Gen 11 2017

INTERVISTA ALL’ARCHEOLOGA PREISTORICA VERONESE LAURA LONGO

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Laura Longo durante una campagna di scavo

 

 

La Dottoressa Laura Longo  (nata a Verona nel 1961)    è qualificata come archeologo preistorico e svolge la professione di Conservatore di Preistoria presso il Museo di Storia Naturale di Verona. La abbiamo intervistata per voi.

 

Qual’è stato il suo percorso formativo?

 

Laurea in Scienze Naturali presso l’Università di Ferrara, Master in Archeologia all’University College di Londra, un primo Dottorato in Antropologia presso l’Università di Bologna, Master in Tecnologia Preistorica e Archeologia Sperimentale, presso l’Accademia delle Scienze di S. Pietroburgo, un secondo Dottorato in Sc. Della Terra e Preistoria presso l’Università di Siena.

 

E il suo percorso professionale?

 

Post-doc all’Università di Milano e presso la Southern Methodist University di Dallas; Borsista UE progetti FP3 e FP4 per 3 anni (in varie sedi europee, Valbonne, Tarragona, Atene, Lisbona), e dal 1998 Conservatore di Preistoria al Museo di Storia Naturale di Verona.

 

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Dic 16 2016

SEBASTIAO SALGADO: FOTOGRAFIA IN VIA DI ESTINZIONE, RESTERÀ SOLO L’IMMAGINE

Category: Fotografie e immagini,Persone e personaggigiorgio @ 00:05

 

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Sebastião Salgado è un fotografo brasiliano che, attualmente, vive a Parigi. È considerato il più grande fotografo a livello mondiale dei nostri tempi.

 

 

La fotografia è in via di estinzione: le restano al massimo 20 o 30 anni di vita. A sostenerlo è il fotografo brasiliano Sebastiao Salgado, tra i più premiati e apprezzati al mondo.

 

Per il 72enne Salgado, che per quattro decenni ha viaggiato per dare un volto alle popolazioni degli angoli più remoti del mondo e per immortalare le bellezze nascoste dei cinque continenti, in futuro la fotografia sarà sostituita dalla “immagine”, linguaggio a suo avviso estraneo alla qualità , all’arte e alla memoria. “La fotografia sta soccombendo perché ciò che si vede su Instagam o sui telefoni cellulari non è fotografia. La fotografia è un oggetto materializzato che si stampa, si ha, si guarda”, ha dichiarato Salgado in un confronto con un gruppo di giornalisti, durante una cerimonia in suo omaggio a Rio de Janeiro.

 

“La fotografia – ha proseguito Salgado – è ciò che i tuoi genitori hanno fatto quando tu eri bambino. E’ qualcosa di intrinseco, che si tocca. Oggi esistono solo immagini e le immagini non sono fotografia”, ha concluso l’artista. “Il processo di eliminazione della fotografia è in corso”.

 

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Dic 12 2016

FAR SANTA LUSSIA SU PAR I NOSTRI MONTI DE ‘NA OLTA

 

SANTA LUCIA, I VECCHI RICORDI  DI  UNA VOLTA 

 

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Santa Lucia di Pol di Pescantina

 

 

Secondo la tradizione popolare veronese, intorno al XIII° secolo, in città, in particolare tra i bimbi, era scoppiata una terribile ed incurabile epidemia di “male agli occhi”.

La popolazione decise allora di chiedere la grazia a santa Lucia, con un pellegrinaggio a piedi scalzi e senza mantello, fino alla chiesa di S. Agnese, dedicata anche alla martire siracusana, posta dove oggi c’è la sede del Comune: Palazzo Barbieri.

Il freddo spaventava i bambini che non avevano nessuna intenzione di partecipare al pellegrinaggio. Allora i genitori promisero loro che, se avessero ubbidito, la santa avrebbe fatto trovare, al loro ritorno, tanti doni. I bambini accettarono ed iniziarono il pellegrinaggio; poco tempo dopo l’epidemia si esaurì.

Da quel momento è rimasta la tradizione di portare in chiesa i bambini, per la benedizione degli occhi, il 13 dicembre e ancora oggi, la notte del 12 dicembre, i bambini aspettano l’arrivo di S. Lucia che porta loro gli attesi regali in sella ad un asinello accompagnata dal Castaldo, l’aiutante. Si lascia un piatto sul tavolo con del cibo con cui ristorare sia lei che l’asinello prima di andare a dormire. In quella sera i bambini vanno a letto presto e chiudono gli occhi, nel timore che la santa, trovandoli ancora svegli, li accechi con la cenere.

