Apr 29 2014

IL VENETO NEL 1866 NON È MAI STATO CEDUTO ALL’ITALIA (PRIMA PARTE)

Category: Italia storia e dintorni,Veneto e dintornigiorgio @ 00:14

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E’ diventato ormai noto presso i Veneti,  ma non solo, che la nostra terra è stata annessa al Regno d’Italia con un plebiscito farsesco, organizzato domenica 21 e lunedì 22 ottobre dell’anno 1866.
Ricorre in questi giorni il 145esimo anniversario di quegli eventi, giusto per ricordare che le istituzioni italiane festeggiano i 150 anni dell’Italia Unita, senza il Veneto, ovviamente.

 

Ritengo, però, che si sia finora travisato il vero valore di questa procedura referendaria. Molti studiosi ed esperti della materia hanno descritto le operazioni di voto come “cosmetiche”, portando alla luce le violazioni compiute (pressioni, intimidazioni, voto palese) come offensive principalmente sul piano morale e storico, come una ciliegina amara su una torta pasticciata.

 

L’idea diffusa è che il voto del plebiscito sia stato solo una formalità, stante che, come da più parti si dice, la cessione del Veneto era avvenuta addirittura prima del voto!

Recitava infatti un trafiletto sulla “Gazzetta di Venezia” di sabato 20 ottobre 1866:

Questa mattina [cioè venerdì 19] in una camera dell’albergo d’Europa si è fatta la cessione del Veneto”.

Occorre fare attenzione, però, a non saltare a conclusioni affrettate: è infatti scientificamente scorretto interpretare una fonte storica alla luce di ciò che avverrà, cioè sapendo già come andrà a finire. Non è scritto da nessuna parte, infatti, che quel giorno, in quell’albergo, il Veneto sia stato ceduto all’Italia.

 

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Apr 27 2014

PARTIGIANI … VENETISTI!!!

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Oggi ospitiamo una considerazione apparsa su diversi luoghi del web, di Ettore Beggiato, profondo conoscitore delle dinamiche delle istanze Venete che oggi hanno trovato finalmente un po’ di ribalta.

Quello che ci spinge ad offrirvi questa lettura – e le nostre piccole note – è il fatto, conclamato, che le richieste di Autonomia, Federalismo e Indipendenza, in Veneto, non sono l’ultima ondata di una reminescenza dell’altro ieri, al contrario, sono il frutto di una continua ricerca della Libertà … il che le pone, completamente, su un altro piano … prima o poi ve ne dovrete far una ragione 🙂

 

La Questione Veneta è ritornata prepotentemente alla ribalta nelle ultime settimane: prima il referendum digitale, poi l’inchiesta della procura di Brescia con ben 24 arrestati, hanno riportato l’attenzione dei mass-media italiani e internazionali sul Veneto; e, secondo diversi commentatori, la crisi economica è stata la molla, il fattore scatenante di quanto è successo.

Non condivido affatto questa lettura. Da sempre il popolo veneto lotta per accrescere il proprio livello di autogoverno, e, a seconda dei momenti storici, l’obiettivo è diverso: indipendenza, autonomia, federalismo, autodeterminazione.

 

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Apr 21 2014

GRANDE GUERRA, LE RESPONSABILITÀ DELLA MASSONERIA

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Caduti alpini sull’Oortigara

 

 

Gli italiani non volevano entrare in guerra, la massoneria sì

 

 

di Angela Pellicciari

 

Nel 1915, la popolazione cattolica non voleva la guerra, i socialisti nella loro maggioranza non la volevano, il parlamento non la voleva, l’uomo politico più influente di quegli anni, Giovanni Giolitti, non la voleva; chi, oltre al Re, voleva portare l’Italia in guerra? Un soggetto su tutti: la massoneria. Che forza aveva la massoneria all’inizio del secolo? Se Antonio Gramsci, fondatore del partito comunista italiano, è uomo degno di fede, annota: “La massoneria in Italia ha rappresentato l’ideologia e l’organizzazione reale della classe borghese capitalistica”, afferma il 16 maggio 1925 alla Camera dei deputati mentre è in discussione il progetto di legge sull’abolizione delle società segrete.

