Gen 16 2015

I POPOLI HANNO UN’ANIMA E GUAI QUANDO LA PERDONO

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Come spiegava Gustave Le Bon esiste un sentire comune, legato alla storia, che dà forza al gruppo. Se lo si perde si regredisce a una massa indistinta

 

Oggi è possibile parlare di un’anima dei luoghi, delle case, perfino delle cose, ma è arduo evocare lo spirito dei popoli. Eppure una millenaria tradizione culturale e civile, politica e religiosa, che ha sorretto civiltà, comunità e dato vita a nazioni e nazionalismi, ha creduto all’esistenza di un’anima dei popoli.

 

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Gen 12 2015

LA MAPPA DEI DIALETTI ITALIANI

 

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Tanti dialetti in un paese che sta riscoprendo gli idiomi locali, non più come lingue esclusive, ma come strumento espressivo aggiuntivo.

 

 

Paese dei campanili e dei frammenti orgogliosi di sé, l’Italia porta ancora oggi nei suoi dialetti la storia di una terra che da centro dell’Europa è diventata crocevia di culture diverse.

Dopo oltre un secolo e mezzo di unità, i dialetti resistono a testimonianza della ricchezza culturale del nostro paese e della provenienza delle sue genti che, stando ad uno studio condotto alla Sapienza di Roma, hanno contribuito a fare dell’Italia il paese geneticamente più eterogeneo d’Europa. A ciò si aggiungono le caratteristiche morfologiche del nostro paese, le cui barriere naturali nei tempi antichi hanno contribuito a caratterizzare culturalmente le comunità locali.

 

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Secondo la più recente indagine dell’Istat sull’argomento, datata 2006, diminuisce progressivamente l’uso esclusivo del dialetto, mentre aumenta il numero di coloro che in casa o con gli amici parla un misto di lingua locale e nazionale. Considerate le variabili di sesso, età e titoli di studio, parlano maggiormente il dialetto gli uomini, le persone anziane e quelle incolte. Geograficamente, invece, il dialetto è più diffuso nel Sud Italia e nel Nord Est.

Ciò che però risulta più interessante è, come venne osservato sul magazine Treccani, il fenomeno di progressivo sdoganamento del dialetto, che non è più percepito come lingua del ghetto e degli emarginati, ma come conoscenza che, arricchendo, è utile acquisire.

 

La maggior parte degli idiomi diffusi in Italia è di provenienza romanza, ma neLle zone di confine sono diffuse anche lingue germaniche (il tedesco nel Triveneto) e slave (Trieste, Gorizia e Udine). Minoranze diffuse nel Sud Italia portano ulteriore ricchezza linguistica al paese parlando idiomi greci (Salento e Calabria), albanese ed indo-arii (il romanì di sinti e rom).

 

 

Fonte: visto su SCIENZE FANPAGE del 1 luglio 2014

Link: http://scienze.fanpage.it/la-mappa-dei-dialetti-italiani/

 


Dic 01 2014

NAMIBIA 1914: IL GENOCIDIO DIMENTICATO DEL POPOLO HERERO

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di Francesco Lamendola

 

  1. CHE COS’È UN GENOCIDIO.

 

Genocidio è il tentativo di sterminare, con metodi organizzati, in gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso (dal greco génos, stirpe, donde il latino gens: gente, stirpe, razza). Le odierne leggi internazionali lo puniscono quale “crimine contro l’umanità” (accordo di Londra, 8 agosto 1945), sia nel caso venga commesso nel corso delle operazioni belliche, sia che abbia luogo in stato di pace (convenzione dell’Assemblea generale dell’O.N.U. del 9 dicembre 1948).

 

La storia antica è ricca di massacri e deportazioni di interi popoli. Nelle sue memorie sulla guerra di Gallia, ad esempio, Giulio Cesare narra senza batter ciglio come tentò di sterminare il popolo degli Eburoni che si era ribellato ai Romani, tentativo coronato da un notevole successo. (1) Tuttavia è nella storia moderna che noi troviamo gli esempi più massicci e sistematici di genocidio.

