Giu 23 2017

OGNI PERSONA COLTA SU QUESTA TERRA HA DUE PATRIE: LA PROPRIA E LA SIRIA.

Category: Cultura e dintorni,Popoli e nazionigiorgio @ 01:49

 

 

Delle tre religioni mondiali, che venerano un solo Dio, l’ebraica e la cristiana sono nate in Siria.

 

L’Islam ha raggiunto in Siria il suo rigoglio maggiore.

 

I fedeli di tre religioni guardano da ogni parte del mondo verso i santuari disseminati in tutta la Siria.

 

Fu in Siria che, per la prima volta nella storia, fu fondato un regno dello spirito, e per la prima volta un’idea fondò il proprio dominio su tutta la potenza e lo splendore della terra. Fu l’idea che il mondo è stato creato da Dio e che l’uomo è un’immagine di Dio.

 

Fu in Siria dove fu annunciato per la prima volta che l’uomo è fratello dell’uomo.

 

La Siria è stata maestra di morale a tutta l’umanità.

 

A ragione Philip K. Hitti, storico di questi luoghi, dice che ogni persona colta su questa terra ha due patrie: la propria e la Siria.

 

(Peter Bamm)

 


Mag 11 2017

CARLO CIPOLLA E LA TEORIA DELL’ORIGINE DEI “CIMBRI” VERONESEI

Carlo Cipolla

 

 

Alfred Sternberg

 

Carlo Cipolla è lo storico dei cimbri per antonomasia, soprattutto quelli veronesi. Lo troviamo citato da quasi tutti gli autori successivi. Il suo primo volume al riguardo “Le popolazioni dei 13 comuni veronesi” cambierà radicalmente tutte le teorie circa l’origine dei cimbri. Sarà il Cipolla infatti, a dichiarare che l’origine delle isole linguistiche di ceppo germanico presenti nel veneto, derivano dall’insediamento di coloni tedeschi avvenuto tra il X e il XII secolo debellando qualsiasi altra ipotesi.
Per questo motivo possiamo considerare il 1882, anno di stampa del primo volume, storiograficamente come l’anno zero per i cimbri, prima di questa data sarà “a.c.” poi “d.c.” intendendo c. come Cipolla naturalmente. Questo proprio perché pochissimi autori proveranno, successivamente, a contestare la sua tesi. Eppure, a ben vedere, non possiamo considerare così scontato quanto asserito dal Cipolla, proviamo ad approfondire insieme.
Carlo Cipolla nacque il 26 sett. 1854 a Verona da una famiglia nobile, frequentò l’università di Padova , nel 1881 pubblicò la sua opera più importante “Storia delle Signorie italiane dal 1313 al 1530″ grazie al quale vinse l’anno successivo, la cattedra universitaria di Storia Moderna, aveva 28 anni.
Pubblicò un numero incredibile di scritti, se guardiamo l’elenco O.P.A.C. ne troviamo 370 circa, 427 secondo Giuseppe Biadego, e a questi si devono aggiungere oltre 150 recensioni, uno al mese, nei suoi 40 anni di vita attiva, per avere un’idea più concisa. Ricevette due critiche da Benedetto Croce, un eccessivo moralismo cattolico e, ciò a cui intendiamo porre maggior attenzione, l’assenza di un “vivo e intimo interesse“. Se osserviamo bene infatti, quasi tutte le sue opere si presentarono sostanzialmente come un’esposizione di documenti storici intervallate da più o meno concise dissertazioni dell’autore.

 

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Mag 06 2017

I CAZARI, EBREI DELLE STEPPE, E LA QUESTIONE DELL’ORIGINE DEGLI ASHKENAZITI.

Category: Popoli e nazioni,Storia e dintornigiorgio @ 00:40

 


P R I M A    P A R T E   :   LA VICENDA STORICA DEI CAZARI

 

“In Cazaria pecore, miele ed Ebrei si trovano in grande abbondanza”.