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Dic 07 2016

ALESSANDRO SALLUSTI: “UN GIORNO RENZI MI TELEFONÒ INSULTANDOMI”

Category: Media e informazione,Persone e personaggigiorgio @ 07:54

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Alessandro Sallusti 

 

 

Il direttore de il Giornale si è “sbottonato”, svelando i lati più intimi della sua vita. L’ostinato difensore di un pensiero “altro”, controcorrente e contro le mode imperanti, notoriamente impassibile, si racconta.

 

Gli esordi, ovvero: un direttore già da bambino. «Il primo giornale penso di averlo disegnato per le vie di Como, a 9 o 10 anni. Faccio il mestiere che ho sempre sognato di fare, più per fortuna che per merito, questo è davvero un dono di Dio. Ero un bambino inquieto e insoddisfatto. Per questo ho preso tante di quelle botte da mio padre…».

 

Il passato ingombrante. «Mio nonno è stato un ufficiale dell’esercito, passato alla Repubblica Sociale, poi fucilato. Questa storia ha sempre gravato sulla mia famiglia, come un peso insormontabile».

 

Il Battaglione San Marco: il militare necessario. «Non sono mai stato uno studente modello. Ho fatto l’Istituto tecnico e in anni in cui tutti erano ammessi agli Esami di Stato, mi fermarono. Una vergogna. Immediatamente mi diressi allo sportello del distretto militare. Mi dissero che se firmavo come volontario per il Battaglione San Marco avrei potuto partire dopo due settimane. Firmai. Il militare ha cambiato la mia vita in modo determinante, per questo penso che sia necessario ripristinare la leva obbligatoria. E quando penso ai nostri marò, beh, penso che questo Paese ha ormai perso il senso dell’onore».

 

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Dic 03 2016

ZAHI HAWASS, L’ULTIMO FARAONE D’EGITTO

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Zahi Hawass

 

 

Per conto dello Spiegel, Matthias Schulz traccia un interessante quadro sulla personalità di Zahi Hawass, il segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie.

 

Sono le 5 di mattina e Zahi Hawass entra nel suo SUV, diretto a una conferenza stampa nell’Oasi di Bahariya.  Le strade del Cairo sono ancora vuote e bisogna affrettarsi per evitare il traffico mattutino.  Hawass ha già avuto un infarto e da allora fuma solo pipe ad acqua. Riferendosi all’autista, dice: “Se rallenta, lo licenzio”.

 

Gli piace chiamare i suoi oppositori “stronzi”, ma nessuno ha problemi col suo carattere. In realtà egli gode di una sorta di licenza che gli permette di essere volgare e arrabbiato e le regole le definisce lui stesso. Lui è il protettore finale di tutti i monumenti del paese.

 

Con un abbigliamento che ricorda Indiana Jones,  Hawass è famoso nel mondo grazie alla presenza costante in TV. È lui stesso a spiegare senza esitazioni il suo narcisismo. Sull’incontro con Obama lo scorso giugno, Hawass rivela: “Gli dissi che George Lucas venne qui per scoprire perchè il mio capello è diventato più famoso di quello di Harrison Ford”. Oppure, quando gli venne mostrata l’impaginazione del suo ultimo libro, commentò: “Ok, ma dovete stampare il mio nome in caratteri più grandi”. E infine: “Non sono solo famoso negli Stati Uniti, ma anche in Giappone e, per la verità, ovunque”.

 

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Ott 26 2016

PREVEDERE I TERREMOTI: GIAMPAOLO GIULIANI AVEVA RAGIONE, L’INGV SCOPRE IL RADON

Category: Monolandia,Natura e scienza,Persone e personaggigiorgio @ 00:28

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E la Chiesa si rese conto che non era il sole a girare intorno alla Terra, semmai il contrario.

Meglio tardi che mai. Peccato che non sia stato indolore: diffamazioni plurime, denunce per procurato allarme, 300 morti che potevano essere evitati, fiumi di intercettazioni, canzonamenti dell’intellighenzia di sta minchia, insulti, ostruzionismo, interviste RAI censurate, servizi di Superquark di minzoliniana memoria, e chi più ne ha più ne metta.

