Ott 23 2013

LETTERA APERTA AL DIRETTORE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE ATTILIO BEFERA

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Attilio Befera

 

Le scrivo, gentile Dott. Befera, dopo aver letto la sua lettera al personale dell’Agenzia delle Entrate del 5 Maggio scorso

 

http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2011-05-05/befera-stop-controlli-vessatori-210326.shtml?uuid=AaO85dUD


 

Le scrivo perché lei manifesta sconcerto per alcune prassi dei suoi funzionari che si discosterebbero dalle regole di rispetto e di lealtà che si impongono nel rapporto tra contribuenti ed “autorità impositiva”. Le scrivo perché il mio caso ben si adatta a quanto lei dichiara e allo sconcerto che afferma di provare:

 

…. dobbiamo perciò operare in modo da guadagnare sempre più, nell’esercizio di quella funzione, il rispetto e la fiducia che i cittadini devono all’Istituzione di cui siamo rappresentanti. Continuo però a ricevere segnalazioni nelle quali si denunciano modi di agire che mi spingono adesso a rivolgermi direttamente a tutti voi per richiamare ognuno alle proprie responsabilità e ribadire ancora una volta che la nostra azione di controllo può rivelarsi realmente efficace solo se è corretta. E non è tale quando esprime arroganza o sopruso o, comunque, comportamenti non ammissibili nell’ottica di una corretta e civile dialettica tra le parti.

…. Rimango poi sconcertato quando mi viene riferito che qualcuno, a giustificazione di tali comportamenti, farebbe presente di operare in quel modo per necessità di raggiungere l’obiettivo assegnato.

Non so se in questi casi sia più la mediocrità della competenza professionale o la carenza di consapevolezza del proprio ruolo istituzionale che impedisce di comprendere immediatamente quale devastante danno di immagine venga in questo modo inferto all’Agenzia, al proprio ufficio e ai colleghi, finendo quasi per apparentarne l’azione a quella di estorsori.

 

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Ott 22 2013

C’ERA UNA VOLTA IN PADANIA: LA NUOVA FAVOLA È L’EUROREGIONE

Category: Padania e dintorni,Società e politicagiorgio @ 14:48

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Marco Alfieri

 

Vent’anni di giravolte per cercare sempre un nuovo nome. Il federalismo, la secessione, la devolution, il federalismo fiscale. La nuova vecchia Lega di Maroni, ora, sventola lo slogan della macroregione europeo, in cui i lombardi dovrebbero sedere al tavolo coi bavaresi. Ecco l’ultima “svolta” del gattopardismo padano.

 

Dopo il federalismo, la secessione, la devolution e ancora il federalismo (questa volta fiscale), tutte battaglie tentate ma perse, la parolina magica della nuova vecchia Lega di Roberto Maroni, tornata tra le braccia di Silvio Berlusconi, è diventata “EuroRegione”. Il chiodo a cui appendere alleanze scabrose per la base, la giustificazione buona per digerire qualsiasi compromesso pur di conquistare il Pirellone e fare filotto in Padania: Piemonte, Veneto e Lombardia tutte in mano al Carroccio. Padroni in casa propria, il sogno di una vita. “Ci alleeremmo anche con il diavolo pur di ottenere il posto di Formigoni”, si giustifica un pezzo grosso padano, schivando le proteste dei militanti.
La scorsa estate l’Ft e il Wall Street Journal hanno parlato di un’Italia divisa in due, rilanciando la divisione tra un nord agganciato all’Europa carolingia (comprendente il cilindrone che va dalla Padania fino alla Toscana) e un sud formato Grecia. Una pericolosa miniatura del dualismo che sta spappolando eurolandia. Due anni prima era stato l’Economist a parlare di inevitabile separazione, chiamando il Meridione poco elegantemente “bordello”. “Forse che il mondo finanziario inglese e americano è diventato leghista? O più semplicemente sta prendendo atto di una situazione che da noi non è politicamente corretto descrivere…?”, si è chiesto pensoso, Gilberto Oneto, intellettuale leghista eretico, sulle pagine di Libero.

 

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Ott 22 2013

ITALIA STATO RAZZISTA E XENOFOBO? SULL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA GERMANIA SPAGNA INGHILTERRA E FRANCIA MOLTO PIU’ SEVERE!

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IMMIGRAZIONE CLANDESTINA: COSA FANNO GLI ALTRI PAESI  EUROPEI ?