 

Ce lo dice Al-Muqaddasi, geografo arabo del X secolo nella sua “Descrizione per la conoscenza delle regioni”, parlando di una regione, a nord del Caucaso, estranea a qualsiasi girovogare nomadico degli Ebrei storici, e di un popolo, i Cazari, la cui lingua e cultura turche rendono improponibile qualsiasi apparentamento etnico con essi, tribù perdute comprese, stavolta davvero inutilizzabili per eventuali operazioni di equilibrismo etnico-geografico.

Va poi detto che nel X secolo gli Arabi si avvantaggiano di conoscenze ormai inaccessibili per gli Europei, per esempio sanno che nel VI secolo, prima dell’islamizzazione, lo Yemen è stato governato da una dinastia non di etnia giudaica, ma che adottò l’ebraismo come religione di stato, e che anche in Etiopia l’ebraismo fu più volte, durante il primo millennio della sua cristianizzazione, sul punto di sostituire il cristianesimo come religione di stato, e forse per qualche tempo vi riuscì pure, sebbene la cosa sia stata poi abilmente occultata dalle fonti abissine cristiane. Quindi, in un musulmano del X secolo non destava alcuna particolare meraviglia ritrovare sul trono di un regno importante una dinastia che professava la religione ebraica.

 

Un altro validissimo testimone del X secolo ci viene in aiuto, nientemeno che un imperatore  bizantino, e non tra i meno illustri. Nel “De caerimoniis aulae byzantinae” il dottissimo, benché alquanto pedante, Costantino VII Porfirogenito (913-959) ci dice che, se per le missive al papa di Roma ed all’imperatore d’Occidente bastava un sigillo d’oro del valore di due solidi, per quelle al kakhan cazaro ne occorreva uno da tre solidi, a testimonianza del peso diplomatico del regno cazaro (e questo benché nel X secolo fosse ormai, come vedremo più avanti, in pieno declino).

 

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Mag 05 2017

STORIA DI COME È NATO IL “SIONISMO”… OVVERO: “SE GLI EBREI NON SONO EBREI MA KHAZARI CONVERTITI..”

 

 

….iniziamo con il cercare di capire come e quando è nato questo sionismo.

 

Solitamente si ritiene che esso sia originato da un filone di pensiero, sorto all’interno della comunità ebraica, verso i primi anni del secolo scorso (od alla fine del precedente) ed abbia trovato una sua prima attuazione concreta nella fondazione di Israele. Questo fatto è stato comunque accompagnato da una forte crescita dell’influenza di un certo “ceto” ebraico nel campo economico e della finanza mondiale. Il nido in cui tale influenza ha potuto svilupparsi si trova negli USA, il cuore dell’America, ed in parte anche in Inghilterra. Fu proprio in seguito a questa forte influenza che l’Inghilterra acconsentì alla cessione della Palestina, al termine del secondo conflitto mondiale, affinché gli ebrei (vittime di persecuzioni e sterminio) potessero fondare (o rifondare) una loro patria. La famosa “terra promessa”… Ed il ritorno in quella casa ideale avvenne con una celere penetrazione e occupazione del territorio palestinese, considerato “proprio”.

 

E la nascita d’Israele, il necessario caposaldo per creare un precedente e stabilire un percorso futuro, sancì di fatto l’attuazione del sionismo. Una terra è come un tempio, se si possiede un tempio la religione viene santificata altrimenti è solo un’ipotesi. E l’identità sionista aveva ed ha bisogno proprio di questo: un tempio simbolo dell’avverarsi delle promesse del dio Jawè. Un ritorno alla casa madre dopo la diaspora provocata dalla distruzione del tempio ad opera di Tito.