È noto che un grandissimo numero di popoli amerindiani venne letteralmente sterminato dai conquistatori europei, tanto nel Nord che nel Sud America. In certi casi, le condizioni di vita imposte dai conquistadores erano così intollerabili che interi gruppi tribali ricorsero al suicidio di massa: tale il caso degli Arawak dell’isola di Hispaniola (Haiti) durante il XVI secolo.

Più recentemente, nella Terra del Fuoco gli allevatori bianchi giunsero a iniettare stricnina nelle pecore di cui si cibavano gli indigeni e a sparare a vista contro qualunque Fuegino, anche pacifico, col risultato che già nel 1925 non si contavano più di 190 individui fra Yaghan e Alakaluf (2), mentre oggi sono del tutto estinti.

Gli abitanti della Tasmania, ai primi dell’800, vennero braccati dagli Inglesi come animali, rastrellati con una gigantesca operazione di polizia da una costa all’altra della grande isola, e deportati in un isolotto dove morirono quasi tutti. L’ultimo tasmaniano morì nel 1876, e il suo corpo, esumato su richiesta della Royal Society, rimase esposto fino al 1976 in una teca del Tasmanian Museum, come un raro pezzo da collezione. (3)

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Nov 30 2014

I GENOCIDI DEI MIGRANTI: GLI ORRORI DELL’UOMO BIANCO IN TASMANIA

 

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TASMANIA: GLI ORRORI DELL’UOMO BIANCO

 

C’era una volta un popolo che viveva felice e libero.

Non praticava l’agricoltura, non faceva ceramiche, indossava vestiti semplici ed era gentile e pacifico.

 

POI ARRIVÒ LA CIVILTÀ E LA DEMOCRAZIA

 

Nel giro di 70 anni tutti i popoli indigeni della Tasmania sono stati spazzati via.

E ‘stata chiama “LA GUERRA NERA DI TERRA DI VAN DIEMEN”, la campagna ufficiale di sterminio iniziata nel 1803 che decimò gli indigeni della Tasmania nel solito modo “civile” brutale.

 

I sopravvissuti allo sterminio dell’uomo bianco, in prevalenza inglese, sono stati imprigionati e convertiti al cristianesimo.

 

I bambini sono stati separati dai genitori per facilitare il lavoro di “civilizzazione“..

 

La dieta imposta in carcere ha causato loro grave malnutrizione che ha fatto presto ammalare gran parte dei sopravvissuti.

 

Nel 1869 solo due indigeni della Tasmania sono rimasti in vita!!

 

L’ultimo sopravvissuto si chiama Truganini.

 

Sua madre è stata accoltellata a morte da un europeo,

 

Sua sorella è stata rapita dagli europei, poi soffocata da altri due europei che l’hanno violentata ed assassinata in sua presenza.

 

MASSACRI, STUPRI E SCHIAVITU’

 

I bianchi rapivano i bambini tasmaniani per usarli come braccianti (schiavi) nelle fattorie, rapivano le donne da prendere come consorti, mutilavano o uccidevano gli uomini, violavano i loro territori di caccia e cercavano in ogni modo di scacciarli dalle loro terre.

 

Con la proclamazione della legge marziale del 1828, i soldati furono autorizzati ad uccidere a vista qualsiasi tasmaniano nell’area colonizzata.

 

Poi fu messa una taglia sui nativi: 5 sterline britanniche per ogni adulto e 2 sterline per ogni bambino, se catturati vivi. Hanno trasformato la “caccia ai neri”, come fu chiamata a causa della pelle scura dei tasmaniani fino alla sterminio totale avvenuto nel 1876, in un’attività redditizia sia per i privati cittadini che per le pattuglie ufficiali.

 

ESTINTO IL POPOLO DELLA TASMANIA. ERA ARRIVATA LA CIVILTA’ E LA DEMOCRAZIA.

 

 


Nov 29 2014

YAZIDI. IL GENOCIDIO DEGLI ANGELI

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In Iraq è caccia agli yazidi, la religione più tollerante e antica del medio oriente.

Dopo i mongoli, è lo Stato islamico a passarli a fil di spada. Non credono all’inferno, gli islamisti ne stanno preparando uno per loro

 

Roma. Due giorni fa il Daily Telegraph ha titolato così: “Morte di una religione”. Perché lo yazidismo, che assieme all’ebraismo è la più antica religione del mondo, è sul punto di scomparire. Dopo i cristiani di Mosul, lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante ha preso di mira gli yazidi, “i dualisti maledetti” come ebbe a definirli il Tamerlano, il turco convertito all’islam che ne passò a migliaia a fil di spada.