 

Il governo Italiano usa il pugno di ferro con gli immigrati? L’Italia è terra d’intolleranza?  Diamo un’occhiata oltre i nostri confini e forse avremo più di una sorpresa; a dispetto delle dichiarazioni di  tolleranza di gran parte dei governanti del Vecchio Continente, proprio là da dove spesso rimbalzano critiche  alla nostra politica dell’immigrazione, sul terreno la linea è più dura che in Italia.

 

Spagna Dopo un’imponente sanatoria messa in atto dal governo Zapatero nel 2005 (su 700mila domande, ne sono state accolte 600mila), nell’autunno dello stesso anno la “grande paura” per gli assalti degli irregolari  a Ceuta e Melilla ha imposto una brusca retromarcia. Le due enclavi sono state circondate da muraglie  sempre più alte di filo spinato, e le coste maghrebine e sahariane “impermeabilizzate” attraverso l’estensione  dei sistemi di vigilanza radar in tutti i punti sensibili della costa spagnola e la richiesta di un più stringente pattugliamento navale congiunto tra le Canarie e l’Africa (con l’appoggio anche di unità italiane). Il risultato è che l’immigrazione clandestina si è più che dimezzata. Questo non ha impedito che i campi d’accoglienza andassero al collasso. Inchieste giornalistiche di pochi mesi fa riferivano di 550 “sin papeles” rinchiusi a Gibilterra, e altri 239 che ad Algesiras si dividevano i posti disponibili per 190. Gli episodi d’insofferenza da parte della popolazione si sono moltiplicati, come il cartello esposto in un negozio di Maiorca: “Vietato l’ingresso a cani e romeni”. In febbraio, il ministro dell’Interno spagnolo ha dichiarato che “non si può essere lassisti con l’immigrazione illegale, altrimenti non c’è modo di fermarla”, e il suo collega del Lavoro, Corbacho: “Occorre che gli immigrati arrivino con un contratto di lavoro e facciano uno sforzo per integrarsi perché non si può funzionare con la norma dell’ultimo che si registra”.  Nei quattro anni della prima legislatura Zapatero, i clandestini espulsi sono stati 370mila, il 43.4% in più di  quanti ne aveva mandati via Aznar.

 

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Ott 22 2013

IMMIGRAZIONE, DIFESA DELL’IDENTITÀ E CARENZE DELLA LEGA

Category: Monolandia,Padania e dintorni,Società e politicagiorgio @ 10:40

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Il problema dell’immigrazione è generalmente legato a quello dell’autonomia e dell’indipendenza nella misura in cui va a incidere sul grado di identità della comunità che chiede maggiore riconoscimento e libertà.

 

Nelle comunità che hanno a che fare con lo Stato italiano, il rapporto è  particolarmente pesante  per l’uso perverso che da sempre l’unitarismo italiano fa dei rimestamenti demografici. Non è evidentemente il solo (la Spagna ha riempito di spagnoli “etnici” la Catalogna, l’Urss aveva inondato i paesi baltici di immigrati russi e bielorussi, il Tibet si sta affollando di cinesi eccetera) ma lo Stato italiano ha pochi rivali nella sistematicità e nella violenza con cui aveva – ad esempio –  riempito di italiani “veraci” l’Istria orientale e il Sud Tirolo, e poi la Padania. Dopo aver inutilmente provato a stabilizzare l’unità politica con guerre, repressioni e propaganda, il partito unitarista ha cercato di farlo attraverso un generale meticciamento, un rimescolamento etnico a evidente preponderanza meridionale. Non ha funzionato con le comunità tedesche e slave ma neppure in Padania: i meridionali migliori si sono perfettamente integrati e sono diventati spesso essi stessi portatori di volontà indipendentista, mentre  i peggiori sostengono con protervia il loro ruolo di “coloni” di Roma, di braccio armato della burocrazia statalista e alimentano così le pulsioni autonomiste di tutti gli altri.

 

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Ott 22 2013

LA TRISTE PARABOLA DEL MASSONE REAZIONARIO MONTI, AGUZZINO PER BENE

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La parabola di Mario Monti finisce in farsa. Arrivato al potere in Italia per grazia ricevuta, tra gli squilli di tromba di una stampa servile e senza un briciolo di dignità, il professorino di Varese ha collezionato in poco tempo una serie di autogol da far impallidire Niccolai.

