Ago 05 2016

IL GALATEO

Category: Cultura e dintornigiorgio @ 00:08

 

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GALATEO DEL FIDANZAMENTO

 

Il giorno del fidanzamento è quello in cui due cuori si promettono di vivere l’un per l’altro e di questa promessa fanno partecipi genitori, amici e parenti.

 

Dopo aver fissato il giorno:

 

  • si offre un tè, o un pranzo
  • al mattino il fidanzato manda alla ragazza un mazzo di fiori, meglio se bianchi
  • lui le offre l’anello di fidanzamento. Lei non lo toglierà più se non per sostituirlo con l’anello nuziale (perché anche l’anello di fidanzamento si porta all’anulare sinistro)
  • al pranzo, il posto d’onore compete ai fidanzati. Di fronte a loro, i genitori di lei, che hanno, rispettivamente, alla loro destra e sinistra, padre e madre di lui
  • alla fine del pranzo si fa un brindisi per augurio ai fidanzati
  • secondo alcune usanze i genitori di lui regalano un collier d’oro alla futura nuora
  • dopo una settimana i genitori del fidanzato restituiscono il pranzo ai genitori della fidanzata, invitando i parenti e gli amici che desiderano
  • nell’occasione di quel pranzo, la fidanzata ricambia il regalo donando un orologio, un telefonino, un anello o un bracciale al proprio fidanzato
  • Per il ristorante, si scelga quello con tutti i comfort: aria condizionata, terrazze, giardini, animazione bambini, efficienza del personale
  • le foto con i parenti verranno fatte prima del pranzo, perché così nessuno sarà in disordine
  • la torta nuziale verrà tagliata dalle mani congiunte degli sposi; la prima fetta sarà offerta dalla sposa ai genitori e ai testimoni, le seguenti saranno a cura del personale del ristorante
  • per la musica in sala, attenzione al volume troppo alto, potrebbe dar fastidio agli invitati
  • le bomboniere sceglietele di limonges o di argento, per un tocco di lusso, altrimenti di porcellana inglese o di cristallo, per risparmiare. Potrete donare le bomboniere anche soltanto ai testimoni, e agli altri invitati i confetti
  • Al brindisi, se uno di voi due è astemio, parteciperà ugualmente, limitandosi ad appoggiare solo sulle labbra il bicchiere. Inoltre non fate toccare fra di loro i bicchieri, ma fateli solo sfiorare. Le parole “cin cin” assolutamente da non dire.

 

 

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Giu 02 2016

LINGUA VENETA: TUTTI O QUASI I MODI DI DIRE IN VENEZIANO

Category: Cultura e dintorni,Libri e fonti,Veneto e dintornigiorgio @ 00:03

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1- Ma no ti gà na casa ciò?! : frase ideata da un simpatico signore di bassa statura proveniente dalle campagne vicine a Venezia; venditore di piante che, dice, provengono dalle sue terre. Invita la gente a comprarle facendogli notare che, se hanno una casa di loro proprietà o in affitto, devono per forza abbellirla con una delle sue piante. A Venezia si usa dire questa frase in molti casi: per salutare un caro amico, per dirgli come va, per dirgli che sarebbe ora di finire di lavorare e che sarebbe ora che tornasse a casa. La si usa anche in stadio contro i tifosi della squadra avversaria. Una piccola aggiunta: mi è data notizia che questa frase non sarebbe propria del signore di bassa statura ma plagiata. Un edicolante in campo della Guerra, vicino a San Marco, lo redarguiva in questo modo gridando appunto “ma no ti gà na casa, cio?” per invitarlo a andare via dalla zona in modo da non rompere i coglioni con le sue proposte di acquisto.

 

2Oii! : a Venezia lo dicono tutti. Dal gondoliere che avvisa la sua presenza all’ incrocio di un rio (variante: “Aooe!“), alla persona che vuole fare baruffa, come saluto ad un amico caro e a quello che sta per arrabbiarsi.

