemar IV Atterdag re di Danimarca nel 1340, venne a Gerusalemme dove volle essere fatto cavaliere del Santo Sepolcro.

La relazione del martirio dei Santi Nicola Tavelich, Stefano da Cuneo, Pietro di Narbona e Deodato Aribert di Rodez, avvenuto a Gerusalemme l’11 novembre 1391, scritta lo stesso giorno da fra Gerardo Chauvet guardiano del convento francescano del Monte Sion, fu sottoscritta tra gli altri da Giovanni Barrile di Napoli, “fatto allora cavaliere del Santo Sepolcro con i suoi servitori”che si trovava a Gerusalemme.

 

Nel 1420 nella Cronaca de Leyde viene descritta l’investitura di Compar De Caumont avvenuta l’anno prima da parte del sacerdote celebrante alla presenza dei Francescani che avevano preso dimora fissa all’interno del complesso del Santo Sepolcro nel 1348 al tempo del Sultano al-Mudhaffar. Nel testo si spiegano anche gli obblighi che si richiedevano all’aspirante Cavaliere. Del 1465 è l’attestato che Padre francesco da Piacenza, vicario del Guardiano del Monte Sion, consegnò a Giorgio Emerich di Görlitz venuto a Gerusalemme in espiazione di un atto di violenza, creato cavaliere sulla tomba di Cristo, dopo aver ricevuto il perdono delle sue azioni.

Un importante ruolo nelle investiture della seconda metà del XV secolo ebbe fra Giovanni di Prussia ricordato da fra Felix Fabri domenicano nella sua visita del 1480 e del 1483: “Hic habet auctoritatem domini Papae et domini Imperatoris, et favores principibus Christianitatis, creandi et percutienti milites peregrinos ad sanctum domini Sepulchrum venientes”. Di fra Giovanni, fra Fabri dà una convinta testimonianza nella sua opera: “Ingressi sunt etiam nobiscum Fratres Montis Syon, inter quos nobiscum intravit spectabilis vir, dictus Johannes de Prussia, Procurator Fratrum Montys Syon, saecularis quidem status, sed regularis habitu et vita. Utitur enim proprio arbitrio habitu tertii ordinis S. Francisci, cui tamen regulae voto se non adstrinxit. Hic vir est genere nobilis, de prosapia comitus, Teutonicus de Prussia, procerae statura, longam barbam, veneranda canitie decorus; maturus valde est vir ille, et multarum experientiarum, moribus compositus, conscentiosus et timens Deum. Has laudes non ex auditu, sed ex certa scientia huic probo viro do”. Probabilmente fra Giovanni è ricordato impropriamente con il titolo di Guardiano nell’itinerario di Martin Ketzel (1476): “Il duca Albert de Saxe creò 72 cavalieri del S. Sepolcro e il Guardiano ne creò altri 31”.

 

Nel 1480, anno del primo pellegrinaggio di fra Felix Fabri, Fra Giovanni viene chiamato ‘legato imperiale’ da Santo Brasca: “In dicto Sancto Sepulchro forno facti Cavalieri aurati sette pellegrini da uno legato imperiale, con grandissima solennità, devozione et riverentia”.

Lo stesso pellegrino ricorda che il Padre Guardiano del Monte Sion, al tempo padre Giovanni de Thomacellis rilasciò la patente scritta in latino nella quale si attestava che il neo Cavaliere “Super Sanctissimum Domini Sepulchrum fuit cingulo militari insignitus atque solemniter decoratus”. Nel 1483 Bernardo di Breydenbach Canonico di Mainz ricorda come dopo aver trascorso la notte nel Santo Sepolcro, all’alba del 16 luglio, “diversi dei nostri pellegrini nobili presero l’ordine della cavalleria osservando le cerimonie e i riti stabiliti, in modo secreto perché gli infedeli non li permettono. Acquistarono così la dignità cavalleresca. Terminate queste cerimonie, i Frati Minori celebrano la Messa nel Sepolcro del Signore”.