 

Nonostante i disastri combinati, Monti continuerà a fare la bella vita passeggiando tra i corridoi di Palazzo Madama a spese dei contribuenti per sempre. Grazie alla indiscussa lungimiranza di Giorgio Napolitano, (“il piccolo padre”) infatti, l’esimio bocconiano ha acquisito lo status di senatore a vita per meriti futuribili.

L’ennesimo scempio commesso da un Presidente della Repubblica che in meno di dieci anni è riuscito a dilapidare secoli di conquiste civili e democratiche.

 

Come ebbi modo di dirvi fin dall’inizio, Monti fu imposto al potere in Italia dal primo cerchio della massoneria reazionaria che governa l’Ue per accelerare il processo di dolosa de-industrializzazione in corso da anni (clicca per leggere). Un compito che Monti ha assolto con scrupolo e fredda cattiveria. Insensibile al dramma degli esodati, dei disoccupati e dei sottosalariati, a Monti va comunque riconosciuta una dose di coerenza che lo rende in fin dei conti un demone rispettabile.

 

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Ott 21 2013

E’ COERENTE ESECRARE IL RICORDO DI PRIEBKE E LODARE CONTESTUALMENTE L’OPERATO DI DRAGHI?

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E’ stupefacente l’ipocrisia del nostro sistema mediatico.

Proprio mentre l’Europa è preda di un rigurgito nazista che riattualizza le pulsioni eugenetiche del fuhrer autentico, la grande stampa esorcizza le nefandezze del presente infierendo sui fantasmi del passato. In questi giorni, come saprete, è morto il boia Priebke. Carnefice miserabile e sanguinario macchiatosi di crimini efferati e vigliacchi.  E’ dura provare perfino un sentimento di umana pietas per la fine di un essere tanto spregevole e infame.

 

Ma, amici miei, mi spiegate con quale faccia i media europei condannano i crimini del nazismo passato continuando a sostenere impunemente le malefatte del tecno-nazismo odierno?

 

Valgono meno i morti spinti al suicidio dalla Troika di quelli finiti con un colpo alla nuca dai macellai alla Pribke?

La tanto decantata purezza del bilancio, quella per capirci che “obbliga” i nostri governanti a decimare la classi povere e disperate, non rappresenta forse la più brillante evoluzione di quell’ossessiva ricerca della purezza della razza, posta a fondamento dell’assassinio su larga scala di neri, zingari e slavi?

 

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Ott 21 2013

VERBO UNICO: VIETATO PER LEGGE IL DISSENSO CRITICO IN ITALIA

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di Gianni Lannes

 

Nel belpaese ora si censura nuovamente il libero pensiero: infatti il Parlamento tricolore si accinge a varare l’ennesima legge repressiva. Un nuovo reato appena inventato: il negazionismo storico su una vicenda particolare, consegnata ai posteri dalla storiografia ufficiale dei vincitori. Gli ebrei non si criticano. E guai a sfiorare la Shoah. Non metto in dubbio che il popolo “Eletto” sia stato perseguitato dai nazisti. Perché allora per gli zingari rinchiusi nei campi di concentramento, non vale lo stesso principio? In ogni caso, qualsiasi opinione in merito compresa la ricerca storiografica che non ossequia il dogma imperante è messa al bando.

 

E’ in atto un genocidio contro il popolo palestinese, ma si fa finta di niente a livello nazioonale ed internazionale. La Palestina è stata trasformatra dal governo sionista di Israele in un immenso lager. L’esercito di Tel Aviv usa armi proibite, addirittura ordigni neutronici che emano radiazioni letali e spara da sempre sui bambini.

La risoluzione 3379 del 10 novembre 1975, con 72 voti favorevoli e 35 contrari (di cui 32 astenuti), “determina che il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale”. Il 16 dicembre 1991, con la risoluzione 46/86, è stata revocata (per volere di Bush senior) a condizione che Israele partecipasse alla Conferenza di Pace di Madrid

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Ott 21 2013

FATTORE NIMBY, FATTORE INVISIBILE, FATTORE ITALIA: LO SAPETE CHE COSA VENDE DI PIÙ AL MONDO IL NOSTRO PAESE?

Category: Monolandia,Roba da Italia,Società e politicagiorgio @ 13:00

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di Sergio Di Cori Modigliani

 

Siamo tutti d’accordo sul fatto che l’Italia sia un paese anormale.

