Apr 23 2009

Meteorologia storica comasca

Category: Geografia e ambiente,Storia e dintornigiorgio @ 14:49

 

Il tempo e i fenomeni meteorologici in territorio comasco negli scritti degli storici.

 Ricerca di Furio Ricci

Corriere di Como il 23 Aprile 2009

 

Historiae Patriae – Libri Duo di Benedetto Giovio

 

Terremoti e maremoti

 

Anno Domini millesimo centesimo decimo septimo, tertio nonas ianuarias ingenti terremotu urbs consussa est, nec usquam tasm magnus ab secculi illius mortalibus audistus fuerat, non aleve futuri belli calamitatisque portentum; cum praesertim praerter naturae ordinem factum videretur. Num physici docente vere et autumno terremotus fieri consuvisse.

 

L’anno 1117, 3 gennaio, la città fu scossa da tal terremoto che il maggiore non si era sentito mai da persona viva in quel secolo, presagio non lieve della prossima guerra e calamità, principalmente perché parvi fuori dall’ordinario, in quanto, a giudizio dei fisici, i terremoti sono usi avvenire di primavera e d’autunno

 

Biennio pos, Larius e alii vicini lacus aestivo tempore tremuerunt. Idem quoque larus absque ventorum impulsus in siccum viginti cubitis excurrit et per vices refluebat

 

Due anni dopo (1255), d’estate, il Lario e gli altri laghi vicini ebbero scosse di terremoto, e lo stesso Lario, senza colpo di vento, con un flusso e riflusso lasciava in secco la spiaggia per venti braccia.

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Apr 11 2009

L’Aquila: città sismica; Verona anche

 

La rete Sismica Nazionale dell’INGV ha registrato il terremoto  dell’Aquila, del 06 aprile 2009, di Magnitudo Richter 5.8.  Un evento che è  riuscito a demolire mezza città e renderne inagibile il resto. Una città  da sempre inserita in zona ad alto rischio sismico e  pertanto  soggetta a severe  restrizioni  edilizie per far dormire  “sogni tranquilli” ai suoi cittadini, ( si fa per dire, visti i risultati).

Se volgo invece lo sguardo alla mia Verona,  forse egoisticamente mi posso considerare più  fortunato nell’abitare in una città considerata a basso rischio sismico,  e  pertanto felice di dormire  sempre “sogni tranquilli”,  forse… anzi… non proprio.

Se guardo  una mappa sismica e cronologica degli eventi sismici, vedo che la situazione non è per niente idilliaca,  anzi è molto preoccupante.

Prendiamo in considerazione questo schema sismotettonico dell’area compresa tra la pianura veronese e la Val Venosta, dove sono riportate le principali strutture definite attive durante il Quaternario e la distribuzione degli eventi sismici (rappresentata dal loro volume focale, ovvero proporzionalmente alla loro energia) e modificata da Camassi e Stucchi (1997) per il periodo 1000-1980 e dalle registrazioni della rete sismometrica del Trentino-Alto Adige per il periodo 1982-1997 (Provincia Autonoma di Trento), si  vede subito che la città di Verona, e la sua provincia, è stata interessata  in passato da terremoti d’intensità Magnitudo Richter variabile  da 5.5 a 5.9  e con un terremoto, a Verona, stimato in un  valore di Magnitudo Richter  6.4:  valore molto più elevato di quello dell’Aquila.

Questi dati fanno immediatamente inserire Verona in una zona ad alto rischio sismico con tutte le relative conseguenze e, soprattutto, nel recepire  le normative per le zone sismiche.

Lo so, questo non farà  dormire sonni tranquilli ai costruttori edili e li pone  in un grave stato “d’ansia depressiva” per “possibili” mancati guadagni, d’altronde sono personaggi che hanno una capacità imprenditoriale da caterpillar, riuscendo   a spianare elevatissimi  valori ambientali e morali. 

Attualmente purtroppo, in Verona città, nessuna normativa obbliga a costruire  abitazioni con coefficienti edilizi tali da rendere le abitazione resistenti a terremoti  di  quella forza… e… anche d’intensità minore. 

Nella speranza che i nostri amministratori siano sensibili  a questo problema, anche se personalmente ci credo poco: notoriamente sono più sensibili ad altri quesiti, soprattutto di valore pecuniario, si spera che un barlume di saggezza scappi dalla loro mente  e provveda a  colmare   questa gravissima lacuna. 

Disgraziatamente mi torna alle mente una frase percepita anni fa in occasione di un altro sima:  “ I terremoti servono per  ricostruire”. E  i morti?  “Sono danni  collaterali…”.