Un detto yazida oggi recita: “Eravamo 17 milioni. Oggi siamo 700 mila”. Molti sono fuggiti all’estero e in 40 mila sono adesso asserragliati nella montagna irachena di Sinjar. “Pensate a ‘Hotel Rwanda’ o al compound Onu di Srebrenica: questo è il monte Sinjar oggi”, scrive un laburista inglese, invocando un intervento umanitario occidentale a difesa degli yazidi. Gli yazidi (o yezidi) hanno due alternative: scendere dalla montagna per essere macellati dagli estremisti islamici che li hanno condannati a morte, o restare e morire di fame e sete. La montagna-rifugio di Sinjar sta già diventando un cimitero.

 

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Nov 22 2014

SHLOMO ZAND STORICO ISRAELIANO AFFERMA: IL POPOLO EBRAICO E’ UN’INVENZIONE

Gli antisionisti lo hanno sempre sostenuto. Gli ebrei non sono un popolo ma una religione. Gli ebrei che sono ‘tornati’ in Israele non discendono dagli ebrei di Palestina ma dai Kazari. I palestinesi discendono dagli ebrei di Palestina. Ora anche un libro dello storico ebraico Shlomo Zand sostiene e documento queste posizioni.

La recensione è di un altro storico ebraico, Tom Segev.

( Mauro Manno)

 

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Una invenzione chiamata “il popolo ebraico”

Di Tom Segev

The Slate Magazine, the Fray Kausfiles, 29/02/2008

http://fray.slate.com/discuss/forums/thread/914934.aspx

 

La Dichiarazione di Indipendenza di Israele afferma che il popolo ebraico proviene dalla Terra di Israele e che fu esiliato dalla sua patria. Ad ogni scolaro israeliano si insegna che ciò accadde durante il dominio romano, nell’anno 70 d.C.

 

La nazione rimase fedele alla sua terra, alla quale iniziò a tornare dopo 2 millenni di esilio. Tutto sbagliato, dice lo storico Shlomo Zand, in uno dei libri più affascinanti e stimolanti pubblicati qui (in Israele) da molto tempo a questa parte.

Non c’è mai stato un popolo ebraico, solo una religione ebraica, e l’esilio non è mai avvenuto – per cui non si è trattato di un ritorno.

Zand rigetta la maggior parte dei racconti biblici riguardanti la formazione di una identità nazionale, incluso il racconto dell’esodo dall’Egitto e, in modo molto convincente, i racconti degli orrori della conquista da parte di Giosué. È tutta invenzione e mito che è servita come scusa per la fondazione dello Stato di Israele, egli assicura.

 

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Nov 18 2014

NON CHIAMATEMI RAZZISTA …. SONO VENETO !!!

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di Mario Alessandro Tasca – Zugliano (VI)

 

Mi chiedo come mai ci sia sempre qualcuno pronto a darci dei razzisti xenofobi, a dirci come dobbiamo pensare e cosa dobbiamo dire, cosa sia etico e cosa non lo sia…..

Magari questi sono parlamentari stranieri o stranieri residenti o perbenisti incapaci di conoscere perfino il loro pensiero, gente che vuole imporci culture che non  ci appartengono e non ci apparterranno mai, magari indirettamente facendoci sentire in colpa per colpe non nostre, farci credere che siamo ottusi e intolleranti!

 

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Nov 17 2014

IL LEONE DI VETRO DAL 13 NOVEMBRE AL CINEMA

 IL LEONE DI VETRO

 

A partire da Giovedi 13 novembre 2014 esce nel Veneto e in tutte le sale d’Italia

il film del regista napoletano Salvatore Chiosi

 

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BOICOTTATO IL LEONE DI VETRO: IL FILM ACCUSATO DI INDIPENDENTISMO

 

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Salta la proiezione al Melies, caso politico da Vazzola a Conegliano

 

CONEGLIANO. Le major cinematrografiche boicottano “Il leone di vetro”, che è stato girato anche nel Coneglianese. Doveva uscire anche al Melies di Conegliano, ma non verrà proiettato. «Il motivo? Il ricatto delle multinazionali», è questa l’accusa fatta attraverso i social network dalla produzione del film, il caso è diventato anche politico.