 

3Andemo vedere cossa fa el marco. Si usa per congedarsi da qualcuno dicendo una frase buttata là ma con un doppio significato: andiamo a vedere (in un ufficio cambio) quanto viene valutato il marco tedesco (adesso non più usato per l’uso dell’euro) ma allo stesso tempo, scherzosamente, si vuol anche dire di andare a vedere cosa fa l’amante (il “marco”) a tua moglie.

 

4Sìe ore ea cresse, sìe ea càea. Ogni sei ore l’acqua entra dal mare alla laguna per poi ritornarci. Questa è una frase che viene detta a chi, per esempio, si arrabbia perché a lui va tutto storto: lo si consola dicendogli che per quanto gli vada male prima o dopo sicuramente gli andrà bene. Per lo stesso motivo per chi si gongola troppo della sua fortuna.

 

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Mag 31 2016

LONDRA: IL 2 FEBBRAIO 2010 MORIVA DONALD WISEMAN, RE DELL’ARCHEOLOGIA BIBLICA

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Donald Wiseman

 

Morto a 91 anni, lavorò pure con la scrittrice Agatha Christie Approfondì i collegamenti tra gli scavi e l’Antico Testamento

 

Il 02 febbraio 2010, lo storico e linguista britannico Donald Wiseman, gigante dell’archeologia biblica, è morto a Londra all’età di 91 anni (era nato il 25 ottobre 1918).   Studioso delle lingue e dell’archeologia del Medio Oriente, assirologo di fama internazionale, sostenuto dalle sue profonde convinzioni cristiane Wiseman approfondì i collegamenti tra le scoperte archeologiche e l’Antico Testamento.

 

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Feb 01 2016

NAPOLI. LO SFASCIO DELLA BIBLIOTECA DI VICO: L’ANTICA BIBLIOTECA GIROLAMINI

Category: Cronaca e notizie,Cultura e dintornigiorgio @ 00:03

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Marino Massimo De Caro all´interno della biblioteca Girolamini di Napoli (FOTO PINDE)

 

I LIBRI SPARITI DELLA BIBLIOTECA DI VICO. IL DOTTORE SENZA LAUREA E I LIBRI SPARITI. NAPOLI, APPELLO DI DUEMILA INTELLETTUALI CONTRO IL DIRETTORE MARINO MASSIMO DE CARO SEDICENTE PRINCIPE E SENZA LAUREA

 

Aprile 2012

 

Affidereste una delle biblioteche più ricche d’ Italia cioè del mondo, piena di tesori inestimabili, a un sedicente principe dottore che non è principe e non è laureato?

 

È successo: il «nobiluomo» “Marino Massimo De Caro” ha in mano, col benestare ministeriale, la biblioteca napoletana dei Girolamini. Quella di Giovan Battista Vico. E il giorno stesso in cui usciva sui giornali l’ allarme di centinaia di studiosi si è precipitato a denunciare il furto di un sacco di libri.

 

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Gen 25 2016

IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE

Category: Cultura e dintorni,Persone e personaggigiorgio @ 04:08

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Ippocrate di Coo (o Cos, o Kos) (in greco antico ʽΙπποκράτης), traslitterato in Hippokrátēs; Coo, 460 a.C. circa – Larissa, 377 a.C.

 

 

Attualmente i medici non son tenuti ad uno specifico giuramento prima di intraprendere la loro professione.

Quasi a livello “nostalgico” si recita una versione “moderna” del giuramento del fondatore del codice deontologico della classe medica IPPOCRATE appunto.

E’ utile a volte rinfrescarci la memoria.

 

GIURAMENTO ANTICO, L’ORIGINALE GRECO:

 

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Gen 21 2016

PSICOLOGIA DELLA VITTORIA: AGLI ESSERI UMANI, PER UN ISTINTO ASSOLUTAMENTE NATURALE, PIACE VINCERE

Category: Cultura e dintorni,Dominio Potere e Violenzagiorgio @ 07:25

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Avete mai osservato con attenzione l’espressione, i gesti, la postura di un atleta che esce vittorioso da una gara?