Apr 08 2009

Porta a porta/ Giuliani ad Affari italiani: Boschi era in difetto, ha riattaccato il telefono…

Enzo Boschi

Mercoledí 08.04.2009 10:21

 

Boschi ha riappeso il telefono perché Vespa sapeva la verità, ovvero che era falso quello che avevano armato nei miei confronti”. All’indomani di Porta a Porta, che ha visto un confronto poi interrotto con il presidente dell’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia,Giampaolo Giuliani si sfoga a tutto campo con il quotidiano online Affaritaliani.it. Il tecnico che aveva previsto il terremoto a L’Aquila afferma: “Ho contestato a Boschi che era falso quello che ha detto il sindaco (di Sulmona, ndr). O lui ha capito male o il sindaco era un bugiardo. Perché io ho detto esattamente il contrario di ciò che lui ha dichiarato”.

Ovvero?
”Io ho detto alle 15 e 30 al sindaco che poteva rassicurare tutti perché fino alla mezzanotte non ci sarebbero state scosse, neanche di assestamento. Avrei continuato a monitorare la situazione e se avessi trovato qualcosa di pregiudizievole li avrei chiamati io stesso. Dalle 15 e 30 non li ho più chiamati perché stavo controllando invece la situazione che andava crescendo a L’Aquila, dove ci sarebbe stato il giorno dopo il sisma di quarto grado. Quindi ho detto loro: ‘Non vi preoccupate, se dovessi vedere delle anomalie vi richiamo io. Ma rassicurate la popolazione, possono rientrare alle case perché fino alla mezzanotte non ci saranno a Sulmona altri eventi’. Così come è stato. Come si fa da queste parole – ‘non ci saranno altri eventi, rassicurate la popolazione’ – a dire ci sarà un evento catastrofico?”.

E Vespa sapeva come sono andate le cose?
”Vespa la sapeva la verità. E’ stato Boschi a mettere giù il telefono”.

Perché non voleva il confronto?
”No, perché sono stati smascherati. Qualcuno ha detto al sindaco di denunciarmi per procurato allarme”.

Chi è stato?
”E secondo lei chi è stato? Tutti quanti mi hanno telefonato per dirmi ‘abbiamo capito come stanno le cose’. Non mi faccia dire altro… Già ho un avviso di garanzia, che sono convinto che dopo la trasmissione di ieri sera sarà ritirato e spero che non sarà nemmeno presentato. Comunque, se la cosa dovesse andare avanti, il mio avvocato li denuncerà per falso, per ricatto, per tutto. Ci sono anche testimoni”.

Cioè?
”Un testimone della Commissione Grandi Rischi mi ha confermato che ha ascoltato ciò che avrebbero dovuto fare nei miei confronti. E il mio avvocato tirerà in ballo tutte quelle persone di cui siamo a conoscenza che hanno tirato su questa cosa. Non mi faccia dire cose però che mi si possano…”.

Quindi Vespa non ha interroto il confronto?
”No, gli ha riappeso in faccia il telefono, Boschi a Vespa. Così è andata”.

E il ministro La Russa (presente in studio)?
”Prima cercava di mantenere un equilibrio tra i ricercatori e me, dopo si è reso conto anche lui, perché non è uno stupido, di come effettivamente stavano le cose”.

Quindi il ministro della Difesa è d’accordo con lei?
”Non me lo faccia dire a me, io sono stanco… sono tre giorni che non dormo. Mi hanno telefonato tutti, anche tantissime persone che hanno seguito la trasmissione e mi hanno chiesto scusa a nome loro”.

A nome di Boschi?
”A nome di Boschi, di Bertolaso e di tutti quelli che hanno parlato contro di me. Non solo. La Caen di Viareggio è al corrente di tutto, mi hanno supportato fino a quando non sono stati messi in condizione di abbandonarmi perché sapevano che la nostra scoperta era valida”.

 

Fonte: Affari italiani.it


Apr 08 2009

TERREMOTO: AMBROSIO (INFN), GIAMPAOLO GIULIANI HA RAGIONE SU GAS RADON

Conosco bene Giampaolo Giuliani perche’ ho lavorato quattro anni con lui. Negli ultimi tempi ci siamo scambiati dati sulla possibile correlazione terremoti-emissioni di gas Radon. Nei laboratori del Gran Sasso c’e’ un interferometro laser che registra gli spostamenti della roccia perche’ il laboratorio e’ attraversato da una faglia sismica: questa e’ una cosa nota. 