«Il cinema Melies di Conegliano», è la comunicazione dello staff del film, «dopo averci richiesto la pellicola e dato l’ok per la proiezione in sala, mandando anche il trailer tra quelli prossimamente in cartellone, a tre giorni dall’uscita fa dietrofront e ci comunica che non proietterà più il film».

Il film storico narra le vicende di due famiglie venete nell’annessione del 1866. Ha visto molti ciak nella Marca, con protagonista lo storico Borgo Malanotte, di Tezze di Piave, e i suoi abitanti che hanno fatto da comparse. Per questo in molti attendevano l’uscita nelle sale. Invece a Conegliano il film è saltato.

L’Associazione Borgo Malanotte ha commentato con un «Senza parole». Si è sollevato anche un polverone politico, con voci di una “censura” per i contenuti vicini all’indipendentismo.

 

 


Nov 17 2014

L’INDIPENDENZA DA CESARE NON È SOLO UN FATTO ECONOMICO. PER DIO

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di DAVIDE LOVAT

 

La laicità dello Stato non coincide con il concetto di “laicismo” di matrice giacobina e non significa che lo Stato debba essere ateo, perché se lo Stato fosse ateo smetterebbe di essere laico in quanto farebbe una precisa scelta, l’ateismo, in rapporto alla religione. Va detto anche che la “aconfessionalità” delle istituzioni, ammesso e non concesso che sia necessaria, non obbliga a una legislazione che tratti tutte le religioni allo stesso modo.

 

La separazione fra sfera spirituale e sfera temporale è connaturata alla civiltà cristiana, essendo stato addirittura Gesù di Nazareth a proclamarla per primo nella storia dell’umanità, durante il processo al cospetto di Pilato, narrato nel Vangelo di Giovanni. Fu quello, e solo quello, il momento originario del concetto puro di laicità delle istituzioni; non, come taluni erroneamente credono, quello della disputata questione circa la legittimità del tributo a Cesare, perché chiunque abbia studiato la dottrina patristica sa che quel passo evangelico ha tutt’altra portata e si collega bene alle istanze indipendentiste, tanto che la riflessione su quel brano è attualissima e opportuna per capire le differenze tra autonomismo e indipendentismo. Ragioniamoci sopra attualizzando, con anche un po’ d’ironia francescana nell’esegesi testuale del Vangelo.

 

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Lug 12 2014

CITAZIONI DI PERSONE CHE SI RITENGONO LE PIÙ GRANDI INTELLIGENZE AL MONDO


 

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Dal sito: http://monabaker.com/quotes.htm

 

 

DAVID BEN GURION 
PRIMO MINISTRO D’ISRAELE, 1949 – 1954, 1955 – 1963

 

“Noi dobbiamo espellere gli arabi e prenderci i loro posti.” 
— David Ben Gurion, 1937, Ben Gurion and the Palestine Arabs, Oxford University Press, 1985.

 

”Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle terre e l’eliminazione di ogni servizio sociale per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba”. 
— David Ben-Gurion, Maggio 1948, agli ufficiali dello Stato Maggiore.  Da: Ben-Gurion, A Biography, by Michael Ben-Zohar, Delacorte, New York 1978.

 

 

“Ci sono stati l’anti-semitismo, i nazisti, Hitler, Auschwitz, ma loro in questo cosa centravano?  Essi vedono una sola cosa: siamo venuti e abbiamo rubato il loro paese. Perché dovrebbero accettarlo?” 
– Riportato da Nahum Goldmann in Le Paraddoxe Juif (The Jewish Paradox), pp. 121-122.

 

“I villaggi ebraici sono stati costruiti al posto dei villaggi arabi. Voi non li conoscete neanche i nomi di questi villaggi arabi, e io non vi biasimo perché i libri di geografia non esistono più. Non soltanto non esistono i libri, ma neanche i villaggi arabi non ci sono più. Nahlal è sorto al posto di Mahlul, il kibbutz di Gvat al posto di Jibta; il kibbutz Sarid al posto di Huneifis; e Kefar Yehushua al posto di Tal al-Shuman. Non c’è un solo posto costruito in questo paese che non avesse prima una popolazione araba.” 
— David Ben Gurion, citato in The Jewish Paradox, di Nahum Goldmann, Weidenfeld and Nicolson, 1978, p. 99.

