Ago 07 2012

UCCIDETE TUTTI I PRETI!: PARROCI DI CAMPAGNA NEL MIRINO DEI PARTIGIANI NELLE “RADIOSE GIORNATE” DELLA PRIMAVERA DEL ’45

Don Francesco Venturelli, arciprete di Fossoli, uno dei tanti… 

Per i comunisti i parroci erano tra gli oppositori più efficaci, quindi molto pericolosi.

Avevano confessionali in cui sapere anche la verità sulla violenza rossa che, fuori, nessuno osava dire.

Avevano pulpiti da cui parlare e condannare, gente ad ascoltare. Erano organizzati con oratori, consigli comunali, formavano diocesi.  Quattro volte più numerosi di oggi, erano disseminati ovunque. Più dei carabinieri, più dei farmacisti. Persino più delle case del popolo. E se la loro parrocchia disponeva di benefici terrieri, ebbene, erano da odiare due volte, una perché preti, l’altra come padroni, e rientravano perciò doppiamente in quell’assunto che, dalla fine della guerra, girò per anni tra le squadre d’azione comunista, in cellula e nelle case del popolo:

«Se dopo la liberazione ogni compagno uccidesse il proprio parroco e ogni contadino il padrone, il problema sarebbe già risolto».

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Ago 03 2012

IL BANDITO GIULIANO E IL DISCORSO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE DEL 1948

Salvatore Giuliano

Pubblichiamo, di seguito, il discorso manoscritto che il bandito Giuliano avrebbe dovuto pronunciare ad una emittente radiofonica, in occasione delle elezioni politiche del 18 aprile 1948. Le consultazioni  si svolsero dopo un anno di rinvii dovuti alla convinzione che l’Italia, così come era uscita dal referendum istituzionale del 2 giugno 1946, sarebbe stata consegnata alle forze socialcomuniste. Perciò la data fissata per il voto degli italiani slittò dalla fine del 1946 alla fine del 1947 e da qui alla primavera dell’anno successivo. Una paura non infondata che animò i ceti latifondistici e imprenditoriali spingendoli verso il neofascismo o quei partiti centristi che, come la Democrazia cristiana, aspiravano a estromettere la sinistra dal governo De Gasperi.

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Dic 29 2009

Garibaldi l’invenzione per unire l’Italia

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 08:15

garibaldi

Una figura  vicina al popolo, che  conduceva  la guerra con trucchi,  astuzie  e inganni. Un uomo servo utile del progetto massonico, cui le logge riservarono  sempre onore e protezione

Che storta e mito spesso procedano parallelamente e che la prima debba fare i conti con il secondo era cosa già nota alla storiografia  antica, come dimostra la celebre affermazione con cui Tito Livio inizia la sua “Historia ad Urbe Condita. Dinanzi alla necessità di  prendere posizione rispetto ai miti  che circondavano la fondazione di Roma, lo storico patavino appare diviso tra il rispetto dei miti tradizionali e le esigenze della storiografia  razionale, ma risolve l’apparente contraddizione affermando che  una città grande come Roma aveva bisogno di grandi miti che ne nobilitassero le origini umili. Livio esprimeva in termini letterari quella che era ed è la consapevolezza di sempre.

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Nov 23 2009

Aprile 1849: La Rivoluzione di Genova

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 05:33

stemmagenova

DELLA RIVOLUZIONE di GENOVA

Nell’aprile del 1849

esposta

NELLE SUE VERE SORGENTI

MEMORIE e DOCUMENTI

Di un testimonio oculare

ITALIA

-1850-

AL LETTORE ITALIANO

L’autore di queste memorie fu testimonio dei fatti e intende narrarli con interezza e senza studio di parte. Niuno finora, ch’ ei sappia, cercò indagare il concetto che ingenerò la vigorosa manifestazione di Genova, e la verità soffocata pria dal cannone, venne quindi a gara stuprata dalle noti ufficiali e da prezzolati scrittori; poi lo stato d’assedio e le speciali nostre condizioni  posero un bavaglio alla bocca di chi con liberi intendimenti di cittadino poteva farsene raccontatore.