Lo afferma Michelangelo Ambrosio, Dirigente Ricerca Infn (Istituto Fisica Nucleare) di Napoli, in una lettera all’associazione ‘Giuseppe Dossetti’ in cui nota “trascurare con superficialita’ le applicazioni di nuove tecnologie solo perche’ proposte  da ricercatori non appartenenti allo establishment preposto a tale funzione e’ una negligenza criminale di cui oggi paghiamo le conseguenze”

Insomma, una conferma della teoria di previsione del terremoto di Giampaolo Giuliani. “Le tragiche sequenze di queste ore del terremoto in Abruzzo rendono piu’ che mai attuali le indicazioni degli scienziati – si aggiunge nella nota – che compiono studi di vulcanologia come il Dott. Giuliani tecnico e ricercatore del laboratorio di fisica del Gran Sasso”. Quindi a supporto della tesi Giuliani c’e’ l’intervento ora di Ambrosio dell’Infn di Napoli e del responsabile dell’Osservatorio per la Tutela e lo Sviluppo dei Diritti dell’Associazione, “Giuseppe Dossetti”, Corrado Stillo. 

“Chiediamo che quanto prima si apra un serio dibattito sul perche’ studi di previsione ricercatori italiani sulla possibile previsione di terremoti non sono presi in considerazione. Non e’ l’ora delle polemiche ma e’ opportuno che in un Paese sismico come il nostro – sostiene Stillo – gli studi sulle previsioni basate sull’emissione di gas radon siano valutate come avviene in altri Paesi, tra cui il Giappone, dove da tempo i dati sul radon vengono presi ed analizzati dagli esperti”.

 

Fonte: La Repubblica.it del  7 aprile 2009


Apr 06 2009

Terremoto a L’ Aquila: Giampaolo Giuliani, l’uomo che annunciò la scossa devastante

 

Giampaolo Giuliani sostiene ormai da molti anni di aver elaborato un metodo in grado di prevedere l’arrivo degli eventi sismici. E oggi il suo allarme, lanciato esattamente una settimana fa, risulta tragicamente premonitore.

Domenica scorsa, dopo la prima scossa di terremoto che ha avuto come epicentro la zona di Sulmona l’uomo avrebbe telefonato prima al commissariato del capoluogo peligno e poi alla polizia municipale sostenendo che nel pomeriggio ci sarebbe stata una scossa di una intensità superiore alla precedente, creando allarmismi tra la popolazione.

La notizia indusse il sindaco di Sulmona, Fabio Federico, a un rientro precipitoso da Roma dove stava partecipando al congresso fondativo del Pdl. Lo stesso sindaco aveva poi parlato telefonicamente con il tecnico ricevendo la conferma dell’alta probabilità che nella stessa serata la Valle Peligna sarebbe stata interessata dal sisma. 

Nel frattempo sulla vicenda è intervenuto anche il direttore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare del Gran Sasso, Eugenio Coccia: «I Laboratori del Gran Sasso non si occupano di ricerca sui terremoti e il tecnico non è un nostro dipendente, che frequenta la nostra struttura scientifica in quanto il suo istituto, l’istituto nazionale di Astrofisica di Torino, collabora in uno dei nostri esperimenti sui neutrini. Nessuna ricerca è in atto nella nostra struttura sulla previsione dei terremoti».

Sta di fatto che da diversi giorni si registrano segnalazioni in merito a notizie diffuse da qualcuno su presunte nuove scosse. E da più parti si moltiplicano anche gli avvisi alla calma e ala tranquillità perché nessuno può prevedere scosse future. Così anche Bertolaso ha oggi minacciato denunce a chi avesse diffuso notizie infondate e alimentato il panico ingiustificato.

 

Fonte: http://www.primadanoi.it/ del 06/04/2009 6.24


Mar 07 2009

La notte più bella della mia vita.

Quel mattino del 13 agosto 1994 ci svegliammo presto al bivacco Slataper, a mt. 2610, sotto la vetta del Sorapiss (mt. 3205), raggiunta la sera prima. 

Le prime luci dell’alba facevano a malapena intravedere le sagome scure delle pareti circostanti. 

Subito un occhiata al tempo, qualche stella ancora resisteva al giorno nascente. Verso SO si notavano delle nubi lenticolari, segno che con l’arrivo di venti da SO in quota, qualcosa si stava preparando. 

Dovevamo scendere per circa 1000 mt. per il rifugio S. Marco e poi risalire di altri 1500 per raggiungere la nostra meta prefissata per la sera, pernottare, sotto la cima dell’Antelao mt. 3268, al bivacco Cosi (il più alto delle Dolomiti a mt. 3111).