 

Questo è il prezzo dell’antica specialità olimpica del nuoto controcorrente: gli altri sono costretti a fare tripli avvitamenti carpiati con torsione dell’evidenza per difendere l’indifendibile – e per continuare a farsi gli affaracci loro indisturbati – e tu remi contro tutti. E non si sa perchè: in fondo basterebbe parlarsi e smetterla di giocare a chi ha la cresta più colorata del pollaio.

Italians, direbbero all’estero, e infatti lo dicono.

 

Prima di un terremoto il gas radon puo’ aumentare o diminuire.

 

Queste le conclusioni di uno studio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dell’Universita’ Roma Tre che ha permesso di isolare i meccanismi fondamentali che determinano la diminuzione e l’aumento del rilascio del gas radon prima di un terremoto.

Il lavoro in fase di pubblicazione su Geophysical Reaserch Letters (GRL) e’ stato finanziato dal progetto ‘TRIGS‘ (http://www.trigs.eu/ ),  sotto il sesto programma quadro della Commissione Europea e del ‘New and Emerging Science and Technology Pathfinder’.

Il lavoro spiega che la diminuzione di gas radon puo’ essere il precursore di processi di fratturazione e quindi anomalie negative di rilascio di gas dovrebbero essere considerate indicatrici di imminenti rotture.

 

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Ott 13 2016

EUGENIO SCALFARI, QUELLA VUOTA «PIENEZZA DI SÉ»

Category: Media e informazione,Persone e personaggigiorgio @ 00:31

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Il senatore a vita Eugenio Scalfari

 

 

Una volta chiesi a Montanelli un giudizio su Eugenio Scalfari. «Non è dei nostri», rispose senza esitazione il grande Indro, intendendo dire che non è un giornalista. Il suo stile è orripilante: ciceroniano, ore rotundo, privo di capacità di sintesi, involuto, avvocaticchio, retorico, pomposo, magniloquente, sussiegoso, oracolare. E corrisponde perfettamente all’uomo.

 

In un libro senile, Incontro con io, con ambizioni penosamente filosofiche, ha scritto: «Ho finalmente raggiunto la pienezza di me». Non osiamo immaginare, perché pieno di sé Scalfari lo è sempre stato. Parlando, come suole, ex cathedra, non ha mai rinunciato a impartire lezioni, soprattutto di morale; in particolare ai colleghi. Del suo giornale ha scritto: «La qualità culturale e morale di Repubblica non ha riscontro con nessun fenomeno analogo nel giornalismo italiano (…) i suoi lettori rappresentano il meglio della società».

 

Questa boria incontrollata lo ha esposto anche a figuracce incresciose. Nel 1969, quando era deputato socialista, un vigile osò fargli una multa alla Stazione centrale di Milano perché aveva parcheggiato la macchina in sosta vietata. Lui esplose nel più classico e italico: «Lei non sa chi sono io!» e gli scagliò contro l’Espresso, dove il vigile figurava come l’emblema del potere arrogante e protervo e lui, Scalfari, come il cittadino inerme.

 

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Set 20 2016

“LA LETTERA DI GARIBALDI A COLLODI”: MI CHIAMO JOSEPH MARIE GARIBALDI’ E, CONTRARIAMENTE, A QUANTO PENSANO MOLTI, SONO E MI SENTO FRANCESE.

 

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Et Voilà!! Garibaldi si confessa!!

 

“LA LETTERA DI GARIBALDI A COLLODI” NEL ROMANZO “LE CONFESSIONI DI JOSEPH MARIE GARIBALDI'” DI FRANCESCO LUCA BORGHESI

 

Quella che stiamo per pubblicare è la “lettera scritta” da Giuseppe Garibaldi, o per meglio dire Joseph Marie Garibaldi, che pochi giorni prima di morire inviò al professor Carlo Lorenzini, meglio conosciuto come Carlo Collodi.

E’ tratta dal romanzo “Le confessioni di Joseph Marie Garibaldì“, di Francesco Luca Borghesi. (2014)

 

Giuseppe Garibaldi, qualche giorno prima di morire, scrive una lunga lettera allo scrittore Carlo Lorenzini, noto come Carlo Collodi, l’autore di Pinocchio.