Un’altra interessante testimonianza è del sacerdote Pietro da Casola che nel 1494 aiutò a riempire i formulari dei Cavalieri investiti durante il suo pellegrinaggio: “Siccome mancava un segretario, io scrissi diverse lettere che certificavano che erano stati creati cavalieri al Santo Sepolcro, conforme al modello che mi diede il Guardiano (dei Frati Minori)e io sigillai le lettere”.

Dalle ricerche condotte da J.-P. De Gennes, (Les Chevaliers du Saint Sépulchre de Jérusalem, Vol. I, Ed. Herault, 1995, p. 175 ss.) risulta che tra il 1348 e 1496 (data del riconoscimento ecclesiastico alla pratica attestata in precedenza) furono creati 653 Cavalieri (20 per il XIV secolo e 633 per il XV secolo).

 

Il testo in latino del rito dell’investitura da parte del Padre Custode di Terra Santa ci è stato conservato da Padre Tommaso Obicini da Novara nella Forma Instituendi, seu ordinandi Milites, ripubblicata integralmente con la traduzione italiana a fronte ad inizio del volume. Foto del testo e trascrizione a fronte che è stato seguito anche per la pubblicazione dei registri dando così modo al lettore di controllare di persona il documento. Un indice onomastico curato dallo studioso Giuseppe Ligato faciliterà la consultazione. Tra i nomi, con i Custodi e i frati benemeriti di Terra Santa come padre Bonifacio da Ragusa, padre Francesco Quaresmi, padre Faustino da Tuscolano, padre Mariano da Maleo, fra Elzeario Horn, padre Andrea da Montoro, il lettore troverà i pellegrini scrittori Kotovicius, Aquilanus da Rocchetta, Chateaubriand, lo storico delle Crociate Michaud, il professore Nepomuceno Sepp, il principe Massimiliano di Baviera e tanti altri membri delle famiglie reali d’Europa.

L’idea di pubblicare i due Registri, accettata e caldeggiata dal Padre Giovanni Battistelli Custode di Terra Santa e dal Gr.Uff.Gen.Avv. Gian Roberto Costa, Luogotenente per l’Italia Settentrionale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, è stata realizzata grazie all’assenso dato all’iniziativa culturale dal Padre Pier Battista Pizzaballa, attuale Custode di Terra Santa, da S.E.Cav.di Gr.Cr.Dott.Ing. Pier Luigi Parola Governatore Generale e dal Gr.Uff.Gen.Avv.Silverio Vecchio Luogotenente per l’Italia Settentrionale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme che hanno generosamente contribuito alle spese per la coedizione di questo importante documento.

La pubblicazione vuole essere un passo importante per uno studio ancora in corso di approfondimento su una nobile istituzione benefica che ha le sue origini nell’amore comune al Santo Sepolcro e alle Comunità Cristiane della Terra Santa che lega i Frati Minori ai Cavalieri del Santo Sepolcro ai quali questo lavoro è dedicato.

 

Fonte: srs di Michele Piccirillo, SBF Gerusalemme


Mar 20 2009

ALCE NERO

Category: Chiesa Cattolicagiorgio @ 22:22

 

Nella primavera del 1931 lo scrittore John G. Neihardt raccolse da Alce Nero un lunghissimo racconto, che trent’anni più tardi, nel 1960, pubblicò con il titolo di Alce Nero parla. Vita di uno stregone dei sioux Oglala. La narrazione di Alce Nero non riguardava solo le sue vicende personali, ma si intrecciava con la storia del suo popolo in guerra con i bianchi e con le sue visioni, che lo accompagnavano fin dall’età di nove anni. Come egli stesso affermava, non è la vicenda di un uomo che merita di essere raccontata, ma “è la storia di tutta la vita che è santa e buona da raccontare, e di noi bipedi che la condividiamo con i quadrupedi e gli alati dell’aria e tutte le cose verdi”.