Ma il regno della spada ha pure il suo fine e giunge  il dì che la parola del vero trionfa le potenti menzogne. Chi scrive non appartiene a setta, a fazione di sorta, i nomi di moderato o di fanatico, gittati ad arte in mezzo a noi per dividerci, non gli si affanno in nessun modo; ei non riconosce che una patria Italiana e come tale scrive per istenebrare con l’ingenua narrazione degli avvenimenti, gli illusi ed i lontani; scrive perchè le battiture di un muto servaggio non lasciarono campo a smentire le bugiarde asserzioni di chi ingrassa nel rimpianto del popolo; scrive perchè la protesta di Genova contro l’alleanza coll’Austria verrà registrata con nobile orgoglio nelle istorie d’Italia, quando Italia sarà risorta a dignità di Nazione.

Marsiglia, novembre 1849.

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Nov 22 2009

Ultimo addio: era uno dei 600.000

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 10:45

Sulle pareti di una galleria delle Tofane, un anonimo soldato scrisse:

«Tutti avevano la faccia del Cristo, nella livida aureola dell’elmetto,

tutti portavano l’insegna del supplizio nella croce della baionetta,

nelle tasche il pane dell’Ultima Cena,

e nella gola il pianto dell’ultimo Addio».


Nov 22 2009

Vittorio Emanuele III: cedette al Duce e abbandonò il Paese alla guerra civile

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 09:51

vittorio emanuele

RISORGIMENTO.   L’ALTRA  VERITA’

Si conclude, con la puntata numero  17, il lungo saggio  di Lorenzo Del Boca  sulla storia del Risorgimento.  Al centro di questa sezione la figura di Vittorio Emanuele III,  “re sciaboletta”,  il sovrano di cui l’agiografia coniò il mito  del  “re soldato” durante la prima guerra mondiale

Quando si trattò di fronteggiare la “marcia su Roma”, l’unica sua  preoccupazione fu che il duca d’Aosta potesse essere insediato sul trono dai fascisti.  Per il resto, lasciò che  la violenza di piazza avesse la meglio sulle  istituzioni e non si preoccupò neppure di perdere molte prerogative

La leggenda del “re soldato” nacque con le prime cannonate.  La sera del 25 maggio 1915, Vittorio Emanuele III,  alla stazione di Roma,  venne salutato dal capo del governo Antonino Salandra, quando già teneva un piede sul predellino del treno diretto verso la frontiera austriaca.  Aveva fretta di raggiungere le zone di guerra ma non si fece accompagnare troppo vicino.  Preferì stare alla larga da Udine dove il generale Cadorna aveva acquartierato i suoi comandi e, per vivere il tempo del conflitto mondiale, scelse Torreano di Martignacco che gli consentiva di starsene in disparte, defilato e, per certi versi, assente.

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Nov 17 2009

La Grande Guerra quella burocrazia ottusa che intralciava la guerra

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 20:12

Prima guerra mondiale

Si conclude lo parte relativa al primo conflitto mondiale del saggio sul Risorgimento di Del Boca. Vengono presentate ulteriori testimonianze e documentazioni sulle condizioni terribili in cui dovevano vivere e morire   i militari italiani sui i fronti che  li contrapponevano all’Austria

Se un  militare veniva ferito, gli  prendevano l’arma che finiva nel deposito del battaglione, quindi la si spediva al magazzino della brigata e poi  finiva a Firenze, che funzionava come centro di smistamento. Quindi iniziava il  “viaggio di ritorno”, tra carte, bolli e timbri di ogni genere

Prosegue la descrizione delle condizioni dei militari italiani sul fronte della Grande Guerra.

Intorno a quella gobba di terreno,  c’erano dozzine di cadaveri con le gambe rattrappite, le unghie che ghermivano ancora la giberna o il calcio del fucile,  riversi nella fanghiglia nella stessa posizione di quando erano crollati.

Alcuni  «guardavano» verso gli austriaci ma gli altri  erano girati verso le trincee italiane.  Per qualche giorno gli occhi sembravano fissare un punto lontano,  ancora carichi di stupore e, forse, di speranza.  Poi diventavano orbite vuote in una carne livida,  con le mascelle denudate come se volessero sghignazzare per dispetto.