Si dichiara francese, a partire dal nome, Joseph Marie Garibaldì (accento sulla i finale), e mostra rimorso verso tutte le ingiustizie che vennero perpetrate nel nome di un’Italia che mai venne ad essere una nazione unita.

Una storia non agiografica, che si discosta in modo deciso dalle versioni ufficiali sull’Unità d’Italia e la Spedizione dei Mille.

Una interpretazione degli eventi che getta una luce nuova, che costringe a riflettere su un revisionismo che, se non stridesse con gli interessi attuali, sarebbe degno di esami e valutazioni oggettive. Il nostro, spogliatosi della veste d’eroe, chiede giustizia alle vittime tramite Collodi, confessandosi ad uno dei parlamentari del nuovo Stato unificato.

La giustizia potrà essere dunque una meticolosa ricostruzione di ciò che fu e che non doveva essere. La storia chiede giustizia.

 

 

 

«Illustrissimo professore Carlo Lorenzini,

 

Scrivo con rispetto e gratitudine a Voi che decideste di farmi cosa grata riportando le mie memorie al popolo di una penisola che mai amai come avrei potuto, che mai difesi come avrebbe meritato.

 

Una penisola che non fu mai e mai sarà la mia patria.

 

Una penisola meravigliosa che io non solo non unificai, se non unicamente al nome, ma che addirittura divisi, e, per mia colpa, divisa sarà per sempre.

 

[…] codesto giorno, trentuno maggio ottantadue del secolo milleottocento, sono a ricordare la mia vita trascorsa, in attesa che venga definitivamente compiuto il mio destino […] forse non temo neppure: diciamo che attendo che presto sia fatta giustizia e chi mai può sapere se dopo la morte vi sarà giustizia?!

 

Voi infatti penserete che io sia felicemente italiano: se così fosse le sorprese non vi mancheranno.

 

Se vi aspettavate un patriota, troverete un avventuriero.

 

Se vi aspettavate un probo, troverete un dissoluto.

 

La spedizione dei mille fu realmente la più vile porcata che il suolo della penisola possa aver mai vissuto e, a questo punto, spero che mai sia costretta a rivedere.

 

La mia vita era rivolta alla ricerca di fama e ricchezza: mi venne in mente di unificare l’Italia in quanto sarei potuto diventare potente e ricco.

 

Cercai appoggi, soldi e falsi ideali su cui far leva e trovai qualcuno che, dopo avermi usato, mi mise da parte.

 

Diciamo subito e senza giri di parole: il patriottismo in Italia non è mai esistito.

 

Mi ricordano tutti come il patriota Giuseppe Garibaldi, ma queste sono voci, magari leggende, ma certamente menzogne.

 

Mi chiamo Joseph Marie Garibaldi e, contrariamente, a quanto pensano molti, sono e mi sento francese.

 

[…] l’Italia del Nord depredò Italia del Sud con atti di ferocia tale che mai potrà essere cancellata ed ancora accade mentre sto scrivendo…».

 

 

Sono passati 154 anni, accade ancora oggi…

 

 

 

 

Fonte: Ferdinando Guarino – Napolistyle.it

Link: http://www.napolistyle.it/notizia/13123/cultura/la-lettera-di-garibaldi-a-collodi-nel-romanzo-le-confessioni-di-joseph-marie-garibaldi-di-francesco-luca-borghesi.html

 

 

 

L’autore

Francesco Luca Borghesi, classe 1969, originario di Marina di Ravenna da parte di padre, croato da parte di madre. Scrittore prevalentemente comico ha vinto il premio “Massimo Troisi” nel 2008 per il miglior racconto. Nel 2009 esce, edito da Comix, il racconto “Un giorno – ventiquattrore”. Nel 2010 viene pubblicato il libro umoristico e dissacrante “Comicamore”, edito da Cento Autori. Alla fine dello stesso anno viene presentato a Roma, per le edizioni Liux il libro comico “Il Professore”. Nel 2011 collabora al testo di Tito Buffolini per Rocco Barbaro “Che fine ha fatto Pete Best?”. Nel 2012 pubblica “Didi, la storia di Marina”. Collabora con alcune radio. Nel 2014 pubblica “Le confessioni di Joseph Marie Garibaldi”

 


Set 19 2016

I NONNI LASCIANO LE LORO TRACCE NELL’ANIMA DEI NIPOTI

Category: Persone e personaggi,Veja migiorgio @ 08:52

 

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Ci sono persone che sono punti cardinali, I nonni appartengono a questa categoria, ecco perchè..