Arrotolati in fretta i sacchi a pelo, e fatta colazione con latte condensato e gallette, rivolgemmo insieme un breve ringraziamento al Padre che ci stava regalando ancora una meravigliosa giornata da vivere intensamente. 

Partimmo quando già il sole nascente illuminava con i primi raggi, le vette più alte, regalandoci una meravigliosa “enrosadira”; termine usato in dolomiti per descrivere il bellissimo colore che tinge le rocce di dolomia al primo ed ultimo sole della giornata. Il tempo man mano si guastava. Alle nubi orografiche, che di solito si formano da mezzogiorno in poi per la condensazione dell’aria umida riscaldata dal sole sui versanti esposti con vere e proprie correnti ascensionali, si aggiungevano degli strati da SO poco rassicuranti.  Ma nel complesso il tempo si manteneva discreto. Solo un “patito” di meteo andava annotando, con preoccupazione, quei segni premonitori. 

Sollecitavo i miei tre compagni a mantenere alta l’andatura per arrivare in anticipo al bivacco. Per due ragioni: una per trovarlo libero e potervici dormire, seconda, per arrivare prima del temuto peggioramento. 

I bivacchi sono strutture di alta quota, per alpinisti o escursionisti, e sono senza custode. Consistono in un vano di legno 2 per 3 mt. coperto da lamiera dipinta di rosso. All’interno in così poco posto, ben 9 “posti letto”, ricavati in tre serie da 3 a castello, su tre lati escluso, quello della porta. L’arredo: uno sgabello, 2 o 3 candele, un badile, e qualche scatoletta alimentare per le emergenze. 

Dopo il rifugio S. Marco, saliamo al Galassi,  a mt. 2020. Il tempo peggiorava sensibilmente le nubi arrivavano da tutte le parti, ed in breve ci trovammo  nella nebbia,  qualche goccia cominciò  a cadere. Ci consultammo, e dopo avere preso una bevanda calda, decidemmo di proseguire per il bivacco a più di 1000 mt. sopra di noi. Erano le dodici. 

Conoscevo l’itinerario, perfettamente descritto da amici che vi erano già stati, non presentava difficoltà alpinistiche, solo una salita faticosissima sui  “lastei dell’Antelao”. Così viene chiamata la parete inclinata (lastra), che termina ai 3111 mt. del bivacco. 

La salita è dura per il dislivello da vincere, non impegnativa dal lato tecnico, infatti gli esperti, “con piede saldo” riescono a percorrerla senza usare le mani per l’equilibrio. 

Era come andare di notte: una calma ovattata e scura ci avvolgeva. Speravo che il tempo non peggiorasse repentinamente, confortato anche dall’assenza del vento e  la mancanza di tuoni. 

A quota 2700 circa, scrutando verso l’alto, notammo  un leggero chiarore a sud, impercettibile, ma indicativo. Man mano il chiarore tendeva dal grigio al rosa. E’ fatta, dissi  ai miei, fra 10 minuti avremo  il sole! Dopo essermi preso qualche sorrisino ironico, 100 mt.  più su, d’incanto sbucammo sopra lo strato di nubi. 

Una meraviglia! Le vette circostanti spuntavano dal mare di nubi: Le Marmarole, il Sorapiss, la Croda da Lago e un po’ più a sud il Pelmo, semicoperto dalle nubi più alte provenienti da SO: sembrava volersi nascondere ai nostri sguardi indagatori; dovevamo salirlo dopo 2 giorni. 

Panorama esaltante! Guardavo quegli strati scuri che avanzavano velocemente da Sud e pensavo: l’importante è arrivare al bivacco, dopo: peggio è, meglio è. Ebbi la spudoratezza di comunicare il mio pensiero agli altri tre. Non l’avessi mai fatto! Mi coprirono di male parole (scherzose). 

Il bivacco è disposto sul versante NNE della bellissima piramide che contraddistingue questa stupenda montagna, proprio sotto quel “bitorzolo” roccioso che, solo in prossimità della vetta, interrompe la bella geometricità del cono. E’ situato, quasi sospeso, incastrato fra un roccione sporgente e la parete principale. Un nido d’aquila stupendo!  Lo si vede solo 20/30 mt. prima. 

Erano  le quattro del pomeriggio. Lo troveremo vuoto? Pensammo visto il tempo e l’ora.  Un vociare molto nutrito ci comunico un panico improvviso. Ben undici ragazzi Polacchi armeggiavano, stipati dentro, con attrezzature alpinistiche e sacchi a pelo. Posti strettissimi= 9 . Occupanti = 11, e noi?  Qui si faceva brutta davvero. 