 

E’ talmente anormale e conflittuale (in maniera infantile) che già a questo punto non è più possibile mettersi d’accordo e trovare una sintonia armonica, perchè si comincia a litigare tra fazioni contrapposte sul significato da attribuire al termine “anormale”.

 

Qualche decennio fa, i sociologi statunitensi coniarono il termine “fattore Nimby”, acronimo che sta per Not-In-My-Back-Yard, qualcosa come “Non Nel Giardinetto Di Casa Mia”. Questo termine, ormai diffuso a livello di massa, è diventato il simbolo discriminante tra la coscienza consapevole della cittadinanza e il narcisismo individualista di chi si lancia in battaglie ideologiche e politiche a condizione che non riguardino se stessi, la propria famiglia, i propri amici, parenti, partito, fazione, movimento, territorio, comune, ecc.

 

In questo siamo davvero maestri.

 

E il fattore Nimby aumenta, inevitabilmente, la conflittualità tra tutti.

 

Al Nimby, bisogna appaiare un altro fattore, che corre in parallelo.

 

Nel 1996, l’autrice statunitense Connie Willis, la più celebre scrittrice vivente di fantascienza, pubblicò un romanzo dal titolo “Il fattore invisibile”, nel quale i due protagonisti lavoravano per una fantomatica organizzazione governativa con il compito di identificare e trovare il “quantum” della socialità collettiva, per l’appunto il cosiddetto fattore invisibile, ovvero quello specifico dispositivo dell’inconscio delle masse che produce e determina l’immaginario collettivo, tale per cui a un certo punto le gonne delle donne diventano cortissime, dopo sei anni si allungano di dodici centimetri, mentre si allungano i capelli dei maschi di cinque centimetri e dopo dieci anni va di moda, invece, la calvizie. Così via dicendo. Nel divertente racconto, il consorzio di multinazionali che aveva ordinato questa ricerca, voleva (e doveva) prevedere quale tipo di mode si sarebbe diffusa per essere in grado di manovrare il desiderio della gente spingendola poi ad acquistare degli specifici prodotti.

 

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Ott 17 2013

LONDON SCHOOL OF ECONOMICS: NON RIMARRA’ NULLA, DELL’ITALIA. NEI PROSSIMI 10 ANNI SI DISSOLVERA’ . (VERO! MA PRIMA)

dopo tutti quanti al luna park

 

 

“Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà.

 

Il governo sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per il momento è in grado soltanto di ricorrere ad un aumento estremamente miope dell’IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi, e a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie. Le probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili. Per tutta l’estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In effetti, non è impossibile per un’economia che ha perso circa l’8 % del suo PIL avere uno o più trimestri in territorio positivo. Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo “ripresa” è una distorsione semantica, considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a una sorta di stagnazione.

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Ott 14 2013

JACQUES SAPIR: BISOGNA UNIRE LE FORZE A SINISTRA E DESTRA CHE HANNO CAPITO IL PERICOLO EURO

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Jacques Sapir.

 

L’Intervista esclusiva all’economista francese Jacques Sapir

di Alessandro Bianchi

 

Jacques Sapir. Economista, direttore del Centre d’Etude des Modes d’Industrialisation (CEMI-EHESS).  Autore di “Bisogna uscire dall’euro?” e “La demondialisation“.

 

 

– Professore, Lei è stato tra i primi economisti europei ed evidenziare i danni provocati dall’euro ed a chiedere la sua fine. In una delle ultime analisi ha scritto che si tratta di una sorte inevitabile. Secondo Lei, quanto tempo ancora ci vorrà e da quale paese potrà partire l’iniziativa? 

 

A questo punto bisogna distinguere due problematiche. La prima riguarda l’analisi della situazione economica che l’euro ha creato e delle sue conseguenze. Da ormai quasi tredici anni osserviamo che l’euro non solo non ha prodotto le convergenze macroeconomiche sperate, ma ha invece accentuato le divergenze. L’ho detto a più riprese, e ormai questa mia posizione riscuote consenso tra gli economisti. Constatiamo anche che l’euro rappresenta un enorme freno per la crescita nella maggior parte dei paesi che l’hanno adottato, ad eccezione, ovviamente, della Germania. Per finire, si osserva che l’euro fa aumentare i deficit, tanto interni quanto esteri, e che porta verso un debito sempre più grande dei paesi che sono entrati nell’Unione economica e monetaria. Tutto questo è abbondantemente documentato da numerosi autori. Siccome l’euro può funzionare solo in una spirale di impoverimento per la maggior parte dei paesi, ne deduco che è destinato a fallire.