Le testimonianze dei vertici dell’ordine sono, al riguardo, univoche. Una per tutte: il 21 dicembre 1922, davanti alla giunta esecutiva, il gran maestro Domizio Torrigiani dichiara: “Il Grande Oriente fu il principale autore dell’intervento dell’Italia in guerra”. Perché la massoneria ha voluto la guerra, per di più contro gli alleati della Triplice? Per portare a termine il progetto ben delineato dal fratello Massimo D’Azeglio: per “fare gli italiani”. Che vuol dire fare gli italiani? Vuol dire renderli diversi da quelli che sono. Diversi. Più liberi. Più scientifici. Più moderni. In una parola: non più cattolici.

 

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Apr 21 2014

CESARE BATTISTI E LA SUA GUERRA: TRAMONTO DI UN MITO

cesare battisti fabio filzi prigionieri da malga zocchi 10 luglio 1916

Cesare Battisti e dietro Fabio Filzi, prigionieri, scendono scortati da Malga Zocchi; 10 Luglio 1916.

 

 

by Stefano B. Galli

 

Da fervente pacifista e neutralista a trascinante alfiere di un conflitto sciagurato e impopolare: la triste e tragica parabola di un uomo politico che, in contraddizione con la propria matrice ideale socialista, volle e perseguì con tutte le sue forze l’intervento in uno scontro bellico che solo ai suoi occhi poteva rappresentare la “quarta guerra d’indipendenza italiana”.

In effetti, sullo sfondo di un complesso e cinico gioco politico, di cui gli sfuggivano i veri termini, si trovò inconsapevolmente a essere prima lo strumento del militarismo espansionistico più oltranzista, poi il punto di riferimento di un nazionalismo retrivo che ancora oggi, e non solo nei ranghi della “destra”, non perde occasione per lanciare i suoi roboanti proclami. E tuttavia ogni ipotesi di confine al Brennero, successivamente ammantato di patria sacralità proprio in suo nome, lo trovò sempre ed energicamente contrario.

 

Quattro mesi prima della morte del vecchio Kaiser Francesco Giuseppe, si conclude drammaticamente la vicenda umana e politica di Cesare Battisti.

L’irredentista trentino, tenente della II Compagnia di marcia del V Reggimento degli alpini, deputato socialista di Trento al Parlamento di Vienna (Reichsrat) e alla Dieta provinciale del Tirolo (Landtag) a Innsbruck, sulla cui testa pende una taglia di 20.000 corone, viene catturato il 10 luglio 1916 nella zona del Monte Pasubio (a est di Rovereto), sul Monte Corno.

Narrano le cronache di parte austriaca che durante il combattimento di Monte Corno molti alpini del Battaglione Vicenza, sotto il fuoco incalzante dei Landesschützen, “si eclissarono, altri corsero con le braccia in alto nelle nostre (austriache n.d.r.) file, contraccambiando il loro Re col tradimento”.

Sono proprio i prigionieri a riferire agli Austriaci della presenza, tra le schiere italiane, di Cesare Battisti e Fabio Filzi, noti propugnatori d’italianità in terra tridentina.

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Dic 08 2013

ITALIA: QUI A CORFINIUM E’ NATA L’ITALIA

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 00:25

CORFINIUM RIBATTEZZATA “ITALIA” È LA CAPITALE CHE PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA INDICAVA IL NOME DELLA PATRIA COMUNE A TUTTE LE GENTI DELLA PENISOLA CHE SI ERANO CONTRAPPOSTE A ROMA

 

MONETA ITALICA

MONETA ITALIA

La prima moneta coniata mostra una testa femminile coronata di alloro con la scritta ITALIA.