Li salutiamo e  cerchiamo di farci capire, qualcuno; come me masticava qualche parola di francese, e finalmente dai miei salti di gioia, i miei amici capirono   che erano in procinto  di partire, lasciando il bivacco tutto per noi. 

Dopo un’oretta riuscimmo ad entrare infreddoliti per l’attesa e ci si sistemammo. Io non riuscivo a darmi pace, entravo ed uscivo per controllare il tempo che cambiava continuamente. Grossi cumuli si stavano avvicinando da tutte le parti, il vento rinforzava da sud, la temperatura era scesa a 5 gradi. Poi una buona schiarita mi fece intravedere i primi lampi a nord, sulle Tofane e Cortina. 

Ero eccitatissimo, mentre gli altri tre mangiavano seduti sui loro “loculi”, io addentavo qualcosa su una roccia lì vicino, come un soldato in vedetta. Dalle 22 alle 23, lampi e tuoni sempre più vicini, una scorribanda pazzesca di nubi, grossi cumuli sprigionavano bagliori accecanti. Ero come in trance. Stretto nel mio giaccone termico con papalina e cappuccio, avevo solo gli occhi fuori, che roteavano da un lampo all’altro. 

Un mio compagno mi portò, quasi di forza, dentro. Ero intirizzito, la temperatura era scesa a tre gradi, il vento fortissimo, sembrava facesse gemere la montagna. Appena dentro dissi: Questa notte vedremo la neve! Che bello rimanere bloccati per un paio di giorni anche se dovremmo razionare i viveri. 

Rischiai grosso, non mi picchiarono, se non altro per la riconoscenza che provavano in ricordo delle mie previsioni a vista e a breve, quasi sempre azzeccate ed utili nelle precedenti esperienze. Mi scelsi il posto in alto, vicino all’unica piccola finestrella che tassativamente vietai che fosse oscurata la  persianetta.  

A mezzanotte si cominciò a ballare. Due fulmini, con bagliori accecanti, a distanza di pochi minuti colpirono il bivacco: le lamiere esterne ed i tiranti metallici fecero da parafulmine ottimamente. La struttura tremò violentemente, come colpita dalla clava di un gigante. Qualcuno di noi ebbe veramente paura. Io non pensavo alla paura, mi sembrava di essere già in Paradiso! Con la pila puntata verso il  vetro (passai tutta notte sporgendomi dalla brandina di più di mezzo metro), riuscivo a vedere nel fascio di luce proiettata nell’oscurità, ben evidenziati i vari tipi di precipitazione: pioggia battente polverizzata dal vento violentissimo, poi un fracasso che copriva quello forte del vento: per 10 minuti la grandine scagliata dalla bufera mitragliava la lamiera esterna. 

Alle 2 circa, un refolo veloce ed irregolare si staglia nel raggio della mia pila. Nevica!!!  Fu l’urlo incontenibile che uscì dalla mia bocca, già spalancata per l’emozione. I miei amici, sobbalzati dalle brande, non capivano la mia gioia ed eccitazione: erano solo preoccupati di tornare sani e salvi. Per un’ora circa si alternò la neve, la pioggia, la grandine. Poco dopo le 3, tutto si calmò. La neve non attecchì, sciolta dalla pioggia, solo qualche chiazza e cumuli nelle fessure delle rocce, mista a grandine. Riuscii a dormire un’oretta. 

All’alba tutti in piedi a prepararsi per raggiungere la vetta a 150 mt. sopra di noi. Lasciammo gli zaini e l’attrezzatura pesante al bivacco e su, a vedere spuntare il sole in vetta. Proprio ad est vi era una fessura libera da nubi, la temperatura, con il fronte da nord passato, era calata a -2,-3 gradi. Avemmo avuto qualche difficoltà a superare un passaggio di secondo grado, semplicissimo in condizioni normali, per il ghiaccio formatosi dal congelamento della neve bagnata.  Bellissime stalattiti di ghiaccio pendevano dalle rocce. 

In vetta, stupendo!  Verso sud e sud/est, all’orizzonte in lontananza,  si scorgevano ancora i bagliori del temporale, già sul Friuli e Istria. A nord ed ovest era scuro per strati neri e cirrostrati più alti. L’aurora tingeva, di colori mozzafiato, il cielo e le rocce. Il sole appena spuntato nella fessura ad est contrastava con il nero ad ovest. Un’ “Enrosadira” da sogno!  Le crode più alte sembravano tante fiammelle sullo sfondo di un caminetto nero di fuliggine. Ci vorrebbe un pittore od un poeta per descriverlo. 