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”


Lug 12 2014

L’ANTISEMITISMO: STORIA E CAUSE

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Titolo originale “L’Antisemitisme, son histoire er ses causes” di Bernarde Lazare*, 1884

 

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Per scrivere una storia completa dell’antisemitismo, senza trascurare nessuna delle manifestazioni di questo sentimento e seguendone le varie fasi e i mutamenti, è necessario incominciare la storia di Israele dal momento della sua dispersione, o per meglio dire, dal tempo della sua diffusione fuori dal territorio della Palestina.
In tutti i luoghi dove gli Ebrei si sono stabiliti, cessando di costituire una nazione pronta a difendere la propria libertà e la propria indipendenza, si è sviluppato l’antisemitismo, o meglio, l’antigiudaismo, perché antisemitismo è un termine improprio che ha trovato la sua ragione di essere soltanto ai nostri tempi, quando si è voluto allargare questa lotta tra l’Ebreo e i popoli cristiani e darle una filosofia e una ragione più metafisiche che materiali.

 

Se questa ostilità, che è addirittura una sorta di ripugnanza, si fosse manifestata nei confronti degli Ebrei soltanto in un periodo e in un solo paese, sarebbe facile scoprire le cause specifiche di quell’avversione, invece, la razza ebraica è stata oggetto dell’odio di tutti i popoli in mezzo ai quali si è stabilita. Si deve pertanto dedurre che le cause generali dell’antisemitismo siano sempre state insite nello stesso Israele e non nei popoli che lo combatterono. Infatti i nemici degli Ebrei appartenevano alle razze più disparate, vivevano in terre assai lontane tra loro, non avevano né gli stessi costumi né le stesse tradizioni, erano guidati da principi diversi che facevano sì che diversi fossero anche i loro giudizi; ne consegue che le cause generali dell’antisemitismo sono sempre state insite in Israele stesso e non in coloro che lo combattevano.

 

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Giu 13 2014

LUMBARD, PARLEMM LUMBARD!

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Come in altre parti della Penisola, anche in Lombardia la lingua della tradizione, dopo una lunga parentesi di isolamento e decadenza, sembra finalmente conoscere una stagione di rinascita e avviarsi a recuperare quella dimensione e quella vitalità che le sono appartenuti per secoli. Ma questo risveglio, per evitare di essere confinato in una soffocante ed angusta dimensione folklorica, la sola tollerata dall’egemone classe politica, deve innanzitutto essere collegato ad un nuovo autonomo ruolo dell’intera regione. L’esempio del Canton Ticino.

 

Oggi in Italia molte parlate cercano di uscire dal ghetto dei dialetti, dove, fino a dieci anni fa, venivano tranquillamente relegate, senza neppure troppe proteste, e si adoperano per ottenere finalmente la patente di “lingua”. Sono anche, d’altra parte, ormai lontani i tempi in cui i sostenitori di ciascun dialetto o lingua minoritaria chiedevano un qualche riconoscimento ufficiale, ciascuno per proprio conto, talvolta arrivando paradossalmente a squalificare i propri naturali alleati, nella vana speranza che ciò potesse rappresentare una scorciatoia.

È infatti ovvio che è autolesionistica la speranza di ottenere maggior accondiscendenza da parte del potere centrale isolandosi da tutte le realtà che hanno la medesima esigenza: la battaglia per togliere il bavaglio che soffoca le parlate diverse dall’italiano ottiene tanto migliori risultati quanto più solidali sono le forze che la combattono. La pur modesta e assai limitata “legge Fortuna” sulle minoranze linguistiche è già comunque il primo frutto di un’iniziale collaborazione in Italia fra un certo numero di realtà minoritarie, che deve essere quanto prima allargata a tutte quelle regionalità che non sono state ancora in essa coinvolte.