 

 

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Il denario con la testa dell’Italia da una parte e due cavalieri all’attacco (forse i Dioscuri) con la scritta osca VITELIU dall’altra (Museo Nazionale Romano) 

 

Prima ancora della fondazione di Roma, le terre sul versante orientale degli Appennini erano abitate da popoli di ceppo indo-europeo che oggi chiamiamo collettivamente “Piceni“, divisi in molte diverse tribù. Quando Roma cominciò ad espandersi nel V secolo a.C. a poco a poco tali tribù vennero sottomesse e divennero alleate dei Romani.

 

Le vittorie e le conquiste romane, ottenute anche grazie alla partecipazioni dei popoli italici, avrebbero dovuto favorire l’avvicinamento e la fusione di queste popolazioni con i cittadini di Roma. In realtà godevano delle ricchezze acquisite solo coloro in possesso della cittadinanza romana, a discapito degli esclusi da questo diritto che rimanevano in una situazione di grave disagio politico ed economico.

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Ott 17 2013

RAPPRESAGLIE PARTIGIANE

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I setti fratelli Cervi

 

di Ernest Armstrong

 

Rappresaglia. Nell’immaginario collettivo creato dal “mito resistenzialista”,  all’udire questa parola appare l’immagine di un plotone di tedeschi che fucilano 10 innocenti civili italiani per ogni loro camerata morto.

 

In realtà la rappresaglia fu attuata da tutti gli eserciti che combatterono nella seconda guerra mondiale, come ricorda anche Gianni Alasia, attuale esponente di Rifondazione Comunista: “Quando il mio amico Heinz Karl M., di Monaco, militare della Wehrmacht, fu fatto prigioniero in Francia, visse momenti tremendi. Vennero fatte decimazioni, e Carlo non capiva il perchè di una cosa così terribile mentre erano inermi prigionieri.”[1]

La rappresaglia era ammessa dal Diritto internazionale del tempo di guerra di Ginevra, a patto che ad eseguirla fosse un regolare esercito (in divisa) che fosse stato attaccato da terroristi (non in divisa). Essa poteva avvenire, qualora non si fossero presentati i colpevoli, su prigionieri o su civili, esclusi donne e bambini, colpevoli di aver protetto i terroristi. Sia i terroristi che chiunque avesse ucciso prigionieri, fuori dai casi previsti, alla fine del conflitto doveva essere processato per crimini di guerra. Questo in Italia non accadde.  Chi ordinò uccisioni non giustificate dal Diritto Internazionale, se partigiano, fu ricompensato con l’inquadramento tra i graduati nell’Esercito e con titolo alla pensione.

 

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Set 22 2013

DELITTO MATTEOTTI, PARLA IL FIGLIO MATTEO: IL MANDANTE FU IL RE, NON MUSSOLINI

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A sostenerlo fu Matteo, figlio del deputato socialista, in un’intervista del 1985 a Marcello Staglieno che – alla presenza di Carlo Matteotti, fratello di Matteo, e di Pietro Amendola, figlio di Giovanni – in contraddittorio con gli storici Giovanni Sabbatucci, Mauro Canali, Matteo Pizzigallo e Aldo Alessandro Mola nella trasmissione televisiva Enigma, venerdì 2 maggio su Raitre, ribadirà questa clamorosa tesi, approfondita con nuovi documenti inediti nel suo ultimo libro (nella foto) , Arnaldo e Benito. Due fratelli (610 pagine, 20 euro) a giorni in vendita nei tipi di Mondadori. Pubblichiamo uno stralcio del capitolo dedicato a quel delitto, a tutt’oggi oscuro.

 

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Set 01 2013

MUSSOLINI BRUCIA IL DEBITO PUBBLICO AL VITTORIANO

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Pubblicato in data 15/giu/2012

Giornale Luce A0208 del 11/1928

Descrizione sequenze: Mussolini e alcuni notabili salgono le gradinate dell’altare della patria e fanno il saluto romano;  Mussolini brucia sulla fiamma perpetua alcune pagine del bilancio del debito pubblico – alcuni notabili lo aiutano a far bruciare bene il foglio – alla cerimonia è presente anche Turati; l’altare della patria; il foglio che continua a bruciare; il foglio incenerito nel bruciatore; particolare dell’altare della patria.