Giù nella valle di S.Vito e Cortina un mare di nubi stupendo arrivava fin quasi a 3000 mt.  L’ombra del “nostro” Antelao disegnava sul soffice tappeto di nubi grigio chiare sottostanti,  un cono d’ombra perfetto, che si andava accentuando man mano che il sole saliva. 

La fine del mondo!!! 

Non abbiamo potuto fare a meno, tutti e quattro, di inginocchiarci e lì, sulla vetta, dire un bel grazie a Chi ci stava regalando tanto.

Scusate se mi sono lasciato prendere la mano, ma non potevo non raccontare, agli amici, la notte più bella della mia vita! (metereologicamente è ovvio!) 

Ciao Giorgio 

 

Fonte /Giorgio da Rimini/: Meteo Italia/23/07/2000//00:40


Feb 21 2009

IL FENOMENO SOTTOVALUTATO DELLE ISOLE DI CALORE URBANE

Category: Geografia e ambiente,Natura e scienzagiorgio @ 14:05

Ondata di calore del 2003 – Image courtesy of NASA

In un torrido pomeriggio di quell’Agosto del 2003, intrappolato, per motivi di lavoro, in una rovente Milano, recandomi per una passeggiata al Parco Sempione, fui assolutamente sorpreso da una sensazione di refrigerio che andava ben al di là delle mie aspettative. Quell’ondata di calore causò un incremento della mortalità di circa 35.000 persone su scala europea colpendo sopratutto le popolazioni delle grandi aree urbane del nostro continente.

Anche in assenza di tali episodi eccezionali non è però difficile rendersi conto delle marcate differenze climatiche esistenti tra le città e i loro immediati dintorni.

Considerando che quasi la metà della popolazione mondiale e circa i tre quarti di quella dei paesi sviluppati vivono ormai nelle città, stupisce la scarsa popolarità di cui il fenomeno delle isole di calore urbane (urban heat islands) gode tra i mass media.

Tale fenomeno infatti, oltre a riguardare un’altissima percentuale della popolazione mondiale, determina delle anomalie termiche locali ben superiori rispetto a quelle causate dal più noto global warming1. Da non sottovalutare, inoltre, l’effetto sulle precipitazioni con incrementi dell’ordine del 30% nei centri urbani rispetto alle zone periferiche e l’impatto su umidità e ventilazione.

Gli scarti termici positivi risultano notevoli durante la notte (particolarmente nella stagione invernale) mentre si attenuano notevolmente (e in taluni casi si annullano o diventano negativi) nelle ore diurne. Quest’ultimo fenomeno è attribuibile ai moti convettivi generati dall’isola di calore stessa che, rimescolando le masse d’aria, comportano l’afflusso di aria più fresca dagli strati più in alto nonché una convergenza nei bassi strati verso il centro di brezze che spirano dalla periferia.

Date le particolari peculiarità delle aree ad alta intensità urbana le cause del fenomeno delle isole di calore urbane vanno ricercate in un complesso insieme di fattori:

1. le proprietà dei materiali predominanti in termini di conducibilità e capacità termica determinano un maggiore assorbimento di energia solare. Le pareti degli edifici o l’asfalto delle strade possono, ad es., raggiungere, durante la stagione estiva, temperature fino a 90°C e oltre.

2. le caratteristiche orografiche delle città e le proprietà dei materiali predominanti in termini di emissività ed effetto albedo, danno luogo al cosiddetto “effetto canyon”. L’emissione in termini di radiazione infrarossa uscente da parte delle superfici urbane rimbalza su analoghe superfici a causa dell’assetto geometrico delle città, come in un gioco di specchi, rimanendo a lungo intrappolata tra le facciate degli edifici ed il fondo stradale prima di venire rilasciata nell’atmosfera.

3. la progressiva scomparsa dall’ambiente urbano della vegetazione annulla l’effetto dell’evapotraspirazione delle piante.

4. Per ogni grammo di acqua evaporata le piante assorbono 633 calorie

 

5. New York: le zone con più vegetazione sono più fredde – Image courtesy of NASA

6. Quest’ultima è legata alla fotosintesi clorofilliana che implica l’assorbimento da parte delle piante di grandi quantità di energia (luce nelle porzioni rossa e azzurro-violetta dello spettro visibile) per la produzione di NADPH2 e ATP3 utilizzati per ridurre l’anidride carbonica e sintetizzare gli zuccheri. Durante l’assunzione di biossido di carbonio dall’atmosfera le piante rilasciano, tramite le aperture stomatiche, vapore acqueo. In altre parole, le foglie colpite dai raggi solari, per poter assumere anidride carbonica dall’atmosfera, cedono acqua all’ambiente circostante sottoforma di vapore. Per tale passaggio di stato dell’acqua le piante necessitano di una notevole quantità di energia che sottraggono all’ambiente circostante4. Un’area di 100 mq a piante ad alto fusto può raggiungere un livello di traspirazione di 50.000 litri al giorno, sottraendo all’ambiente circostante circa 31.650.000 calorie, altrimenti assorbite dagli edifici e rilasciate come calore5. Un altro effetto microclimatico da non sottovalutare consiste nella riduzione della radiazione solare incidente su edifici ombreggiati da vegetazione.