Ma, qui, abbiamo una seconda problematica: le condizioni che determineranno la fine dell’euro. Tali condizioni possono creare una crisi catastrofica generata sul mercato obbligazionario. Al momento, la situazione resta stabile grazie alla Banca Centrale Europea. Ma la credibilità di quest’ultima sta nel fatto che non è stata messa alla prova. Prima o poi i mercati testeranno la risoluzione della Bce, e allora Mario Draghi si ritroverà fortemente in difficoltà. Queste condizioni potranno anche provenire dalle tensioni politiche crescenti che l’Euro genera sia tra i paesi membri dell’UME, sia all’interno degli stessi, dove le forze anti-europeiste prendono sempre più peso. Queste tensioni potranno ad un certo punto mettere gli attori politici di fronte alla necessità di dissolvere la zona euro o di uscire dalla moneta unica.

Per quanto mi riguarda, ho sovrastimato la rapidità delle evoluzioni finanziarie, sulla base di quello che avevamo conosciuto nel 2008-2009. Ma questo non cambia niente all’analisi di fondo.

 

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Ott 12 2013

SPECIALE – TASSE, IMPOSTE, PRESE IN GIRO E SACRIFICI UMANI

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Letta – Nuove Tasse in tutti i settori, Debito alle stelle e suicidi indotti record: come annullare una Nazione. Gli impatti reali dell’innalzamento dell’Iva.

 

Il Video che ha fatto il giro del web, per non dimenticare.

 

 

Mario Monti: “Abbiamo bisogno della Crisi”

 

 

di C. Alessandro Mauceri e Sergio Basile

 

 

DA DON ABBONDIO A SUPER SILVIO

 

Letta Enrico… Letta Enrico, ma chi è costui? Avrebbe blaterato così, tra se, Don Abbondio allorché, risalendo verso casa, intento a scansare i familiari sassi ed immerso tra le consuete ansie,  gli fosse capitato per sventura di rivivere in questi giorni bui. Tempi caratterizzati da altri tipi di “pesti”, ma non meno distruttive di quelle dell’epoca dei monatti, poiché ben più subdole e mistificate, sapientemente occultate dietro “debiti agli estrogeni” pompati all’inverosimile come in nessun altro luogo del pianeta. Ma andiamo ai fatti, facendo qualche passo indietro nel tempo! Ricordate quando qualche anno fa, per essere eletto, l’aspirante reuccio di Arcore promise che avrebbe ridotto le tasse? Ebbene, per dimostrar la sua “serietà” fece di tutto per far eliminare l’ICI. Alla fine ci riuscì, ma dimenticò di dire ai suoi elettori (e a tutti gli altri Italiani) che contemporaneamente aveva introdotto un’altra tassa, molto più onerosa per le tasche dei contribuenti. Ovviamente, per evitare rivolte  fece in modo che l’entrata in vigore della misura fosse differita…

 

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Ott 11 2013

L’EVASIONE FISCALE NON È LA CAUSA DELLA DEPRESSIONE ECONOMICA‏

Category: Economia e lavoro,Monolandia,Società e politicagiorgio @ 23:28

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di Stefano Di Francesco

 

Pochi giorni fa, in occasione delle commemorazioni in ricordo del prof. Luigi Spaventa, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, ha tenuto un discorso sullo stato attuale dell’economia italiana cercando di spiegare quali sono i fattori critici che ci hanno portato a questa depressione stile 1929.

 

Non fatevi illusioni: la responsabilità  della situazione attuale non è né dell’euro, né degli altissimi tassi d’interesse che lo Stato paga alle banche sul suo debito, e neppure la globalizzazione selvaggia sembra aver avuto un ruolo determinante nella distruzione del nostro sistema industriale ponendoci in competizione con miliardi di asiatici sottopagati e disposti a tutto per un pugno di riso. Nossignori.

 

Le cause della situazione attuale secondo Visco sono: la bassa produttività dell’industria, il deficit di concorrenza e poi infine l’anomalia italiana dell’evasione fiscale.