Almeno due di quei poveracci avevano delle bende sul capo. Significava che erano già stati feriti precedentemente e, con la testa rotta, li avevano rimandati in prima linea, in ossequio al principio che il dovere doveva essere fatto per intero.  «Miseranda carne umana ghermita senza rimedio»

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Nov 16 2009

La Grande Guerra l’infermo delle trincee al comando di ufficiali senza nessuna umanità

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 16:42

soldati

Un conflitto in cui i soldati erano considerati come semplice “carne da cannone”  e sacrificati dai capi senza nessuna autentica esigenza strategica.

La guerra si rivelò una lunga serie di inefficienze, menzogne e mosse senza alcun  costrutto  sui campi di battaglia che la storiografia ufficiale  nasconde o minimizza,  tutta basata com’è su una narrazione “alta” delle vicende,  all’insegna delle “grandi” battaglie e dei “grandi” numeri”.

Nemmeno i gironi dell’inferno potevano apparire più spaventosamente crudeli.

L’esercito austro-ungarico e quello italiano  presero  posizione e – uno di fronte all’altro – cominciarono a scavarsi dei rifugi che, passo dopo passo, si svilupparono per tutta la lunghezza del fronte.  Con quello che avevano a disposizione – anche con le unghie – si tuffarono in una prima linea di trincee che stavano fisicamente in faccia al nemico;  alle spalle una fortificazione  più attrezzata; e, ancora più indietro, un altro serpente interrato con protezioni solide e le piazzole per le artiglierie.

CATACOMBE  A  CIELO APERTO

Erano delle catacombe a cielo aperto che si rincorrevano per centinaia di chilometri: un labirinto dopo l’altro, collegati fra loro da  piccole gallerie, che sbucavano in anfratti naturali e che,  poi,  continuavano inseguendo l’ansa di un fiume o la gobba di una delle tante montagne carniche.

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Nov 11 2009

La Grande Guerra: l’Italia in campo dopo il tradimento degli alleati

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 09:31

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RISORGIMENTO.  L’ALTRA VERITA’

Quando l’erede al trono austriaco, Francesco Ferdinando, venne  assassinato, il ministro degli Esteri italiano  scrisse di aver tirato  un sospiro di sollievo: infatti l’arciduca era coinvolto in una grossa,  speculazione immobiliare e il Governo di Roma doveva pagare

La  corsa agli armamenti e al conflitto avvenne in un contesto anticostituzionale, con una stragrande maggioranza che venne ignorata perché  pochi industriali e pochissimi politici avevano deciso che il Paese, del tutto impreparato, dovesse imbarcarsi in quell’ avventura bellica

Durante tutta la guerra, le corti marziali lavorarono a pieno ritmo,  spedendo davanti al plotone d’esecuzione una quantità di poveracci analfabeti che il fango delle trincee aveva mutilato: mentre sarebbero stati i generali e gli alti ufficiali a dover rispondere d’inefficienza

«Buone notizie dai Balcani… Forse, ci siamo  liberati di quella noiosa faccenda di villa d’ Este….»

Pur con una doverosa premessa dubitativa, fu proprio questo il commento del ministro degli esteri, Antonino di san Giuliano,  quando lo informarono che, a Sarajevo, un fanatico nazionalista aveva fulminato a rivoltellate Francesco Ferdinando, l’erede al trono d’Austria.

Immediatamente dopo l’attentato di Gavrilo Princip – già dalle prime ore del pomeriggio del 28 giugno 1914 – evidentemente  immaginando in quale trambusto diplomatico sarebbero precipitate, le cancellerie d’Europa si trovarono in preda a un’eccitazione prossima alla frenesia.

Ogni paese ebbe la necessità di rimodulare le proprie alleanze. Venne messa in scena una  rincorsa dai toni affannosi,  allo scopo di non perdere antiche amicizie e nel tentativo di accaparrarsene delle nuove.  Una girandola di messaggi – talora sornioni e persino,  melensi,   talaltra più  disinvolti e, addirittura, minacciosi –  dettero la misura della posta in palio.