7. la maggiore concentrazione di fattori inquinanti e in particolare degli aerosol ha un effetto misto e parzialmente mitigante per quanto riguarda il campo termico oltre a determinare un incremento delle precipitazioni e un minore soleggiamento.

8. l’immissione di calore artificiale generato da impianti industriali, impianti di condizionamento e riscaldamento, frigoriferi, mezzi di trasporto e altre fonti di calore aggiuntivo legate, in generale, alle attività antropiche.

9. i processi metabolici degli abitanti (umani e non) implicano un’aggiunta di circa 10-20 Watt per metro quadro e oltre6.


In ambito scientifico si tende a considerare il fenomeno delle urban heat islands come avente un impatto irrilevante7 o di modesta entità8 sui trend climatici globali.

Tali valutazioni non ci devono però indurre a minimizzare la portata delle trasformazioni climatiche negli ambienti nei quali viviamo imponendoci una diversa pianificazione delle città con una diversa attenzione ai materiali utilizzati includendo “pareti verdi”9, giardini pensili e “tetti verdi”.

In un contesto di global warming in cui le estati urbane sono sempre più a rischio, non possiamo permetterci il lusso di ignorare il fatto che una parete inverdita possa avere una temperatura invernale superiore di 5°C e una estiva di 30°C inferiore rispetto a una parete tradizionale10, oppure che sempre, una parete inverdita può ridurre la dispersione di calore di un edificio del 38%11 permettendo un enorme risparmio energetico.

Secondo uno studio dell’Università di Singapore12, invece, solo cambiando il colore della facciata dei palazzi da scuro a chiaro la temperatura della stessa può scendere di ben 6°C permettendo un risparmio energetico nelle abitazioni di circa il 9%. Lo stesso studio rilevava, inoltre, l’enorme effetto mitigante esercitato dalla presenza di parchi con differenze della temperatura dell’aria anche di 5°C tra le diverse zone dell’isola di Singapore13. Sempre questo studio, infine, rilevava come gli appartamenti situati nelle zone prospicienti i parchi avessero un consumo medio di energia inferiore di circa il 10% data la loro minore necessità di climatizzazione.

Concludendo possiamo dunque affermare che una più attenta pianificazione degli spazi urbani, con il contributo ad es. della bioedilizia, associata all’utilizzo di tecnologie che consentano un maggiore risparmio energetico possa avere potenzialmente enormi effetti mitiganti nell’ordine di grandezza di alcuni gradi ovvero tali, in molti casi, da controbilanciare localmente il trend positivo globale previsto per i prossimi decenni.

 

Note

1 Tale surriscaldamento è valutato nell’ordine degli 1-6°C (fonte: United States Environmental Protection Agency).

2 Nicotinammide adenina dinucleotide fosfato ridotto, composto riducente ad alta energia.

3 L’Adenosintrifosfato o ATP è un ribonucleotide trifosfato formato da una base azotata, cioè l’adenina, dal ribosio, che è uno zucchero pentoso, e da tre gruppi fosfato.

 

4 Per ogni grammo di acqua evaporata le piante assorbono 633 calorie.

5 F.Margelli (CNR-ISAC Laboratorio LaRIA), S. Rossi (CNR-IBIMET),. T.Georgiadis (CNR-IBIMET)

6 Vedi http://www.globe.gov/fsl/scientistsblog/?m=200702.

7 Thomas C. Peterson: Assessment of Urban Versus Rural In Situ Surface Temperatures in the Contiguous United States: No Difference Found (Journal of Climate, Volume 16, Issue 18, September 2003).

8 Secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’effetto globale sulle terre emerse consisterebbe in un riscaldamento inferiore a 0,006°C per decade.

9 Per parete verde viene inteso un fronte edilizio ricoperto da specie vegetali aventi intrinseche caratteristiche rampicanti e/o ricadenti aggrappate direttamente o indirettamente, tramite supporti verticali di sostegno, alla muratura (Antonella Bellomo, “Pareti verdi”, 2003).