 

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Giu 10 2014

GLI SHERPA

Category: Mondo,Popoli e nazionigiorgio @ 08:06

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A sinistra: Monaca laica (“chogher”) della setta Karmapà, custode del gompa (tempio-monastero lamaista) di Pisang; a destra: Due Sherpani con lo sfondo il Taboche ( 6542 m. )

 

Fra i gruppi etnici nepalesi, indubbiamente quello del “popolo dell’est” è il meno consistente sotto il profilo numerico e contemporaneamente il più famoso, anche se ancora poco conosciuto. Cerchiamo di penetrare all’interno della sua cultura, mettendone in evidenza le origini, le tradizioni, le credenze religiose, gli usi e i costumi: scopriremo un insospettato e ricchissimo mondo, che aggiunge ulteriore fascino e interesse a questi piccoli uomini, che con la loro amabilità, il loro coraggio e la loro lealtà hanno suscitato l’ammirazione di tutto il mondo.

 

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Mag 23 2014

SPARITA DAL SITO DELL’ONU 
LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI IN VENETO

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IL CASO. Da una decina di giorni non ce n’è traccia. Una delegazione è pronta ad andare a Ginevra a chiedere spiegazioni. Insorge il mondo dell’indipendentismo: «Siamo in una situazione preoccupante se nemmeno chi esiste per tutelare i diritti dell’uomo li garantisce»

 

 

L’Onu fa sparire la dichiarazione dei diritti dell’uomo in Veneto.

 

L’Onu ci ripensa: prima pubblica e poi fa sparire dal proprio sito la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo in lingua veneta. E il mondo dell’indipendentismo veneto insorge: «Allucinante, se nemmeno chi esiste per tutelare i diritti dell’uomo li garantisce siamo davvero in una situazione preoccupante».

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LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI IN VENETO”


Mag 20 2014

SUDAFRICA: IL LUNGO TREKKING DEI COLONI BOERI

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Paul Stephanus Johannes  Krüger, più noto col nomignolo olandese di Oom.

 

 

Tutto il senso della realtà sudafricana sembra essere oggi, forse troppo semplicisticamente, ridotto a un’unica parola, evocatrice di lugubri risonanze: “apartheid”. Ma quanti di noi conoscono davvero le vicende, le lotte, le speranze e le delusioni, le fatiche e i dolori su cui è stato costruito, nel corso di quattro secoli, questo Paese così contraddittorio e complesso? A cominciare da quando, verso il 1650, arrivarono dall’Olanda i Boeri, contadini ignari dell’esistenza di oro e di diamanti, alla ricerca solo di terre da arare e da rendere fertili… fino al decisivo scontro con la potenza coloniale inglese che mise fine, fra la costernazione di tutta l’Europa, ai liberi Stati dell’Orange e del Transvaal.

 

Trekking è camminare a piedi là dove non esistono strade ma solo sentieri, portando sulle spalle il proprio bagaglio; è il modo più antico e più vero di viaggiare, che noi abbiamo riscoperto da poco. La parola la abbiamo importata dal Nepal, imparando a percorrere i sentieri himalaiani; gli Sherpa nepalesi l’hanno presa dall’inglese, adattandone il significato. In Inghilterra, a sua volta, la parola è arrivata dall’Olanda – o meglio dal Sudafrica – anche se esiste in inglese la stessa parola con diversa grafia e diverso significato.

Track in inglese è la pista, la traccia, il sentiero; e il verbo “to track” vuol dire inseguire, cacciare, seguire la pista di un animale. L’olandese trek invece è il viaggio con il carro a buoi, la migrazione dei contadini con tutte le loro masserizie e il loro bestiame.

La parola olandese venne di moda in Inghilterra dopo il 1835, quando il pubblico britannico conobbe – dai resoconti dei giornalisti e degli scrittori-viaggiatori del tempo – l’epopea dei Boeri olandesi costretti a migrare dalle loro terre in cerca di nuovi insediamenti. Erano stati gli Inglesi stessi ad occupare le terre dei Boeri, ma questo non impedì alle gentili fanciulle britanniche di appassionarsi romanticamente alle peripezie di quel popolo lontano.

The great Trek, la grande migrazione dei Boeri, come la conquista americana del West, fu uno dei temi preferiti delle riviste illustrate del tempo, ravvivate da belle incisioni a piena pagina e da vignette nel testo.

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