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Nov 08 2009

A Roma la Breccia di Porta Pia: il Papa Re cede alla violenza dei Savoia

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 19:52

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RISORGIMENTO.  L’ALTRA VERITA’

La conquista della capitale pontificia: una decisione assunta in spregio agli obblighi morali e politici verso la  Francia, che aveva  sostenuto la causa dell’unità e ora era alle prese con il nemico  prussiano.

Il 12 ottobre 1867 una bomba targata “rivoluzione”  espose   sventrando  la caserma Serristori e uccidendo 23 membri del  “Corpo  musicale e  orfani di Roma”.  Un attentato che non provocò nessuna conseguenza insurrezionale tra la popolazione della città: insomma, una strage inutile.

La politica fiscale del nuovo Governo fu all’insegna della predazione:  non si toccarono pensioni e vitalizi dei soliti  privilegiati  e all’odiosa tassa sul macinato si aggiunse un balzello che veniva  calcolato  sulla base  della metratura delle finestre.  Nonostante questo il deficit peggiorava.

A ROMA

A Roma! Marciarono sulla capitale mettendo in scena la solita gag teatrale.

Si cominciò con la fucilazione di  Massimiliano d’Asburgo, in Messico, a opera del rivoluzionario Benito Juarez.

Benito Juarez:  e che c’entra?  C’entra!  Perché Juarez aveva espropriato la Chiesa sudamericana e il Parlamento di casa nostra, assecondando i suoi impulsi  anti-clericali, discusse e approvò una mozione a favore dei nuovi governanti  d’oltre Oceano, incoraggiandoli anzi a proseguire sulla strada di quelle loro riforme.

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Nov 04 2009

Custozza e Lissa malgrado due sconfitte il regno d’Italia si accaparra il Veneto

Category: Italia storia e dintorni,Veneto e dintornigiorgio @ 21:56

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RISORGIMENTO. L’ALTRA  VERITA’

La terza guerra d’indipendenza, 1866, preceduta da trattative tra  Italia e  Austria: prima Vittorio Emanuele II vuole acquistare le terre orientali pagando  un miliardo di lire – che non ha – e poi offrendo il figlio Umberto per sposare un’arciduchessa che porti in dote Venezia

 

Francesco Giuseppe, quando si rende conto della possibilità di un’alleanza anti – austriaca tra i Savoia e la Prussia, offre al Governo italiano la cessione del Veneto a Napoleone III, che a sua volta l’avrebbe poi “girato” a Vittorio  Emanuele:  ma questo rifiuta e sceglie la guerra

 

Il Veneto finirà nelle mani dei Savoia, nonostante la doppia sconfitta, solo grazie alla vittoria ottenuta dagli alleati  prussiani a Sadowa: e il  meccanismo sarà esattamente quello  previsto in  origine, cioè la cessione alla Fancia e il successivo trasferimento al Governo del regno d’Italia

 

L’Italia era “fatta” per dichiarazione unilaterale del Governo sabaudo. In realtà, precisare che lo era “quasi” non sarebbe, stato inopportuno.

I patrioti credevano che gli sforzi compiuti fino a quel  momento non fossero sufficienti: occorreva impegnarsi ancora un po’ per prendersi anche Venezia (con l’hinterland veneto e istriano) e Roma (con il Lazio che faceva ancora parte dello Stato pontificio).

Vittorio Emanuele II con le strategie diplomatiche che credeva di padroneggiare, tentò dapprima di  “comprarsi” la fetta orientale che gli mancava, offrendo un miliardo di lire di allora. Si trattava di una cifra spropositata che – con le debite proporzioni – nemmeno il cancelliere della Germania Federale, Helmut Koll, alla fine degli Anni 80 del  XX secolo, spese per acquisire la  Germania (sedicente) Democratica che era stata governata fino ad allora dai comunisti dell’Unione Sovietica.