Il libro divenne un caso editoriale, il caso dello sciamano indiano in lotta contro l’invasore bianco. In realtà Alce Nero non era affatto come era stato presentato. Al contrario, lo sciamano Lakota si era convertito ancor giovane alla fede cristiana e, al momento della lunga intervista di Neihardt, era diventato un catechista, un evangelizzatore a tempo pieno.

Un reale profilo di Alce Nero fu tratteggiato da Michael Steltenkamp (1989), che dimostrò come, al tempo dell’intervista con Neihardt, Alce Nero era da 25 anni un catechista Lakota, e lo sarebbe stato fino alla morte, nel 1950. Steltenkamp sostiene che Neihardt manipolò i testi originali per far passare la sua tesi sugli indiani “ribelli” al dominio dei bianchi.
Neihardt aveva nascosto che nel 1934 Alce Nero aveva sconfessato l’intervista concessa allo scrittore: “Ascoltate, dico parole vere. Un uomo bianco ha scritto un libro e ha raccontato quello che io avevo detto dei vecchi tempi, ma ha tralasciato i tempi nuovi. Perciò parlo nuovamente. Da trent’anni a questa parte sono un uomo diverso da quello che l’uomo bianco ha descritto. Io sono un cristiano. Sono stato battezzato trent’anni fa da un tonaca-nera chiamato Piccolo Padre. Trent’anni fa io ero un indiano tradizionale e avevo qualche conoscenza del Grande Spirito, Wakan Tanka. Ero orgoglioso, forse ero coraggioso, forse ero un buon indiano, ma adesso sono migliore. Anche San Paolo diventò migliore quando si convertì. Adesso so che la preghiera della Chiesa cattolica è migliore della preghiera della Danza degli Spiriti”.

Steltenkamp raccolse anche la testimonianza della figlia di Alce Nero, Lucy Looks Twice, che gli confermò che il padre: non parlava mai delle vecchie usanze. Era convinto che la sua grande visione, la Danza del Sole e tutte le cerimonia indiane, fossero connesse con il cristianesimo. Diceva che i Lakota erano come gli israeliti, come gli ebrei, che aspettavano Cristo.

 

Fonte: Wikipedia


Mar 18 2009

MEGLIO PREGARE CHE ……. – IN 35 ANNI, 11MILA PRETI HANNO LASCIATO LA TONACA PER AMORE PER POI PENTIRSI E CHIEDERE DI TORNARE

Category: Chiesa Cattolicagiorgio @ 07:47

MEGLIO PREGARE CHE SCOPARE – IN 35 ANNI, 11MILA PRETI HANNO LASCIATO LA TONACA PER AMORE PER POI PENTIRSI E CHIEDERE DI TORNARE: MEGLIO LA CASTITÀ DELLA VITA DI COPPIA – UN FENOMENO SOMMERSO, SCONOSCIUTO AI PIÙ, DI CUI SI PARLA MOLTO POCO…

CATERINA MANIACI PER “LIBERO”

Decidere di abbandonare il sacerdozio, magari dopo anni di faticoso “esercizio”, in una parrocchia di periferia, in un grande istituto, o mentre si naviga negli oceani, facendo i cappellani nelle navi… Non si vuole più fare il prete per la fede che viene a mancare. Oppure perché si incontra una donna e si capisce che la strada imboccata è sbagliata: è la storia comune di alcuni sacerdoti. Neppure pochissimi, se si considera che, secondo i dati forniti dalla Congregazione per il clero, sarebbero 1.076 in media all’anno i preti che “abbandonano”.