  

I nonni simbolizzano un’unione generazionale, MA PERCHE’? ECCO ALCUNI MOTIVI..

 

RAPPRESENTANO I RICORDI

 

Sono i nostri ricordi pieni di compiacenza, di divertimento e di tenerezza. Storie piene di risvolti inattesi, di capelli bianchi che ondeggiano al vento ed occhi che brillano al sole durante una passeggiata in cui si sente il calore di mani che donano amore e comprensione.

Il loro regalo migliore e più grande: le radici che segnano nel cuore dei nipoti un’impronta emotiva.

 

SONO EDUCATORI

 

Lo stile educativo dei nonni ha importanti benefici per un bambino. Perché? Perché i nonni e si prendono cura dei nipoti e trasmettono loro numerosi insegnamenti come:

 

Interessi (giardinaggio, cucinare, andare a fare passeggiate, etc).

Tradizioni e storie familiari: i bambini sono affascinati dai racconti sui loro genitori da piccoli.

Esperienza accumulata: permette d’insegnare uno stile di crescita tremendamente positivo, del quale i bambini vengono impregnati.

 

SONO POSITIVI.

 

I nonni sono molto meno critici e si concentrano più sulle cose che vanno bene che su quelle che vanno male, sottolineando così le forze del bambino più che le sue debolezze.

Un’altra bella caratteristica dello stile educativo dei nonni è che aiutano i nipoti ad essere indipendenti dai genitori, così come a socializzare con persone di diverse età.

 

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SONO AMORE.

 

È davvero sorprendente l’amore che assorbono i bambini tramite le caramelle donate, le paghette date di nascosto, le migliori sorprese, le cene speciali, i 4 pasti diversi per 4 nipoti diversi, il regalino improvviso e gli occhiolini di complicità.

 

Con queste parole si può pensare che i bambini vogliano bene ai propri nonni per quello che ricevono e non per quello che sono, ma in realtà i nipoti adorano i pomeriggi in compagnia dei nonni per quello che significano.

 

L’amore dei nonni verso i nipoti è così immenso che non possono evitare di dimostrarlo in tutti i modi possibili:  con la cucina, i regali, i dolci, la presenza, i baci, le tasche piene per non privarli di nulla, con l’attenzione e la cura emanate per tutta la casa.

 

Nessuno può guardare i nipoti con tanta dolcezza come i nonni che se ne prendono cura; nessuno riuscirà a meravigliarsi tanto del passare degli anni, così come dell’impronta che prende forma.

 

Per questo motivo, le cure dei nonni riflettono un amore puro pieno di allegria ed obiettivi.

Un affetto che forma i bambini, che li protegge in modo unico, non sempre comprensibile ed indescrivibile.

 

Questo è il motivo per cui i nonni che si prendono cura dei bambini lasciano un segno incancellabile nella loro anima, un’unione emotiva.

 

Fonte: da NOTIZIE UTILI.IT

Link: http://notiziautile.altervista.org

 


Ago 28 2016

LAGER E DEPORTAZIONE – LA TESTIMONIANZE DI MILO NAVASA

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(Milo Navasa. Nato a Venezia il 12.05.1925; morto a Verona il 14.02.2009)

 

Arresto: 13 dicembre 1944 a casa

Carcerazione:  Verona: al comando SS, al Forte di San Leonardo e al Forte di San Mattia

Deportazione: Bolzano,

Liberazione: 01.05.1945 a Bolzano

 

R: Buongiorno. Mi chiamo Milo Navasa, sono nato a Venezia il 27 maggio  1925. Figlio unico e abitavamo a Verona da parecchi anni. Mio papà lavorava  alla Telve e io ero studente, scuole normali, liceo ecc.

 

Il 13 dicembre 1944 di notte abbiamo sentito un fracasso infernale giù alla  porta d’ingresso della casa, hanno mezzo sfondato una porta ed era una  pattuglia di SS. Sono venuti dentro, hanno beccato mio papà subito e  stavano per portarlo via, quando girando per l’appartamento, sono capitati  anche in camera mia che stavo dormendo, mi ero svegliato un po’ di  soprassalto. Hanno chiesto a mio padre, il quale parlava tedesco tra l’altro e  capiva, gli hanno chiesto chi ero e lui ha detto: “E’ mio figlio”. Hanno detto:   “Komm” e mi hanno preso, anch’io.