 

 

 

 

Fonte: visto su STAMPA LIBERA del 28 marzo 2013

Link: http://www.stampalibera.com/?p=61639

 


Lug 19 2013

LISSA, 20 LUGLIO 1866, PER I VENETI UNA VITTORIA DA RICORDARE!

Category: Italia storia e dintorni,Veneto e dintornigiorgio @ 13:09

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“NAVI DI LEGNO CON EQUIPAGGI DI FERRO CONTRO NAVI DI FERRO CON EQUIPAGGI DI LEGNO”

 

Lissa isola nel mare Adriatico è la più lontana dalla costa dalmata, conosciuta nell’antichità come Issa, più volte citata dai geografi greci.
Fu base navale della Repubblica Veneta fino al 1797.

 

Il “fatal 1866″ iniziò politicamente a Berlino con la firma del patto d’Alleanza fra l’Italia e la Prussia l’otto di aprile.
Il 16 giugno scoppiò la guerra fra Prussia e Austria e il 20 giugno con il proclama del re l’Italia dichiarò guerra all’Austria; la baldanza degli italiani fu però prontamente smorzata poche ore dopo (24 giugno) a Custoza ove l’esercito tricolore fu sconfitto dall’esercito asburgico (nel quale militavano i soldati veneti). Fra il 16 e il 28 giugno le armate prussiane invasero l’Hannover, la Sassonia e l’Assia ed il 3 luglio ci fu la vittoria dei prussiani a Sadowa. Due giorni dopo l’impero asburgico decise di cedere il Veneto alla Francia (con il tacito accordo che fosse poi dato ai Savoia) pur di concludere un armistizio. In Italia furono però contrari a tale proposta che umiliava le forze armate italiane e, viste le penose condizioni dell’esercito dopo la batosta di Custoza, puntarono sulla marina per riportare una vittoria sul nemico che consentisse loro di chiudere onorevolmente (una volta tanto) una guerra.
Gli italiani non potevano certo pensare di trovare sul loro cammino i Veneti, ossatura della marina austriaca.

 

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Mag 13 2013

SALVATORE GIULIANO A DISPOSIZIONE DEGLI STATI UNITI PER CONTRASTARE IL COMUNISMO: ECCO IL DOCUMENTO

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Salvatore Giuliano

 

-Redazione 1 maggio 2013-

Salvatore Giuliano aveva dichiarato di essersi messo a disposizione degli Stati Uniti per contrastare i comunismo.

 

Il documento è allegato al Rapporto giudiziario con il quale i marescialli dell’Arma dei Carabinieri, Lo Bianco, Calandra e Santucci  denunciarono il 4 settembre 1947 Giuliano e la sua banda, quali esecutori materiali della strage di Portella della Ginestra.

Questo Rapporto, in realtà, ebbe la supervisione dell’ispettore di P.s. Ettore Messana, che pur avendo abbandonato il suo incarico dopo i fatti del 1°maggio 1947, grazie alla denuncia politica espressa dal dirigente comunista Girolamo Li Causi, tuttavia rimase nei fatti al suo posto gestendo la fase terminale della sua carriera con la cura scrupolosa di quell’atto di denuncia all’autorità giudiziaria.

Si tratta del primo atto di depistaggio costruito a tavolino da un organo dello Stato, nel quale il fenomeno del banditismo è rigidamente chiuso dentro i suoi confini territoriali, ma nel quale, però, gli stessi Carabinieri non poterono fare a meno di riferire quanto era sotto gli occhi di tutti.  Che, cioè,  la manovra eversiva partita il 1°maggio era proseguita il successivo 22 giugno con gli assalti alle Camere del Lavoro e alle sedi del Pci e dei socialisti in ben sette comuni della provincia di Palermo, con altri morti e decine di feriti.

L’obiettivo, aveva detto il bandito Pasquale ‘Pino’ Sciortino era quello di provocare la reazione (e poi la repressione) in tutte le altre provincie siciliane.