10 Rudi Baumann, Begrünte Architektur. Bauen und Gestalten mit Kletterpflanzen Callwey München 1985.

11 Häuser mit grünem Pelz, Minke / Witter, Fricke Verlag, 1983.

12 “A Study of Urban Heat Island in Singapore”, Associate Professor Wong Nyuk Hien, Programme Director, MSc (Building Science), National University of Singapore.

13 E’ questo il caso dell’area industriale di Tuas comparata alla zona ad alta densità di vegetazione vicino Tengah, nel nord-ovest dell’isola.

 

Bibliografia

http://en.wikipedia.org/wiki/Urban_heat_island

http://www.scienzaonline.com/ambiente/riscaldamento_della_citta.html

http://www.epa.gov/heatislands/

http://www.nus.edu.sg/corporate/research/gallery/research34.htm

http://geography.about.com/od/urbaneconomicgeography/a/urbanheatisland.htm

 

 

Fonte: da srs di Andrea Binetti/clima.meteogiornale /04 aprile 2007

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Feb 21 2009

Un anello di diamante, un velo sottile: è tutta l’atmosfera che abbiamo

La sonda automatica giapponese Kaguya ha da poco trasmesso quest’immagine splendida della Terra che eclissa il Sole, vista dalla Luna, scattata il 10 febbraio scorso.

Il Sole è quasi completamente occultato dal nostro pianeta, e illumina in controluce l’atmosfera terrestre, formando un anello sottile che rende molto chiaramente l’idea di quanto sia tenue lo strato d’aria nel quale vivono tutte le creature del nostro mondo e nel quale rigurgitiamo ogni sorta di porcherie.

A cosa serve l’esplorazione spaziale? A fare scienza, certo, ma anche, e forse soprattutto, a fornire immagini come questa, che più di mille grafici fanno capire quando sia fragile l’ambiente in cui viviamo. E ci fanno ricordare che è l’unico che c’è: rovinato quello, non possiamo andare al centro commerciale a comperarne un altro.

L’immagine è stata scattata mentre la Terra era parzialmente coperta dall’orizzonte lunare, che in questo fotogramma è buio e taglia l’anello dell’atmosfera terrestre in basso.

 

Fonte: JAXA/NHK/ attivissimo

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Feb 16 2009

Meteorologia: I record delle temperature

Category: Geografia e ambiente,Natura e scienzagiorgio @ 07:37

Stazione meteorologica di Vostok

 

Dopo anni  di controversie,  e ripuliti dai valori  che da sempre infestano e che per ancora  molti anni  infesteranno  testi,  atlanti e libri di geografia,  ecco i dati corretti  e reali  degli estremi storici  delle temperature  minime e massime.

 

Record Mondiali


MIN -89,2°C a Vostok, in Antartide, il 21 Luglio 1983


MAX +53,9°C nella Death Valley, negli Stati Uniti, il 18 Luglio 1960, 17 Luglio 1998, 19 Luglio 2005 e 6 Luglio 2007


Record Africani


MIN -23,9°C a Ifrane, in Marocco, l’11 Febbraio 1935


MAX +50,7°C a Semara, nel Sahara Occidentale (Marocco), il 13 Luglio 1961


Record Asiatici


MIN -67,7°C a Oymyakon, in Russia, il 6 Febbraio 1933


MAX +52,8°C a Jacobâbâd, in Pakistan, il 12 Giugno 1919


Record Europei


MIN -58,1°C a Ust’Schugor, in Russia, il 31 Dicembre 1978


MAX +48,5°C a Catenanuova, in Italia (Sicilia) il 10 Agosto 1999


Record Nord Americani


MIN-69,6°C a Klinck, in Groenlandia, il 22 Dicembre 1991

MAX +53,9°C nella Death Valley (Stati Uniti) il 18 Luglio 1960, il 17 Luglio 1998, il 19 Luglio 2005 e il 6 Luglio 2007


Record Sud Americani


MIN -40,0°C a Puesto Viejo, in Cile, il 21 Giugno 2002

MAX +47,3°C a Campo Gallo, in Argentina, il 16 Ottobre 1936


Record Oceanici


MIN -23,0°C a Charlotte Pass, in Australia, il 29 Giugno 1994 


MAX+50,7°C a Oodnadatta, in Australia il 2 Gennaio 1960


Record Antartici


MIN-89,2°C a Vostok il 21 Luglio 1983


MAX +19,8°C a Signy Island, nelle South Orkney Islands, il 30 Gennaio 1982


Dic 09 2008

Venezia-Cronaca delle acque alte

Piccola cronologia delle acque alte a Venezia

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