 

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Ago 27 2016

BEPI DE MARZI: È IL SIGNORE DELLE CIME «MA MI RENDE FELICE ESSERE L’AUTORE IGNOTO»

Category: Musica e spettacoli,Persone e personaggigiorgio @ 00:07
Bepi De Marzi

Bepi De Marzi

 

(Bepi De Marzi, girava l’anno 2010)

 

Bepi De Marzi, stasera sabato 20 marzo 2010 a Verona al teatro Stimate e lunedì 22 marzo  a Valgatara

 

Bepi De Marzi, classe 1935, aveva poco più di vent’anni quando, fresco di diploma di conservatorio e di naja, compose Signore delle cime.  Eseguì il canto in pubblico per la prima volta nel 1958 con il coro che sarebbe diventato famoso, i Crodaioli.

Da allora Arzignano, paese di De Marzi, ha continuato a essere fucina dei suoi canti d’ispirazione popolare, composti «tra il vociare di giocatori di tresette e il profumo del vino nero della vecchia osteria sotto casa».

Joska la rossa, Monte Pasubio, Laila oh: la montagna e la sua gente, le tradizioni sacre e profane, in centinaia di canti e una decina di dischi.

Il preferito, Cantare. «So dove i grilli accordano i violini, so dove il vento si ferma quando trema, so dove nasce la voglia di cantare».

Il più celebre, Signore delle cime, è tradotto in cento lingue.

 

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Ago 18 2016

IL BRIGANTE TOMMASO COMERLATI – EL BRIGANTE TOMASIN

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«Il corpo ai corvi, l’anima a Satana»

 

Velo Veronese.

I briganti nell’immaginario collettivo del passato, anche sui monti Lessini, venivano quasi sempre concepiti come personaggi leggendari, avvolti da un alone di mistero e spesso ritenuti dotati di poteri magici conseguiti dal Diavolo stesso, per aver venduto l’anima, in cambio di favori e ricchezze; si mischiava cioè la verità, con la superstizione e la leggenda. E’ nell’ambito di questa credenza popolare che nacque la leggendaria figura del “brigante Tomasìn”, al secolo Tommaso Comerlati.

 

Per tradizione popolare della Lessinia e di Velo Veronese in particolare si ricorda ancora la sanguinaria figura del “brigante Tomasìn”. Nacque in contrada Comerlati di Velo Veronese e gli furono attribuiti molteplici efferati delitti; spadroneggiò in Lessinia per decenni agli inizi del XIX° secolo, al tempo di Napoleone Bonaparte e con la scusa di contrastare il dominio francese iniziò a depredare e briganteggiare sui territori lessinici che a quel tempo erano appunto infestati da questa terribile piaga. Non v’era infatti strada o vallata della Lessinia che non fosse oggetto dei saccheggi e delle incursioni dei briganti.

 

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Ago 06 2016

PAOLO CHIAIA. L’IMPRENDITORE VERONESE CHE PRODUCE LA MOTO CHE PIACE TANTO
A VALENTINO ROSSI .

Category: Persone e personaggi,Verona lavoragiorgio @ 00:01

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Paolo Chiaia sulla moto Zaeta, prodotta a San Martino Buon Albergo

 

Alberto Tonello

 

La storia dell’imprenditore e finanziere Paolo Chiaia.  Produce la moto che piace tanto
 a Valentino Rossi. Si tratta di modelli uno diverso dall’altro, costruiti in alluminio e del peso di 115 chili, liquidi compresi. La sede dell’officina è a San Martino Buon Albergo

 

La passione divorante per le moto e l’alta velocità non lo abbandona neppure quando, cravatta e doppiopetto, veste i panni del consulente finanziario di multinazionali. Sempre di sangue freddo si trat ta: andare ai 300 all’ora su una due ruote o ridurre i rischi finanziari. Paolo Chiaia, 54 anni, nato a Verona e residente in Valpolicella, dopo il diploma al Maffei è una laurea economico-finanziaria alla Bocconi a Milano, si è fatto le ossa alla divisione riduzione rischi finanziari della Montedison, quella di Gardini per intenderci «dei rischi finanziari mi occupavo, tutto il resto come si faceva a prevederlo?».