 

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Ott 11 2013

ASSENTEISMO ED EVASIONE FISCALE: LEGITTIMA DIFESA, ECCO PERCHÉ

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Assenteismo ed evasione fiscale: legittima difesa, ecco perché

 (Terza guerra mondiale parte VI)

 

di Alessandro De Angelis

 

Immaginate che un ladro a fine mese venga a rubarvi il vostro stipendio per intero e, non contento, vi applichi anche degli interessi sullo stipendio che vi ha rubato che non potrete ovviamente ripagargli. Un bel giorno verrà poi a chiedervi la vostra casa in quanto gli siete debitori degli interessi che non gli avete dato.

A questo punto andate da un giudice per cercare di risolvere la faccenda ma questo vi dà torto e vi fa notare che ci sono leggi che il ladro ha fatto emanare dai politici affinché sia legalizzato il suo furto nei vostri confronti condannandovi inoltre a pagare le spese processuali. Il ladro, oltre che i politici, ha corrotto anche i mezzi d’informazione che non parlano della vicenda e per quanti sforzi facciate non vi resta altro da fare che nascondere parte dello stipendio che mensilmente vi ruba per poter almeno sopravvivere. Ma il ladro è furbo e vi manda controlli da parte della Guardia di Finanza per accertamenti.

 

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Ott 10 2013

L’ALTRO MIRACOLO ITALIANO

Category: Economia e lavoro,Monolandia,Società e politicagiorgio @ 14:14

 

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EUGENIO BENETAZZO  del  3 ottobre 2013

 

Generalmente quando si sente parlare del Miracolo Italiano ci si riferisce ad un periodo storico tra gli anni Cinquanta e Sessanta in cui l’Italia si caratterizzò da una forte crescita economica affiancata da uno straordinario sviluppo tecnologico di profondo rilievo. In sé questa definizione da sussidiario delle scuole elementari di un tempo non aiuta più di tanto a mettere a fuoco il tutto: oggi ad esempio se usassimo gli stessi elementi di definizione potremmo contare almeno una dozzina di miracoli sul fronte economico da parte di altri paesi. Ciò che ha contraddistinto l’eccezionalità del risultato e della performance è infatti il contesto storico in cui tutto questo si è manifestato. Ricordiamo un paese sconfitto e dilaniato dal Secondo Conflitto Mondiale, ancora occupato da eserciti stranieri con  povertà e miseria che in qualche modo erano state mitigate con il programma di aiuto statunitensi, il noto Piano Marshall. Un paese ancora poco industrializzato e tecnologicamente arretrato con una ingente parte della popolazione  ancora a vocazione agricola. Ciò nonostante un insieme di circostanze aiutarono il nostro paese a realizzare quello che tutto il mondo ha prima ammirato e dopo battezzato il Miracolo Italiano.

 

Per primo, la genetica italiana degli imprenditori italiani, unica al mondo per spirito di sacrificio e vocazione al rischio imprenditoriale: proprio in quel periodo vengono poste le basi per la nascita e lo sviluppo di grandi attività industriali.

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Ott 10 2013

LA VIOLENZA COME BASE DI OGNI DIRITTO

Category: Economia e lavoro,Monolandia,Società e politicagiorgio @ 12:50

la pace uccide anche te

 

 

L’Europa si è liberata dal nazismo attraverso una guerra, l’Irlanda ha gettato i semi della propria indipendenza per mezzo della rivolta armata del 1916, i sindacati hanno ottenuto lo Statuto dei Lavoratori dopo scioperi ed occupazioni di fabbriche, sempre più spesso comitati ed associazioni trovano ascolto solo bloccando i lavori di commissioni e consigli comunali, gli studenti promuovono le loro istanze occupando scuole ed università.

 

Dai grandi eventi della storia alle questioni quotidiane, la realtà ci insegna che gli atti di forza risolvono molte più situazioni rispetto al semplice dialogo. E ‘Forza’ non è che un sinonimo decisamente più accettabile del termine ‘Violenza’, un termine che spaventa, ma che permea i rapporti tra esseri umani fin dall’inizio dei tempi, infatti ogni tipo società si basa da sempre su rapporti di forza. Prendiamo ad esempio la moribonda repubblica italiana, i rapporti tra maggioranza e opposizione, tra impresa e lavoratori, tra stato e cittadini non si basano forse sulla forza?

 

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