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Apr 26 2013

IL 25 APRILE NON È UNA DATA CONDIVISA PERCHÉ È UN FALSO

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Nelle Venetie cresce la contestazione rispetto alla data del 25 aprile quale data di festeggiamento della “liberazione”.

Personalmente sono già diversi anni che lamento il fatto che la data copre la festa nazionale del popolo veneto, e che la cosa sembra proprio studiata per cancellare questa fondamentale data identitaria nazionale (veneta).

E bisognerebbe sapere che molte città venete furono liberate soltanto diversi giorni dopo. Trieste e Udine subirono la occupazione Titine e le Foibe. Altre città venete come Pola e Fiume e non furono nemmeno mai più liberate dall’occupazione.

Ci sono dunque elementi storici oggettivi che ci dimostrano la falsità ideologica di questa festa.

Invito il lettore ad una rivoluzionaria riflessione sul valore reale della “liberazione”, dimostrata da tutti gli elementi storici e giuridici che indico sotto e che annullano il senso della festa per i veneti.

Oggi i vincitori raccontano la loro storia come loro piace, ma se andiamo a verificare chi c’era al governo italiano di allora, scopriamo che c’era quello golpista nato l’8 settembre per “prendere i poteri costituzionali dello Stato”, ossia il fronte costituito da Popolari, Liberari, Comunisti e Repubblicani. Rispetto all’ordinamento vigente questi erano sovversivi e miravano a instaurare con la forza e contro il popolo un ordinamento diverso.

Ci sono riusciti, ma non sappiamo cosa volesse il popolo visto che quasi tutta la Venetia non venne chiama al voto Referendario del 1946, compresa Udine, Pordenone, Bolzano ecc, l’Istria e la Damatia.

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Mar 07 2013

150 ANNI DI DITTATURA ROTHSCHILD

Category: Italia storia e dintorni,Monolandiagiorgio @ 00:17

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L’Italia è una creazione dei Rothschild! Queste letture, per iniziare, dovrebbero rendere l’idea:

 

Per i banchieri dei Re un avventura di quattro secoli – In una lettera alla sorella di Luigi Filippo, Talleyrand, allora ambasciatore a Londra, scrisse il 15 ottobre 1830:

Il ministero britannico è sempre messo al corrente di tutto da Rothschild da dieci a dodici ore prima dei dispacci di Lord Stuart (l’ ambasciatore a Parigi). Le loro navi non imbarcano passeggeri e salpano con qualsiasi tempo“.

I Rothschild non si fanno scrupoli, combattono senza mezze misure chi minaccia di intaccare il loro potere e non si lasciano fermare nemmeno dalle guerre, anzi le loro capacità sono tali che riescono ad essere al contempo i banchieri di Cavour e di Metternich e la loro spregiudicatezza è pari alla loro abilità.” fonte:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/02/20/per-banchieri-dei-re-un-avventura-di.html    

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Gen 10 2013

GIUSEPPE VERDI: L’UNITÀ SARÀ LA NOSTRA ROVINA!!!

Category: Italia storia e dintorni,Regno delle Due Siciliegiorgio @ 00:11

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Mai furono più attuali le parole di Giuseppe Verdi, appena 7 anni dopo l’Unità d’Italia.

 

Una lettera,  pochissimo  conosciuta  e  diffusa,  scritta da Giuseppe Verdi il 16 giugno 1867,  sette anni dopo l’Unità d’Italia,  all’on. mantovano  Opprandino Arrivabene.   Entrambi erano stati eletti parlamentari nel primo parlamento del Regno.

 

«Cosa fanno i nostri uomini di Stato? Coglionerie sopra coglionerie!

Ci vuol altro che mettere delle imposte sul sale e sul macinato e rendere ancora più misera la condizione dei poveri.  Quando i padroni dei fondi non potranno,  per troppe imposte, far più lavorare, allora moriremo tutti di fame.

Cosa singolare!