 

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Mar 19 2017

IL 4 FEBBRAIO 2010 MORIVA BOA SR, ULTIMA INDIGENA CHE PARLAVA LA LINGUA “BO” DELLE ISOLE ANDAMANE

Category: Dominio Potere e Violenza,Popoli e nazionigiorgio @ 00:29

Per non dimenticare

 

BOA SR

 

 

Morta l’ultima indigena che parlava il “Bo”, lingua di 65mila anni fa.  Quando gli Inglesi colonizzarono l’arcipelago, nel 1858, c’erano almeno 5.000 persone. Ora ne sopravvivono 52

 

MILANO – Un’altra lingua che si parlava sulla Terra è scomparsa per sempre, un altro patrimonio che non sarà più recuperabile in alcun modo, non c’è tecnologia che tenga. E questo idioma, di sicuro, era uno dei più antichi: dopo circa 65mila anni l’unica donna indigena rimasta al mondo che ancora lo conosceva era Boa Sr. Aveva circa 85 anni, ed è morta: con lei si spegne per sempre il “bo” la lingua parlata da una delle più antiche tribù del pianeta. Si stima infatti questa gente abbia vissuto nelle Isole Andamane per almeno 65mila anni. Era una delle 10 tribù di cui si componeva il popolo dei Grandi Andamanesi.

«Da quando era rimasta la sola a parlare il BO – ha raccontato il linguista Anvita Abbi dell’Università di Nuova Delhi, che la conosceva da molti anni, Boa Sr si sentiva molto sola perché non aveva nessuno con cui conversare. Era comunque una donna con grande senso dell’ dell’umorismo; il suo sorriso e la sua risata fragorosa erano contagiosi».

«Non potete immaginare – ha commentato il professor Abbi – il dolore e l’angoscia che ho provato ogni giorno nell’essere muto testimone della perdita di una cultura straordinaria e di una lingua unica».

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Mar 03 2017

NON AMO MOLTO IL CONCETTO DI PATRIA

Verona 1997: bandiere di patria “veneto-padana” che sventolano sui tralicci elettrici 

 

 

Non amo molto il concetto di patria. Troppa gente è morta in nome di una patria rappresentata solo dal politico del momento.

 

Di certo, io non vorrei combattere per qualcuno che decide per me, per cosa devo combattere e morire.

In una guerra non c’è nulla di eroico, vita e morte dipendono dal caso.

Libertà o morte” è una delle frasi più irragionevoli del mondo, se sei morto non puoi goderne ne essere libero.

 

In fondo, la patria è solo il posto dove sei nato.  

Ma la patria vera, che sento e che amo, è solo dove sto bene, e in quel luogo posso appendere il cuore, e non importa dov’è. 

E la felicità è far coincidere dove sei nato con la tua patria.  

 

Home is where you hang your heart

La casa è dove appendete il vostro cuore

Non so di chi sia questa frase, ma la amo molto.

 


Dic 24 2016

LA FORZA DI UNA NAZIONE È L’IDENTITÀ

Category: Popoli e nazionigiorgio @ 00:39

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Non è vero che la terra è di tutti.

Troppo comodo.

La terra è di chi ci ha sputato sangue per renderla fertile, di chi ha sacrificato la vita per difenderla, di chi l’ha amata e resa un giardino.

Quando altri popoli e altre razze avranno fatto altrettanto con la terra loro, allora si potrà parlare di terra di tutti.

Non è giusto, né umano e nemmeno cristiano che io lavori e tu usufruisca.

 

(Luisa Piccinini, Ferrara 9 novembre 2015)

 


Dic 14 2016

8 DICEMBRE 1816: 200 ANNI FA LA SICILIA PERSE L’INDIPENDENZA

Category: Popoli e nazioni,Storia e dintornigiorgio @ 06:37

8 DICEMBRE 1816 – 8 DICEMBRE 2016: LO STATO SICILIANO TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO

 

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 Ruggero II 

 

 

8 DICEMBRE 200 ANNI FA LA SICILIA PERSE L’INDIPENDENZA

 

Oggi, 8 Dicembre, in Sicilia sta passando quasi inosservata una ricorrenza storica che invece per noi Siciliani è importantissima.