 

Di un ciclista che taglia per primo, in volata, la linea bianca del traguardo, bruciando tutti i rivali nello sprint; o di due giocatrici di beach volley che hanno vinto la partita; o dei componenti di una squadra di calcio che conquistano l’oro ai Mondiali?

 

Per chi abbia praticato uno sport nella propria vita, non c’è bisogno di osservare il viso degli altri, perché sa bene quali sensazioni si provano, o almeno ci si immagina di provare, in quegli istanti in cui il tempo sembra fermarsi e il mondo interro pare volersi inchinare davanti alla forza, alla bravura e alla determinazione del campione vittorioso.

Bello, semplicemente: è qualcosa di esaltante, di glorioso, di incomparabile; qualcosa che fa battere il cuore all’impazzata per la gioia del risultato raggiunto.

 

 

Ora, il cortese lettore vada a sfogliare una enciclopedia illustrata della seconda guerra mondiale (o della prima, se preferisce, o magari di quella del Vietnam) e provi a soffermarsi sulle fotografie che ritraggono un reggimento di fanteria al ritorno dal fronte, dopo una guerra vittoriosa, mentre si affaccia dai finestrini della tradotta militare; o del pilota di un aereo da caccia che è appena rientrato alla base, magari dopo aver abbattuto un apparecchio nemico; o, ancora, dell’equipaggio di una nave da guerra che rientra in porto dopo la distruzione della squadra nemica.

 

Ebbene: su quei volti, in quei gesti, in quelle posture del corpo, non sarà difficile ravvisare impressionanti analogie con quelli degli atleti che hanno appena  concluso una prestazione sportiva e si abbandonano al tripudio della vittoria.

Terribile.

 

Sono analogie che fanno riflettere, che lasciano pensosi.

 

Agli esseri umani, per un istinto assolutamente naturale, piace vincere.

 

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Mar 28 2015

DÌ TUTTO IL BENE POSSIBILE DEGLI ALTRI, E SE NON PUOI PARLARNE BENE, NON PARLARNE

Category: Cultura e dintornigiorgio @ 00:23

 

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Parlare male degli altri ci procura un sottile, perverso piacere: per questo il gossip ha tanta presa. Parlarne bene ci annoia. O ci infastidisce. Come se abbassare gli altri innalzasse noi. E innalzarli ci abbassasse.

  

Una persona ti fa mille favori. E uno sgarro. Cosa ti ricorderai per sempre? Lo sgarro. Dimenticando i favori. Un filantropo finisce coinvolto in uno scandalo. Anche se viene prosciolto, cosa resterà per sempre nell’opinione pubblica? La memoria del fango. Ci viene spontaneo notare il male, più che il bene. Negli altri.

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Mar 26 2015

LO STATO RENDE SERVI I SUDDITI METTENDOLI GLI UNI CONTRO GLI ALTRI

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LO STATO RENDE SERVI I SUDDITI METTENDOLI GLI UNI CONTRO GLI ALTRI

 

di ETIENNE DE LA BOETIE

 

 

Il saggio sostiene che qualunque tiranno detiene il potere fintanto che i suoi sudditi glielo concedono: dunque delegittimando qualsiasi forma di potere. La libertà originaria sarebbe stata abbandonata dalla società, che una volta corrotta dall’abitudine, avrebbe poi preferito la servitù del cortigiano alla libertà dell’uomo libero, che rifiuta di essere sottomesso e di obbedire.

 

 

Ma ora vengo a un punto, che è a mio avviso la risorsa ed il segreto del dominio, il sostegno ed il fondamento della tirannia.

 

 

Chi pensa che le alabarde, le guardie ed i posti di sentinella salvaguardino i tiranni, a mio avviso si sbaglia di grosso; e se ne servono, credo, più per l’aspetto formale e di spauracchio che perché ci facciano affidamento.

Gli alabardieri impediscono di entrare nel palazzo ai poveracci senza mezzi, non agli uomini ben armati e pronti all’azione.

È facile verificare che ci sono stati meno imperatori romani che siano sfuggiti a qualche pericolo grazie al soccorso delle loro guardie, di quanti siano stati uccisi dai loro stessi pretoriani.