Quando l’ Italia era divisa in tanti piccoli Stati, le finanze di tutti erano fiorenti!

Ora che tutti siamo uniti, siamo rovinati.

Ma dove sono le ricchezze d’ una volta? Addio, addio»

 

Lettera  che fa il paio con un’altra datata 2 settembre 1899 del sen. potentino  Giustino Fortunato al sen. napoletano  Pasquale Villari.

 

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Sen. Giustino Fortunato

 

« L’unità d’Italia è stata e sarà – ne ho fede invitta – la nostra redenzione morale.

Ma è stata, purtroppo, la nostra rovina economica.

Noi eravamo, il 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole.

L’Unità ci ha perduti.

E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all’opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali.»

 

 

Della serie: stavamo meglio quando eravamo…. single!

 


Dic 04 2012

LEGGI RAZZIALI: CHI E’ SENZA RAZZISMO SCAGLI LA PRIMA PIETRA

 

L’Italia e la sua svolta antiebraica

 

di Gianfredo Ruggiero

 

Le leggi del ‘38 furono una vergogna nazionale la cui responsabilità ricade interamente su Mussolini e su quanti, per ignavia o servilismo, nulla fecero per evitarle. Il rispetto per le vittime della discriminazione razziale non può e non deve però impedirci di affrontare l’argomento con il dovuto distacco e la necessaria serenità di giudizio. Per troppi anni la storia è stata viziata da pregiudizi e comodi schematismi che ci hanno portato lontano dalla verità. La stessa storia del popolo ebraico è costellata di stragi e persecuzioni a causa di un pregiudizio – accusa dei cattolici di aver ucciso Gesù – cui se ne sono aggiunti altri nel corso dei secoli (usura, internazionale ebraica per dominare il mondo attraverso il controllo delle economie nazionali, devianza sessuale per la pratica della circoncisione definita un patto con Cristo attraverso il pene, ecc.).  Hitler in definitiva non ha inventato nulla, ha semplicemente portato alle estreme conseguenze, in modo raccapricciante e disumano, quell’antiebraismo figlio del pregiudizio, ancor oggi presente.

 

Come hanno riconosciuto autorevoli storici del calibro di George L. Mosse, docente dell’Università ebraica di Gerusalemme, l’autore de “la nazionalizzazione della masse” la più completa opera sul fenomeno dei totalitarismi contemporanei (ed. il Mulino, Bologna 1975), Renzo De Felice, il più profondo conoscitore della storia degli ebrei sotto il fascismo (ed. Einaudi, Torino 1993) e il rabbino Elio Toaff nel suo libro “ essere ebreo” (ed. Bompiani, Milano 1996, pag. 134), tra i Paesi europei l’Italia è uno di quelli che meno ha conosciuto il razzismo.

 

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Nov 13 2012

LA MARCIA SU ROMA

 

 

28 OTTOBRE 1922

 

A seconda della convenienza la marcia su Roma viene presentata come un colpo di stato incruento o come un tentativo di insurrezione armata. Tesi sballata la prima in quanto i golpe li fanno i militari e in totale segretezza, l’esatto contrario della marcia su Roma che fu una manifestazione pubblica e ampiamente propagandata; versione fantasiosa la seconda: non fu sparato un solo colpo e versata una sola goccia di sangue. In quei giorni la vita a Roma, come nel resto d’Italia, proseguì nella totale normalità e indifferenza. Le fabbriche, le scuole, i negozi e gli uffici pubblici rimasero aperti. L’occupazione fascista di alcune Prefetture furono dei semplici atti simbolici che non impedirono al personale di proseguire nella loro attività, inoltre  sarebbero bastate quattro fucilate dell’esercito (la capitale era difesa da 28.000 soldati) per disperdere i pericolosi sovversivi “armati” di manganelli e qualche schioppo residuato bellico.

 

In realtà, nonostante la sua successiva mitizzazione, la “marcia” fu essenzialmente una parata che, come vedremo, non influì minimamente sulle sorti politiche dell’Italia.

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