PRETI A PENSER – COPYRIGHT PIZZI

Un fenomeno noto e causa di grandi discussioni in seno al mondo cattolico. Ma tra quelli che lasciano, gli ex, ci sono quelli che poi si pentono e vogliono tornare a fare i sacerdoti. Vivere con una donna non li soddisfa più, oppure hanno capito, con il tempo, che proprio essere e fare il prete era la scelta migliore… Così, per i 1.076 che lasciano, 74 chiedono di tornare. Un fenomeno sommerso, sconosciuto ai più, di cui si parla molto poco.

STANCHI DELLA MOGLIE…


Ne parla, invece, un libro appena uscito, dal titolo “Fare il prete non è un mestiere”, di Laura Badaracchi (edizioni dell’Asino), libro a metà strada tra il manuale e l’inchiesta, che intende tracciare un identikit su chi sono oggi i sacerdoti. Moltissimi dati, molte testimonianze, molti spunti di riflessione.

Dal vasto lavoro di indagine dell’autrice, emerge, tra gli altri, il fenomeno degli ex preti che vogliono tornare a fare i preti. Lo ha descritto per prima “La Civiltà Cattolica”, prestigiosa e storica rivista dei gesuiti, in un articolo uscito nel 2007 e intitolato, significativamente, “Preti che abbandonano, preti che ritornano”.

«Si parla spesso dei sacerdoti cattolici che abbandonano il ministero e si sposano», fa notare l’autore dell’articolo, padre Gian Paolo Salvini, nonché direttore della rivista, «ma assai meno di quelli che, rimasti vedovi o insoddisfatti del nuovo stato di vita, chiedono di essere riammessi all’esercizio del ministero.

In 35 anni sono stati 11.213, di fronte a circa 57mila che hanno abbandonato. È un fenomeno di notevole rilevanza pastorale, che dimostra anche la benevolenza della Chiesa».

Bisogna chiarire che i sacerdoti che lasciano il ministero non “perdono” la condizione sacerdotale, che è un sacramento e dunque non “scioglibile”. In generale, chiedono la dispensa dagli obblighi derivanti dallo stato sacerdotale, ossia il celibato e recita del breviario.

Quali sono le condizioni per poter tornare a fare i preti? Ci deve essere la dichiarazione di un vescovo (o prelato di grado maggiore) che si dichiari pronto a reintegrare l’ex sacerdote in questione nella propria diocesi o nel suo istituto, garantendo anche «l’assenza di pericolo di scandalo qualora la domanda fosse accolta».

UN PERCORSO A OSTACOLI


L’ex, poi, non deve essersi sposato in chiesa, se lo ha fatto, occorre il certificato di morte del coniuge (se vedovo) o il decreto di nullità del matrimonio. Non deve essere troppo anziano e deve aver fatto un corso di aggiornamento teologico di almeno sei mesi. Insomma, un percorso “a ostacoli” perché si capisca che uscire e rientrare per la porta del sacerdozio non deve essere considerato semplice e scontato.

Il caso degli ex preti pentiti rientra, ovviamente, in un quadro generale che, come rileva Laura Badaracchi nel suo libro, deve considerare il calo delle vocazioni, soprattutto in Occidente e in Italia, con una sempre più forte presenza di sacerdoti stranieri. 

Nel 1998 i preti stranieri in Italia erano 1.675. Nel 2001 erano diventati 2.003. Da dove vengono? Soprattutto dall’Europa dell’Est, dall’Africa, dall’America Latina, dall’Asia.

E poi ci sono le cosiddette “vocazioni adulte” in aumento, ossia quelle di chi ha deciso di prendere i voti in età matura, dopo varie esperienze di vita e riguarda soprattutto chi sceglie gli ordini monastici, anche quelli più duri, come i trappisti e persino gli eremiti. Perciò, tra quelli che se ne vanno e quelli che ritornano, quelli che arrivano da altri Paesi, ci sono sempre quelli che restano al loro posto, tra mille difficoltà, ma convinti che essere preti rimane sempre una bella sfida, un buon motivo per giocarsi la vita.

 

Fonte: Dagospia del 16-03-2009


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