Non sono le truppe di cavalleria, non sono i battaglioni di fanteria, non sono le armi che difendono il tiranno.

Non lo si crederà immediatamente, ma certamente è vero: sono sempre quattro o cinque che sostengono il tiranno, quattro o cinque che mantengono l’intero paese in schiavitù.

È sempre successo che cinque o sei hanno avuto la fiducia del tiranno, che si siano avvicinati da sé, oppure chiamati da lui, per essere i complici delle sue crudeltà, i compagni dei suoi piaceri, i ruffiani delle sue voluttà, e partecipi ai bottini delle sue scorrerie.

Questi sei orientano così bene il loro capo, che a causa dell’associazione, egli deve essere disonesto, non solamente per le sue malefatte, ma anche per le loro.

Questi sei ne hanno seicento che profittano sotto di loro, e fanno con questi seicento quello che fanno col tiranno.

Questi seicento ne tengono seimila sotto di loro, che hanno elevato nella gerarchia, ai quali fanno dare o il governo delle provincie, o la gestione del denaro pubblico, affinché appoggino la loro avarizia e crudeltà e che le mettano in atto al momento opportuno; e d’altro canto facendo tanto male non possono resistere, né sfuggire alle leggi ed alla pena, senza la loro protezione.

Da ciò derivano grandi conseguenze, e chi vorrà divertirsi a sbrogliare la matassa, vedrà che, non seimila, ma centomila, milioni, si tengono legati al tiranno con quella corda, servendosi di essa come Giove in Omero, che si vanta, tirando la catena, di ricondurre verso sé tutti gli dei.

Da ciò deriva la crudeltà del Senato sotto Giulio, la fondazione di nuovi Stati, la creazione di uffici; non certo, a conti fatti, riforma della giustizia, ma sostegno della tirannia. Insomma che ci si arrivi attraverso favori o sotto favori, guadagni e ritorni che si hanno sotto i tiranni, si trovano alla fina quasi tante persone per cui la tirannia sembra redditizia, quante quelle cui la libertà sarebbe gradita.

 

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Feb 08 2015

NEL 1924 IN VASTE ZONE DELL’EX REGNO DUOSICILIANO LA LINGUA PARLATA ERA ANCORA IL NAPOLETANO

Category: Cultura e dintorni,Regno delle Due Siciliegiorgio @ 10:39

Gerhard Rohlfs

 

 

Ecco cosa scriveva il linguista, Gerhard Rohlfs, sulla lingua parlata da Napoli a Taranto durante un suo viaggio del 1924:

 

“ …Il viaggiatore che, in uno scompartimento di III classe nel tragitto da Napoli a Taranto, presti attenzione alla conversazione dei contadini che salgono ad ogni stazione, si renderà subito conto che nel primo tratto – se si trascurano variazioni nell’intonazione e differenze locali minime – la base linguistica è sorprendentemente unitaria. Ma subito dopo la profonda valle del Platano, dalla stazione di Picerno in poi il quadro cambia. Improvvisamente arrivano all’orecchio del viaggiatore forme foniche che non si adattano assolutamente alla situazione osservata fino a quel momento… E così si continua anche dopo che il treno ha superato le stazioni di Tito e Potenza. Soltanto a partire da Trivigno queste caratteristiche scompaiono e, mentre il treno tra le brulle e selvagge montagne della valle del Basento si dirige verso il golfo di Taranto, ricompare improvvisamente la situazione linguistica che, appena due ore prima, era scomparsa così improvvisamente e in modo così inspiegabile…”

 

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Feb 03 2015

ANCHE LE BARCHE AVEVANO GLI OCCHI…

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Hanno un che di misterioso e di arcano, queste imbarcazioni tradizionali dell’arcipelago di Malta, i luzzu, barche di pescatori dagli scafi coloratissimi: rossi, blu o gialli, che sulla prua portano dipinti un paio d’occhi verdi o azzurri. Sono gli occhi di Osiride, decorazioni beneaugurali che si trovavano già sulle barche di greci e fenici. Venivano pitturati per allontanare le tempeste e scongiurare una pesca infruttuosa.