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Nov 01 2009

Brigantaggio una guerra sporca nata dal giogo dei Savoia sul sud

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 10:08

brigantaggio

RISORGIMENTO.  L’ALTRA VERITA’

Dopo la cacciata dei Borboni dalle Due Sicilie, il nuovo Governo piemontese riuscì a rendersi cosi impopolare da scatenare un’insurrezione di popolo in piena regola: si formarono 400 bande agguerrite, con oltre 80mila  combattenti e almeno altrettanti impiegati nei “servizi ausiliari

I nuovi dominatori colpirono i patrimoni delle famiglie con sistematica rapacità per ricavare denaro ovunque. Qualche volta trascurarono  i potenti, specialmente se erano amici politici, ma non rinunciarono a guadagnare sulle  piccole proprietà e  si accanirono sulle minuscole

Quando sembrava che, la guerra del Risorgimento fosse finita ne cominciò un’altra che mise a dura prova l’esercito della nuova Italia.

Da Calatafimi al Volturno  le battaglie non erano state granché, soprattutto perché gli ufficiali borbonici ordinavano di ritirarsi quando sarebbe stato il momento di attaccare. Ma quando tutti pensavano a riporre le armi per gestire gli affari con più tranquillità, le campagne cominciarono a rivoltarsi.  Cafoni e contadini inneggiavano al re “Franceschiello” ma, in realtà, si dichiaravano per il passato regime soltanto per sottolineare che con il nuovo non volevano avere niente a che vedere.

UNO SCONTRO SENZA TREGUA

Lo scontro tra soldati regolari dell’esercito italiano e guerriglieri meridionali fu senza esclusione di colpi e senza tentennamenti. In dieci anni (dalla proclamazione del Regno d’Italia alla conquista di Roma del 1870) i morti si accatastarono a migliaia e le nefandezze – senza distinzione  fra regolari e partigiani – furono di tale portata da far rabbrividire.

«Cari sudditi, non vi  lasceranno neanche gli occhi per piangere».

Francesco II, in un anelito di compassione, l’aveva scritto al momento di lasciare il suo regno. Era una previsione quasi ovvia. Qualcuno era già piegato sotto il tallone del conquistatore.  Dopo la guerra “ufficiale” – si fa per dire – con scontri  “regolari” tra borbonici e garibaldini, ne era cominciata un’altra più nascosta, ma violenta e senza esclusione di colpi.

Nelle campagne, sulle montagne, attorno alle città, la gente si ribellava ai nuovi padroni. Li avevano sentiti, quando si presentavano come i campioni della libertà, proponevano la fine delle ingiustizie e quando promettevano di dividere i feudi per assegnare un pezzetto di orto ai contadini.  Ma poi, ancora provvisoriamente insediati, si accorsero che imponevano incomprensibili ordinamenti, che applicavano leggi importate direttamente da Torino e, soprattutto, che promuovevano una quantità di nuove tasse,

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Ott 28 2009

Quel parlamento antidemocratico rifiutato solo da Carlo Cattaneo

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 22:23

torino parlamento

RISORGIMENTO.  L’ALTRA VERITA’

Quando si votò per le elezioni della prima Camera del regno d’Italia andò alle urne solo lo 0,9 per cento della popolazione.  In più, il Governo intervenne a sostegno dei propri candidati. Vennero cosi marginalizzati gli uomini della sinistra, i clericali e i sostenitori delle vecchie dinastie.

Il Mezzogiorno era una  terra a rischio per i moderati filo-sabaudi e non solo perché era stata conquistata troppo di recente ma, piuttosto perché  i nuovi padroni, visti all’opera, erano riusciti in pochissimi giorni a far rimpiangere i  vecchi.  C’era da chiedersi: meglio  quando si stava peggio?

La politica aveva bisogno di sancire l’avvenuta Unità d’Italia sotto il segno dei Savoia.  Dunque, occorrevano elezioni su scala nazionale e un Parlamento che rappresentasse tutte le regioni della corona.

Con buon anticipo, Cavour scrisse all’allora ministro della Giustizia,  Battista Cassinis, per incoraggiarlo «a fare ogni sforzo onde si acceleri la costituzione delle circoscrizioni elettorali».  Con quale obiettivo?  «Vedendo modo di darei il minor numero possibile  di deputati napoletani».  Il conte Camillo non lesinò spiegazioni  «Non conviene nasconderci che avremo in Parlamento a lottare contro una formidabile opposizione e che dalla nostra forza relativa dipende la salute d’Italia».  I pionieri della patria, perciò, divisero le province in modo da ricavare una mappa dei collegi sulla base di criteri esclusivamente partigiani e clientelari.