Esattamente 200 anni fa, l’8 dicembre 1816, un decreto del suo ultimo re, Ferdinando III Borbone, poneva termine, almeno da un punto di vista formale, alla continuità di uno stato siciliano indipendente che datava almeno dal 948, da quando cioè l’Emiro Hasan I si era reso di fatto indipendente dal Califfo di Mahdìa, dando vita ad un Emirato di Sicilia indipendente ed ereditario.

 

Ma non è tanto dei fatti contingenti di quell’8 dicembre che oggi ci piace parlare. E’ tempo, piuttosto, di bilanci e di prospettive.

 

La Sicilia, allora, era quasi da mille anni abituata ad avere uno stato proprio. Da quel momento, e fino ad oggi, è stata inserita in formazioni politiche più grandi, comprendenti il Continente, e soprattutto con la capitale, la testa, il cuore dello stato, fuori dall’Isola. Vero è che non tutto era perduto ancora quell’8 dicembre 1816. L’ultimo atto formale dello “Stato di Sicilia” sarebbe stato compiuto più tardi, il 4 dicembre 1860, quando il Governo della Dittatura garibaldina (formalmente, ancora, quello di uno stato sovrano) fece il passaggio di consegne al Luogotenente Cordero di Montezemolo, al seguito di Vittorio Emanuele II che quel giorno stesso prendeva possesso delle nuove province “italiane” che si stavano così dissolvendo nello Stato italiano.

 

Ma è pur vero che, proprio da quel momento, lo “Stato di Sicilia”, anzi il “Regno di Sicilia” cominciò a diventare un’entità teorica, evanescente, più rivendicata che reale, dissolto com’era di fatto – se non pienamente di diritto – in quello stato “effimero” che fu il Regno delle Due Sicilie.

 

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Nov 04 2016

DOVE C’È LIBERTÀ C’È LA MIA PATRIA

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Fiume Po, 15 settembre  1996

 

 

di GILBERTO ONETO

 

«La mia patria è ovunque si combatta la mia battaglia», sia che lo si faccia con gli strumenti pacifici della democrazia, o che ci sia bisogno di lotte molto più energiche.

La battaglia per la libertà e per l’indipendenza dei popoli si combatte oggi un po’ dappertutto, dal Quebéc ai Paesi Baschi, dal Darfour al Tibet. Ovunque ci sia qualcuno che lotta per la libertà, l’identità e l’indipendenza,  là – in termini ideali – “è Padania”.

Ma c’è una modalità tutta europea di lotta, una sorta di indipendentismo post-moderno che ha caratteri tutti propri e che avvicina ancora di più fra di loro tutte le nazioni negate del vecchio continente, che sono per questo, ancora “più Padania.

 

L’oppressione europea degli ultimi decenni non è quasi mai esplicita o brutale, non è l’imposizione conclamata di una etnia, di una religione o di un gruppo umano su un altro. Si tratta quasi sempre di oppressioni striscianti e subdole, che si nascondono dietro il paravento della legalità, del riconoscimento democratico (ma limitato) delle alterità. Sono fatte in nome di un interesse superiore, di identità inventate di Stati inventati; sono nascoste dietro il paravento di processi storici che cercano rispettabilità nella loro antichità, sono acquattate dietro a grandi ideali di solidarietà imposte in nome di valori etici. A farne le spese sono comunità civili, evolute, economicamente avanzate, che in genere sono la parte più ricca dello Stato che devono sostenere.

 

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Giu 25 2016

DONNE SARDE: CAPO COPERTO E… L’ INFINITA GRAZIA
 DEL LORO SENO

Category: Popoli e nazionigiorgio @ 00:03

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Per quanto svariati siano gli acconciamenti femminili della Sardegna, hanno però quasi tutti questi due caratteri eccezionali: molta copertura nel capo, e grazia infinita per lasciar indovinare le bellissime bellezze del seno.” (Paolo Mantegazza).