 

 

Perché … cosa sono questi grandi e misteriosi occhi che ci guardano dalla prua delle nostre vecchie lancette o dei vecchi gozzi? …Ebbene, essi sono e si chiamano “occhi apotropaici” (dal greco apotròpaios, derivato di apotròpein che significa allontanare), che, cioè, allontanano gli influssi malefici.

 

Anche oggidì, frequentando appartate località, ove il lavoro marinaro sia rimasto presente in dimensione “non industriale” ma quale attività più o meno individuale (pesca e trasporto locali p.e.), si può notare la sopravvivenza d’una caratteristica un tempo universale in quei mari ove fiorirono le più antiche civiltà, quali sono infatti i mari cinesi e tutto il Mediterraneo: si tratta appunto degli occhi apotropaici, dipinti, uno a dritta ed uno a sinistra, sulla prua dei navigli.

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Gen 29 2015

ADDIO LUCIANO BRUNELLI

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Luciano Brunelli e uno dei suoi cori

 

 

BASSANOLutto nel mondo della cultura per la scomparsa, di LUCIANO BRUNELLI, 68 anni, che si è spento all’ospedale San Bassiano dove era ricoverato da alcuni giorni.

 

Brunelli, conosciuto soprattutto nell’ambiente musicale bassanese, da tempo soffriva di problemi di cuore. Nato a Soave (Verona) nel 1946, ha vissuto la sua giovinezza a Rosà, dove ha iniziato i primi passi nella musica suonando l’organo del Duomo, per poi trasferirsi definitivamente nella città del Grappa, dopo una breve parentesi a Padova. Laureato in matematica, la sua è stata una vita interamente dedicata alla famiglia e alla musica, accanto alla sua professione di programmatore informatico.

 

Luciano andava molto fiero dell’essere autodidatta nel campo artistico, dove si era perfezionato nella composizione di canzoni specialmente in lingua veneta, lui che era un “venetista” convinto e della prima ora. In oltre quarant’anni di impegno musicale ha diretto diversi cori di musica sacra nel Bassanese, lasciando sempre la sua “impronta” per le innovazioni che sapeva portare.

 

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Gen 21 2015

LA POLITICA È L’INVERSIONE DELLA VITA. INTERVISTA CON MARCO BASSANI

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J.J. David, “L’incoronazione di Napoleone” (1806)

 

 

DIALOGHI SUL POTERE,   15/01/2015

 

“Il problema”, osserva Marco Bassani, professore di storia delle dottrine politiche all’Università di Milano, “è che la vita reale non entra mai nei giudizi politici”. Un’analisi a tutto campo sul ruolo della Chiesa e del Politico nel mondo moderno e postmoderno.

 

 

Domenica scorsa, 11 gennaio, abbiamo visto centinaia di migliaia di persone sfilare a Parigi. Il senso di questa cerimonia laica, in qualche modo ancora ci sfugge. Iniziamo oggi il primo di cinque dialoghi sulla genealogia del moderno, incontrando Luigi Marco Bassani

 

 

UN MOSTRO MODERNO: LO STATO

 

Lei ha ricordato che dopo «la scristianizzazione dell’Occidente, deificato lo Stato, monumento e greppia delle elite, le classi colte dell’Occidente si trovano ora costrette ad inchinarsi di fronte ad un altro dio.  Nemesi: divinizzando lo Stato siamo diventati incapaci di combattere chi vuole statalizzare il divino». Una lettura su cui Le chiedo di tornare.

 

Marco Bassani: La mia lettura parte dal 1790: il 13 febbraio 1790 l’Assemblea votò la proibizione per i voti religiosi e la soppressione di tutti gli ordini e le congregazioni (esclusi quelli che esercitavano attività ospedaliera e scolastica). Nel luglio del 1790 con la Costituzione civile del clero….