 

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A VALENTINO ROSSI .”


Lug 28 2016

IN RICORDO DI DON LUIGI VILLA

Category: Chiesa Cattolica,Persone e personaggigiorgio @ 00:04

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Rev. Don Luigi Villa

 

 

19 novembre 2012

 

Il Signore ha chiamato a Sé l’anima del Rev. Don Luigi Villa

Requiem aeternam dona ei Domine et lux perpetua luceat ei, requiescat in pace.

Amen

(I funerali si terranno domani 20 novembre 2012, ore 15:30, presso Chiesa Crocifissa di Rosa, Via Crocifissa di Rosa, Brescia)

 

 

IN RICORDO DI DON LUIGI VILLA, PUBBLICHIAMO UNA SUA BREVE BIOGRAFIA SCRITTA DALL’ING. FRANCO ADESSA, SUO COLLABORATORE DA TANTI ANNI, E PUBBLICATA SUL SITO PONTIFEX   

di Franco Adessa

 

Su richiesta di molte persone dall’Italia e dall’estero, e dopo più di vent’anni di collaborazione con questo coraggioso Sacerdote, ho deciso di scrivere questa breve biografia di don Luigi Villa, perché ritengo non sia più possibile tacere sulla indescrivibile e interminabile persecuzione subìta da questo anziano, fedele e incorruttibile Ministro di Dio!

 

Nato a Lecco, il 3 febbraio 1918, Luigi Villa, dopo aver compiuto i suoi studi ginnasiali, liceali e teologici, fu ordinato Sacerdote, il 28 giugno 1942. Celebrò la sua prima Messa nella cattedrale di Lecco, suo paese d’origine ed esercitò il suo ministero sacerdotale nell’Istituto Comboniano, per circa una decina d’anni.

Don Villa era un vero cacciatore di vocazioni ed uno stimato predicatore e conferenziere ed i suoi interventi erano apprezzati e richiesti in molte città e luoghi d’Italia. Inoltre, egli si dedicava in modo particolare alla formazione dei giovani.

 

Fu proprio questo suo legame con i giovani e la sua influenza che egli esercitava su di essi che gli procurò una condanna a morte. Infatti, il Gerarca fascista Ministro della Giustizia, Roberto Farinacci, emise una condanna a morte nei suoi confronti. La motivazione era la seguente: «Padre Luigi Villa non si sa chi sia; pare mandato in giro a sobillare i giovani contro la Repubblica». L’esecuzione della fucilazione non ebbe luogo grazie ad una “soffiata” fatta da un ufficiale del Ministero di Giustizia che, segretamente e tempestivamente, preavvisò un confratello di don Villa, Padre Ceccarini – che viveva presso l’Istituto Comboniano di Crema con don Luigi – perché fuggisse.

Così, don Villa scavalcò una finestra e fuggì, proprio mentre stava arrivando una jeep con sei soldati armati del plotone di esecuzione.

 

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Lug 05 2016

ENRICO DE MORI, UNA VITA PER LA MUSICA

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ENRICO  DE MORI

 

(02.07.2016, Giuseppe Corrà)

 

Il maestro Enrico De Mori è morto ieri (1 luglio 2016) al Policlinico di Borgo Roma dove era stato ricoverato per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, assai precarie negli ultimi tempi tanto da non permettergli di partecipare l’11 giugno scorso al concerto tenuto al Circolo unificato di Castelvecchio per i suoi 86 anni.

 

Enrico De Mori, (meglio Henri) era nato a Roanne, cittadina del dipartimento della Loira, l’11 giugno 1930. Qui abitava la sua famiglia proveniente da Perzacco, frazione di Zevio, che era emigrata in Francia alla ricerca di lavoro.

La sua formazione di musicista era iniziata sotto la guida del papà Augusto Cesare, valido violinista e chitarrista, ed era continuata con il maestro Charles Bonneton. A 12 anni Henri aveva conseguito il diploma in pianoforte, teoria e solfeggio all’École de la musique de Roanne. Ma, nel 1942 dovette rientrare precipitosamente in Italia con la famiglia a causa della guerra. Qui fu obbligato a ripetere gli studi e gli esami di diploma musicale nel 1943 al Conservatorio Arrigo Boito di Parma perché tutti i documenti che certificavano la sua preparazione musicale erano rimasti in Francia.

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