 

Il decantato seno delle donne sarde, lo stesso che “colpì” i padri gesuiti tra il 1825 e il 1840, al punto tale, da consigliare alle donne campidanesi di coprirselo con una pezzuola di stoffa, da allora detta su parapettu.

 

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 DEL LORO SENO”


Feb 21 2015

VENETO INDIPENDENTE, SUL CONTO DEL REFERENDUM DONATI 39.000 EURO

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Il primo a contribuire era stato il padovano Fabio Miotti, giovane presidente del consiglio comunale di San Giorgio in Bosco: trenta euro. Ma a distanza di dieci giorni langue la sottoscrizione per raccogliere i fondi necessari allo svolgimento del referendum per la secessione del Veneto dall’Italia. L’obiettivo di raccolta è di 14 milioni di euro, necessari per l’organizzazione della consultazione elettorale cara al governatore Luca Zaia.

 

A ieri mattina, il conto corrente aperto nella Banca Unicredit (il numero di IBAN è il seguente: IT 37 C 02008 02017 000103397411) contava su meno di quarantamila euro.

 

Per l’esattezza, a mezzogiorno i soldi sul conto corrente sono 39.741,74, frutto di 456 bonifici da altrettante persone. La media di ogni versamento di poco superiore agli 80 euro. Insomma, siamo molto lontani dall’obiettivo del 14 milioni di euro. Non c’è stata la corsa agli sportelli, che qualcuno proditoriamente annunciava. Insomma, un flop. E i primi a rallegrarsene, a Palazzo Balbi, sono proprio gli assessori che non hanno investito un centesimo del loro tempo per inseguire l’idea della secessione. Né tantomeno quella del referendum previsto dalla legge regionale 16.

 

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Feb 17 2015

SOGNO UN VENETO LIBERO, VENEZIA CAPITALE E UN’EUROPA

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di MAURIZIO DEL MASCHIO

 

Egregio Direttore, ho letto con attenzione l’articolo il cui incipit costituisce l’oggetto di questa mia e-mail.

Sono fieramente Veneziano, come ha il diritto di sentirsi chi, come me, lo è da sette generazioni per parte di padre e i suoi antenati materni erano già a Venezia nel Quattrocento, essendo stati ascritti nell’Albo d’Argento della Serenissima. Ne condivido il contenuto, in particolare l’affermazione che la pluralità di gruppi indipendentisti non è di per sé né un bene né un male. Peraltro, è un male se si configura come un’accozzaglia di rozzi gruppuscoli l’un contro l’altro armato, che vogliono imporre il proprio punto di vista, che si ritengono depositari della verità, che si sentono portatori del verbo venetista migliore. Con questo velleitarismo non si va da nessuna parte e si fa il gioco della potenza dominante.

 

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Feb 13 2015

IL POPOLO ITALIANO

Category: Libri e fonti,Popoli e nazioni,Società e politicagiorgio @ 00:08

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Vi segnaliamo un interessante libro di uno scrittore inglese Martin Solly che nel 1995 analizzava la società italiana partendo dal dato di fatto dello scarso o finto patriottismo che ci contraddistingue.

 

Il libro si chiama: “Xenophobe’s guide to the Italians” , ancora una volta autori stranieri (il più importante fu certamente lo storico Smith) vedono cose nella nostra finta patria che noi autoctoni non riusciamo a vedere.

 

Vi trascrivo integralmente l’introduzione così da capire tutto il senso del libro.

 

 

IL POPOLO ITALIANO

 

Gli italiani non sono un’etnia definita, ma un insieme di popolazioni differenti.

 

Tendono a pensare a se stessi e agli altri in primo luogo come romani, milanesi, siciliani o fiorentini, e in seguito come italiani.

 

Molto poco unisce Torino a Bari, o Napoli a Trieste, eccetto l’autostrada, la ferrovia e la Chiesa Cattolica.

 

Ogni tanto gli italiani cercano di comportarsi come una nazione e fanno grossi sforzi per essere nazionalisti, per esempio quando la nazionale di calcio riscuote successi durante il campionato mondiale.