 

Per capirci, la Costituzione approvata dall’Assemblea nazionale francese, volta a regolamentare la vita della Chiesa sul territorio nazionale, con la soppressione dei privilegi degli ordini religiosi e una stretta irregimentazione dei parroci, che finirono per essere eletti – e quindi alle dipendenze – dal potere politico …

 

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Gen 20 2015

LA DEMOCRAZIA È IL GOVERNO DEI CRIMINALI

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Nota personale:

 

La democrazia è semplicemente il governo dei criminali, che ingannando il popolo riescono a prenderne il potere, a discapito dei giusti e del resto delle masse, che per loro ignoranza avvalorano i loro stessi boia. Su questi troni dove siedono gli incapaci e i vili, prospereranno i peggiori oppressori dell’umanità intera.

 

Per quanto si sforzino gli idioti a dimostrare che la democrazia sia uno strumento di libertà, tutti i fatti esaminati a mente lucida dimostrano invece i gravi danni che le società hanno subito adottando tali forme di governo, e che in questo tipo di società proprio la libertà tanto propagandata è quella che invece viene a mancare.

 

Non è un caso se i criminali e i corrotti possano avere modo di prosperare solo nella democrazia, come un parassita può prosperare solo finché non è riconosciuto come tale.

 

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Gen 14 2015

IL NOSTRO COMPITO È COMBATTERE LA TIRANNIA, NON LE RELIGIONI

 

RELIGIONI

 

 

di STEFANO CRIPPA

 

I principi sono importanti nella vita di ogni individuo e ogni società, intesa come insieme di individui, ha i suoi mediamente riconosciuti da tutti; l’Occidente non è differente in questo. Questi principi sono il nostro humus culturale, sono la nostra fonte di ispirazione, sono quei limiti invalicabili che se superati ci conducono alla tirannide. Questi principi sono talmente importanti che i padri fondatori del paese che si è sempre voluto ergere a paladino del mondo libero, hanno voluto inserirli nella Dichiarazione d’indipendenza e nel Bill of rights.

 

Come scritto poc’anzi, se questi principi vengono meno viene meno anche la libertà. In Europa molti di questi principi sono già stati abbandonati, ma la libertà, che sembra aver abbandonato queste terre, si aggrappa a tutto ciò che ci rimane: la libertà di culto. Perché lo dico ? Perché credo che l’intolleranza stia percorrendo l’Europa in lungo e in largo mentre i governi nazionali e locali non si stanno rendendo degni di rappresentare la cultura occidentale di fronte al mondo.

 

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Gen 14 2015

CIVILTÀ SUPERIORE

 

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Una suora in piazza a Parigi per stare con Charlie Hebdo, per urlare grazie all’Occidente nonostante ospitasse le vignette contro il Papa. Convinta che senza la libertà di bestemmiare non c’è nemmeno quella di adorare Dio. Sta qui tutta la differenza con l’Islam

 

di Marco Respinti

 

 

Io sono a favore delle donne con il velo. Sono a favore del diritto di una donna a farsi suora, a coprirsi con un velo e a manifestare in pubblico. Io non so nemmeno chi sia suor Marie-Emmanuel, che domenica è scesa in piazza a Parigi contro il terrorismo. L’ho solo vista, come molti altri, in una foto d’agenzia pubblicata anche dalla stampa italiana. Non so come la pensi; se sia cioè “di destra” o “di sinistra”, progressista o conservatrice, papalina o antipapalina, e francamente me ne infischio.

Mi basta il suo velo che mi dice che un dì ha scelto di farsi suora, che a questo suo essere suora resta fedele e che di questo suo essere suora non si vergogna, tanto da portarlo in piazza a fianco di molti altri che su quell’abito sputerebbero volentieri; se poi caso mai suor Marie-Emmanuel nutrisse idee teologiche bislacche, il problema sarebbe suo e della Congregazione per la dottrina della fede, non mio e del mio apprezzare il suo velo portato orgogliosamente in piazza. L’abito non fa il monaco, lo so anch’io; ma so anche che il monaco porta l’abito (sennò non lo distinguerei), il prete sarebbe bello indossasse la talare e una suora veste l’abito velato che il suo ordine richiede, quello che velandola ne svela l’identità senza paura.

 

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