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Ott 26 2009

Quella tangente di Mazzini inaugura il malcostume di una Italia disonesta

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 13:28

giuseppe mazzini

Giuseppe Mazzini

 

RISORGIMENTO.   L’ALTRA VERITA’

 

La sollecitazione del maestro del “pensiero e azione” si riferiva agli interessi di Adriano Lemmi, che partecipava alle manovre per l’assegnazione dello sviluppo delle ferrovie del Sud e servi per finanziare “Il popolo d’Italia”, un giornale napoletano di tendenza filo-repubblicana.

 

«lo soltanto vi dico che mentre altri farebbe suo prò di ogni impresa, egli mira a fondare la Cassa del partito e non la sua».  Nero su bianco, scritto su lettera intestata e autografato con la firma di Giuseppe Mazzini il quale, ricercato dalla polizia come rivoluzionario  aveva difficoltà a partecipare personalmente alle riunioni ma poteva “indirizzare” la discussione affidandosi a una quantità di amici che non gli mancavano.  Giuseppe Garibaldi e Francesco Crispi erano i destinatari e si affrettarono ad accontentare l’amico in esilio.

Difficile sostenere con certezza che questa fu la prima tangente dell’Italia finalmente unita. Allora -come oggi – la corruzione non veniva certificata con timbri e marche da bollo.  Tuttavia, in questo caso, il documento c’è ed è inequivoco. Accettando qualche margine di approssimazione, non è impossibile sostenere che gli affari sporchi sono cominciati con quella lettera di raccomandazione.

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Ott 23 2009

Palermo e Napoli conquistate con il tradimento e l’aiuto mafioso

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 13:51

garibaldi napoli

Grazie alle camicie rosse venne incoraggiata la partecipazione della malavita organizzata, che scese in campo per soccorrere i vincitori e che,  per la prima volta, entrò direttamente e per la porta principale nelle istituzioni italiane:  insomma, “picciotti” e “capibastone” patrioti…

Dunque, per conquistare il Regno delle Due Sicilie, si poteva contare sull’aiuto “peloso” di Vittorio Emanuele II e Cavour, sul consenso “pratico” dell’intelligence inglese, sul “contributo” della massoneria di Edimburgo e sul tradimento dei vertici militari borbonici: Mancava ancora qualcosa? Venne incoraggiata la partecipazione della mafia che scese in campo per soccorrere i vincitori e che,  per la prima volta, entrò di rettamente e per la porta principale nelle istituzioni italiane. Le grandi battaglie di oggi contro la malavita organizzata sono più difficili e più contorte anche perché, 150 anni fa, non si andò troppo per il sottile ad accreditare i banditi, vestendoli con il patriottismo tricolore.

UN ATTACCO SENZA DISCIPLINA

Dopo lo sbarco a Marsala, la prima battaglia combattuta avvenne il 15 maggio 1860.  I libri di storia indicano il luogo dello scontro a Calatafimi.  In realtà, Calatafimi era abbastanza distante. Senza correre il rischio di apparire pignoli, ma pretendendo qualche precisione e volendo mettersi d’accordo – almeno! – con la carta geografica,  lo scontro avvenne a “Pianto Romano”:  “Pianto” nel senso  che era  stata realizzata  una piantagione  di  vite  a  “Romano”

Garibaldi si alzò di buon mattino per bere il caffé.   Le cronache – non si sa quanto compiacenti – registrarono che  «fischiettava come un innamorato».  Dall’altra parte il generale Francesco Landi, con i suoi settanta anni compiuti, le varici alle gambe, la schiena in subbuglio e i calli ai piedi, non potendo correre il rischio di montare a cavallo,  raggiunse in carrozza il luogo destinato al combattimento.  Con calma.  Aveva impiegato sei giorni per coprire una trentina di chilometri.

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