 

Ma principalmente gli italiani si sentono tali quando sono all’estero: in una gelateria di Melbourne in Australia, in una miniera belga o ad una partita di calcio negli Stati Uniti.

 

L’identità è importante per gli italiani. Forse proprio perchè sono piuttosto insicuri della loro italianità e non esattamente in grado di dire cosa significhi, sentono invece fortemente le loro radici.

 

“Di dove sei?” è una domanda importante per un italiano e richiede una risposta esauriente. Diversamente da un inglese o da un americano, nessun italiano è mai in imbarazzo quando questa domanda gli viene posta.

 

Gli italiani sanno esattamente da dove vengono, e portano quel luogo con sè per tutta la vita.

 

Dichiarare la propria origine è strettamente connesso con il concetto chiave del “campanilismo” che letteralmente significa “fedeltà al proprio campanile” ; in pratica esso presuppone il pensare che la propria città natale sia la migliore del mondo.

 

Gli italiani amano la loro città di origine e trovano difficile esserne allontanati. Questo attaccamento alla città, comunque, presuppone grande concorrenza, che è particolarmente forte tra paesi, città, provincie e regioni vicine.

 

La rivalità è così accesa che spesso gli italiani non hanno tempo per altro, perchè sanno bene che quelli di altre famiglie, paesi, città o regioni non sanno comportarsi come si deve e sono inaffidabili. Come sarebbe bella l’Italia senza gli altri italiani!

 

Tratto da Martin Solly; Xenophobe’s guide to the Italians , Orsham, Ravette Books, 1995

 

 

Fonte: Briganti.info del 6 febbraio 2015

Link: http://briganti.info/il-popolo-italiano/

 

 


Gen 29 2015

ADDIO LUCIANO BRUNELLI

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Luciano Brunelli e uno dei suoi cori

 

 

BASSANOLutto nel mondo della cultura per la scomparsa, di LUCIANO BRUNELLI, 68 anni, che si è spento all’ospedale San Bassiano dove era ricoverato da alcuni giorni.

 

Brunelli, conosciuto soprattutto nell’ambiente musicale bassanese, da tempo soffriva di problemi di cuore. Nato a Soave (Verona) nel 1946, ha vissuto la sua giovinezza a Rosà, dove ha iniziato i primi passi nella musica suonando l’organo del Duomo, per poi trasferirsi definitivamente nella città del Grappa, dopo una breve parentesi a Padova. Laureato in matematica, la sua è stata una vita interamente dedicata alla famiglia e alla musica, accanto alla sua professione di programmatore informatico.

 

Luciano andava molto fiero dell’essere autodidatta nel campo artistico, dove si era perfezionato nella composizione di canzoni specialmente in lingua veneta, lui che era un “venetista” convinto e della prima ora. In oltre quarant’anni di impegno musicale ha diretto diversi cori di musica sacra nel Bassanese, lasciando sempre la sua “impronta” per le innovazioni che sapeva portare.

 

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Gen 29 2015

POLITICHE DI IMMIGRAZIONE E D’INTEGRAZIONE. IL MANIFESTO LEGHISTA CON L’ INDIANO

 

 

Per tutte quelle persone che si occupano di politiche d’immigrazione e d’integrazione ricordate bene: NOI SIAMO GLI INDIANI.

 

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Ecco uno dei manifesti stampati dalla Lega Nord in vista delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008: compare la testa di un capo indiano con il tradizionale copricapo di penne d’aquila.

A caratteri cubitali la frase, incentrata sul tema dell’immigrazione clandestina:

«Loro non hanno potuto mettere regole all’immigrazione. Ora vivono nelle riserve! Pensaci».

Sotto il tradizionale simbolo della Lega Nord, con la rosa camuna della Padania, il guerriero Alberto da Giussano e la scritta Bossi (foto dal sito della Lega)

 

 


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